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Istituzionalizzazione / deistituzionalizzazione: sguardi reciproci sulla legge 180 in Europa e nel mondo / A cura di Cecilia Edelstein / Vol.17 N.2 2019

Cibernetica della legge: istituzionalizzazione / deistituzionalizzazione negli USA, passato e presente

Marcelo Pakman

mpakman@gmail.com

Psichiatra di comunità, psicoterapeuta sistemico. Ha lavorato per anni nelle istituzioni e ha sempre svolto attività clinica; si è occupato di micropolitica della Salute Mentale di Comunità nell’Ovest del Massachusetts, Stati Uniti. Scrive e lavora in tutto il continente americano e in Europa su situazioni di povertà, violenza e dissonanza etnica, memoria e testimonianza e sul rapporto tra pratica clinica, epistemologia e filosofia.


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"Diritti... e rovescio" - Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo, progetto realizzato all'interno del laboratorio "Atelier d'Arte" del Centro Diurno Day Care dell'Ospedale di Bergamo.

Buongiorno a tutti. Grazie Cecilia per l'invito, è un piacere per me essere qui.

 

Durante il mio intervento vorrei riflettere su un aspetto riguardante gli interventi governamentali, legislativi e sociali che hanno influenzato lo sviluppo del processo di deistituzionalizzazione delle persone considerate malate mentali, nell’espansione quasi concomitante della salute mentale di comunità, e riguardo i limiti e i confini che sono stati inseriti a mano a mano, rispetto il ricovero coatto di persone con disagio psichico. In questo processo c’è stato un gioco, tra le diverse dimensioni sociali, un'articolazione tra la giustizia, il movimento per i diritti civili e anche un cambiamento all'interno della concezione di malattia mentale e di salute mentale.

 

Per designare questa riflessione intendo attingere ad alcuni concetti della cibernetica, tra cui la disciplina della comunicazione in sistemi umani, sociali e artificiali alla base dello sviluppo del pensiero sistemico: flessibilità, restrizione e compartimentazione. Permettetemi però di fare un cenno circa alcuni degli importanti passi nel processo a cui mi riferisco.

 

Il primo importante passo nell'evoluzione e nella politica della salute mentale negli Stati Uniti risale al 1946 con il National Mental Health Act del presidente Truman, che creò il National Institute of Mental Health per la ricerca di problemi neuropsichiatrici fino a metà degli anni Cinquanta, quando venne creata una commissione per lavorare sulla malattia e salute mentale. Questo periodo ha reso legittima l'dea che la malattia e la salute mentali siano questioni problematiche che meritano attenzione particolare dai diversi Stati e dei loro governi. Diventava così evidente una questione che alcuni pazienti, famiglie e professionisti consideravano già problematica: il fatto che lasciata al suo decorso la sorte dei malati mentali, questa rimaneva frequentemente vittima di pregiudizi culturali e di una terra di nessuno, in cui spesso i diritti civili dei pazienti venivano violati.

 

Il secondo passo avvenne nel 1963, con il Community Mental Health Act del presidente Kennedy, che finanziò la creazione di istituzioni comunitarie la cui funzione sarebbe stata la prevenzione e il trattamento di persone con una malattia mentale. Non si trattava questa volta solo di una questione incombente per lo Stato: i diversi Stati avrebbero dovuto offrire servizi comunitari in grado di sostituire le istituzioni di cura che iniziavano già a intravvedersi come istituzioni più a sostegno o, addirittura, alla creazione di problemi cronici, piuttosto che curarli o almeno migliorarli. Si tracciò così uno slittamento verso la rottura del concetto di separazione del malato mentale dalla malattia, per considerare la salute mentale come una questione di integrazione.

 

Il terzo passo importante avvenne durante gli anni Sessanta e Settanta, ponendo particolare attenzione alla legislazione sul ricovero coatto o involontario di persone con una malattia mentale, arrivando a renderla illegale, a meno che il paziente non si configuri in un processo pubblico come pericoloso per se stesso e per gli altri, piuttosto che come malato mentale. È diventato quindi impossibile alzare la cornetta e dire frasi come: «mio figlio è davvero matto, vorrei che fosse ricoverato in un ospedale psichiatrico», oppure che un padrone di casa dicesse: «il mio inquilino è matto, ricoveratelo» o, ancora, che questo venisse fatto da un'autorità pubblica. Non si trattava più solo di sottolineare la malattia mentale per intervenire con un trattamento e la sua prevenzione, né si trattava della promozione della salute mentale come per esempio il pensiero di ricoverare il paziente nel proprio territorio per non allontanarlo: in questa legislazione, il paziente passa ad essere un cittadino con pieni diritti, sul quale diventerebbero inammissibili manipolazioni, privazioni di libertà o misconoscimento della sua opinione su ciò che gli sta accadendo.

