Presidente LabTS Laboratorio di cultura politica del Terzo Settore, promozione laboratorio Memorie e storie solidali.
Presidente Le Stelle in Tasca ODV-ETS, conduzione laboratorio Memorie e storie solidali.
Abstract
Il percorso di autobiografie e memorie di volontari e di cittadinanza attiva in Puglia, giunto alla sua seconda edizione, si propone la ri-costruzione di momenti significativi della storia del TS pugliese, delle sue organizzazioni a partire dai vissuti e dalla memoria dei protagonisti. La ricostruzione biografica stimolata e riportata in incontri collettivi, la raccolta delle scritture autobiografiche in un contenitore fruibile e collettivo, contribuiscono a rafforzare quel processo di creazione di una identità collettiva che, a partire dalle esperienze vissute, dà consapevolezza del ruolo sociale e “politico” che il TS svolge, di cui ha bisogno in un rapporto intergenerazionale e fra i generi, che possa contribuire a costruire un orizzonte per la costruzione del futuro.
Laboratorio della memoria e del volontariato del Terzo Settore
LabTS Laboratorio di cultura politica del Terzo Settore
Introduzione [3]
Il percorso di autobiografie e memorie di volontari e di cittadinanza attiva in Puglia, giunto alla sua seconda edizione, si propone la ri-costruzione di momenti significativi della storia del TS pugliese, delle sue organizzazioni a partire dai vissuti e dalla memoria dei protagonisti.
Le attività sono state organizzate da LabTs e Le Stelle in Tasca (e in particolare da: Salvatore Vetrugno, Valeria Pecere e Guido Memo per LabTs, da Orazio Maria Valastro per Le Stelle in Tasca) in un ciclo di incontri volti a stimolare e accompagnare la narrazione e la scrittura autobiografica dei volontari e delle loro esperienze, vissuti, considerazioni, motivazioni, nel realizzare attività condivise con altri, ritenute utili per la propria comunità, al fine di costruire un luogo della memoria e della storia della cittadinanza attiva.
La ricostruzione biografica stimolata e riportata in incontri collettivi, la raccolta delle scritture autobiografiche in un contenitore fruibile e collettivo, contribuiscono a rafforzare quel processo di creazione di una identità collettiva che, a partire dalle esperienze vissute, dà consapevolezza del ruolo sociale e “politico” che il TS svolge, di cui ha bisogno in un rapporto intergenerazionale e fra i generi, che possa contribuire a costruire un orizzonte per la costruzione del futuro.
Il laboratorio gratuito di scrittura autobiografica online riservato ai volontari e a chi opera nel Terzo Settore Memorie e Storie Solidali è promosso dall’associazione LabTS - Laboratorio di cultura politica del Terzo Settore.
LabTS – OdV ed Ente del Terzo Settore è un'associazione di volontariato di carattere culturale, costituita il 19 febbraio 2016 tra volontari e operatori impegnati da anni nel Terzo Settore pugliese e italiano, che ha lo scopo di realizzare, promuovere, sostenere e sviluppare la democrazia politica, sociale, la sussidiarietà e la cittadinanza attiva. Il laboratorio è uno spazio di riflessione politico culturale libera da ruoli di servizio e/o di rappresentanza.
LabTs considera importanti le memorie, le storie di vita e collettive di chi si è impegnato, in Puglia e non solo, per un mondo più solidale e giusto in quanto il senso delle nostre azioni, degli eventi della vita e sociali, è comprensibile solo se ne consideriamo i presupposti, lo svolgimento e gli esiti nel tempo, se cioè consideriamo il presente come storia e storie: di più breve durata i singoli eventi, di lunga durata i mutamenti sociali.
A partire da questa considerazione l’associazione propone cicli periodici di raccolte sia di memorie autobiografiche, che di storie di vita collettiva o di movimenti, iniziative del mondo del volontariato, della cittadinanza attiva e dell'economia solidale, con protagonisti che si propongono e vengono selezionati per partecipare al percorso.
L’associazione è presieduta da Guido Memo, impegnato da molti anni nella promozione e nello studio del volontariato, della cittadinanza attiva, del Terzo Settore e dell’economia solidale in Italia, in particolare, in questi ultimi anni, nel Mezzogiorno. Sul tema ha curato recentemente Il Terzo Settore nel Mezzogiorno (2023, Rubbettino) e ha sostenuto il laboratorio: “...perché la storia non è fatta solo da Leaders o Generali, ma è un’opera collettiva, bisogna avere consapevolezza e va riconosciuto il ruolo dei cittadini attivi per l’interesse generale, il bene comune. Valori ed esperienze che possono essere a volte condivise, altre rifiutate, rielaborate e riproposte e per questo possono essere elementi costitutivi del futuro”.
