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M@gm@ vol.7 n.1 Janvier-Avril 2009
SIMBOLI APPARENTI: RICERCA QUALITATIVA SULL’ESTETICA DELL’IPOD
Riccardo Esposito
spsrcr@gmail.com
Ha conseguito la laurea specialistica cum laude presso la facoltà di Scienze della Comunicazione, la Sapienza di Roma, nell'indirizzo Teorie della comunicazione e ricerca applicata ai media. Collabora con la cattedra di Antropologia Culturale del prof. Massimo Canevacci e con diverse riviste e testate giornalistiche on line.
Ormai
i lettori di file mp3 - l’algoritmo di compressione per i
brani musicali digitalizzati - sono entrati nel ventaglio
delle tecnologie di uso comune, soprattutto per quanto concerne
l’universo giovanile. All’interno dell’infinita varietà di
marche e modelli però, possiamo sostenere con buona sicurezza
che l’iPod, il lettore mp3 della Apple, ha saputo conquistarsi
una buona fetta di mercato. I motivi del suo successo commerciale
si legano a diversi elementi, tra i quali non possiamo far
a meno di citare la capacità dell’iPod di assorbire le interpretazioni
simboliche proposte dai suoi fruitori, un processo quasi sconosciuto
agli altri lettori mp3. L’iPod non viene inteso sic et simpliciter
come un oggetto con relativa funzione ma anche come simbolo,
un contenitore di significati mutevoli che gli individui utilizzano
per comunicare ai propri simili la loro solidarietà nei confronti
del “pensiero Apple”. Ma non solo: se tutto ciò fosse vero,
potremmo anche immaginare questo lettore mp3 investito da
valori estetici a tal punto da trasfigurarsi in orpello da
abbinare con il soprabito. È possibile, quindi, pensare all’iPod
non solo come lettore di file mp3 ma anche come un qualsiasi
monile, gioiello e/o accessorio del proprio abbigliamento?
Questa domanda rappresenta la base della ricerca che verrà
approfondita nel seguente saggio, un lavoro che tramite l’utilizzo
di tecniche appartenenti all’universo della ricerca qualitativa
cerca di dare possibili risposte - mai definitive - ai precedenti
quesiti. Nella fattispecie si è proceduto con un’osservazione
partecipante, tesa all’individuazione dei comportamenti e
delle interazioni degli individui che utilizzano l’iPod nel
corso dei loro spostamenti urbani, ed allo svolgimento di
dieci interviste semistrutturate per interrogare personalmente
il campione di riferimento rispetto alle motivazioni riguardanti
elementi impossibili (come vedremo in seguito) da carpire
durante la prima fase di ricerca. Il tutto finalizzato all’individuazione
di una diminuzione di attenzione degli individui nei confronti
della funzionalità del proprio iPod, a favore di nuovi significati
estetici.
In primo luogo possiamo suddividere il lavoro svolto in due
fasi fondamentali di analisi: desk e field. La prima si è
focalizzata sui concetti necessari per approfondire le varie
sfumature dell’oggetto di studio della ricerca, dando così
maggiore densità alla futura raccolta ed interpretazione dei
dati. In particolar modo l’interesse si è soffermato su alcuni
argomenti concernenti l’ambito di studio della Media Research,
come il concetto di extended audience e di domestication.
Proprio quest’ultimo ha rappresentato la chiave di volta dell’intera
fase desk, dato che concentra la sua attenzione sui quei percorsi
interpretativi che vengono attraversati dai fruitori di nuove
tecnologie, ovvero quello materiale e quello simbolico: il
primo consiste nel posizionamento “tangibile” dell’artefatto,
sia nella sua dimensione spaziale che temporale, mentre il
secondo inquadra la sua realizzazione simbolica attraverso
la transizione dai significati sociali, dati ad una determinata
tecnologia, alle interpretazioni individuali. Di seguito troviamo
una disamina del concetto di estetica, della progressiva desacralizzazione
ed attribuzione dei suoi criteri di valutazione agli oggetti
di uso comune ed in particolar modo, alle tecnologie dedicate
all’ascolto musicale outdoor. In ultima analisi, al fine di
donare all’intera ricerca un’adeguata descrizione del suo
principale oggetto di studio, sono state enumerate le principali
caratteristiche tecniche e commerciali dell’iPod, insieme
ad un’analisi, sia diacronica che sincronica, dei risultati
economici registrati dalla Apple.
La seconda fase del lavoro - vale a dire quella field - si
apre con una riflessione sulla metodologia utilizzata che,
come abbiamo già sottolineato in precedenza, fa riferimento
ad un approccio qualitativo. Solitamente quest’ultimo si presenta
come una sequenza di procedure non definita, che non segue
un disegno dato dal principio, e sprovvisto di quella linearità
che invece caratterizza i metodi quantitativi. La sua analisi,
però, va al di là delle espressioni manifeste nel tentativo
di cogliere anche quelle meno evidenti; con l’intento di comprendere
l'origine degli atteggiamenti e dei comportamenti umani. La
scelta di una metodologia qualitativa, rispetto alla seguente
ricerca, non è casuale ma risponde – oltre alle già citate
motivazioni – alla necessità di flessibilità ed adattamento
di cui necessita una ricerca esplorativa come quella di cui
stiamo trattando, dove i rapporti di causa - effetto si sviluppano
in un campo relativamente sconosciuto. Grazie a questa scelta
il ricercatore ha avuto la possibilità di modificare lui stesso
sul campo (e come vedremo ce n’è stata l’occasione) sia gli
strumenti necessari per rilevazione delle informazioni che
lo stesso oggetto di studio, senza costringerlo in modelli
predefiniti.
È errato, però, immaginarsi la ricerca qualitativa come un
percorso totalmente privo di punti di riferimento ex ante.
