Lo sport nelle scienze sociali: da chimera a realtà
Marco Pasini (dir.)
M@gm@ vol.11 n.1 Gennaio-Aprile 2013
RIPENSARE L’INTEGRAZIONE ATTRAVERSO LO SPORT: LA PARTECIPAZIONE SPORTIVA A LIVELLO COMUNITARIO DEI MIGRANTI TURCHI IN FRANCIA
William Gasparini
william.gasparini@unistra.fr
Professore Ordinario di sociologia nella Facoltà di Scienze dello sport e Direttore del Laboratorio di ricerca « Sport e science sociali » (EA 1342), Università di Strasburgo (Francia).
Introduzione
Dalla fine del XIX secolo, nello stesso periodo in cui si sviluppa lo sport «moderno» e si costituiscono le fondamenta del modello repubblicano, la Francia diviene una terra d’immigrazione. Progressivamente, gli immigrati e i loro discendenti si fondono nella «creuset» francese (Noiriel, 1988) con lo sport che contribuisce all’assimilazione di numerosi praticanti immigrati (Gasparini, 2010a). Come in altri paesi europei, di fronte alla frammentazione della comunità nazionale che interessa la Francia, lo sport è stato, infatti, di sovente presentato e analizzato, da un punto di vista sociologico, come un modello d’integrazione per i popoli dell’immigrazione e per le minoranze etniche (Gasparini, 2008a ; Gasparini e Vieille Marchiset, 2008c ; Gasparini e Cometti, 2010c). È per questa ragione che numerosi giornalisti, uomini politici o sociologi affermano che l’«Equipe» di calcio francese, multiculturale, rivela l’integrazione delle grandi correnti d’immigrazione in Francia (italiana, spagnola, portoghese, armena, africana, magrebina, ecc.) (Beaud e Noiriel, 1999). La diffusione dei media dello sport di alto livello ha inoltre largamente contribuito a costruire una visione comune dell’integrazione dei migranti.
Tuttavia, in virtù dei principi repubblicani e laici tipici della Francia, i club «etnici», così come i segni religiosi nella pratica sportiva, non sono accettati poiché affermano la comunità a detrimento dell’individuo. Ne consegue che, in Francia, piuttosto che i club etnici o gli sportivi musulmani, sono gli sportivi «figli dell’immigrazione» che sono presentati come esempi di buona riuscita (l’immigrato che è riuscito a integrarsi attraverso lo sport).
Ciononostante esistono ancora dei club per così dire comunitari, specie nel calcio, che raggruppano gli immigrati, che pur tendendo oggi a sparire portano ancora il nome del paese di origine a ricordo di una «comunità immaginata» (Anderson, 1996) dei paesi di provenienza che molti figli di migranti non conoscono più. Solamente alcune ondate d’immigrazioni più recenti hanno creato ancora in Francia dei club comunitari, soprattutto tra i Turchi con il calcio, ragion per cui questo sport appare allora come un terreno di studio particolarmente interessante per riflettere sulle espressioni identitarie e ripensare l’integrazione dei migranti attraverso lo sport.
L’integrazione attraverso lo sport presuppore, simultaneamente, l’adozione delle norme sportive dominanti per gli immigrati e i figli d’immigranti, e la capacità d’inclusione di queste popolazioni da parte delle organizzazioni sportive del paese di accoglienza. Su questo «oggetto», la rottura con le categorie costruite dei media o delle istituzioni politiche necessitano di un piano di confronto affiancato ad un’analisi della pratica sportiva formale e amatoriale. L’articolo si propone di analizzare la pratica sportiva dei migranti turchi, ultima grande onda d’immigrazione in Francia e la più grande comunità in Europa (Jund, 1995 ; Manço, 2009), focalizzandosi sul raggruppamento comunitario installatosi, come indicato dai dati empirici raccolti nei club di calcio «turchi», nella regione dell’Alsazia (nord-est della Francia )
Nell’ambito del contesto politico di un modello di integrazione alla francese, come spiegare, infatti, la presenza di club di calcio turchi a livello comunitario? La vicinanza con la Germania – e l’influenza del suo modello d’integrazione multiculturale- assieme alla specificità dell’immigrazione turca sembrano spiegare questo fenomeno. D’altronde, il modello d’integrazione nazionale permette ancora dei margini di libertà ai migranti. Ed in effetti, integrazione può significare, allo stesso tempo, un «programma normativo» e un «processo sociale» (Gasparini e Talleu, 2010b). Imposta dallo Stato, l’integrazione come «programma normativo» è il risultato perseguito da una politica pubblica e diviene un’ingiunzione ad adattarsi alla società di accoglienza. In questo caso si parlerà di un «modello» d’integrazione. L’integrazione come un «processo sociale» è, invece, un’interazione tra i migranti e la società di accoglienza, tra la «minoranza» e la «maggioranza», tra gli established e gli outsiders (Elias, 1965) che producono delle situazioni variabili che solo le ricerche sul terreno permetto di analizzare.