Con l’imprescindibile collaborazione dell’organizzazione di volontariato Le Stelle in Tasca – OdV ed Ente del Terzo Settore che propone, fin dal 2005, percorsi collettivi di narrazione di sé, in cui i partecipanti vengono accompagnati a fare l’esperienza dell’arte dell’autobiografia, in uno spazio di condivisione di narrazioni e storie di vita che sostengono un ascolto sensibile di sé e dell’altro e un’etica della reciprocità e dell’incontro. Gli atelier di narrazione, di lettura e di scrittura autobiografica, privilegiano una pedagogia della memoria e dell’immaginario, un’etica della reciprocità e dell’ascolto sensibile di sé e dell’altro. Dal 2012, nell’ambito del progetto di animazione sociale e culturale degli Ateliers dell’immaginario autobiografico, l’associazione è promotrice del premio internazionale Thrinakìa di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche dedicate alla Sicilia.
L’associazione è presieduta da Orazio Maria Valastro, sociologo, scrittore e autore, semiologo specializzato nell’immaginario della scrittura autobiografica e nelle scritture relazionali di cura, formatore e consulente autobiografo, che ha offerto il suo contributo insostituibile nello stimolare e accompagnare la scrittura autobiografica dei partecipanti.
“Questo laboratorio della memoria del Volontariato del Terzo Settore” – dichiara Orazio Maria Valastro – “volto a valorizzare la dimensione emozionale dei valori e dell’etica della cultura organizzativa, è un percorso generativo in quanto apprendimento, trasformazione ed elaborazione di senso dell’esperienza personale e collettiva, dell’impegno e della vita culturale e sociale di un’organizzazione, di un’associazione o di una cooperativa”.
Il corso di scrittura autobiografica è stato realizzato con il Contributo e la collaborazione del CSV Brindisi-Lecce Volontariato nel Salento, e del progetto “Per un TS pugliese consapevole di sé e del suo ruolo sociale e democratico”, vincitore del bando “Puglia capitale Sociale 3.0” promosso da Regione Puglia e Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Un percorso realizzato Insieme, attento ai cambiamenti della vita di cittadini e volontari, grazie alle esperienze di solidarietà e partecipazione attiva alla comunità e delle prospettive politiche ed economiche del territorio in cui le comunità vivevano al momento oggetto della narrazione e vivono adesso, tempo in cui si registra una indubbia crescita della cittadinanza attiva e di un’altra economia, volte a perseguire gli interessi generali e il bene comune.
Laboratorio della memoria e del volontariato del Terzo Settore
LabTS Laboratorio di cultura politica del Terzo Settore
Perché ricostruire, narrare e scrivere le memorie del Volontariato e del Terzo Settore
La ricostruzione della memoria dei volontari e delle organizzazioni, gli incontri di narrazione collettiva, la raccolta delle scritture biografiche sono una maniera di raccontare un'altra storia, che è in atto, che si sta facendo, a cui i mezzi di comunicazione non danno rilievo, ma una storia reale e vissuta che viene costruita dal basso.
Io più che occuparmi di esperienze specifiche di volontariato o di cittadinanza attiva, mi sono sempre occupato delle condizioni che possono permettere a queste esperienze di svilupparsi; quindi, il mio interesse direi che è un interesse prevalentemente politico, che, per capirci, non vuol dire partitico ma un'altra cosa, politica che vuol dire aver a cuore i problemi della Polis, della comunità.
I fondatori del movimento di volontariato in Italia sono sia cattolici che laici, se si tratta di un cattolico praticante è facile pensare che sia prevalentemente mosso anche in questo campo da motivi etici; invece, quelli che io ho conosciuto, fondatori del movimento di volontariato italiano, erano mossi prevalentemente da motivi politici. Penso a Mons. Giovanni Nervo, un gran lombardo, ex partigiano: a lungo Presidente della Caritas nazionale sorta con il Concilio Vaticano II, o a Luciano Tavazza, fondatore del Movi (il Movimento di volontariato italiano).
Luciano, che intervistai nel 1992, mi disse che il cattolico innanzitutto è un cittadino e che il volontariato moderno (frutto del Concilio Vaticano II e del ’68) o è politico o non è volontariato. Anzi, fece un’analisi esemplare, ancor oggi utile per capire il mondo del volontariato e del TS, mi disse: “Se oggi analizziamo i 12-13.000 gruppi di volontariato attualmente operanti in Italia, in generale, scopriamo un serpente con una testa che è quella del volontariato moderno, il meglio delle Pubbliche assistenze e delle Misericordie, che non supera il 40% del movimento di volontariato italiano. C'è poi un corpo centrale che si trova nella zona del guado, dal riparatorio al moderno. Infine, c'è una coda ancora profondamente ancorata al mondo della beneficenza e dell’assistenza e che dice che il volontariato è buono solo se è cristiano, perché chi non è cristiano non può fare pienamente volontariato”. Politica, nel senso che diceva lui: non è che possiamo continuare a fare i barellieri del mondo cioè andare a soccorrere coloro che hanno bisogno; bisogna rimuovere le cause che hanno portato quelle persone in condizioni di bisogno e questo è fare politica.
