Lo sport nelle scienze sociali: da chimera a realtà
Marco Pasini (dir.)
M@gm@ vol.11 n.1 Gennaio-Aprile 2013
GEOGRAFIA E SPORT: PER UNA DEFINIZIONE DEL RAPPORTO TRA SPAZIO E SOCIETÀ
Rosario De Iulio
rodeiulio@virgilio.it
Docente di Geografia dello Sport presso l’Università di Roma Foro Italico.
Introduzione
La geografia dello sport è un ramo della ricerca geografica piuttosto recente, e ancora poco conosciuto in Italia. Sorto in ambito culturale anglo-americano, i primi studi risalgono nei primi anni Settanta, qualificandosi come quel campo di investigazioni che si occupa nelle ricadute territoriali delle attività sportive dal punto di vista sociale, economico ed ambientale.
Si tratta di un filone di studi di crescente interesse, tenuto conto dell’enorme diffusione dello sport nella società contemporanea, tanto che quest’ultimo è considerato un prodotto culturale caratteristico della nostra epoca, quindi un elemento distintivo di una società di massa globalizzata, e quindi come tale «la sociologia europea tende ad usare lo sport come chiave di lettura del mutamento sociale» (Porro, 2002, p. 169).
Ciò dimostra che la sociologia, quale scienza che studia i fenomeni sociali indagati nelle loro cause, manifestazioni ed effetti, prima tra le tutte scienze umane si è occupata di studiare questo fenomeno, soprattutto nel suo aspetto più caratteristico; ossia quello legato al consumo del tempo libero.
Il tempo libero o meglio il tempo liberato da lavoro ha avuto un ruolo altamente significativo nell’organizzazione della società industriale e in seguito post-industriale, tanto da offrire numerosi e interessanti spunti di ricerca in diverse discipline, a partire dalle scienze umane sino ad arrivare all’economia ed alla pianificazione del territorio.
Di recente, il vasto insieme di scienze umane che si interessano di sport sono chiamate Sport Studies, e in particolare con questa locuzione si intende quell’ampio settore di ricerca che studia lo sport secondo una prospettiva critica, utilizzando metodologie di ricerca che sono propri delle scienze sociali. Difatti, gli Sport Studies studiano lo sport individuando alcuni problemi e li studiano «come se fossero “rizomi”, stabilendo connessioni di esplorazione e di ricerca feconde nella direzione di tutti i saperi dello sport e dei suoi molteplici piani problemi, stabilendo di volta in volta connessioni e riferimenti con altri saperi» (Isidori, 2012 p. 48).
In questo modo si prefigura un approccio allo studio del fenomeno sportivo in una forma molto più complessa ed articolata, e in quest’ambito il contributo offerto dai temi di studio della geografia dello sport può essere di sicuro interesse alla società.
Le finalità del presente saggio si possono sintetizzare in due differenti punti, ma strettamente legati tra di loro. Il primo è quello di illustrare, seppur brevemente, l’insieme delle teorie che hanno portato all’origine e alla affermazione della geografia dello sport, mentre il secondo cercherà di tracciare seppur a grandi linee, le emergenti linee di ricerca nell’ottica del complesso rapporto tra spazio e società. In tal modo si offriranno alcuni spunti di riflessione e nuove chiavi di lettura sul poliedrica relazione tra attività sportiva, intesa come fenomeno socio-culturale, e spazio/territorio, ormai sempre più centrale nelle più recenti politiche di pianificazione territoriale, considerando anche dell’attuale fase di deindustrializzazione che investe i nostri centri urbani (Acuto, Bonfante, 2011).
Difatti la geografia, nella sua più generica e più ampia definizione, è la scienza che studia il rapporto società e ambiente, quindi in altri termini si può affermare che compito della geografia è quello di riconoscere gli aspetti spaziali dei processi umani per poterli interpretare e trovare le soluzioni più idonee alle molteplici sfide sociali e ambientali presenti nel mondo (Greiner, Dematteis, Lanza, 2012).
D’altro canto lo sport, così come qualsiasi attività umana, ha bisogno di uno spazio fisico naturale o artificiale per essere praticato, ma quest’ultimo può assumere di volta in volta significati e valori diversi a seconda della finalità dell’indagine, ovvero quello di uno spazio di inclusione, di esclusione, di conflitto, di rappresentazione politica e così via.