Attraverso lo studio delle pratiche e delle narrative dei calciatori turchi coinvolti nei club comunitari, l’articolo si prefigge di vedere le condizioni dentro le quali la pratica sportiva amatoriale nei club di calcio contribuisce o meno all’integrazione dei migranti turchi: partecipano perché sono costretti a farlo o lo fanno in una maniera militante? In questo contesto, lo sport come permette l’integrazione nazionale e sociale?
Infine, al di là della cultura e della nazionalità d’origine, l’esempio delle sport ci invita a rendere conto della posizione sociale e dei percorsi dei migranti per comprendere le forme associative privilegiate. Evidenziando le cause sociali dei «raggruppamenti» sportivi, l’articolo tende allora a superare la contrapposizione classica tra la socializzazione «comunitaria» (Vergemeinschaftung) e la «socializzazione societaria» (Vergesellchaftung) (Weber, 1921).
Fare comunità attraverso il calcio
Gli studi sull’immigrazione mostrano che a un livello sociale equivalente, gli immigrati turchi non hanno, generalmente, gli stessi comportamenti in materia di loisir dei magrebini residenti da più di due o tre generazioni, non affermando la loro identità nella stessa maniera (Kastoryano, 1998 ; Brouard, Tiberj, 2005). Secondo Petek-Salom (1998, p. 88), «I turchi vengono a lavorare in Francia, a far studiare i loro figli, ma vivono legati ai loro compatrioti, dentro un sentimento interiore che richiama la Turchia, mangiano turco, si informano sulla Turchia, conservando le modalità originali di socialità esteriore grazie a la frequentazione e la creazione di caffè, associazioni e negozi turchi». Se si prende l’esempio del calcio in Alsazia (primo sport regionale in termini di praticanti effettivi), tra le nazionalità straniere e i francesi nati dell’immigrazione, sono i Turchi che hanno la maggior part dei club che raggruppano i calciatori e i dirigenti provenienti da uno stesso paese di origine. Da più di qualche anno, gli stessi rappresentati del calcio amatoriale in Alsazia costatano un aumento della domanda di creazione di nuovi club turchi che giocano nel campionato di calcio d’Alsazia.
Escludendo qualche recente ricerca tedesca (Blecking, 2001) e francese recente (Gasparini, 2007 ; Gasparini, Weiss, 2008) esistono poche analisi sociologiche approfondite sull’integrazione attraverso lo sport e sulla socializzazione sportiva degli immigrati turchi. E questo, nonostante un quarto della popolazione non comunitaria che vive nell’Unione Europea è originaria della Turchia (Manço, 2009) e una larga parte dei giovani maschi, migranti, pratichi calcio. In Alsazia, regione di confine con la Germania, i Turchi costituiscono la prima comunità straniera (INSEE, 2010) [1]. Gli immigrati turchi [2] d’Alsazia sono molto coinvolti nel movimento associativo, soprattutto nei club di calcio. La forte coscienza identitaria e il nazionalismo dei migranti Turchi li conduce a raggrupparsi in associazioni di comunità turche, ricomprese anche nell’ambito sportivo. Il club sportivi sembrano dunque giocare un ruolo di integrazione per quei praticanti aventi la stessa origine etnica e nazionalità [3]. I ricercatori delle scienze scienze sociali e i politici locali identificano via via più frequentemente questi raggruppamenti come una «piega comunitaria». Due ragioni culturali sono generalmente addotte per spiegare questo «sport fai-da-te». Innanzitutto, la prossimità e l’eredità tedesca dell’Alsazia [4], e la concezione multiculturale dell’integrazione «alla tedesca» che hanno influenzato la società alsaziana tanto che i club etnici non rappresentano un problema. Poi, il fatto che i Turchi (anche quelli francesi di origine turca) sono considerati come un «tutto» o una comunità omogenea che cerca di preservare la propria identità (familiare, tradizionale e religiosa) dentro un quadro associativo che fa riferimento al paese di origine.