Conclusione: un buon volontario lavora per cambiare la realtà, per limitare l'ingiustizia, altrimenti è assistenza non è volontariato.
Del resto da allora, dall’inizio degli anni ’90, le cose sono andate precisandosi, penso ad es. alle diverse pubblicazioni curate da Giovanni Moro, che praticamente è stato fondatore dell’associazione nazionale Cittadinanzattiva e che studia da anni con Fondaca (Fondazione per la cittadinanza attiva) il fenomeno, parlando appunto non tanto di volontariato, ma di cittadinanza attiva, quindi di un fenomeno politico, non solo sociale.
Si tratta inoltre di un mondo che è andato crescendo, come testimonia un libro che recentemente la nostra associazione ha pubblicato, Il Terzo Settore nel Mezzogiorno e da questo lavoro, con l’Istat e una rete di Università del Mezzogiorno: le Istituzioni non profit (INP) costituite entro il 1980 nel Mezzogiorno, erano il 17% di quelle italiane, successivamente questa quota è andata crescendo, fino ad arrivare al 35,5% tra il 2011-2015 (Censimento INP 2015).
Discorso analogo per le organizzazioni di volontariato (Odv): nel 1995, a distanza di quattro anni dalla promulgazione della legge quadro per il volontariato 266/91, le Odv iscritte nel Mezzogiorno erano il 14,4% del totale, nel 2019 sono diventate il 24,7%, con una crescita soprattutto delle regioni del Sud più che delle Isole. Una crescita che intanto era avvenuta in tutta Italia, passando tra 1995 e 2019 da 8.343 a 36.568, ma la crescita delle Odv nel Mezzogiorno è stata di sette volte, di due volte e mezzo al Nord e circa di tre volte al Centro.
Siamo rimasti un po’ sorpresi di questa crescita, perché contrariamente ai pregiudizi spesso presenti anche nel Terzo Settore (TS), questo non compensa una mancata presenza pubblica, è esattamente l’inverso.
La punta più alta di volontari e di enti del TS l’abbiamo in quelle province autonome, come Trento e Bolzano, dove l’intervento a favore dei cittadini è il più alto d’Italia in termini di spesa e di servizi. Basti dire che la spesa sociale dei comuni in Calabria era nel 2015, ma oggi sostanzialmente non cambia, di circa 20 €, in Provincia di Bolzano di circa 540 €.
Il Meridione quanto a scuola, sanità, spesa sociale e tanto altro, continua ad avere rilevanti svantaggi. Ma nonostante questi svantaggi siano rimasti immutati in comparazione al Nord in questi ultimi 30 anni – misura ne è anche il reddito pro capite, che al Sud comprendendo la spesa per gli interventi pubblici, è sempre rimasto intorno al 65% di quello del Nord – c’è stato un recupero sorprendente. Oggi ci sono più cooperative sociali al Sud ogni mille abitanti che nel resto d’Italia. Sono più piccole che nel resto del Paese, ma questo testimonia che la loro crescita è un fenomeno autonomo, non come in altri settori (supermercati, industria, sportelli bancari) frutto di un intervento esterno, dal Nord. Se consideriamo la crescita di Coopsociali e Odv, si può dire che il Meridione, nonostante gli svantaggi, si è messo al passo con il resto d’Italia. Vuol dire che c’erano delle energie democratiche, di partecipazione, che dovevano emergere e che si è riusciti a organizzare. È un dato positivo, un dato di speranza. Questa crescita che è costante e in controtendenza rispetto al resto, ci fa pensare che il TS può diventare un soggetto importante per lo sviluppo del Mezzogiorno, anche perché si tratta di un settore ad alta sensibilità sociale quanto ai diritti dei cittadini.
Purtroppo, questa partecipazione non ha una relazione diretta con la partecipazione alla vita delle istituzioni, alle elezioni ad esempio: cioè i cittadini si impegnano sempre di più auto organizzandosi, mirando al bene comune, agli interessi generali e non alla politica istituzionale, perché? Per questo è importante ragionare sulle esperienze raccontate nel Laboratorio.
È utile per capire che cosa è successo e perché questo mondo di impegno sociale, che è andato crescendo, non si incontra con le istituzioni. Questo è il punto cruciale, perché sennò continuiamo a fare come diceva Tavazza i barellieri del mondo e non riusciamo a cambiarlo, questo mondo.
