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  • Movimento umanistico e relazione d'aiuto: verso una sensibilità collettiva
    Cecilia Edelstein (a cura di)

    M@gm@ vol.15 n.2 Maggio-Agosto 2017





    NEL RITMO DEL CONFLITTO: LA MEDIAZIONE FAMILIARE

    Tiziana Mantovani

    t.mantovani58@gmail.com
    Mediatrice delle relazioni nell’ambito di aziende familiari in collaborazione con Cesaro&Associati; Mediatrice familiare, Counselor, Insegnante di meditazione ROAF; Didatta presso l’Associazione Internazionale Mediatori Sistemici e presso il Coordinamento Italiano Counselor Professionisti. Coordinatrice e docente del Master di Primo Livello in Mediazione Familiare presso l’Università degli Studi di Verona.


    Carte 2012 /14 (n°10) - Nicoletta Freti

    Passione flamenca

     

    C’è un clima di amore e morte, di passione, di sangue e sudore che pervade alcuni palos flamenchi…: canti e danze che esprimono l’inesprimibile, che coinvolgono, travolgono, s-travolgono, trascinano i presenti in un ritmo di alleanze, incitazione, approvazione, diniego… tutto diventa incalzante… la mente si confonde, le emozioni prevalgono incontrollatee talora possono scaturire in tragedia, come nella Carmen di Bizet.

     

    Per portarci velocemente dentro a un setting di mediazione è sufficiente questa immagine, perché parlare di mediazione significa parlare di conflitti.

     

    Amore e morte

     

    La mediazione familiare viene proposta alle coppie nei processi di separazione e divorzio con l’obiettivo di raggiungere un accordo equo e soddisfacente per entrambe le parti e per il bene degli eventuali figli. Il mediatore familiare, come terzo imparziale nel processo di negoziazione sugli aspetti conflittuali, si trova ad accompagnare le coppie nel loro percorso di separazione/divorzio.

    La definizione tecnica è semplice, e anche un po’ fredda. E, tuttavia,chi partecipa a questo percorso si rende conto di entrare in un cante tragico, forte, oscuro e doloroso che manifesta la sofferenza delle relazioni umane: amore e morte. I ritmi del conflitto sono talora lenti e cupi, talaltra incalzanti e crescenti… molto spesso speculari.

    È una tempesta che trascina. Si ha la sensazione di essere all’interno di un grande urlo che azzera tutte le pause di silenzio. L’unico modo per riuscire a rimanere a contatto con le persone, e soprattutto a contatto con se stessi, è partecipareal ritmo proponendo un tempo in contra… un “contrattempo”, vigilando per custodire un proprio Silenzio interiore che permetta di addentrarsi – pur attraversando il kaos – nella polarizzazione di luce e ombra. Con pazienza e con passione, il mediatore ricostituisce davanti a sé la linea di incontro, il Tao che ricompone le fratture interiori e ridona senso a ciò che pare non averne più.

    L’intervento di mediazione nasce quindi in modo mirato per le coppie che hanno bisogno di essere accompagnate e sostenute nel difficile percorso della ricerca di accordi che permettano di ricomporre in un nuovo puzzle la famiglia che si divide: avendo come obiettivo primario la tutela dei figli, ci si propone di costituire nuovi confini salvaguardando nello stesso tempo il legame genitoriale e con le stirpi. Le tecniche che vengono utilizzate per raggiungere gli accordi permettono di aprire uno spazio di accoglienza e di comprensione delle tempeste emotive che, come uragani, irrompono in quella vita quotidiana, che di quotidiano sembra non avere più nulla. Non quindi un intervento di terapia, ma certamente uno spazio/tempo che può permettere ai contendenti di porsi nuove domande interiori e magari accendere il desiderio di iniziare un percorso individuale con altri professionisti della relazione d’aiuto.


    Il dono

    La mediazione è un dono perché è al contempo un intervento breve e strutturato in modo tale da evitare di accentuare la tensione e la conflittualità. E poiché è un dono occorre essere attenti a non sprecarlo…: non iniziare affatto o fermarsi per tempo quando non esistono sufficienti condizioni per procedere, sottolineando – però – non tanto l’eventuale inadeguatezza della coppia, quanto la contestualizzazione temporale… “non è l’intervento idoneo per voi OGGI”.