 

Flessibilità

 

Il primo concetto cibernetico che vorrei utilizzare, come supporto per questa breve riflessione attorno al processo appena delineato, è quello della “flessibilità sistemica”. Gregory Bateson sviluppò il concetto di flessibilità coniato da (Ashby, 1956) e lo definì come il “potenziale verso un cambiamento non ancora compromesso”. Si tratta di porre attenzione non solo a ciò che la legge fa direttamente come intervento regolatore, ma anche ciò che possiamo chiamare il potenziale della legge di aprire possibilità future di cambiamento in nuove situazioni. Questo potenziale regolatore della legge è legato ad aspetti non strettamente legiferati e implementati immediatamente da condizioni sociali che lo consentono, visto che non fanno parte del contenuto esplicito della legge ma, piuttosto, riguardano le conseguenze indirette della stessa.

 

Una legge deve avere il potenziale che consenta cambiamenti che, senza la stessa legge, diventerebbero impossibili se non già presenti o avviati nell'immediato successivo. Se, per esempio, si definisse esplicitamente attraverso la legge cosa è la salute mentale e si designasse ogni malattia mentale, la legge rischierebbe di diventare estremamente restrittiva. Prefiguratevi il sistema diagnostico DSM diventato legge: questo rappresenterebbe una grossa restrizione, poiché non si tratta di una definizione dettagliata delle malattie mentali nella legge; la legge deve considerare che ci sono professionisti che sapranno compiere questa azione in diversi modi e deve consentire che lo facciano nella comunità, rispettando i diritti civili dei pazienti e, al tempo stesso, senza mettere a rischio il paziente o altre persone sul territorio. Una certa ambiguità mantiene la potenzialità della legge e la sua flessibilità in modo da poter essere applicata in situazioni diverse e nuove. Se la legge è troppo specifica diventa rigida, addirittura inutile.

 

Restrizione

 

Il concetto di flessibilità facilitato dal potenziale richiede di essere compensato con un altro principio cibernetico: quello di restrizione, che Bateson sviluppò a proposito della spiegazione cibernetica, che cerca di porsi al posto di una spiegazione negativa provando di capire come è stato che, dalle diverse possibilità in un determinato momento, alcune si siano sviluppate in un certo modo, sopravvivendo agli ostacoli che si sono presentati. La pertinenza di questo principio di restrizione va oltre l'epistemologia. Tanto la flessibilità, attraverso il potenziale che un sistema racchiude in sé senza utilizzarlo, tanto la restrizione, riguardo l'evolvere di alcune possibilità come dominanti, sono la manifestazione di un modo indiretto di intervenire nei sistemi. Non solo diventa importante ciò che si è già fatto, ma conta anche ciò che non è stato fatto ma agevolato; questa agevolazione ce l'abbiamo non solo tramite iniziative di promozione, ma anche attraverso la creazione di ostacoli nei confronti di alcune opzioni che permettono il progredire di altre, più desiderabili. Il potenziale che concede flessibilità deve allo stesso tempo essere limitato. Di tutto ciò che la legge potenzialmente offre, alcune possibilità saranno ristrette non direttamente dalla legge ma indirettamente, ponendo degli ostacoli ad alcune opzioni e facendo sì che ne sopravvivano altre (Bateson, 1972).

 

La legge richiede una distanza con la vita che legifera, senza risultare distruttiva per la stessa; perché la legge non è la vita: la relazione fra le due implica il modo in cui la legge si connette con se stessa, poiché può facilmente allontanarsi da se stessa, diventando estranea a sé. L’equilibrio tra la legge e la vita arriva a una dimensione indistinta, che può sfociare in una sorta di vita dove la spontaneità e l’intervento non si sovrappongano (Agamben, 2014). In relazione alla malattia mentale e alla salute mentale è necessario un equilibrio in cui non si lasci tutto alla spontaneità, negando l'intervento. Ciò rischia di sfociare nel domino del pregiudizio e dell’ignoranza. Tuttavia, non dobbiamo consentire che l'intervento soffochi le condizioni di vita spontanee nella comunità a favore della libertà.