Si tratta di un fenomeno non solo nazionale ma internazionale, in particolare di Usa ed Europa. In Europa, dove si va contraendo la partecipazione al voto e crescono i governi autoritari, Orban è la punta di fenomeno molto largo che non risparmia l’Italia. Bisogna capire perché questo mondo non riesce a incidere politicamente nel governo della società come vorrebbe, nonostante tutte le esperienze che abbiamo raccontato anche in questa sede.
Ci sono diversi fattori che condizionano la possibilità di incidere a livello politico delle esperienze di cittadinanza attiva, legate anche al funzionamento e alle condizioni poste dalle Istituzioni pubbliche stesse.
In Italia la legge, la riforma del TS del 2017, ammette finalmente e formalmente l’esistenza di enti non profit e che perseguono gli interessi generali (una cosa è essere non profit, altra è perseguire il bene della comunità; anche Confindustria è ad es. un ente non profit, ma persegue gli interessi delle imprese socie), ma lo fa imponendo una serie di oneri che gli enti profit non hanno: per l’esecuzione di un’opera pubblica un’impresa profit partecipa a un bando e poi alla fine emette un solo documento contabile, una fattura. Una struttura non profit che partecipa a un bando per attività di interesse generale, alla fine deve rendicontare e documentare ogni singola spesa, senza possibilità di mettere da parte delle risorse per il futuro. Un Ente di TS, quindi, deve non solo trovare le risorse, studiare bandi e partecipare a progetti, ma poi ha un pesante aggravio amministrativo che le imprese profit non hanno. La recente Riforma del TS, inoltre, ha sì sancito che può esistere un'economia alternativa che non guarda al profitto, ma d’altro canto ha reso la vita ancor più difficile a questo mondo, aumentando il numero di pratiche e procedure a cui un’organizzazione deve adeguarsi per essere ufficialmente iscritta al Registro unico del TS.
Seguire gli aspetti organizzativi è un onere importante dal punto di vista del tempo necessario e anche economico, se si pensa alla necessità di coinvolgere specifici professionisti. Un'associazione di volontariato spesso non ha i soldi per pagare il commercialista che ti tenga l’amministrazione, magari come consulente sì, ma occorre allora curare in proprio la tenuta dell’amministrazione, preparare e raccogliere documenti, riempire i modelli dei diversi progetti, sono oneri che ricadono direttamente sulle organizzazioni.
Tutti questi oneri burocratici, appesantiti dalla Riforma del TS, limitano l’azione di questi enti e questo in parte spiega anche alcuni limiti del mondo del TS a incidere nella realtà sociale: ti spingono a diventare più un’impresa che un’organizzazione di cittadinanza attiva.
Incidono poi, come abbiamo detto, condizionamenti di carattere internazionale, in un contesto che vede una crescente ingiustizia (i ricchi diventano sempre più ricchi, mentre crescono i poveri).
Particolarmente da dopo la Seconda guerra mondiale fino agli anni ‘70 il divario tra ricchi e poveri si è assottigliato, ma dagli anni ‘80 è andato ricrescendo, prima negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e poi anche in Europa è andato continuamente aumentando, tanto che un rapporto di un'associazione (Oxfam) conferma che non si riesce più a tenere in piedi i servizi sociali; ma basterebbe che i più ricchi pagassero una tassa dell’1% in più sulle proprie entrate e in pochi anni già cambierebbero molte cose.
Il mondo è andato esattamente all'inverso, aumentano a est e ovest i paperoni, gli oligarchi che condizionano le scelte dei governi, che diventano più autoritari e la democrazia come potere del popolo è sempre più in crisi. Ma quali sono le possibili spiegazioni?
Senza considerare uno scenario più di carattere generale, anche le nostre esperienze locali diventano povere, sia nel significato che assumono per noi e per gli altri, sia nella speranza che ti danno di poter cambiare le cose. Bisogna quindi trovare il tempo per cercare le informazioni necessarie e gli strumenti di comprensione per cambiare il rapporto tra istituzioni e cittadini.
In particolare, quali sono le ragioni internazionali che hanno portato al caos attuale, che non è solo un caos economico è un caos anche di guerre: il mondo attuale è molto meno governato dal punto di vista politico di un tempo, cioè al tempo dei due blocchi (Est e Ovest). In fondo allora, pur nel forte contrasto, si trovava alla fine di volta in volta un accordo. Le uniche due guerre, che hanno avuto rilievo in quel periodo, sono state quella in Vietnam e quelle di Corea, che erano guerre di liberazione nazionale, guerre certamente, ma che almeno avevano un senso progressivo per quei popoli, la conquista di una vita più libera e migliore, che si realizzasse poi effettivamente o no.
