La lecture de soi et de l'autre
Orazio Maria Valastro (sous la direction de)
M@gm@ vol.9 n.1 Janvier-Avril 2011
LA RICERCA DI UN SENSO DI SÉ
La narrazione nei social network come possibilità di ricostruzione del tessuto sociale
Antonio Notarbartolo
antonionotar1@alice.it
Educatore professionale AslTO2.
Tutto è divenuto talmente complicato che, per raccapezzarsi,
ci vorrebbe uno o più spiriti eccezionali. Non basta più, infatti, giocare
bene il gioco. La questione è un’altra e torna incessantemente a riproporsi:
questo gioco, ora, lo possiamo giocare, è quello giusto? E come và giocato?
(liberamente tratto da L. Wittgenstien)
Introduzione
Il concetto di “complessità”, riferito alla dimensione del sociale, si
è talmente radicato nelle riflessioni di questi ultimi anni che funge
da elemento significante per i molteplici problemi che affliggono la nostra
società: dall’individualismo superficiale, alla mancanza di rispetto verso
il prossimo; dall’intolleranza, al razzismo diversificato; dalle molte
forme di violenza che si manifestano a partire dalle famiglie, alle patologie
del consumismo sessuale; dalla perdita dei valori, al crollo della cultura
e al disinteresse verso ogni forma di scelta partecipata.
Il quadro complessivo è desolante e, come afferma D. Demetrio, l’impegno
dell’educare si rivela oltremodo arduo (come aveva già previsto Freud,
anche se per altri motivi), perché si sono persi i contorni dell’essere
individui all’interno di una collettività. Egli altresì invita a “fare
spazio a una ‘pubblica discussione’, senza fughe nell’autoritarismo o
nella rassegnazione più o meno complice, per individuare, ben radicati
nell’oggi, gli irrinunciabili di una nuova intrapresa educativa”. Ma allora
è forse possibile fare riferimento all’ “immaginazione sociale”, come
motore del rinnovamento sociale, e c’è anche (ancora) lo spazio per una
ricerca di sé che coniughi l’incontro/scontro con l’altro con la dimensione
di una cittadinanza democratica, attiva e partecipata?
“La lentezza della scrittura a mano, sosteneva Umberto Eco, consente di
pensare, ragionare, comprendere. Senza la penna andremo sempre più veloci,
ma senza il tempo di chiederci dove andiamo.“ (Enrico Franceschini, La
Repubblica,19 ottobre 2010)
La nostra società postmoderna “liquida” è caratterizzata dalla complessità,
un fenomeno già oggetto di osservazione da parte degli studiosi che da
più di vent’anni (Cambi, Cives, Fornaca, 1991) sono stati spinti a ridefinire
i processi educativi cercando nuove strade di applicazione. “Il villaggio
globale” non è più un mondo organico e ordinato verticalmente, ma una
serie di arcipelaghi policentrici e interconnessi. Siamo quindi di fronte
ad un sapere non più “monocentrico”, ma “reticolare” al quale è non possibile
approcciarsi con una modalità del tutto scientifico-razionale, ma come
il risultato dell’intreccio fra causalità e casualità imprevedibile.
Volendo ricavare alcuni elementi di riflessione, sul panorama delle possibilità
comunicative contemporanee date dalla rete, potremmo affermare che percorrere
e ri-percorrere queste nuove “possibilità esplicative” può condurci a
superare l’attrito tra i saperi relazionali consolidati, che ancora orientano
l’azione, e la liquida complessità delle interazioni comunicative che
potrebbero invece spingerci a consolidare per inerzia le spiegazioni abitualizzate
(S. Manghi, 2005). Occorre a questo punto portare l’attenzione su un macro-fenomeno
che ha colpito le società occidentali, assieme all’incertezza, la fluidità
postmoderna, la modernità riflessiva, ecc. … la progressiva desacralizzazione
delle rappresentazioni nel mondo.
