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Udire, Ascoltare, Sentire / A cura di AnnaMaria Calore / Vol.21 N.2 2023

La legge del mare: una legge capace di udire, ascoltare e sentire

Massimiliano Zitelli Conti

magma@analisiqualitativa.com

53 anni, felicemente padre e nonno, è nato a Roma ove è tornato a risiedere nel 2023 dopo aver vissuto a Firenze, Assisi, Bologna, Reggio Calabria e Bova Marina. Diplomato al Liceo Classico Virgilio di Roma con 60/60 ha interrotto gli studi universitari per un “prematuro” impiego in banca. Oggi è funzionario bancario e continua a scrivere, in specie poesie in dialetto e surrealiste, fiabe, a giocare e divertirsi con le parole. Ha collaborato con alcune testate giornalistiche indipendenti. Secondo Classificato all’edizione 2022 del Premio Internazionale Thrinakìa di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche dedicate alla Sicilia -sezione racconti autobiografici-.

Abstract

La gente d’Italia, specialmente quella che ama il mare ma ne conosce anche i rischi, recepisce come normale il salvataggio di naufraghi e continuerà a reputarlo tale oltre le possibili normative attuali o future che verranno emanate e nonostante i vari “decreti sicurezza” che non tengano conto del salvataggio, sempre e comunque, di chi si trova nella condizione di naufrago in mare.

 

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Studio di figura Alphonse Legros (1837-1911) The Metropolitan Museum of Art

«Fermatevi ancelle: dove fuggite alla vista d’un uomo? Credete forse che sia un nemico? Ma questi è un misero naufrago, capitato qui per sventura, e dobbiamo prendercene cura… coraggio ancelle, date all’ospite, da mangiare e da bere, e nel fiume lavatelo, in un punto al riparo dal vento». «Disse così e le ancelle si fermarono» (Omero:- Odissea quinto libro- nel quale Ulisse si sveglia naufrago e straccione sulle spiagge dell’isola di Scheria, dove vivono i Feaci ed incontra Nausicaa).

Per la gente che vive lungo lo sponde del Mediterraneo ed in particolar modo per un pescatore che trova un naufrago lungo le rotte marittime, il salvataggio è scontato. Fa parte del proprio paesaggio interiore salvare un naufrago. Un mondo interiore nel quale Legge, Morale e Profonda Umanità convivono e spesso coincidono. Perché, coloro che sanno ascoltare e sentire la voce del mare, anche quando è in tempesta, sono abituati a scrutarlo con occhio attento e sanno distinguere la forma di una imbarcazione: sia se essa sia portatrice di uomini di pace oppure di invasori o ancora in difficoltà tra i marosi ed il vento. Soprattutto, sanno udire ed ascoltare grida di aiuto di persone in difficoltà tra le onde, poiché hanno relazioni con il mare che permettono a uomini e donne che nascono e che vi crescono accanto di avvertire ed ascoltare i movimenti di un branco di pesci presenti a metri e metri delle profondità azzurre.

Nel paesaggio interiore del pescatore, in relazione perenne con l’ambiente marino nel quale si muove tutti i giorni, il sentire la voce del vento e della tempesta non impedisce, con l’udito ed il cuore in ascolto, di avvertire anche i suoni di richiesta di aiuto che provengono da mare procelloso. Il paesaggio azzurro fa parte del mondo interno ed emozionale della gente di mare che da millenni ne accetta mutevolezza e meraviglia accompagnati, continuamente, al rischio personale di morte tra le onde ed indissolubilmente alle furiose tempeste e mareggiate capaci di distruggere le coste e con loro le case di pescatori e marinai che su quella costa abitano.

La legge morale del pescatore è la legge umana e morale del mare, costruita in millenni di rapporto con i flutti d’acqua salata, la loro ricchezza ed i rischi impliciti: lo è da sempre perché è una legge che coincide con i valori morali della gente che vive lungo le sponde marine da quando l’uomo ha imparato a solcare le onde di quel mare sia per procacciarsi cibo che per utilizzarne le perigliose vie d’acqua al fine di  scoprire  nuove terre e nuove genti.

Alimentarsi ed esplorare

Un pescatore rispetterà quindi e sempre, il mare e le sue leggi perché fanno parte di un codice di comportamento tramandato di generazione in generazione e tradire quei comportamenti significherebbe tradire i propri padri ed i propri nonni, le regole morali che sono stati capaci di trasmettere.