Adesso invece scoppiano guerre causate dal nazionalismo o per il ritorno di una mentalità neocoloniale. Questo è avvenuto con orribili massacri nella disgregazione della ex Jugoslavia, ma anche dell’ex Urss: in Cecenia, in Georgia prima, oggi in Ucraina, dove all’aggressione russa si lega una crescita indisturbata di ricchi oligarchi che non hanno il benessere dei cittadini in cima ai loro pensieri e non hanno reso più democratiche e pacifiche né Russia né l’Ucraina. Non parliamo poi della deriva violenta in Medio Oriente e del conflitto israeliano/palestinese: certamente va condannata la strage di inermi civili israeliani del 7 ottobre ‘23 da parte di Hamas, ma per capire bisogna sempre avere una visione storica, il presente è sempre parte di un processo storico, è storia in atto: non si può occupare con la forza territori non propri per ’56 anni, reprimere sparando e uccidendo ragazzini che tirano sassi (Intifada 1987 e dopo), uccidere chi lavora per la pace in Israele (Rabin 1995), sostenere all’inizio lo stesso Hamas contro l’Olp di Arafat e poi pensare che la situazione non degeneri. Chi semina vento raccoglie tempesta, non si può essere artefici di, o favorire un mondo più ingiusto e violento e pensare che il risultato sia la pace. Come ha ben detto il massimo rappresentante della Chiesa Cattolica, Papa Francesco, è una guerra mondiale a pezzi, se pensiamo anche agli interventi Usa in Irak e Afganistan, la guerra civile alimentata dall’esterno in Libia e Siria, in Sudan ….
Rispetto al caos generale che è cresciuto, anche l’agire nel nostro piccolo localmente è fondamentale: quando non hai la possibilità di cambiamenti più generali si può lavorare comunque per portare avanti esperienze alternative, che proseguendo nel tempo un domani possono diventare, anche se oggi paiono invisibili, l'esempio per costruire il futuro. Conoscere gli scenari generali è però importante, come l’impostazione storica che abbiamo dato al nostro laboratorio: la realtà che ci si presenta davanti non è fatta di un solo fotogramma, ma da una pellicola, e allora, ad es. ci si accorge che se si è superata la Sacra Corona Unita a Mesagne dove siamo ora, i cittadini hanno avuto un ruolo fondamentale. Se un coordinamento tra le associazioni non avesse prima ripreso possesso del centro del paese con diverse iniziative, sottraendolo al controllo della mafia e prosciugando il terreno su cui si poggiava e isolandola, le forze dell’ordine e la magistratura da sole non ce l’avrebbero fatta.
Se hai uno sguardo storico ti accorgi dell’incidenza della tua azione, ma uno sguardo storico ti serve a sapere che anche il mondo, con i suoi tempi, si può cambiare.
Siamo in una fase difficile ma non finisce la storia dell'uomo. Secondo me si può anzi dire che ci sono anche i presupposti per un'Italia diversa, l'importante è prendere consapevolezza che abbiamo davanti un periodo non facile, di cui si deve tener conto, ma si deve anche sapere che finirà e che possiamo dare un contributo a come finirà.
Per capirci, possiamo suddividere nel “Mondo Occidentale” il periodo storico che va dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi in due fasi guidate da politiche economiche e sociali opposte.
- Un primo periodo, che negli Usa inizia con il new deal guidato da F.D. Roosevelt (Presidente dal 1933 al 1945) e che dopo la vittoria sul nazi/fascismo si diffonde alla vecchia Europa capitalistica e che termina negli anni ’80. Periodo, caratterizzato a livello internazionale da una regolazione dell’economia profit in una collaborazione degli Stati, con politiche di stato sociale e welfare state, di stato del benessere. Assistiamo in questo periodo a un elevato sviluppo economico, un miglioramento delle condizioni di vita, il riconoscimento di diritti fondamentali nelle costituzioni statali e nel diritto internazionale. Tutto ciò applicando politiche economiche e sociali di regolazione dell’economia profit che ebbero come massimo teorico (J. M. Keines 1883/1946).
- Un secondo periodo che sostanzialmente va dagli anni ’80 a oggi, con eventi premonitori precedenti, che riduce fortemente le politiche di stato sociale, privatizzazioni e riduzioni del welfare state che favoriscono fortemente l’economia profit, nell’economia reale, ma soprattutto attraverso quella finanziaria. In questo periodo vengono anche messi in discussione diritti fondamentali acquisiti e la regolazione internazionale dell’economia conquistate dopo il 1945.
Più difficilmente ciò avviene all’interno degli Stati con costituzioni non facilmente modificabili (ma questo non vale per la Gb che non ha costituzione e gli Usa che ce l’anno si, ma risalente a secoli prima). Questa messa in discussione soprattutto avviene per i diritti e le regolazioni dell’economia garantite dal diritto internazionale, che è sì sovraordinato a quello nazionale, ma era già in partenza più debole, perché frutto di accordi internazionali, ed era imperfetto come il governo dell’Onu, bloccato dal veto incrociato nel Consiglio di sicurezza. Se il primo periodo vede una regolazione dell’economia e della società profit, questo secondo teorizza una liberazione dalle regole, un nuovo liberismo, un neoliberismo.