In tal senso la distinzione tra space e place può essere esplicativa di questo concetto. Se per space si intende una estensione della superficie terrestre di dimensioni non definite, quest’ultimo diventa place nel momento in cui diventa il luogo delle relazioni sociali, caricandosi di nuovi contenuti e valori (Tan, 2003).
Così definito, lo spazio dedicato all’attività sportiva assume un valore molto più complesso e articolato di semplice spazio di gioco, e si presenta quindi come un campo di indagine di enorme sviluppo e potenzialità, le cui relazioni con gli altri saperi sono fondamentali per compiere una descrizione esaustiva del fenomeno.
L'origine ed affermazione della geografia dello sport: i fondamenti culturali
Sulle cause dell’origine in area anglosassone della disciplina è possibile fare almeno due ipotesi. La prima si rapporta direttamente alla provenienza inglese sia del termine e sia del concetto di sport, l’altra invece, fa riferimento ad una maggiore inclinazione e sensibilità degli studi geografici anglosassoni verso i temi di ordine sociale e culturale sorti a partire dagli anni Sessanta.
Tralasciando di trattare la prima ipotesi per ragioni di brevità, per la seconda è necessario soffermarci, sebbene in sintesi, su quali sono stati gli orientamenti culturali che hanno portato verso la nascita di questo settore di studi.
Con la fine dell’ultimo conflitto mondiale, anche la geografia umana al pari di altri saperi, avviò una nuova fase di riflessione con l’introduzione di nuovi schemi di pensiero scientifico e l’adozione di nuovi paradigmi, determinando così la comparsa di nuove “geografie”.
Così verso la fine degli anni Cinquanta, a partire dalla comunità scientifica anglo-americana si affermò un nuovo approccio verso lo studio della disciplina non più basato sull’empirismo geografico, ovvero quello basato esclusivamente sull’esame delle sole relazioni verticali, cioè quelle che legano l’uomo al proprio ambiente, ma l’attenzione si spostò anche verso le relazioni orizzontali, ovvero quelle che intercorrono tra luoghi ed aree diverse originatesi dalle più strette relazioni tra i diversi gruppi umani (Dagradi, Cencini, 2003).
Sicuramente questo nuovo approccio di studi subì l’influenza di due nuovi orientamenti sorti entrambi nel Stati Uniti: la Scuola di Berkeley fondata da Carl Sauer, che si occupò principalmente di coniugare il concetto di cultura con gli studi geografici, analizzando cioè le trasformazioni dell’ambiente prodotte dai diversi gruppi umani secondo l’ottica delle diverse culture (Vallega, 2008), l’altra invece era la Scuola di Chicago comunemente nota di ecologia urbana che si occupava principalmente delle ricadute ambientali generate dai vari squilibri sociali della popolazione urbana, esaminati secondo una impostazione fortemente positivista, basata soprattutto su analisi statistiche (Rossi, 2008).
Un nuovo percorso si aprirà sul finire degli anni Sessanta, per l’imporsi di varie teorie di matrice marxista. Queste ultime porteranno gli studi geografici ad una maggiore apertura verso le scienze sociali, capaci di dare nuova interpretazione alla dimensione spazio inteso questa volta come un prodotto sociale, determinando un orientamento di studi che è appunto chiamato geografia sociale. Questo nuovo indirizzo di studi di grande interesse pose la sua attenzione nel difficile e complesso rapporto tra la società e il suo territorio, e come quest’ultimo si trasforma in funzione dei processi culturali prodotti dalle dinamiche sociali (Loda, 2008).