Riferendosi a Max Weber, i club comunitari possono essere considerati come un gruppo umano, non fondato sulla parentela, che condivide una credenza soggettiva entro una comunità di origine, a partire da similitudini nelle abitudini e nei ricordi. (Weber, 1971, p. 416).
La partecipazione in un’associazione sportiva comunitaria rinvia dunque ad una etnicità simbolica (Gans, 1979) che si lega e si identifica con dei segni esteriori (la musica, la cucina, indossare una maglietta di calcio o una bandiera per le vittorie di un club turco…). Queste espressioni identitarie attraverso il calcio indicano comunque una riferimento nostalgico e un immaginario etnico piuttosto che un’etnicità di tipo politico rivendicante l’esistenza di una minorità. Dunque, i giovani migranti turchi sono di sovente dei supporters della squadra nazionale di calcio così come dei grandi club turchi (come il Fenerbahçe, il Galatasaray o il Beşiktaş). Questo «militantismo» a distanza funziona come un segno identitario per numerosi migranti.
I raggruppamenti sportivi dei migranti turchi: una questione sociologica
La nazionalità o l’identità turca non sono tuttavia sufficienti per spiegare i raggruppamenti sportivi comunitari dei migranti turchi. L’intensità del sentimento di appartenenza alla comunità turca in Francia dipende dalla posizione sociale degli immigrati sia nella società di appartenenza sia nel paese di origine. In effetti, numerosi giovani e adulti d’origine turca appartenenti alla classe media o superiore praticano sport non in club di comunità, preferendo le grandi città dell’Alsazia come Strasburgo o Mulhouse. Per esempio l’élite turca di Strasburgo (funzionari delle istituzioni europee, uomini di affari, universitari, capitani di industria e grandi commercianti) frequentano gli stessi club dell’élite economica locale (circoli di tennis, d’equitazione o di golf) (Gasparini, 2007).
In questo caso, l’essere sportivo non è una questione etnica, ma sociale. Ne consegue che è la sovrapposizione delle spinte etnico-culturali con quelle sociali che contribuisce meglio a comprendere l’inclinazione a praticare il calcio identitario all’interno di una situazione di migrazione. La partecipazione sportiva «di comunità» dei turchi d’Alsazia sarebbe più un effetto delle condizioni sociali esistenti, dell’origine urbana o rurale e della discriminazione che affrontano piuttosto che l’etnicità o la semplice origine turca. Ma questa piega comunitaria non si attiva e sviluppa se non nella misura in cui rappresenta una forma associativa legittima e se non è accettata nell’ambito dell’aria culturale di accoglienza.
Dunque, le modalità della partecipazione sportiva dei migranti non si possono comprendere se non nell’ambito dei percorsi migratori, degli spazi culturali di accoglienza (nazionali, locali, sportivi), delle posizioni, delle disposizioni e delle traiettorie sociali (Bourdieu, 1984) che li conducono ad essere coinvolti in una associazione sportiva a carattere identitario piuttosto che in una associazione sportiva senza legami con la loro origine nazionale. Infine, per i migranti turchi, lo sport «fai da te» è anche una risposta a delle discriminazioni della comunità di accoglienza reali o simboliche. I conflitti tra i gruppi possono dunque strutturarsi nel campo delle associazioni (Sayad, 1999) portando i migranti a costituire le associazioni sportive di comunità dentro la logica di un rapporto di forza con gli altri club sportivi concorrente esistenti da più tempo nell’ambito della stessa città. Attraverso le partite di calcio, i migranti outsiders, affrontano simbolicamente gli established che sono le popolazioni «capostipiti» residenti in Alsazia da più generazioni.