Questo però vale per il Mondo occidentale e l’Urss, dove l’economia pianificata quasi militarmente dallo Stato senza partecipazione consapevole dei cittadini non ha retto.
In questo secondo periodo, forze conservatrici e che si richiamavano e richiamano al passato, ma non solo, hanno pensato si potesse uscire dalla crisi dello stato sociale e della democrazia rappresentativa, rafforzando i governi non con un rinnovato e allargato rapporto con il popolo, ma eleggendo parlamentari o sindaci con leggi maggioritarie o simili espedienti, ottenendo governi sempre meno rappresentativi, con una partecipazione popolare al voto sempre decrescente. Questo periodo ha fatto nascere oligarchi a Est e Ovest e riduzioni della democrazia, pur molto contrastate.
Nel resto del mondo ex coloniale però le cose non sono rimaste immutate, aree vaste del mondo hanno conquistato dal 1945 condizioni di vita migliori in Asia, in America Latina e in parti consistenti dell’Africa. In numerose aree di questo, una volta “Terzo Mondo”, le politiche economiche e sociali continuano a ispirarsi a J. M. Keynes, con qualche adattamento neoliberista, con miglioramenti consistenti dell’economia e delle condizioni di vita, ma con forme di democrazia interna agli Stati ancora spesso molto arretrate.
In questo inarrestabile declino relativo dei Paesi e delle cittadelle a capo del vecchio mondo coloniale e l’ascesa altrettanto inarrestabile delle ex colonie (si pensi all’ascesa dei Paesi Brics), che ruolo può avere il TS, presente negli Usa e soprattutto in Europa?
Noi facciamo parte della parte più ricca e istruita del mondo, che ha conquistato con la lotta antifascista diritti di libertà e sociali elevati, anche se ora il neoliberismo li vuole ridurre e controllare, questo ci rende possibili capacità di autorganizzazione dei cittadini, altrove irrealizzabili. L’Europa ha poi sperimentato i modelli economico/sociali sinora attuati: lo stato sociale e il welfare state, il liberismo e il neoliberismo, l’economia e la società tutta statalizzata e pubblica. Noi più di altri siamo in grado di proporre un nuovo modello economico e sociale, attento ai bisogni dell’uomo e del pianeta, in crisi climatica, senza ripetere gli errori di un’economia tutta pubblica e statalizzata e senza depredare il pianeta e le nostre vite ai fini egoistici e di breve respiro del profitto e della speculazione finanziaria.
Lo Stato deve fare la sua parte di coordinamento del processo sociale e di intervento dove occorre, ma non in maniera burocratica e autoritaria, ma attraverso una larga partecipazione sociale e la cittadinanza attiva, nel territorio e nei luoghi di lavoro, coniugando democrazia partecipativa e rappresentativa.
La democrazia politica e sociale non può essere semplicemente imposta da leggi, per quanto con riferimenti costituzionali, ma da una “costituzione vivente” fatta dalle convinzioni e dalle pratiche e attività dei cittadini, che lentamente vanno crescendo e sperimentano un’economia non per profitto e negli interessi generali della società, non perché lo impone una legge dello Stato, ma perché così vogliono e scelgono liberamente una parte sempre più rilevante di cittadini e lavoratori.
Questa è la prospettiva nella quale noi pensiamo al TS, sarà un processo lungo, succederanno molte cose in questo cammino, anche drammatiche, può certamente essere, ma a noi pare l’unica via di uscita, di sviluppo dell’umanità che altrimenti andrà in contro a dolorose sconfitte e vicende.
La dimensione emozionale dei valori e dell’etica della cultura organizzativa
L’idea del percorso laboratoriale
Un laboratorio della memoria del Volontariato del Terzo Settore volto a valorizzare la dimensione emozionale dei valori e dell’etica della cultura organizzativa, è un percorso generativo in quanto apprendimento, trasformazione ed elaborazione di senso dell’esperienza personale e collettiva, dell’impegno e della vita culturale e sociale di un’organizzazione.
Raccontare e scrivere esperienze personali inerenti al contesto organizzativo di appartenenza, ricordi e pratiche legate alla cultura della propria organizzazione, rappresentazioni e immagini connesse a dei contenuti semantici ed etici, valori e finalità attuali e future, permette di esplorare e consolidare la propria identità attraverso l’autobiografia.