Davanti alle troppe morti di esseri umani che, attraversando il mare, fuggono da situazioni di vita insopportabili, i pescatori sono convinti che il Mediterraneo si ribellerà al fatto di essere diventato un cimitero nel quale si rischia di tirare su, con le reti, anche pezzi di esseri umani scarnificati dalla giacenza in acqua e/o dall’essere stati pasto dei pesci.

«...i nostri figli, anzi i vostri, chiederanno conto per tutto questo. Per questo silenzio, questi massacri, per questa disumanità. Non si tratta di accoglienza, o almeno non solo di questo, si tratta di valori. E, soprattutto, di leggi superiori: la legge del mare. La legge del mare ha centinaia e centinaia di anni ed è fatta di regole non scritte, di occhiate, di sguardi, di codici impliciti ma da seguire severamente ed il soccorso rientra in questa sfera. Qui stiamo regredendo. Mettere in discussione il soccorso è regressione totale. Possono fare leggi, normative, fogli e fogliettini: un vero pescatore salverà sempre una persona in difficoltà. L’ha fatto mio padre prima di me. E prima di mio padre, mio nonno. E prima di mio nonno, il mio bisnonno. Generazioni su generazioni. E non sarò certo io a venire meno a questo. Una visione di altri tempi, magari, quella di mio padre e di mio nonno, ma tempi nei quali salvare una vita umana era naturale e non una effrazione. Se salvare persone significa essere datati, allora io sono di vecchio stampo. Sulle coste calabresi è capitato che sbarcassero migranti: hanno trovato coperte calde, vestiti, mangiare. La gente non li ha respinti» (da Frontiere News del 3 marzo 2023 intervista curata da Pietro G.Panico a pescatori calabresi).

Il mare, quindi ha delle leggi intrinseche e millenarie per la gente di mare che hanno, come caposaldi imprescindibili, sia la scoperta di nuove terre ed il contatto con nuove culture anche a fini commerciali, che il salvataggio delle persone che rischiano di annegare: sono leggi umane che storia, mitologia, poesia, letteratura, canti e narrazioni sia omeriche che successive, hanno sempre sottolineato.

Un tentativo dei legislatori di ratificarle in convenzioni a valenza condivisa ed universale sono anche state fatte. Come quelle emanate da UNCLOS, SOLAS (Convenzione Internazionale Sicurezza Vita in Mare) e da quella di Amburgo SAR (Convenzione Internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo).

Nella prima (UNCLOS- Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare), capostipite è il regolamento 33 capitolo V, che prevede espressamente che “il comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione”.

Nella seconda, caposaldo è l’art.98 Comma 1, Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare – UNCLOS – (1982): “Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio o i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita quanto più velocemente possibile”.

Nella terza al cap. 2.1.10 (attuato in Italia dal D.P.R. N.662/1994) si specifica che gli Stati devono “garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali tale persona viene trovata” e nei cap. 1.3.2. “fornirle le prime cure mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro”.

Ma un pescatore che trova un naufrago lungo le rotte marittime o sulla sabbia in riva al mare, il salvataggio non ha bisogno di “convenzioni” perché è un dovere umano che dovrebbe essere scontato anche perché la penisola Italia è una terra che si allunga nel Mediterraneo e i suoi abitanti, hanno nel sangue una mescolanza di ricchezza fatta da geni e culture diversi quindi, la capacità di accettare e sentire come fratello coloro che, anche se provengono da lontano, si trovano, in difficoltà in mezzo al mare.

Basterebbe ricordare come, a Torre Melissa (Crotone) la popolazione in piena notte si è gettata in mare per salvare alcuni profughi curdi che stavano annegando. E si tratta non di un episodio singolo, ma simile a quanto accaduto anche in Sicilia ed a Lampedusa.

Il popolo italiano, specialmente quello che vive lungo le coste, ama, rispetta e teme il mare. Continuerà ad ascoltare le richieste di aiuto e continuerà a salvare i propri simili che rischiano di annegare. Anche oltre le possibili normative che verranno attuate: lo insegna la storia, la cultura e la sensibilità umana di coloro che sanno udire grida di aiuto, sanno ascoltare la propria coscienza e sanno sentire  la propria natura umana che  ordina loro di non tirarsi indietro nel prestare soccorso.

