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Thrinakìa sesta edizione: premio internazionale di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche, dedicate alla Sicilia / A cura di Orazio Maria Valastro / Vol.22 N.1 2024

L’isola

Paola Santacroce

magma@analisiqualitativa.com

Latina (Italia). Prima opera classificata nella sezione Poesie L’isola di lingua italiana della sesta edizione del premio internazionale Thrinakìa.

 

Sibylle Bolli

magma@analisiqualitativa.com

Svizzera. Seconda opera classificata nella sezione Poesie L’isola di lingua italiana della sesta edizione del premio internazionale Thrinakìa.

 

Antonio Mari

magma@analisiqualitativa.com

Napoli (Italia). Terza opera classificata nella sezione Poesie L’isola di lingua italiana della sesta edizione del premio internazionale Thrinakìa.

 

 

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Federico Troncone, Istituto I.S.I.S.S. Einaudi – Molari di Rimini - Sezione speciale L’isola Thrinakìa. AMIS Archivio della Memoria e dell’Immaginario Siciliano, Le Stelle in Tasca ODV.

L’isola

Paola Santacroce

 

Come il mare del Plemmirio

hai sommerso gli scogli e ogni parte di me.

 

Hai scavato cunicoli di ogni forma e misura

e adesso che ti sei tirato indietro vedo brillare il sale.

 

Sale sugli scogli e tra le fessure sconnesse,

sale dentro ogni piccolo e rotondo ombelico.

 

Sale dove passo la lingua per ricordare il sapore, la sete.

 

E poi brucia.

 

Studio le rocce, allungo i miei passi e mi tuffo per bere,

per scolarmi quel mare, per fermare la smania e l’arsura.

 

E poi basta.

 

Riemergo.  Una spinta profonda e ti vedo, lambito di azzurro,

utopia siciliana che ora si abissa indolente

in quel mare che ho amato,  in quel mare che ho odiato.

 

E poi affoga.

 

L’isola

Sibylle Bolli

 

Sicilia Ìsula d’àuru

chant abandonné sur la mer

 

antenati trafiggonno la terra

tra i capelli dei tuoi figli

sale speranza il passato ferito

 

ossu arma focu

 

la morte mi tiene per mano

qui nasciamo in piedi

i melagrani sono preghiere

lanterne sull’oceano metallico

ogni passo sulla terra

un battito di tammorra

 

avril verte passe

comme un rêve une jeune fille

qui se hâte ne se retourne pas

l’amour prend forme de lune

et la nuit entière inspire

 

sul nero seno del vulcano

la processione dei morti sa d’arancio

i loro sospiri varcano

casa cortile bacio

 

cani randagi umani

vivono nella bocca del sole

valicano la pelle dell’ombra

sagome di polvere tremanti di sete

 

et dans la ruelle l’enfant

a le visage d’un dieu

l’enfant tragique a la gravité du guerrier

et la joue ronde de sa mère

 

ossu arma focu

 

quelli che vengono scavalcano le rovine

marciano sulla lamentela dei gabbiani

quelli che vengono portano il tuo morso

i frutti irriquieti del tuo amore

come un vento grigio senza pioggia

senza pioggia

 

lacrime lontane nelle nuvole

cambiate in lapilli

spazza tua nonna sulla soglia

 

quando mi allontano sorgi da dentro

come un grido un sangue

che scandisce il ritmo della danza

nel più dolce del cuore

 

hommes femmes volcan

enfants vieillards volcan

 

ossu arma focu

 

Ìsula d’àuru

porta dei mondi radice profonda

avvolta dalle acque che chiamano

ton visage jamais ne me laisse

 

que veux-tu de moi que tu n’aies déjà ?

cosa vuoi da me che non hai già ?

 

L’isola

Antonio Mari

 

Mi hai dato l’amore che s’è fatto vicino.

Le albe prese tutte intere,

l’ascensore che portava via.

Mi hai donato il tuo viso aperto

a spasmi e matassa d’oro,

quell’eterno punto fisso mai più trovato,

memoria in ogni mio andare da prodigo figlio.

Hai acceso e spento una luce

sul palco che mi smarriva

riconsegnandomi a me stesso,

personaggio in cerca d’autore.

 

Consegnato al dolore che oggi resta,

quello che vien giù dagli occhi,

risultato ineludibile tra luce e ombra

dentro la fitta selva dei boschi.

 

Riconosciuto nella tempesta dell’anima

quando si trova a sbattere

nello stretto canale della poesia,

naufragando in un sole che ansima.

 

Accolto in sapori, a saziare un’esistenza.

Particole indorate nella mistura di farine antiche

ad impanarsi come tre sapienti d’Oriente:

Russello, Perciasacchi e Maiorcone.

 

Terra mia, mi hai scaldato

col fiato sospeso dei tuoi anziani.

Siedono come antichi capi indiani,

così taciturni da portar dentro

tutto il sacro respiro del creato.

 

Arrivati in anticipo all’appuntamento,

all’ultimo minuto non si è mai svoltato l’angolo.

Il debito all’acerba vita è pagato.

Il mare riporterà gli occhi a quanto pretende il richiamo?

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