 

Tuttavia, nelle aree di applicazione della legge, non qualunque concezione permette di mantenere questo equilibrio. Se si concepisce la malattia mentale come una condizione necessariamente pericolosa, è difficile promuovere i diritti delle persone con malattia mentale, in modo che in linea di principio non siano punibili in quanto tali. Ma, giustamente, dato che le persone con malattia mentale verranno sottomesse alle leggi che si applicano nei confronti di qualsiasi cittadino, la legge che li protegge deve avere anche un aspetto restrittivo. Se si assume, per esempio, che la malattia mentale non implica mai pericolo per se stessi o per gli altri, si crea anche un problema, dato che in alcuni casi la malattia può arrivare a compromettere la legge stessa. È necessario un procedimento che consideri questa eventualità per far sì che il ricovero coatto sia un’opzione che non finisca per limitare la libertà del paziente e non finisca per costringerlo a rifiutare la cura e i suoi diritti, che sono gli stessi di qualsiasi altro cittadino.

 

Compartimentazione

 

La flessibilità e la limitazione aiutano a far sopravvivere le migliori opzioni, vale a dire quelle opzioni che tengono conto dello stato della malattia e delle libertà individuali che includono la possibilità di rifiutare la cura, la protezione da parte della comunità oppure che l'opzione meno restrittiva venga sempre presa in considerazione quando si va a restringere temporaneamente una libertà. Il professionista coinvolto è soggetto a questa configurazione degli aspetti in gioco e anche la sua libertà e i suoi doveri sono da considerarsi le condizioni specifiche entro le quali una situazione di pericolo, associato a ciò che la legge chiama “alterazione del giudizio”, è in gioco. Ci sono città che considerano un uomo o una donna che camminano nudi per la strada un attentato al pudore, anche se non è un principio che mette in pericolo la vita della persona o degli altri; pur ponendo in pericolo la vita di quest'uomo o di questa donna, nel caso in cui vivano in un clima estremamente freddo dal quale devono essere protetti, allo stesso modo devono essere protetti coloro che si trovano in una situazione di vulnerabilità o di abuso.

 

I limiti di questi aspetti pertinenti non sembrano facili da concepire, visto che entrano in gioco interessi politici ed economici creando opzioni troppo restrittive. Questi interessi sono correlati per esempio alla disponibilità dei servizi, alla formazione professionale di chi andrà a lavorarci, alle istituzioni che li formano, alle istituzioni che vengono sollecitate nel territorio quando ci sono situazioni che vengono chiamate “disfunzione dell'ordine pubblico” o “situazioni di rischio” dettate da alcuni cittadini verso altri (come la polizia, i pompieri, i servizi di emergenza, ecc...). L'estensione della configurazione di questioni in gioco potrebbe giungere a una dimensione nella quale la particolarità di ciò che è pertinente alla situazione si perda. La ripetuta formula presumibilmente sistemica in cui “tutto è connesso con tutto”, deve essere messa in discussione poiché la compartimentazione dei sistemi in sottosistemi con una scarsa autonomia è un modo importante per evitare la confusione e proteggere la flessibilità che offre potenziali non ancora utilizzati e disponibili, pronti per essere attivati e per attivare cambiamenti futuri. È dunque sì importante la connessione, ma anche essenziale il mantenimento di compartimenti in modo tale che ogni elemento non produca troppe conseguenze imprevedibili negli altri, che sussistono oltre l'insorgere della difficoltà.

