Laureata in Scienze Erboristiche e in Farmacia.
Abstract
L’importanza empatica del “saper sentire”, con rispetto e dovuta attenzione, non solo delle nostre pulsioni e i nostri desideri quindi, ma anche il saper tenere conto del contesto nel quale si trova il sentiero che stiamo percorrendo. Sentiero che andrebbe intrapreso contemperando i delicatissimi equilibri del nostro Pianeta azzurro e verde e di tutte le creature che lo abitano.
Quaderno di schizzi Cyprián Majerník (1909–1945) Galleria Nazionale Slovacca
Il paesaggio interiore di ciascun essere umano è un percorso unico, irripetibile e mutevole, creato da ciascuno di noi attraverso i riflessi che, dal mondo che ci circonda, percepiamo e facciamo nostri. Questo accade non solo grazie alla capacità di saper guardare e sguardare ma anche attraverso il nostro personalissimo saper udire, ascoltare e, soprattutto il nostro saper “sentire”. Un “sentire” che implica l’attivazione di tutti e cinque i nostri sensi capaci, molto più di quanto noi possiamo immaginare, di convogliare verso la nostra anima, tutto il riflesso degli incantesimi dell’universo attraverso quella percettività capace di creare un paesaggio interiore unico per ciascuno di noi. Perché quel paesaggio è frutto, comunque, di una percezione soggettiva, legata indissolubilmente alla nostra esistenza, ai ricordi e alle emozioni connesse in modo esclusivo e unico al proprio, personalissimo mondo interiore.
E così, tutto il nostro vissuto potrà essere consapevolmente influenzato da quel paesaggio sempre mutevole, vivo e unico che ci appartiene da quando siamo nati. Un paesaggio interiore continuamente dispiegato e mutevole a causa delle personali esperienze, dell’influenza dei legami affettivi e di tutto quanto abbiamo potuto e voluto udire, ascoltare, guardare, toccare, annusare, gustare. Ma e soprattutto, per la capacità di aver saputo dispiegare tutta la nostra percettività per sentir risuonare, all’interno del nostro animo, quei segnali capaci di giungere a modificare in senso più evoluto, la nostra personalissima geografia dell’anima.
Solo allora, il nostro vissuto, potrà essere modellato dalla presenza costante e nello stesso tempo mutevole di quel paesaggio, fatto di persone, sogni, progetti, esperienze, culture e religioni diverse. E non solo un “paesaggio” modellato solo ed esclusivamente a dimensione degli umani. Ma un paesaggio che sappia tener conto anche delle foreste, dei mari e dei corsi d’acqua con la loro flora e fauna.
L’importanza empatica del “saper sentire”, con rispetto e dovuta attenzione, non solo delle nostre pulsioni e i nostri desideri quindi, ma anche il saper tenere conto del contesto nel quale si trova il sentiero che stiamo percorrendo. Sentiero che andrebbe intrapreso contemperando i delicatissimi equilibri del nostro Pianeta azzurro e verde e di tutte le creature che lo abitano.
Il nostro paesaggio cambia ed è sempre mutevole in virtù delle nostre sensazioni, desideri ed emozioni. Ricollochiamo nel nostro intorno tutte le nostre sensazioni sia negative che positive e il nostro vissuto a sua volta ci dà delle risposte a quello che noi proviamo e sentiamo. Tutta la nostra immaginazione ci fonde e ci costruisce rendendoci capaci di creare una realtà in cui è facile immergerci per poi a sua volta trarre l’energia necessaria per la vitalità e l’essere in se stessi nonché la nostra reale realizzazione.
Nella natura rispecchiamo il nostro io e questo si nutre di emozioni vissute di sentimenti, del piacere che vogliamo raccontarci e nel frattempo di quelle effusioni che riusciamo a raccogliere, dei rapporti interpersonali che riempendo la nostra vita e definendo i modi essenziali di quello che è il nostro percorso o sentiero di vita. Il sentiero della vita è una continua luce definita di colori e buio forse definita meglio come sentiero dell’anima; l’anima piccolo raccordo “fessura” volgarmente chiamata che ci collega con l’esterno, con le voci, di quello che è l’intorno di noi. La nostra anima ha la capacità di racchiudere nello scrigno di ognuno di noi, dei segreti, di discernere i pensieri più profondi, di difendere i sentimenti più importanti facendoli man mano fluire cosi da invadere e intrecciare i fili della nostra vita.
Lo spazio non deve essere visto come contenitore puro ma come un insieme complesso di fattori politici sociali e religiosi, come luogo di risorse, di dinamiche sociali che tiene conto di fattori economici sociali politici i quali elementi contribuiscono a costruire uno spazio, un prodotto culturale. Il termine cultura deriva dal latino colere, indicante il movimento circolare e quindi portatore di un’idea trasformativa. Colere è l’azione di abitare un luogo, un territorio, coltivare un campo, ornare un corpo, venerare una divinità, esercitare una facoltà; è l’azione degli esseri umani che intervengono su un territorio e lo modificano per colonizzarlo, abitarlo e coltivarlo, per insediarvi il proprio villaggio: indica quindi l’intervento sulla natura e la sua domesticazione.
L’attività di vivere e conoscere uno spazio è attività cognitiva, in un sistema in cui l’uomo diviene organizzatore dello spazio, di un habitat da lui modellato e distinto dal caos della natura; il fare “proprio un posto” è un tipico processo umano, al pari della parola e dei gesti, che richiede un iter di conoscenze ed esperienze reiterate e comunicate in molte generazioni; la conoscenza è sempre legata a un “qui” (ibidem). Ciò comporta un’interiorizzazione dei luoghi, gli individui diventano essi stessi luoghi; la mappa mentale risiede nell’individuo. La vicinanza tra il concetto di cultura, e ciò che è civilizzato, a quello di addomesticamento del territorio, del quale il corpo ne diviene metafora, è diffuso in vari contesti etnografici.
Il messaggio quindi in costante movimento e delineazione modellato dalla nostra fantasia si riaggancia alla nostra esistenza proiettando i nostri sentimenti in maniera nitida verso un mondo che può plasmarci cosi cambiando le nostre percezioni possiamo scoprire sensazioni più nuove più strabilianti che ci portano ad un azzurro più nitido, da una esperienza del nostro vissuto professionale alla realizzazione di ricerca, azione, a elaborare processi cognitivi, di ricerca e studio, in cui l’intelligenza è l’abito del pensiero riflessivo e con esso la capacitò dell’uomo di indagare la realtà, di esplorare l’ignoto.