Nel mondo anglosassone queste ultime tendenze di studio ebbero un considerevole successo, considerando anche le premesse culturali già precedentemente accennate. Difatti a partire dagli anni Settanta, si sono consolidati nella geografia sociale due diversi orientamenti: il primo più influenzato dalle teorie marxiste e neo marxiste sarà qualificato come geografia radicale dove l’oggetto di indagine è l’osservazione delle diseguaglianze sociali e delle condizioni di marginalità sociale prodotte dalla società capitalista; l’altro invece più sensibile ai temi delle disuguaglianze culturali e all’insieme dei valori delle abitudini comportamentali (humanistic turn) generò la cosiddetta geografia umanistica. Tra i meriti della geografia umanistica vi è la rivoluzione qualitativa, in opposizione alla geografia quantitativa, che aveva dominato vari decenni dopo l’ultimo conflitto mondiale (Rossi, op.cit.). A partire dagli anni Ottanta, con il progressivo affermarsi dei Cultural Studies, si segnò una nuova fase di rinascita della geografia culturale. Infatti, partendo proprio dall’ampliamento del concetto di cultura secondo un approccio più politico e sociologico, si cercò di interpretare «la cultura nella complessità delle sue forme e di analizzare il contesto politico e sociale nel quale si manifesta. Si pensi, ad esempio, alle forme attuali della produzione e del consumo culturale (eventi sportivi, biennali d’arte, concerti musicali, expo) la cui forma influenza ed è influenzata dalle relazioni (economiche, politiche e sociali) e dagli spazi (reali e mediatici nei quali si svolgono» (Bonazzi, 2011, p. XII). Da allora tali studi si distingueranno con la locuzione New Cultural Geographic, i cui temi di ricerca, proprio in area anglosassone, cominciarono ad incrociarsi con quelli della geografia sociale, spostando così l’indagine verso le grandi questioni della società contemporanea, dove lo sport è sicuramente una parte importantissima [1]. In questo contesto culturale, si inseriranno i primi studi di geografia dello sport.
Evoluzione e orientamenti di ricerca attuali della disciplina
Probabilmente è possibile indicare in John R. Bale il più autorevole studioso di geografia dello sport, colui il quale attraverso la pubblicazione di diversi saggi ed articoli scientifici ha compiuto una prima definizione epistemologica della disciplina.
L’autore inoltre, individua almeno due ragioni sulla validità scientifica di questo campo di studi: la prima fa riferimento agli aspetti economici e culturali dello sport, e come questi ultimi possono modificare il territorio, mentre la seconda più semplicemente, spiega che sia lo sport e sia la geografia hanno entrambe lo stesso oggetto di studio: lo spazio.
Inoltre, sempre lo stesso autore chiosa che il fondamento razionale della geografia dello sport si palesa nello stretto legame tra gli sport, il tempo e il luogo di origine. Ovvero espresso in altri termini, l’origine e la diffusione degli sport sono legati da una serie di variabili: la cultura del luogo, il percorso storico, le condizioni socio-economiche del territorio, le condizioni climatiche e così via. In questa maniera si può cogliere lo stretto legame tra alcuni sport ed il loro territorio di origine, tanto da poterli identificare e rappresentare; come ad esempio il caso del cricket in Inghilterra [2].
Di certo lo sport è sempre più un fenomeno globale, nel senso che la velocità e l’intensità della sua diffusione sono aumentate in modo vertiginoso negli ultimi decenni favorito anche da una rete ipertrofica di comunicazioni. Tra le maggiori conseguenze di questa fase storica vi è il rafforzamento di quel vincolo identificativo tra sport e luogo d’origine o semplicemente di elezione, e la crescita degli impatti ambientali generati da questa attività. Proprio questo senso di identità ha indotto crescenti masse di pubblico a seguire durante le competizioni sportive la propria squadra o il proprio atleta in maniera tale che possa avere la meglio sugli altri, sfociando anche in deprecabili forme di esagerata violenza collettiva.
La maggiore diffusione dello sport, conseguentemente ha comportato un aumento sia del numero e sia della consistenza delle attrezzature sportive, determinando considerevoli impatti sul territorio che li ospita.
Il Bale (2000) citando un precedente studio del Rooney (1975) sintetizzando propone un modello di studio della geografia dello sport basato in sei diversi percorsi di indagine:
- l’organizzazione spaziale dello sport nei vari livelli di competizione;
- il legame deterministico tra il luogo d’origine degli sport e la sua diffusione;
- le dinamiche spaziali che legano i praticanti e il loro luogo d’origine;
- le ricadute sociali dell’organizzazione spaziale dello sport;
- la relazione tra l’organizzazione spaziale dello sport e la cultura del luogo;
- gli impatti sull’ambiente e sul paesaggio prodotti dalla pratica sportiva.