Metodo di ricerca
Due fonti principali hanno permesso di analizzare la presenza e il significato dei club di calcio turchi in Alsazia:
- Il censimento dei club di calcio esistenti in Alsazia facenti riferimento alla Turchia; esistono in Alsazia non soltanto dei club che portano un nome turco (per esempio, Fatih Sport, Football Club Anatolie, Istanbul Club, Union Sportive des Turcs,…) ma anche dei club che hanno nomi totalmente neutro ma composti per la maggioranza da immigrati turchi. Pertanto, più indicatori sono stati tra loro incrociati: i nomi dei club, i nomi dei dirigenti e i nomi dei giocatori; grazie all’analisi delle schede dei club della Lega Alsaziana di Calcio è stato possibile reperire i nomi dei membri dei 631 club sportivi di Alsazia.
- una monografia del club di calcio turco l’Union Sportive des Turcs de Bischwiller (USTB) ; antica città industriale dell’Alsazia del nord, Bischwiller conta 12.000 abitanti [5] e il alto numero di immigrati turchi (13,3% della popolazione totale) [6]. Otto membri del club turco sono stati intervistati e un’inchiesta etnografica è stata realizzata.
I club turchi di calcio in Alsazia
In Alsazia, i migranti turchi vivono di sovente tra loro, lavorano in imprese turche (nell’edilizia o nel commercio), frequentano negozi e caffè turchi e partecipano ad attività associative organizzate dei Turchi. Ma a differenza delle loro associazioni culturali, religiose o politiche, le associazioni sportive turche sono meno marcate dalle divisioni che si organizzano abitualmente su una base identitaria di ordine etnico e religioso (turchi, curdi, ortodossi, leviti, assiri-caldei) o ideologica e politica (estrema sinistra turca, kemalista, islam ufficiale).
La presenza turca nei club di calcio è identificabile a due livelli: da un lato, numerosi uomini migranti turchi praticano in club sportivi i cui nomi fanno riferimento alla Turchia; dall’altro, una minoranza di essi, capace di buone prestazioni sportive, si orienta piuttosto verso club di calcio non turchi di livello regionale per poter giocare a livelli più alti. Le donne adulte non praticano invece sport, salvo quelle appartenenti alla classe media urbana residente a Strasburgo. Infine, i figli e i giovani di origine turca nati in Francia, i cui genitori sono residenti in maniera permanente in Alsazia, generalmente praticano lo sport, in una fase iniziale, nei club non turchi di ginnastica, di calcio, di pallacanestro, di pallamano o di atletica, per poi orientarsi, nell’età adulta, verso club turchi.
In Alsazia, su un totale di 631 club di calcio, 31 hanno un nome riconducibile a un paese straniero. Sui 31 club, se ne contano 7 frequentati in maggioranza da immigrati turchi. Generalmente, questi club ci trovano nelle città di medie dimensioni e nelle zone rurali. È da segnalare che in Alsazia solamente il 40% dei turchi vive nelle tre città più grandi (Strasburgo, Mulhouse e Colmar). La restante popolazione vive in piccole città per ragioni di tipo economico (lavorano nel settore artigianale e nelle piccole industrie), sostanzialmente perché la vita è meno cara.
Tra i club frequentati dagli immigrati turchi, ne esistono tre con nomi che fanno esplicito riferimento alla Turchia: le Football Club Anatolie di Mulhouse (città con 110 000 habitants), le Fatih Sport di Haguenau (città del nord, Basso-Reno con 32 000 abitanti situata in prossimità della frontiera con la Germania) e l’Union Sportive des Turcs di Bischwiller. Tuttavia, l’analisi approfondita dei nomi dei giocatori e dei dirigenti tesserati attraverso le schede della Lega Calcio d’Alsazia permettono di identificare altri club che non hanno un nome turco ma che sono frequentati, per la maggiore, da giocatori e dirigenti turchi: l’Olympique Strasbourg (città del Basso-Reno con 265 000 abitanti), l’Union Sportive de Colmar (città dell’Alto-Reno di 65 000 abitanti), l’Association Sportive de Benfeld (città del Basso-Reno con 7 000 abitanti) et l’Union Sportive de Wittenheim (città dell’Alto-Reno con 15 000 abitanti situata nella periferia di Mulhouse).