 

Flessibilità significa anche contenere la tendenza per la quale l'informazione si estende in modo indefinito. L'autonomia dei suoi sistemi implica pure che non si può rischiare di applicare ulteriori leggi che concedono diritti. La libertà di non sottoporsi a un trattamento rischia di contraddire il fatto che, in alcuni casi, se non si attua un trattamento adeguato che può portare ad un miglioramento, la situazione di pericolo può sussistere o addirittura possono mancare i servizi o le istituzioni per attuarlo. Il terreno quindi della configurazione di domini in gioco non può non toccare tanto la politica e le politiche sociali quanto la micropolitica. Quest'ultima, però, non implica una mera applicazione della politica, nemmeno un mero meccanismo di trasmissione degli interessi politici e sociali dello Stato o di particolari gruppi della società (Pakman, 2018a). Le diverse istituzioni coinvolte riguardano i sistemi con le proprie micropolitiche dominanti e, sebbene questa relativa autonomia consente di limitare le conseguenze di alcuni fattori distruggendo un intero sistema come quello della salute mentale, richiede anche attenzione ai diversi attori in gioco in relazione all'incombenza, all'allenamento dei suoi membri e un momento quotidiano dello spirito delle leggi che spesso contraddicono costumi e pregiudizi datati sulla malattia mentale.

 

Evoluzione

 

Nel frattempo, le condizioni sociali e culturali sono cambiate negli Stati Uniti. Tra questi cambiamenti che abbiamo visto, ce ne sono alcuni che richiedono un'azione diretta ai fini di mantenere lo spirito della legge, ma allo stesso tempo anche un'azione indiretta, cioè per esempio mettere degli ostacoli tra le varie possibilità affinché sopravviva la possibilità migliore: di fatto, mettere ostacoli alle possibilità negative per facilitare quelle positive. Una di queste novità che richiedono un’azione che dia luogo ad alternative migliori combattendo indirettamente (e non in maniera diretta) è legata alla proletarizzazione di alcune professioni della relazione d'aiuto nel campo della salute mentale, portando con essa una gerarchizzazione intrinseca ai sistemi di salute mentale; il tutto aggravato dalla crisi economica e a quella legata ai domini di riconoscimenti e legittimazione professionale.

 

Si tratta dell'altra faccia della medaglia della pluralità professionale. Si è testimoni di conflitti molti forti tra le professioni legati a interessi professionali. Per esempio, gli psichiatri e le loro associazioni sono molto concentrati nel non perdere alcun loro privilegio, non vogliono che gli psicologi siano in grado di prescrivere farmaci; gli psicologi, a loro volta, non vogliono che i counselor intervengano in modo simile di come fanno loro. Ci sono, inoltre, molte professioni della relazione d'aiuto sottopagate in modo tale che certi professionisti non possano sopravvivere. Di fatto, oggi, c'è uno stato proletario all'interno delle professioni della relazione d'aiuto dove il sistema di salute mentale, pur godendo di una vasta varietà di professioni a disposizione, la inserisce in una sorta di piramide creando i potenti e i deboli.  Questa è una questione importante da dover affrontare.

 

Quando anni fa ero il responsabile di una struttura residenziale per persone con gravi disturbi psichici, dove il legame tra i pazienti e il personale di cura non è stretto come nelle comunità e nei servizi territoriali quale centro diurno, case protette, amministratori di sostegno, dove invece il livello di accompagnamento è più assiduo, chiedevamo ai pazienti ricoverati nel reparto – e Cecilia lo ha visto – di scrivere una storia clinica sullo staff.

 

Lo chiedevamo seguendo certe linee guida ovviamente: quanto erano bravi, quanto non lo erano per altri aspetti, quali membri dello staff apprezzavano perché sentivano più vicinia a livello umano, ecc... Ciò che emergeva da questi scritti era che le persone ricoverate apprezzavano molto di più coloro che erano poveri e dovevano prendere tre pullman per venire al lavoro. A loro questi operatori piacevano, perché potevano meglio identificarsi con loro, erano un po’ simili a loro. Era stato questo un modo, seppur drammatico, di sottolineare l'esistenza di una gerarchia.

 

Un ulteriore aspetto importante è il fatto che, negli Stati Uniti, c'è stata una separazione tra due elementi che inizialmente erano uniti nello spirito e nella legge. In linea generale i diritti umani dei pazienti sono stati mantenuti, ma la concezione della salute mentale, che ha favorito questo mantenimento, entrò in crisi. Questo avvenne perché vi fu un movimento davvero potente durante quello che viene definito “il decennio del cervello”, che ha portato a una forte medicalizzazione nel campo della salute mentale.