Le narrazioni non solo soltanto una immediata ed efficace chiave di lettura delle organizzazioni come luoghi d’impegno e di desiderio. Sono storie di vita individuali e collettive che costituiscono una modalità partecipativa e di coinvolgimento per la comprensione e la valorizzazione di un agire quotidiano per un mondo più solidale e giusto.
Un’organizzazione è una realtà creatrice di simboli, di valori e modelli di impegno e di vita culturale e sociale che il laboratorio può mettere in risalto prendendo in considerazione le pratiche in essere e in divenire che plasmano una visione del futuro ed educano le persone e la collettività a sostenere quei valori che sono benefici e non nocivi per una società solidale e sostenibile.
Il dispositivo pedagogico del laboratorio caratterizza una pratica educativa volta a facilitare il racconto della propria esperienza all’interno di un’organizzazione di Volontariato del Terzo Settore. Le narrazioni e le scritture condivise sollecitano auto consapevolezze e un pensiero auto riflessivo, uno scambio di esperienze e un ascolto sensibile di sé e dell’altro, accompagnate da uno spirito non giudicante.
Sostenere il benessere individuale e collettivo entrando in contatto con il proprio sentire, con le proprie emozioni, con il sentire e le emozioni altrui, favorisce un percorso di gruppo che aspira a vivere e custodire una conoscenza reciproca e il consolidamento di legami interpersonali.
Il laboratorio permette, in quest’ottica privilegiata, di sperimentare la scrittura autobiografica e raccogliere delle memorie che raccontano il saper fare organizzazione, la motivazione, l’impegno civico e la partecipazione alla vita sociale.
Gli approcci e le metodologie individuate mettono necessariamente al centro la persona, esperienze e appartenenze, emozioni e desideri, incoraggiando una visione creativa che favorisca un pensiero divergente e un immaginario simbolico e sociale da cui scaturiscono una capacità di elaborazione originale in grado di accogliere e accogliere l’altro da sé proiettandosi verso un agire volto a migliorare il futuro della collettività. Laboratorio della memoria del Volontariato del Terzo Settore
Partecipanti e tempi di realizzazione
I partecipanti che prendono parte al laboratorio sono dei rappresentanti e dei volontari delle organizzazioni e degli enti di Volontariato del Terzo Settore. Le organizzazioni sono rappresentate o affidano a una o più persone la propria memoria. I partecipanti della medesima organizzazione offrono molteplici prospettive complementari. Il gruppo composito di lavoro, rappresentanti e volontari di differenti realtà, si incontra periodicamente.
I dirigenti coinvolti nella partecipazione agli incontri fanno tesoro di questa esperienza, di ciò che emergerà, e sono stimolati a sostenere il laboratorio condividendo con l’organizzazione il percorso realizzato e le memorie che saranno elaborate dal gruppo di lavoro. I volontari, il gruppo non dirigenziale, e i responsabili, saranno accompagnati congiuntamente a condividere emozioni e bisogni, sogni e responsabilità relative ai valori della vita organizzativa.
Ogni partecipante rappresenta la memoria, la storia passata, presente e futura della propria organizzazione, divenendo un facilitatore di comunità, un custode e un narratore dei valori e dell’etica della vita dell’organizzazione.
Il laboratorio esperienziale ha una durata complessiva di 24 ore di formazione, è strutturato in una serie di 8 incontri quindicinali, 3 ore per ogni incontro, con la guida di un formatore autobiografico.
Approcci e metodologie formative
Il laboratorio offre l’opportunità di sperimentare approcci e metodologie formative interdisciplinari di tipo qualitativo nell’ambito delle scienze umane e sociali. Tali approcci costituiscono, nel loro insieme, la declinazione metodologica di un dispositivo esperienziale educativo che struttura e organizza le varie fasi del laboratorio.
Approccio esperienziale: un’educazione della persona in situazione di apprendimento in funzione di un reciproco scambio positivo e costruttivo di esperienze e conoscenze come principio di crescita umana.
Approccio culturale: le narrazioni rappresentano utili costrutti di senso per comprendere e interpretare le trame delle storie di vita, per esplorare le dinamiche attraverso le quali si genera una coscienza condivisa.
Approccio narrativo: la narrazione di un vissuto umano come processo di espressione di soggettività e collettività di valori e di cultura, individua nei racconti di vita delle persone una modalità valida per ridefinire l’identità personale e collettiva.
Approccio autobiografico: educare ad auto formarsi attraverso la scrittura della propria storia di vita, narrando esperienze vissute e rielaborandole per acquisire maggiori consapevolezze di sé stessi, degli altri e del mondo. Laboratorio della memoria del Volontariato del Terzo Settore.
Approccio educativo alla formazione degli adulti: l’identità organizzativa come processo continuo di narrazione la cui formulazione è elaborazione permanente di appartenenza e socializzazione.
