Latina (Italia). Prima opera classificata nella sezione Poesie L’isola di lingua italiana della sesta edizione del premio internazionale Thrinakìa.
Svizzera. Seconda opera classificata nella sezione Poesie L’isola di lingua italiana della sesta edizione del premio internazionale Thrinakìa.
Napoli (Italia). Terza opera classificata nella sezione Poesie L’isola di lingua italiana della sesta edizione del premio internazionale Thrinakìa.
Federico Troncone, Istituto I.S.I.S.S. Einaudi – Molari di Rimini - Sezione speciale L’isola Thrinakìa. AMIS Archivio della Memoria e dell’Immaginario Siciliano, Le Stelle in Tasca ODV.
L’isola
Paola Santacroce
Come il mare del Plemmirio
hai sommerso gli scogli e ogni parte di me.
Hai scavato cunicoli di ogni forma e misura
e adesso che ti sei tirato indietro vedo brillare il sale.
Sale sugli scogli e tra le fessure sconnesse,
sale dentro ogni piccolo e rotondo ombelico.
Sale dove passo la lingua per ricordare il sapore, la sete.
E poi brucia.
Studio le rocce, allungo i miei passi e mi tuffo per bere,
per scolarmi quel mare, per fermare la smania e l’arsura.
E poi basta.
Riemergo. Una spinta profonda e ti vedo, lambito di azzurro,
utopia siciliana che ora si abissa indolente
in quel mare che ho amato, in quel mare che ho odiato.
E poi affoga.
L’isola
Sibylle Bolli
Sicilia Ìsula d’àuru
chant abandonné sur la mer
antenati trafiggonno la terra
tra i capelli dei tuoi figli
sale speranza il passato ferito
ossu arma focu
la morte mi tiene per mano
qui nasciamo in piedi
i melagrani sono preghiere
lanterne sull’oceano metallico
ogni passo sulla terra
un battito di tammorra
avril verte passe
comme un rêve une jeune fille
qui se hâte ne se retourne pas
l’amour prend forme de lune
et la nuit entière inspire
sul nero seno del vulcano
la processione dei morti sa d’arancio
i loro sospiri varcano
casa cortile bacio
cani randagi umani
vivono nella bocca del sole
valicano la pelle dell’ombra
sagome di polvere tremanti di sete
et dans la ruelle l’enfant
a le visage d’un dieu
l’enfant tragique a la gravité du guerrier
et la joue ronde de sa mère
ossu arma focu
quelli che vengono scavalcano le rovine
marciano sulla lamentela dei gabbiani
quelli che vengono portano il tuo morso
i frutti irriquieti del tuo amore
come un vento grigio senza pioggia
senza pioggia
lacrime lontane nelle nuvole
cambiate in lapilli
spazza tua nonna sulla soglia
quando mi allontano sorgi da dentro
come un grido un sangue
che scandisce il ritmo della danza
nel più dolce del cuore
hommes femmes volcan
enfants vieillards volcan
ossu arma focu
Ìsula d’àuru
porta dei mondi radice profonda
avvolta dalle acque che chiamano
ton visage jamais ne me laisse
que veux-tu de moi que tu n’aies déjà ?
cosa vuoi da me che non hai già ?
L’isola
Antonio Mari
Mi hai dato l’amore che s’è fatto vicino.
Le albe prese tutte intere,
l’ascensore che portava via.
Mi hai donato il tuo viso aperto
a spasmi e matassa d’oro,
quell’eterno punto fisso mai più trovato,
memoria in ogni mio andare da prodigo figlio.
Hai acceso e spento una luce
sul palco che mi smarriva
riconsegnandomi a me stesso,
personaggio in cerca d’autore.
Consegnato al dolore che oggi resta,
quello che vien giù dagli occhi,
risultato ineludibile tra luce e ombra
dentro la fitta selva dei boschi.
Riconosciuto nella tempesta dell’anima
quando si trova a sbattere
nello stretto canale della poesia,
naufragando in un sole che ansima.
Accolto in sapori, a saziare un’esistenza.
Particole indorate nella mistura di farine antiche
ad impanarsi come tre sapienti d’Oriente:
Russello, Perciasacchi e Maiorcone.
Terra mia, mi hai scaldato
col fiato sospeso dei tuoi anziani.
Siedono come antichi capi indiani,
così taciturni da portar dentro
tutto il sacro respiro del creato.
Arrivati in anticipo all’appuntamento,
all’ultimo minuto non si è mai svoltato l’angolo.
Il debito all’acerba vita è pagato.
Il mare riporterà gli occhi a quanto pretende il richiamo?