    La speranza

    La mediazione apre alla speranza perché aiuta la famiglia a uscire da un drammatico e permanente “qui ed ora” che contrae in sé il vissuto passato e il futuro possibile implodendo in una sorta di eterno e doloroso presente.

    Un’arte

    Infine, la mediazione è un’arte: non solo disegna nuovi confini all’interno del sistema familiare, ma richiede di delinearne altri tra le differenti professionalità che, a diverso titolo, sono necessarie per quella famiglia. Sono ambiti di azione che si intrecciano, si sovrappongono, interagiscono e possono a loro volta contribuire a fomentare il conflitto o ad appianarne le asperità.

    Il sostegno


    In tutta questa complessità, nel mio lavoro ho scelto di propormi non tanto nell’abito dell’accoglienza odella tanto enfatizzata “empatia”, quantoin quello del sostegno: presenziare e sostenere il processo delle persone che stanno attraversando emozioni e dolori molto forti e che, in quei momenti, devono comunque prendere delle decisioni importanti che segneranno la loro vita, significa diventare per loro un albero solido e secolare che li riporti in contatto con le proprie radici e li aiuti a non farsi sradicare dai venti.

    La negoziazione

    Quando parliamo di separazione e divorzio parliamo di sistemi che si scompongono e ricompongono in maniera diversa, ridisegnando, come già detto, i confini e mantenendo le vicinanze. Il mediatore mostra i rischi e le opportunità, apre finestre di creatività, propone significati. La sua posizione richiede una continua ricerca di equilibrio perché in quella stanza i venti soffiano forte… tolgono il fiato… Manca il respiro, le persone parlano e non respirano. Anche l’operatore perde il ritmo del proprio respiro quando si trova in queste situazioni.

    In questa fase della mediazione è necessario danzare con la coppia per poter preparare il terreno alla negoziazione, alla fase, cioè, in cui si concretizzano gli accordi. I passi oscillano tra le diverse posizioni – entrambe legittime – e fra i differenti vissuti emotivi che il mediatore riceve, accoglie e restituisce “danzandoli con un ritmo nuovo”. Questi nuovi passi di danza propongono una coreografia che li riavvicina … magari per pochi attimi … non sempre in modo simmetrico … ma è un po’ come se sul palcoscenico tutto si modificasse: i riflettori si spostano su angoli prima lasciati in ombra, le luci diventano più forti o più soffuse, le ombre acquisiscono forme diverse, anche il pubblico modifica la sua interazione …  e ciò permette di aprirsi alla creatività e alla possibilità di pensare a nuove coreografie, a volte completamente inedite: la capacità di guardare al futuro.

     

    Il Mantón

     

    La mia passione per il flamenco mi ha permesso di sperimentare uno strumento a cui mai avrei pensato, uno strumento che oggi porto metaforicamente sempre con me quando lavoro: il Mantón, il grande scialle di seta e con le lunghe frange (flecos) che sulle spalle delle danzatrici pesa un chilo e oltre.

     

    Entro in seduta “con il mio mantón”: mi copre, con il suo peso mi tiene a terra, preserva la mia energia, mi protegge ma non è rigido come una corazza! Nella sua morbidezza mi permette anche di scegliere di avvolgervi qualcuno insieme a me. Posso tenerlo aderente al mio corpo o distante da esso, in maniera da poter creare con il movimento un ritmo e un respiro.

     

    La sfida è generare un ritmo diverso mantenendo il mio silenzio interiore e la mia centratura.

     

    Una grandissima ballerina spagnola - La Lupi - scrive: “Il Mantón avvolge il tuo cuore e il battito dell’anima… io lo chiamo il pericardio flamenco: ti copre lasciandoti muovere al di sotto di lui, ti protegge e fa sì che il tuo duende non si disperda”…

    (Federico García Lorca descriveva il duende come un «potere misterioso che tutto il mondo sente e che nessuna filosofia spiega…un potere e non un modo di fare, una lotta e non un pensiero…non è questione di capacità ma di stile vivente, di una vecchissima cultura, creazione in atto… sale all’interno a cominciare dalla pianta dei piedi».)

    Mi piace oggi donare un mantón a tutti gli operatori della relazione di aiuto, perché ognuno possa trovare e salvaguardare il suo duende e far sì che il supporto offerto sia veramente efficace.



    Collana Quaderni M@GM@


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    M@gm@ ISSN 1721-9809
    Indexed in DOAJ since 2002

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