Come dato generale è da segnalare che in tutte le città d’Alsazia si osserva un’importante presenza d’immigrati turchi; questa forte presenza d’immigrati turchi nei club di calcio è simile all’immagine della vicina regione tedesca. Infatti, nel land di Bade-Wurtemberg [7], dove la mano d’opera turca ha per lungo tempo costituito la principale risorsa di lavoro, si può constatare un inserimento ancora più importante di immigrati turchi nei club di calcio. Nei differenti campionati di calcio a Bade-Wurtemberg, si contato 150 club i cui nomi sono facilmente riconducibili alla Turchia (il 40% sul totale degli effettivi club etnici).
Effetti incrociati : contesto culturale e pratiche sociali popolari
Ad un primo livello di analisi la presenza dei club di calcio turchi nel paese di immigrazione può essere spiegata in diverse maniere. Innanzitutto, per i turchi, il raggruppamento comunitario è riconosciuto e non pone alcun problema: storicamente, la società turco-ottomana ha da sempre accettato in seno ad essa, controllandole, le diverse comunità religiose e le minoranze culturali. Dunque, in una situazione di immigrazione, i migranti turchi tendono ad adattarsi più ad un modello «multi-culturalista» (conforme a un modello ottomano d’integrazione delle comunità) piuttosto che ad un modello repubblicano che vede l’assimilazione nella creuset francese, almeno per la prima generazione di immigrati. È per questa ragione che gli immigrati turchi preferiscono in linea generale il modello d’integrazione tedesco a quello francese poiché facilita le linee di comunicazioni entro tutti i domini della vita sociale (lavoro, scuola, cultura e sport). Anche se situata in Francia, l’Alsazia, data la sua prossimità geografica e culturale con la Germania, accetta dunque più facilmente i club di comunità. Tuttavia, sull’immagine della società turca, gli immigrati turchi non costituiscono una comunità omogenea sia sul piano sociale che religioso e etnico. Sembra, infatti, difficile parlare de «la» comunità turca residente in Francia senza tener conto delle divisioni sociali e culturali. Sarebbe a dire che esistono dei legami detti «primordiali» (Geertz, 1963) che i membri condividerebbero dalla loro nascita (legami familiari o a una stessa religione, o lingua, ecc.) e che sostituirebbero «l’identità turca di base» (Isaacs, 1975).
In realtà, le frontiere sociali in seno alla comunità degli immigrati turchi si ritrovano nelle pratiche associative, sportive, culturali o di loisir. Gli immigrati si ritrovano non solamente per la loro nazionalità di origine ma anche per affinità sociali. I club di football costituiscono in larga parte dei legami di socialità popolare e sono frequentati essenzialmente da operai e piccoli artigiani locali. Per gli immigrati turchi, lo «sport fai-da-te» sembra dunque rispondere non solamente a un forte sentimento di identità e a uno stile di vita popolare ma in egual misura a delle discriminazioni vaghe e quotidiane, che li legano alla loro origine culturale ma anche alla loro posizione dentro la gerarchia sociale. Come hanno potuto mostrare altre ricerche [8], più gli immigrati sono situati in basso nella scala sociale, subendo discriminazioni (reali o percepite), più il sentimento di identità comunitaria si rinforza. Le origini popolari e rurali della grande maggioranza d’immigrati turchi spiegano l’essere sportivo che è una conseguenza della dominazione sia economica che simbolica che pesa su questa popolazione.
I club dei turchi
Soprannominata negativamente «Turcwiller» o «Bischtanbul» dagli alsaziani, Bischwiller è la città d’Alsazia che conta il numero maggiori di immigrati turchi (13,5% della popolazione totale). A seguito di un passaggio in Germania, i migranti turchi sono arrivati agli inizi deli anni ’70 per lavorare nelle piccole industrie locali. Dopo una prima onda di immigrazione generalmente di origine urbana (proveniente da Istanbul e Ankara), Bischwiller ha conosciuto a partire dagli anni ’80 l’arrivo di una popolazione più rurale, proveniente dai villaggi dell’Anatolia. Le famiglie della seconda ondata d’immigrazione si sono situate definitivamente, con gli uomini che si sono sposati con donne provenienti dalla stessa regione, spesso dallo stesso villaggio turco, con l’intento di creare uno «spirito comunitario» forte. Questa popolazione originaria della Turchia è relativamente giovane (il 36% ha meno di 17 anni, e il 37% ha tra i 18 e i 40 anni) soprattutto per via del ritorno in Turchia di molti pensionati. Molti giovani e adulti praticano calcio nell’Union Sportive des Turcs de Bischwiller (USTB), club che gli established alsaziani crearono molte generazioni addietro a Bischwiller chiamandolo il «il club dei turchi».