Approccio simbolico: il modo in cui i contesti organizzativi sono narrativamente prodotti, i processi di negoziazione e costruzione del senso e del significato dell’agire, come sono rappresentate e comprese le culture organizzative.
Approccio mitanalitico: esplorare i miti contemporanei della società come espressione del nostro rapporto al mondo, ricentrando la persona al cuore della propria libertà etica per distinguere quei valori che sono benefici e non nocivi alla nostra umanità.
Approccio di analisi istituzionale: leggere l’organizzazione attraverso il vissuto delle persone che ne fanno parte, esplorare lo spazio istituito dei valori, come processo di formalizzazione di codici e la loro ritualizzazione, e lo spazio istituente in quanto emergenza del potenziale trasformativo dei rapporti sociali.
Approccio all’immaginario sociale: le rappresentazioni immaginarie collettive e le risonanze simboliche dell’agire in funzione di valori e di pratiche sociali condivise, come modalità di esplorazione di senso della realtà istituita e in via di formazione rispetto a bisogni e desideri di cambiamento.
Ruolo del formatore e consulente autobiografico
Implementa le attività educative del dispositivo pedagogico del laboratorio.
Conduce e anima il gruppo di lavoro favorendo un ascolto sensibile di sé e dell’altro e un’etica della reciprocità e dell’incontro.
Motiva e facilita alla scrittura autobiografica supportando auto riflessione e pensiero critico.
Individua e struttura le attività peculiari e i dispositivi didattici che a ogni fase del laboratorio avvicinano alla scrittura autobiografica, dal livello iconico, a quello verbale e testuale.
Determina le modalità di restituzione dei lavori individuali e di gruppo favorendo una forma strutturata alle riflessioni di gruppo.
Supporta il gruppo di lavoro prospettando e facilitando una ulteriore rielaborazione emozionale e cognitiva delle memorie condivise.
Le fasi del laboratorio
Il racconto dell’impegno personale e della cultura di una organizzazione, le dimensioni valoriali, i propositi e le finalità attuali e future, è strutturato in quattro fasi nel percorso di gruppo del dispositivo pedagogico. Le attività sono strutturate in momenti di lavoro in sottogruppi e gruppo allargato, e lavori individuali tra un incontro e l’altro. Laboratorio della memoria del Volontariato del Terzo Settore.
Prima fase: riconoscere i valori dell’agire individuale e sociale.
Seconda fase: esplorare i valori della comunità.
Terza fase: raccontare i valori dell’organizzazione.
Quarta fase: condividere i valori di riferimento.
I metodi evocativi
Al fine di facilitare la capacità di ripercorrere e raccontare, almeno in parte, la propria storia di vita in relazione all’impegno sociale nell’ambito specifico della propria organizzazione, come modalità generativa di una conoscenza biografica, si farà riferimento a differenti metodi evocativi.
Elementi evocativi e significativi identitari: artefatti della cultura organizzativa, altri artefatti materiali o rappresentazioni.
Elementi evocativi emotivamente condivisi: esperienze vissute, rappresentative del rapporto con l’organizzazione nella sua dimensione emotiva e non soltanto fattuale.
Elementi evocativi valoriali: il modo in cui il sistema di valori, i valori di riferimento, i valori desiderati cui si aspira, e i valori desiderabili cui si dovrebbe aspirare, o la loro mancanza, si manifesta nella realtà quotidiana.
Valutazione del percorso di formazione esperienziale
Strumenti di valutazione intermedia: il diario di bordo quindicinale. Il diario di bordo sollecita i partecipanti a scrivere periodicamente le loro riflessioni, socializzare emozioni e cambiamenti personali nel corso del percorso intrapreso. Questo strumento narrativo riunisce gli elementi significativi dei vari incontri e facilita il processo di riflessione e di confronto, documentando lo stato d’animo e le consapevolezze acquisite sul significato dei valori organizzativi.
Strumenti di valutazione finale: la redazione di memorie. La ricostruzione del percorso biografico personale nell’ambito della propria organizzazione. Questo strumento consente la creazione, la condivisione e la conservazione di un patrimonio immateriale che mantiene vivi e presenti i valori guida dell’organizzazione e l’etica della cultura organizzativa del Volontariato e del Terzo Settore.
Note
[1] Guido Memo è l’autore di “Perché ricostruire, narrare e scrivere le memorie del Volontariato e del Terzo Settore”, tratto dal suo intervento del 10 Marzo a Mesagne all'incontro in presenza dell'edizione 2024 del Laboratorio della memoria e del volontariato del Terzo Settore 2024.
[2] Orazio Maria Valastro è l'autore di “La dimensione emozionale dei valori e dell’etica della cultura organizzativa”.
[3] La curatrice del numero monografico, Valeria Pecere, è l’autrice dell’“Introduzione”.