 

Un altro fattore rilevante riguarda il cambiamento generale nei sistemi di salute mentale privati, che si trasformano in potenti forze che limitano il campo di lavoro, privilegiando alcuni approcci, come per esempio quello farmacologico. Anche se diagnosticare è conveniente per ricevere ulteriori benefici che non arriverebbero in altro modo, le persone che vengono formate in queste strutture non sanno fare, alla fine, altro che mentire per ingannare il sistema. Siamo nel trionfo procedurale. È una “struttura di malafede” (Sartre, 1971) in quanto, questi operatori, considerano loro stessi più liberi di quanto effettivamente lo siano oppure sono più dipendenti di quanto potrebbero esserlo. Detto ciò, come affermato nella giornata di ieri da una collega esperta in psicofarmacologia, bisogna fare attenzione alle statistiche negli Stati Uniti (in Italia i farmaci vengono somministrati molto meno nell'età evolutiva rispetto all’America). Negli Stati Uniti non esiste un sistema sanitario universale: per avere dei benefici, l'assicurazione deve avere una diagnosi. Questo è vero secondo me, ma esiste un altro aspetto: oltre a fare diagnosi con un interesse secondario per offrire beneficio ai pazienti e somministrare farmaci gratuitamente, non è nemmeno sempre vero che i pazienti simulino una malattia allo scopo di avere farmaci; il problema è che i pazienti sono talmente colonizzati all'interno del sistema, che loro stessi ci credono, non simulano. D’altro canto, gli psichiatri non fanno apposta a iper diagnosticare i pazienti per avere i farmaci: è l'unica cosa che sanno fare.

 

Un ulteriore fenomeno è che sebbene si sia mantenuta l’attenzione fino a un certo punto attorno ai diritti umani dei pazienti, questi ultimi cominciano a sentire gli effetti della disponibilità dei servizi, molto varia tra le diverse popolazioni. Questo ha creato un'ingiustizia vicariante con la trasmissione di salute mentale, per esempio, al sistema penitenziario dove molte persone con disagio psichico finiscono per mancanza di attenzione ad avere problemi di tossicodipendenza. Inoltre, la legislazione sull'utilizzo di droghe e la politica oggi vigente generano seri ostacoli nell'applicazione e nei progressi dei diritti dei pazienti.

 

In aggiunta, la facile disponibilità di armi di guerra fa sì che i malati mentali siano nuovamente e con frequenza accusati di azioni violente da parte delle autorità legate a fenomeni sociali e politici razzisti. La potenzialità ha perciò a che fare con la capacità di trasformare la legge e di dinamizzarla, alla luce delle circostanze che cambiano; ciò non avviene solo implementando quanto scritto nella legge. L’articolazione del potenziale della legge con restrizione ha possibilità indesiderate, come la persistenza di istituzioni chiuse che creano cronicità visto che sono semplicemente disponibili e già organizzate, anche se a volte il loro lavoro può sembrare insoddisfacente. L'autonomia relativa dei suoi subsistemi coinvolti permette che, progressivamente, la legge già fatta non solo si applichi a situazioni diverse ma, al contrario, che a partire dalle situazioni singolari quotidiane il senso di ciò che è giusto (Pakman, 2018b), sviluppi la legge e la apra a cambi, aggiunte/integrazioni e sostituzioni.

 

Bibliografia

 

Agamben G. 2014, L’uso dei corpi, Neri Pozza Editore, Vicenza.

Ashby W. R. 1956, “Requisite Variety”, in An Introduction to Cybernetics, Wiley, Science Editions, New York: pp.202-216.

Bateson, G. 1972, “Ecology and Flexibility in Human Civilization”, Steps to an Ecology of Mind, Random House, New York: pp. 494-505.

Bateson, G. 1967, “Cybernetic Explanation”, Steps to an Ecology of Mind, Random House, New York: pp. 399-410.

Pakman, M. 2018a, Immagine e immaginazione in psicoterapia. Al di là della scienza empirica e della svolta linguistica, Alpes, Roma.

Pakman, M. 2018b, El sentido de lo justo. Para una ética del cambio, el cuerpo y la presencia. Gedisa, Barcellona.

Sartre, J.P. 1971, L'être et le néant, essai d'ontologie phénomenologique, Gallimard, Paris (1943).

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