L’Union Sportive des Turcs de Bischwiller (France)
- club di calcio creato nel 1975 dai primi immigrati turchi
- 85 tesserati francesi di origine turca o turchi
- 18 dirigenti turchi
- 3 squadre di cui 2 per adulti e una di giovani tra i 16 e i 20 anni (maschi)
- livello della prima squadra : provinciale
- Socio-demografia dei giocatori e dirigenti: operai e artigiani edili, lavoratori sociale, diplomi di studi tecnici, operai nella metallurgia, disoccupati
La pratica di un «calcio comunitario» all’USTB è stata per lungo tempo considerata (sia per la città che per la lega regionale di calcio dell’Alsazia) come un primo passaggio verso l’integrazione locale. In effetti, alla sua nascita nel 1975, questo club è servito inizialmente ad accogliere i giovani e gli adulti arrivati da poco in Francia, appassionati di calcio, che avevano passato l’età scolare e che non parlavano francese. Ad eccezione delle imprese o delle fabbriche che avevano numerosi lavoratori, i club di calcio furono le sole istituzioni per l’integrazione di questi migranti. Si potevano così ritrovare tra loro «vivendo alla turca» e sostenere la loro passione per la squadra nazionale turca e per le grandi squadre di Istanbul. Ma se questa popolazione ha ripiegato verso un club di comunità, il motivo è anche dovuto agli altri club e squadre locali che non li accettarono. Sulle altre tre squadre che conta la città di Bischwiller, solo l’USTB comprende dei giocatori e dei dirigenti adulti (o giovani) provenienti dalla comunità turca della città. I membri del club generalmente provengono dagli stessi villaggi dell’Anatolia centrale e dal nord-ovest della Turchia.
Vecchio dirigente dell’USTB, Necati, ora in pensione, spiega che dal 1970, solo 2 turchi hanno giovato nel Football Club di Bischwiller e che «sono stati accettati perché avevano un buon livello». Secondo Ahmet (Presidente dell’USTB), «l’integrazione attraverso lo sport, quando è valida, funziona!». Per un altro dirigente invece «gli inizi con il club sono stati difficili (…). Non c’erano aiuti finanziari dalla città, e i membri della comunità, gli artigiani, gli imprenditori, e i commercianti donavano del denaro (…). Non c’erano gli spogliatoi, le persone si cambiavano nelle auto». Nato a Kayseri (Turchia), un vecchio giocatore per il club attualmente dirigente volontario è arrivato in Francia nel 1973 con la sua famiglia, dopo essere passato per la Germania ritiene che il calcio avrebbe «mostrato un’altra immagine dei turchi per essere meglio accolti».Un giocatore di 24 anni nato in Francia è attualmente dipendente presso una piccola impresa edilizia turca. Secondo lui «nei club alsaziani, al FCB, non è ben accolto». Un altro giocatore di 26 anni dichiara: «sul campo, quando incontro i piccoli club del nord Alsazia, sono spesso trattato come uno sporco turco dagli spettatori!».