Attualmente, sembra quasi un reato, un capovolgimento della normativa e della prassi vigente prestare aiuto ai naufraghi. E si cerca di convincere, gli uomini del mare, non solo a disubbidire alle leggi marittime, ma a sentirsi spinti verso il comportamento di non prestare soccorso e, quindi, alla non attuazione dei propri obblighi morali .

La drammaticità della implicita richiesta intrisa della disperazione di un Ulisse che solo un naufrago può provare davanti ad una bella e pietevole Nausicaa (crf. citazione sotto il titolo di questo documento), il suo bisogno di umanità e di contatto umano con qualcuno che non solo possa dare beni materiali di prima necessità ma anche essere un accogliente appiglio alla sua psiche provata da paura e dolore, non possono che portarci alla mente uomini, donne e bambini che, in questi tempi, lanciano SOS dal mare in tempesta dimenticando che, gran parte della nostra gloriosa storia della Roma Antica, è stata possibile grazie ad un profugo di guerra, un migrante che fuggiva dalle macerie di una brutta guerra, dalla sua città messa a ferro e fuoco. Fuggiva tenendo per mano il proprio bimbo ed il vecchio padre sulle spalle e le ceneri dei propri avi. Il suo nome era Enea. Enea, esempio di “pietas” un sentimento non propriamente coincidente con la “pietà” come la intendiamo noi, ma più complesso e sfumato poiché indica devozione, rispetto per gli dei, per la famiglia ed anche rispetto verso altri esseri umani. Per gli antichi romani Enea rappresentava l’eroe capace di coraggio, lealtà, clemenza, senso civico e profonda onestà d’animo.

Nessuno è esperto in materia di codice marittimo e, soprattutto, di codice morale del mare come i pescatori ed i marinai! Per questo prima di scrivere “leggi marittime” a tavolino, bisognerebbe tener conto della millenaria “Legge del Mare”.

È stata la “Legge del Mare”, interiorizzata dagli abitanti di quest’ Italia dalle lunghissime coste, a permettere nel corso dei millenni e, soprattutto in questi ultimi anni, forme di solidarietà reali e indimenticabili; come nel gennaio 2019, quando cinquantuno profughi curdi sono stati salvati dai cittadini di Torre Melissa, in provincia di Crotone, cittadini che, alle quattro del mattino si sono gettati in mare per salvare naufraghi che non sapevano nuotare. Oppure, nel luglio 2019, quando i pescatori del peschereccio “Accursio Giarratano” hanno salvato cinquanta migranti a rischio di annegare in alto mare, dopo che Malta aveva rifiutato l’attracco a quel natante colmo di disperati. Ed anche azioni singole di salvataggio, come quella di Vincenzo Partinico, pescatore di Lampedusa che, durante la pesca, nota ventiquattro naufraghi e li aiuta e rincuora tutti, in attesa che, arrivi la Guardia Costiera.

La gente d’Italia, specialmente quella che ama il mare ma ne conosce anche i rischi, recepisce come normale il salvataggio di naufraghi e continuerà a reputarlo tale oltre le possibili normative attuali o future che verranno emanate e nonostante i vari “decreti sicurezza” che non tengano conto del salvataggio, sempre e comunque, di chi si trova nella condizione di naufrago in mare.

Il rispetto verso il mare e verso gli esseri umani che si trovano in balìa delle onde può capirlo soltanto un popolo circondato per tre quarti dal mare.

Un bellissimo film di diversi anni fa, “Terra Ferma” narra di un incontro di crescita reciproca tra una famiglia di pescatori che vivono sull’isola di Linosa ed i naufraghi da loro accolti nonostante che, per averli salvati, venga requisito il peschereccio di famiglia per aver dato il vietato soccorso a migranti. Emblematica è la figura del giovanissimo Filippo nipote di un nonno pescatore che, senza esitazione alcuna, rompe i sigilli del peschereccio sequestrato e prende il largo con due clandestini a bordo, verso la “Terra Ferma” ovvero “l’Italia Continentale” mettendo in discussione i presunti “confini” delle leggi e dei regolamenti promulgati dagli uomini a dispetto della “Legge del Mare”, legge che, per ogni persona che il mare lo ama e lo vive oppure si trova in sua balìa, comanda alla coscienza umana di salvare chiunque si trovi a dover chiedere aiuto.

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