E’ questa una parola con la quale potremmo designare “quel processo irreversibile
di disincantamento del mondo che ha preso corpo via via, nell’ambito delle
società occidentali, con l’affermarsi progressivo del pensiero critico
– su radici greche, giudaiche, e, in particolare, evangeliche, come evidenziano
gli studi del noto antropologo René Girard” (1987, 2003; cfr. Manghi,
2004). Ci riferiamo “a quel modo di pensare, perennemente inquieto e curioso,
che non si accontenta mai dell’evidenza, ovvero di quello che il senso
comune presenta come auto evidente. E che ci spinge a interrogare, senza
timore reverenziale, anche le verità più sacre”. Accanto a questo movimento
si sono posti i Saperi della differenza, della finitezza, della molteplicità.
Saperi del sospetto, fino al gusto del disincantamento più cinico” (Manghi,
2005).
Anche parte della filosofia del Novecento (Kafka, Sartre) ci ha portato
a considerare, ad esempio, un argomento, da sempre scabroso: l’alterità,
ovvero l’altro come “lo straniero fuori di noi, oppure come la parte estranea
dentro noi stessi” ( P.Rovatti, 2004). Ma è anche vero che “ogni volta
che ci si pone la questione della nostra identità (anche secondo la Psicoanalisi),
non possiamo fare a meno di convocare l’altro e di farlo entrare in scena.
Nella scena in cui noi stessi siamo coinvolti, proviamo di volta in volta
ad assegnargli un posto ed un ruolo, secondo una drammaturgia che ha conosciuto
innumerevoli rappresentazioni e variazioni” (R. Kirchmayr, La violenza
dello sguardo, in Scenari dell’Alterità, Rovatti, 2004). Non ci rimane
che riproporre questo scontro/incontro dialettico nella dimensione di
una continua ricerca, animata dalla speranza e dalla ricerca della bellezza.
La modernità ci ha infatti abituato a pensare alla bellezza come ad un
realtà inconsistente come tutte le chiavi di lettura che presumono di
dare una risposta definitiva sul senso della vita. Il Novecento si è disinteressato
del valore di conoscenza del “bello”, del suo significato di verità, escluso
dagli aspetti fondamentali della società. Ma questo sapere sta mostrando
aspetti di cedimento, e la tesi avanzata da Zecchi (1990) contiene una
proposta di rinnovamento. La bellezza può essere il fondamento del conoscere
e dell’agire.
I processi di comunicazione si sono quindi modificati e nonostante la
diffusione di massa della rete, sia un fenomeno emerso da pochi anni (Sola,
2010), grazie a questa vi è una previsione di mutamento delle “identità,
i contenuti e relazioni di chi naviga”. La realtà seconda, rappresentata
dai social network, come testimoniato dai frequenti articoli che compaiono
su quotidiani e settimanali, si nutre della realtà sociale creando una
curiosa interazione con questa.
Ecco allora che un assessore di un paesino, mette in rete, a fini censori,
i nomi degli operatori ecologici che sono stati ripresi da alcuni cittadini
mentre fanno una lunga “pausa caffè”, invece di lavorare. Oppure si assiste
alla nascita on line di nuovi amori, denuncie di tradimenti e violazioni
della privacy, fino al punto di spingere i giornalisti ad una moralistica
denuncia di un socialnetwork come il responsabile dello sfascio di molte
famiglie italiane. In realtà quello che oggi si rappresenta nei social
network in gran parte non è nient’altro che la situazione sociale tale
e quale si presenta ai nostri occhi. Lo slabbrarsi progressivo del nostro
tessuto sociale ha creato situazioni dove succede di tutto e tutto può
succedere in un caotico intreccio.
Quella, che potrebbe passare per una descrizione eccessivamente “pessimistica”,
della situazione attuale, è stata oggetto di un’approfondita analisi critica
e un noto pedagogista come D. Demetrio (2009) si è interrogato ed ha cercato
di muovere ad interrogarsi tutte le persone coinvolte in progetti educativi
di vita su quali potrebbero essere le svolte coraggiose da adottare. ”Occorre
fare spazio ad una ‘pubblica discussione’, senza fughe nell’autoritarismo,
o nella rassegnazione più o meno complice, per individuare, ben radicati
nell’oggi, gli irrinunciabili di una nuova intrapresa educativa”.