Noi e gli altri
Per comprendere la presenza dei club di calcio che raggruppano immigrati turchi e il loro rapporto con società di accoglienza è necessario pensare in maniera “relazionale” (Bourdieu, 1992). La comunità sportiva non esiste se non dentro una rete di relazioni e di spazi simbolici che conduco da una parte gli outsiders a raggrupparsi per rafforzare la loro identità, dall’altra, gli established a considerare i giocatori turchi come «differenti» e «inferiori». È necessario dunque analizzare lo spazio locale del calcio come un “champ” di associazioni (Gasparini, 1997, 2000 ; Sayad, 1999) in cui si affrontano dei gruppi e delle identità sul terreno del calcio. Ogni club non tiene la propria funzione e il suo significato se non nella relazione che intrattiene con ciascuno e con tutti gli altri. Questa logica conduce gli immigrati a raggrupparsi con il duplice obiettivo di preservare un’identità e stabilire un rapporto di forza con tutti gli altri club «stabili». L’USTB costituisce a questo titolo un esempio particolarmente chiaro di un duplice effetto di solidarietà (sociale e culturale) e di rapporto tra gli outsiders immigrati turchi e gli established alsaziani locali. A seguito della sua creazione nel 1975, l’USTB ha sempre avuto dei rapporti difficili con il FCB, club storico nato nel 1904. Se il FCB è più conosciuto nello spazio locale e raggruppa essenzialmente dei giocatori e dirigenti alsaziani, l’USTB è un club composto da immigrati turchi più giovani (l’età media è di 22 anni), occupanti le posizioni più basse nella scala sociale.
Malgrado i buoni risultati sportivi e l’investimento importante su giocatori e dirigenti del club, la squadra dell’USTB non è oggi simbolicamente riconosciuta. Per gli immigrati turchi in situazione di dominanza tanto economica che simbolica nel paese di accoglienza, le lotte sportive possono essere rappresentate con un agon che tiene conto di tutte le situazioni sociali dei partecipanti. L’esclusione scolastica, professionale e sociale, possono allora condurre alcuni giovani a cercare di valorizzarsi come giocatori dimostrando le loro qualità atletiche (Gasparini, Vieille Marchiset, 2008c ; Gasparini, 2010a). Per i gruppi sociali più poveri socialmente come i giovani turchi degli ambienti popolari, il calcio rappresenta l’unica fonte di valorizzazione e di riconoscenza sociale.
Gokhan, allenatore della squadra di calcio, spiega che è il successo sportivo del suo club che darà una «buona immagine dei turchi». Secondo lui «è vincendo le partire che dimostreremo che noi siamo migliori di loro». Per gli immigrati turchi, la partita di calcio diviene una concorrenza sociale. Per lo più stigmatizzati ed esclusi, vincere una partita è per loro importante e ha il valore di una vittoria «nella vita» e si accompagna a discorsi sulla superiorità della loro cultura nel rapporto con l’Altro. Lo sport non è un mondo a parte, ma un universo aperto al successo sociale, una dimensione in cui le vittorie sono possibili.
Un modo di essere popolare : fare comunità contro le discriminazioni
Un giocatore dell’USTB costata che è spesso difficile giocare al calcio in alcuni paesi del nord dell’Alsazia. Secondo lui:«i giocatori e gli spettatori ci vedono come stranieri, ma noi ci vediamo come dei francesi!». Colui che non possiede la nazionalità del paese di accoglienza (su di un piano giuridico), come persona di origine straniera, può divenire la «figura» di colui che non ha le qualità attese dall’homo nationalis (Balibar, 2001), che è differente sul piano culturale, etico e religioso (Gasparini e Talleu, 2010b).
Il sentimento di esclusione rinforza dunque la solidarietà interna ad un gruppo e crea uno spirito di squadra che fa largamente riferimento alla Turchia: poster di squadre di calcio nei locali del club, giornali sportivi turchi, scambi sul terreno e fuori in turco, serate al club tra familiari e amici di origine turca. Tuttavia, di là da differenze etnico-culturali, questo modello associativo corrisponde alla “cultura del lavoro” (Verret, 1988) dove frequentiamo solo coloro i quali ci sono prossimi affettivamente, spazialmente, socialmente, linguisticamente e culturalmente, senza aver bisogno di una forma stabilita (Gasparini, 2000). L’essere sportivo dei migranti turchi dei migranti turchi non è che un elemento dello stile di vita (Bourdieu, 1979) di una popolazione immigrata di origine rurale e popolare che funziona in una modalità endogena. Per i migranti appartenenti alle classi sociali svantaggiate, per la mancanza d’integrazione, la distanza dalla cultura dominante è marcata. Come le classi popolari in generale, i turchi sono vittime di meccanismi di segregazione spaziale e territoriale che riguardano, in certi luoghi e zone, le popolazioni nate dall’immigrazione, favorendo in tal modo raggruppamenti di origine etnica. I club di calcio costituiscono allora l’unico spazio di socialità maschile e popolare entro il quale poter sviluppare il «capitale sociale»: considerato come «una forma specifica di solidarietà che permette ad una classe popolare di potersi inserire» [9], e ai giovani giocatori di frequentare gli artigiani e i piccoli imprenditori locali della comunità turca che possono offrir loro un lavoro.