Così come si può facilmente rilevare, emerge in questi percorsi di indagine una indiscussa centralità del rapporto tra spazio e società, tutt’ora ancora presente nelle più recenti pubblicazioni.
Attualmente gli orientamenti di ricerca maggiormente esplorati sembrano invece privilegiare gli studi relativi alle ricadute territoriali dello sport, in particolare esaminando quest’ultimo nel suo aspetto di efficace spillover per le aree in ritardo economico.
In tal senso i Mega Events, ossia i grandi eventi legati all’organizzazione di manifestazioni sportive come ad esempio le Olimpiadi, rappresentano un argomento di grande interesse dove la competizione tra le diverse città che si offrono per poterli ospitare è accesissima.
E’ interessante notare come questi temi si intersecano con quelli più recenti della geografia economica, in particolare quelli della geoeconomia, ossia quel settore di studi che si interessa di elaborare strategie idonee a mettere in atto adeguamenti strutturali capaci di rafforzare o innescare la competitività territoriale in un mercato sempre più globale (Bencardino Prezioso, 2006) [3].
Però come sottolinea il Pollice (2010) la scelta di organizzare questi Mega Events è essenzialmente legata a strategie urbane tese migliorare o rafforzare l’immagine di una città, ovvero di solito sono il risultato di un progetto parziale o limitata portata che riguarda il rilancio del territorio, che può anche prescindere (non senza conseguenze per la sua stessa efficacia) dalle reali prospettive competitive della città e della sua area di riferimento.
È possibile in termini di analisi distinguere due diversi livelli di ricadute positive sulla città prodotti da questi Mega Events: un effetto hard che corrisponde alla costruzione delle grandi infrastrutture di trasporto o a nuovi usi economici del suolo urbano, da quelle che sono le ricadute soft che riguardano più la fiducia, l’entusiasmo, l’orgoglio da parte della popolazione cittadina di essere la sede dell’organizzazione di tale evento, che si riverbera poi in vantaggiosi effetti economici, come l’aumento del turismo nazionale o internazionale.
Se in una prima fase tale fenomeno investiva perlopiù solo le aree urbane [4], la tendenza attuale è orientata a superare i ristretti limiti urbani e quindi investire territori sempre più ampi, comportando per una parte un forte investimento di denaro (soprattutto pubblico) e dall’altra un poderoso intervento sulle infrastrutture sia sportive e sia urbane, caratterizzate dal notevole impatto ambientale [5].
Tutto ciò inoltre, contribuisce a rafforzare quella tendenza emersa da qualche decennio, che si definisce domanda di città, ovvero la richiesta da parte di una crescente parte della popolazione di servizi di ordine superiore che si trovano solo nei grandi centri urbani (Amendola, 2010).
In tale ottica, gli impianti sportivi tendenzialmente oggi si caratterizzano sia per il loro gigantismo e sia per la polifunzionalità, accogliendo funzioni non solo legate alla sfera dello sport, ma piuttosto invece più connesse alla sfera del loisir come ristoranti, negozi, musei. Di norma si tratta di costruzioni dal grande impatto visivo, progettate da famosi archistars, e che rappresentano dei luoghi altamente significativi all’interno del tessuto urbano, qualificandosi come degli urban entertainment dal grande successo di visitatori (Usai, 2011) [6].
Conclusioni
In conclusione si può affermare che nell’ambito della geografia dello sport, l’aspetto legato alla progettazione e alla costruzione di infrastrutture sportive e come queste ultime si integrano e si connettono con le altre infrastrutture territoriali e i restanti spazi urbani rappresenta senza alcun dubbio il punto centrale del complesso rapporto tra spazio e società.
Tale rapporto, in estrema sintesi, è possibile a sua volta ridurlo in due diversi percorsi di ricerca, caratterizzati da continui rimandi e correlazioni: la sostenibilità e la polifunzionalità delle strutture.
Il primo percorso, come è noto, si articola nei tre diversi livelli di sostenibilità: quella economica, la sociale e infine quella ambientale.