In questa “operazione di verità” rientrano a pieno titolo i social network
(la rivoluzione del Web 2.0) intesi come uno spazio pubblico (l’agorà
greca) dove sono gli utenti a generare i contenuti e che sono il luogo
nel quale viene ribadita la creatività sociale della rete. Secondo la
definizione di M. Surdo (2007) questa è «la rete delle relazioni sociali
che ciascuno di noi tesse ogni giorno, in maniera più o meno casuale,
nei vari ambiti della nostra vita, si può "materializzare", organizzare
in una "mappa" consultabile, arricchire di nuovi contatti. Oppure, in
una versione “migliore”, basata sui contenuti e sulla qualità, è definita
come “un’insieme di persone (rete sociale) che con l’ausilio di internet
si pongono delle finalità condivise e aspirano a raggiungere dei risultati
condivisi da tutti i membri della rete”.
Con l’affermarsi dei social network viene rilanciata in rete la comunicazione
e, di conseguenza, l’informazione. Non si tratta più di beneficiare di
una cultura prodotta da specialisti del settore come giornalisti, opinion
leaders, scrittori, ma della promozione di un modo di comunicare e rapportarsi
che è ‘aperto’ a tutti e al quale tutti possono partecipare. Ci troviamo
nel pieno sviluppo di una società dell’informazione dove le persone si
muovono uno spazio pubblico. Tutti i cittadini attraverso l’utilizzo interattivo
della rete esprimono i loro diritti-doveri in una società che è diventata
la “Società dell’Informazione” (C. Infante, 2009). I “nativi digitali”,
ovvero la generazione che è nata con lo stabilizzarsi della cultura dell’uso
dei computer e della rete, hanno acquisito per primi la capacità di comunicare
utilizzando un linguaggio fatto di icone e frasi abbreviate, in un continuo
trasformarsi promosso anche dalle continue dinamiche di feedback. Inoltre,
grazie alla rete, l’inglese è diventata la lingua più utilizzata in tutto
il mondo.
Se è vero che il 2000 ha segnato la fine di un secolo e ha prodotto profonde
trasformazioni nelle lingue, allora il nuovo secolo dovrà affrontare le
conseguenze che ne derivano. Le trasformazioni che hanno avuto luogo in
campo linguistico negli anni Novanta hanno portato i linguisti ad affermare
che ci troviamo di fronte ad una nuova manifestazione linguistica.
Il più noto ed utilizzato social network in Italia è Facebook, definito
da Carlo Infante (2011) una: ”centrifuga massiva, facilità-felicità sinaptica
connettiva. Con un click rilanci un pensiero buono ed efficace x condividere
un bel po' di senso in un solo minuto”, ed è nato con l’intento, come
recita la sua pagina introduttiva, di mettere in contatto le persone che
hanno perso i contatti tra loro da molto tempo, oppure per stabilire nuove
amicizie. E’ sufficiente registrarsi sul sito ed avere poi accesso alla
propria pagina personale, dove sono archiviati tutti i post che verranno
“scritti” dal quel momento in poi. Ma, in effetti, chi ha avuto modo di
frequentarne le pagine, si è potuto rendere conto che il social network
funziona come un frullatore continuo di emozioni, pensieri, ricordi, immagini
ed altro ancora, in un continuo alternarsi discontinuo dettato dalle preferenze
( il post più cliccato rimane visibile più a lungo sulle pagine del sito)
e senza una successione logica degli eventi presentati.
Diventa difficile, in questa situazione sfuggire alla logica della precarietà,
così come riuscire a stabilire un discorso continuativo con una o più
persone, se non ricorrendo a qualche trucco “tecnico” migliorativo. Rimane
il grosso vantaggio rappresentato dalla comunicazione diretta, quasi in
tempo reale, se le persone sono in quel momento collegate al programma,
quindi sono in grado di replicare. Diventa quindi il possibile veicolo
e motore di movimenti di opinione, di gruppi spontanei di persone, di
emozioni che possono diventare “oceaniche”, come quando, in uno stadio
gremito, tutti si muovono all’unisono sotto il segno della ola. Vengono
così soddisfatte la partecipazione e la reciprocità nel bisogno di relazione,
e viene soddisfatto il bisogno delle persone di narrazione, ovvero il
bisogno di raccontare con leggerezza ad un possibile interlocutore, o
ad una platea, la propria storia in frammenti, attraverso commenti puntuali,
espressioni di intento, canzoni e immagini. La narrazione, oggi, è fenomeno
sempre più raro, grazie al crollo del valore aggiunto rappresentato dall’esperienza,
e si è trasformata in storytelling. (W.Benjamin, 2011).