Fortemente dipendente da una cultura popolare, il carattere comunitario o «etnico» dei club di calcio raccoglie altri legami di socialità per l’immigrazione popolare turca (caffè, associazioni religiose). Si osserva in effetti che la minoranza degli immigrati turchi (circa il 20%) appartenente alla classe media o superiore urbana è coinvolta nel club sportivi non comunitari, soprattutto nella città di Strasburgo.
Conclusioni
L’analisi della pratica sportiva degli immigrati induce a mettere in questione la nozione d’integrazione e di «sport di comunità» nel contesto di una società occidentale sempre più diversificata e multiculturale. I club sportivi che raggruppano migranti turchi sono un esempio d’integrazione non nel paese di accoglienza ma tra la comunità dei migranti. Tuttavia, la loro esistenza non si limita all’espressione di un’appartenenza etnica o nazionale, ma è anche collegata al contesto politico della società di accoglienza e alle condizioni sociali.
Inoltre, ci sono anche le origini popolari e rurali degli immigrati turchi che spiegano in larga parte la pratica sportiva comunitaria. Legata ad una cultura maschile della classe popolare turca, l’intensità del sentimento di appartenenza alla comunità si traduce con il coinvolgimento sportivo «comunitario» e in pratiche auto-associative. Il sentimento di esclusione vissuto da numerosi lavoratori turchi rinforza la solidarietà interna al gruppo e contribuisce alla costruzione di uno spirito di club che fa largamente riferimento alla Turchia.
Per comprendere il processo d’integrazione dei turchi in Alsazia, è dunque necessario ricostruire il sistema completo delle determinazioni sociali, culturali e economiche che agiscono sul fattore studiato ma anche quelle che agiscono prima dell’emigrazione durante tutto il processo di immigrazione.
Riferimenti bibliografici
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Note
1] L’Alsazia è la sola regione della Francia in cui la popolazione numericamente più importante di tutte le altre comunità di immigrati..
2] Per «immigrati turchi» intendiamo persone e famiglie originale della Turchia; ricomprendiamo anche turchi con nazionalità turca, o naturalizzati francesi o francesi di origine turca. In questo caso parleremo di francesi «nati dall’immigrazione turca».
3] Si veda Callède J-P. (1985), « La sociabilité sportive : intégration sociale et expression identitaire », Ethnologie française, 15 (4), p. 327-344.
4] Data la sua posizione, l’Alsazia è stata annessa alla Germania una prima volta tra il 1870 e il 1914. Tra il 1870 e il 1945 la regione ha cambiato nazione di appartenenza per quattro volte. Alla luce di questo, l’Alsazia è segnata da una cultura tedesca, con numerosi alsaziani che parlano tedesco, lavorando e spesso risiedendo in Germania.
5] Bischwiller si situa a qualche kilometro di distanza dalla Germania e a meno di mezz’ora d’auto da Strasburgo, nel dipartimento del Basso-Reno.
6] INSEE Alsace (2006) e Observatoire Régional de l’Intégration et de la Ville (2008).
7] Regione di frontiera situata al sud della Germania nel cuore della regione «trinazionale» franco-tedesco-svizzera.
8] Si veda in particolare Brouard S., Tiberj V. 2005. Français comme les autres ? Enquête sur les citoyens d’origine maghrébine, africaine et turque. Paris : Presses de la Fondation Nationale des Sciences Politiques, p. 130-134.
9] Hannerz U. 1969. Soulside : Inquiries into ghetto, culture and community. New York : Columbia; si veda anche Bourdieu P. 1980. Le capital social : notes provisoires. Actes de la recherche en sciences sociales, n° 3, p. 2-3.
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