Come precedentemente accennato, trattandosi di grandi costruzioni tecnologicamente molto avanzate esse richiedono per la loro realizzazione copiosi investimenti iniziali, e in un epoca contraddistinta da recessione economica è necessario prevedere un opportuno piano di manutenzione e gestione delle strutture in modo da ammortizzare la spesa nel tempo. La scelta sempre più praticata è quello di rendere gli impianti utilizzabili non solo per attività legate strette attività sportive, in modo da rendere la loro gestione economica del tutto auto-sostenibile. In tal senso la polifunzionalità (con funzioni legate al consumo di tempo libero, in costante crescita nella nostra società) e la modularità (ovvero l’utilizzo della struttura per moduli, calibrati in funzione dell’importanza dell’evento da compiere) rappresentano una felice soluzione. Difatti in questa maniera si allarga l’impiego di queste strutture (sia nel tempo e sia nei modi d’uso) rispetto al passato, di solito utilizzate esclusivamente in occasione di eventi sportivi.
Lo sport quale fenomeno sociale rappresenta anche il luogo di scontro dove si esasperano conflitti ed ideologie spesso portati all’eccesso che spesso sfociano in forme di esagerata violenza ed intolleranza.
Per molti studiosi, lo sport è anche la sentinella per capire gli orientamenti di una società (Pioletti, 2008), e talvolta quest’aspetto non sembra adeguatamente tenuto in conto in una fase educativa preventiva, ma invece è risolto con la semplicistica sistemazione di rigidi schemi di controllo e di sorveglianza nelle infrastrutture sportive. Però tale argomento, di così grande attualità, è principalmente esaminato nell’ambito delle scienze sociali, ma le sue ricadute in termini spaziali sono ancora poco approfondite.
Il tema della sostenibilità ambientale al contrario, probabilmente rappresenta l’aspetto più indagato negli ultimi decenni. Infatti «il crescente interesse per i problemi ambientali ha fatto in modo che i grandi organismi di promozione sportiva siano sempre più coinvolti da queste tematiche, come nel caso del Comitato Olimpico Internazionale e del Movimento Olimpico Internazionale che hanno messo l’ambiente e la sostenibilità ambientale nello sport al terzo posto in ordine di importanza nelle loro politiche.» (Isidori, 2011, p. 109). Tale tema si palesa con diverse modalità: dalla costruzione di impianti sempre più ad impatto zero [7] sino alla costruzione di manufatti più compatibili dal punto di vista paesistico. In quest’ultimo ambito è possibile indicare i due estremi opposti entro il quale si collocano questi manufatti: strutture sportive dal forte impatto visivo che come già accennato in precedenza rappresentano degli indiscussi dei riferimenti urbani, e dall’altro estremo invece si pongono le strutture che maggiormente si adattano e si integrano al paesaggio circostante, spesso anche con funzione di phármakon, per rimediare vecchi vùlnera del paesaggio [8].
Riferimenti bibliografici
Acuto F. Bonfante F. (2011) Sport città e tempo libero Maggioli: S. Arcangelo di Romagna.
Amendola G. (2010) Tra Dedalo e Icaro. La nuova domanda di città. Laterza: Roma – Bari
Bale J. (2000) Human geography and study of sport, In a cura di Dunnig, Coakley Handbook of port studies, Sage Publications: London.
Bale J. (2002) Sport Geography 2nd edition Routledge: London.
Bencardino F. Prezioso M. (2006) Geografia Economica Mac-Hill: Milano.
Bonazzi A. (2011) Manuale di Geografia Culturale. Laterza: Roma-Bari.
Dagradi P. Cencini P. (2003) Compendio di Geografia Umana. Pàtron: Bologna.
Greiner A. Dematteis G., Lanza C. (2012) Geografia Umana. Un approccio visuale. UTET:Milano.
Loda M. (2008) Geografia Sociale. Carocci: Roma.
Isidori E. Reid H.L. (2011) Filosofia dello sport. Milano: Bruno Mondadori
Isidori E. (2012) Il rapporto tra pedagogia e geografia dello sport negli sport studies: prospettive interdisciplinari in a cura di De Iulio R. Geografia e sport. Prospettive di ricerca e esperienze. Settecittà: Viterbo.