Tornando ai social network, se poi qualcuno intende spingersi un poco
più in là e cercare di organizzare un pensiero un poco più strutturato,
magari attorno ad un progetto o a degli obiettivi ecco che sono a disposizione
alcuni spazi dove si possono creare dei gruppi a tema. Gli argomenti trattati
sono tra i più disparati. Si va dal “DEDICATO A CHI NONOSTANTE INTERNET
AMA ANCORA IL PROFUMO DEI LIBRI”, a “Minimalism”, “Mercedes Sosa”, “POUR
LA CREATION D'UNE ORGANISATION MONDIALE DE L'ENVIRONNEMENT”, “CON GIUSEPPE
PIGNATONE E I MAGISTRATI REGGINI....”, “Aiutiamo chi ha molto meno di
noi. Salviamo i cani che vengono maltrattati... servono 500.000 iscritti!”,
“A difesa dell'equità e dell'universalità del sistema sanitario”, “OGGI
NON FACCIO NIENTE PERCHE' IERI NON HO FATTO NIENTE MA NON AVEVO FINITO”,
“Photography lovers! Capture the moment!”, “The Night Of The Triffids”,
“VENEZIAEVENTI.COM, “Souvenez-vous de l'émission *L'OEIL DU CYCLONE*”,
“Tony Scott Associazione Culturale”, “Focus Magazine Issue #19”, “BONAVITA”,
a “(VAN GOGH) lovers”……ecc.
Come si può notare il panorama è variegato e gli argomenti trattati sono
tra i più disparati. I gruppi nascono, ed hanno talvolta vita breve. E
ancora presto per dire se avranno una fortuna pari a quello riscossa dai
blog, come ad esempio quello di un famoso opinionista che ha creato un
movimento di opinione e quindi un piccolo partito.
Se poi si vuole fare un ulteriore passo in avanti è possibile navigare
in un portale italiano Urban Experience che è anche un’associazione di
promozione sociale “Happening, Performing Media, Progettazioni urbanistiche
partecipate, Nuovi Format di Comunicazione Pubblica interattiva”, nato
per “promuovere nuove forme di cittadinanza interattiva, creativa e partecipativa”.
Urban Experience è un ambito di progettazione e di azione per giocare
le città attraverso la creatività sociale delle reti. Per reinventare
spazio pubblico, tra web e territorio. Questo social network artigianale
promuove un nuovo ambito di progettazione culturale, rivolta all'interazione
tra web e territorio, secondo le linee di ricerca del performing media.
E' una piattaforma funzionale all'auto-organizzazione (come per la partecipazione
attiva agli eventi promossi) e alla riflessione sui nuovi format di comunicazione
interattiva e sulla creatività sociale inscritta nelle nuove esperienze
di cittadinanza digitale. Si partecipa ai gruppi di discussione già attivi
(e se ne può proporre di nuovi) ma per pubblicare foto e altri contributi
c'è bisogno di un'approvazione (e passano solo quelli pertinenti gli ambiti
di discussione). E’ stato realizzato nell’ambito della Scuola di Politica
promossa da Benevenutiintalia, progetto post-politico rivolto alle nuove
generazioni. Allo stato attuale sono ventitre i gruppi presenti sul sito,
che a vario titolo hanno avviato gruppi di discussione e confronto su
possibili progetti.
Bibliografia
W.Benjamin, Il narratore, Consideraioni sull’opera di Nikolaj Leskov,
Ed. Einaudi, Torino, 2011.
F.Cambi, G. Cives, R. Fornaca, Complessità, pedagogia critica, educazione
democratica, Ed. La Nuova Italia, Firenze, 1991.
C. Infante, su Facebook, 2011.
S.Manghi, Apprendere attraverso l’altro - La sfida relazionale ai saperi
della cura rivista “Animazione Sociale”, dicembre 2005.
P.A.Rovatti, Scenari dell’Alterità, Ed. Bompiani, Milano, 2004.
S.Zecchi, La bellezza, Ed. Bollati Boringhieri, Torino, 1990.
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