Pioletti A.M. (2008) Sport e Geografia Culturale. Lo Sport come fenomeno culturale in a cura di Pioletti A.M. Luoghi, tempi e numeri dello sport. Bologna: Pàtron.
Pollice F. (2010) La cultura nelle strategie di riposizionamento delle città. Una riflessione critica. in Semestrale di Studi e Ricerche di Geografia, Università la Sapienza di Roma, fasc. I gennaio- giugno 2010.
Porro N. (2001) Sociologia dello sport. Carocci: Roma .
Rossi U. (2008) La geografia sociale in lingua inglese in Loda M. (2008) Geografia Sociale. Carocci: Roma.
Tan Y.F. (2003) Space and city. The perspective of experience. University of Minnesota Press. III ed.: Minneapolis.
Usai N. (2011) Grandi strutture per il tempo libero. Franco Angeli: Milano p. 66.
Vallega A. (2008) Fondamenti di Geosemiotica. Roma: Società Geografica Italiana.
Note
1] Proprio in quegli anni furono pubblicati diversi studi che dimostrarono come lo sport sia da considerare come un aspetto distintivo della cultura contemporanea e quindi anche oggetto di studio da parte della Geografia Culturale. A solo titolo di esempio cfr. T. G. Jordan e L. Rowntree (1986) The Human Mosaic. A thematic introduction to Cultural Geography. Harper & Row Publishers: New York.
2] La prima pubblicazione in ambito geografico che cita, se pur brevemente, degli aspetti sociali legati al gioco del cricket in Inghilterra fu la Geographie Universelle di Elisée Réclus pubblicata nel 1876 (Bale, 2002).
3] Esiste una copiosissima letteratura di studi e ricerche su tale argomento, in particolare nel settore del marketing urbano e territoriale. Per approfondimento si rimanda agli studi di Caroli M. G. (2006) Il Marketing territoriale. Strategie per la competitività sostenibile del territorio. Franco Angeli: Milano.
4] Come è noto, lo sport nasce soprattutto come fenomeno urbano, quindi le prime attrezzature sportive sono sorte all’interno delle città, seguendo un processo localizzativo comparabile a quello delle località centrali del Christaller. Ovvero espresso in altri termini, le attività sportive si concentravano in determinati nodi in funzione della loro importanza (Bale, 2002).
5] Su questo argomento le ricerche condotte da Gavin Pointer sono di grande interresse. Infatti lo studioso inglese nell’esaminare gli effetti prodotti dai giochi olimpici sulle città che li ospitano, afferma che dalle Olimpiadi di Barcellona 1992 in poi, i giochi sono spesso presentati dal potere politico come una grande opportunità di dotare la città di nuovi impianti sportivi, ma anche occasione di rigenerazione urbana e di rilancio economico.
La sua indagine infelicemente ha una conclusione piuttosto amara, difatti egli dimostra che purtroppo i giochi finiscono con il diventare irrimediabilmente uno spreco di risorse pubbliche e un ottimo affare per le speculazioni private. Purtroppo non sono rari nelle nostre città gli esempi di grandi strutture sportive costruite in occasione di tale eventi e successivamente abbandonate o poco utilizzate (i cosiddetti white elephants), rappresentando tristemente un monumento allo sperpero di danaro pubblico e alla cattiva programmazione.
6] Esempi di impianti sportivi che hanno assurto ad un ruolo di richiamo turistico sono ormai molti, presenti un po’ ovunque in diverse aree del pianeta, segnatamente in quelle città che hanno ospitato Mega Events sportivi.
7] Per impatto zero si intende una serie di accorgimenti tecnici che consento alla struttura sportiva di essere totalmente autosufficiente in termini di consumi di risorse. L’ Estádio Nacional di Brasilia, che sarà inaugurato in occasione dei prossimi Mondiali di Calcio del 2014, sia per soluzioni tecniche e sia per l’ecoefficienza rappresenta un interessante esempio di struttura sportiva ad impatto zero.
8] Esistono molti esempi del genere. Un caso emblematico potrebbe essere lo Estádio Municipal di Barga (Portogallo), progettato dall’architetto Eduardo Souto de Moura sorge sullo spazio di un dismessa cava di granito sul fianco del Monte Castro, posto ai margini del centro urbano.
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