Anch’essa, infatti, dev’essere organizzata su procedure testate
e richiede un’architettura teorica a cui fare riferimento,
allo scopo di organizzare chiaramente le procedure utili alla
raccolta ed all’elaborazione dei dati ed evitare distorsioni
provenienti da elementi influenzati dalla soggettività del
ricercatore. Ed è proprio per questo motivo che la fase sperimentale
della ricerca si apre con un’attenta descrizione delle procedure
di operativizzazione rispetto alla discesa sul campo del ricercatore,
individuando e analizzando tutte le possibili sfumature delle
procedure utilizzate nel corso della raccolta dei dati (osservazione
partecipante ed interviste semistrutturate) e della loro successiva
elaborazione.
L’osservazione partecipante rappresenta lo strumento principale
dell’intera ricerca, oltre che il più efficace nel cogliere
gli elementi estetici relativi alla fruizione dell’oggetto
di studio in questione. Questo perché risponde alla necessità
del ricercatore di osservare direttamente le azioni di coloro
che si avvalgono dell’iPod nella sua cornice di utilizzo naturale,
attingendo non solo dal contributo dei dati registrati sul
campo, ma anche dall’apporto interpretativo del ricercatore
nel trattare l’ovvio e dato per scontato come problematico.
Solo in questo modo si è riusciti a rilevare gli aspetti inediti
e sorprendenti di un contesto - quello degli utilizzatori
di iPod - identificabile ormai come caratteristico della quotidianità.
Data l’eterogeneità e la quantità degli individui che la attraversano
ogni giorno, la stazione Termini di Roma è stata eletta come
location ideale per l’osservazione, che si è svolta dal 17
al 24 settembre 2007. Il fieldwork è stato suddiviso in quattro
zone di analisi (zona binari, galleria intermedia, biglietteria,
forum commerciale) alle quali è stata dedicata un’ora di osservazione
ciascuna. Inizialmente questa suddivisione non era prevista,
ma dopo il primo giorno di analisi si è notata la poca praticità
di quest’ultima scelta, optando per la suddetta soluzione.
Inoltre la stazione Termini si caratterizza in quanto luogo
pubblico, una peculiarità che ha imposto al ricercatore un
ruolo dissimulato e non partecipante. Al termine del periodo
di osservazione è stato redatto il rapporto etnografico, un
documento che è stato possibile stilare grazie alle informazioni
del diario quotidiano tenuto dal ricercatore, sul quale sono
state annotate tutte le osservazioni relative agli individui
osservati, le note rilevate sul campo, le riflessioni ed i
sentimenti che hanno attraversato l’intera fase di ricerca.
Ne proponiamo uno stralcio:
“Dopo tre giri completi del settore T3 decisi di passare al
T2, ma prima mi ritrovai di fronte ad un paio di casi anomali:
un ragazzo che utilizzava cuffie iPod, ma che in mano aveva
un lettore di marca diversa e due ragazze sedute vicine che
ascoltavano lo stesso iPod, dividendosi le cuffie. E ancora,
quasi immediatamente dopo, due ragazze che parlavano mentre
una di queste indossava una cuffia iPod. Parlava o ascoltava
la musica? Certo, non erano casi assurdi, ma mi posi dei seri
dubbi a proposito delle possibilità di inquadrarli in maniera
tassonomica. Durante il mio primo tragitto nella zona T2 vennero
fuori le mie insufficienze in quanto etnografo. Infatti, mi
ritrovai a dover registrare i dati di una persona e, nel frattempo,
a individuarne un’altra che passava: la cosa, sembrerà strano,
mi mise in difficoltà perché dovevo imprimere nella mia mente
le caratteristiche di un soggetto mentre ancora stavo parlando
al registratore di un altro. Fortunatamente quest’aspetto
è stato superato il giorno stesso grazie ad un taccuino sul
quale appuntare le informazioni mancanti nella registrazione.”
Individuati gli elementi ricorrenti rispetto alle procedure
di utilizzo del supporto iPod (posizione dell’artefatto, il
suo colore, cuffie, accessori, abbinamento con altri capi
d’abbigliamento), sono state individuate quattro categorie
idealtipiche di utilizzatori caratterizzate da un grado di
estetizzazione - necessità/volontà di mettere in mostra il
proprio iPod - sempre maggiore, ovvero gli ortodossi, i celati,
i propositivi e gli estetici. Ovviamente, come si può facilmente
intuire dalla tabella I, gli ortodossi presentano un grado
di estetizzazione minimo, a differenza degli estetici, gli
unici che si caratterizzano per la presenza di abbinamento
tra abbigliamento e supporto Apple.
Fondare l’intera analisi del fenomeno
preso in esame esclusivamente sui dati riguardanti l’osservazione
sarebbe stato un errore, dato che la sua natura non partecipante
ha impedito al ricercatore l’approfondimento di diversi aspetti
relativi all’utilizzo dell’iPod fuori dalle mura domestiche.
Per questo motivo, ma anche per raccogliere informazioni che
comunque non saremmo stati in grado di registrare con la semplice
partecipazione, si è deciso di svolgere dieci interviste semistrutturate,
attraverso le quali è stato possibile accedere ai punti di
vista dei diversi soggetti intervistati rispetto le loro abitudini
di utenti Apple. La scelta è caduta sull’intervista semistrutturata
proprio perché si iscrive in quella categoria di colloqui
in cui la direttività (la possibilità del ricercatore di stabilire
o meno in maniera statica i contenuti dell’intervista) e la
standardizzazione (la possibilità di proporre o meno le stesse
domande, nello stesso ordine, a tutti i soggetti intervistati)
non presentano posizioni estreme. Rita Bichi (L’intervista
biografica. Una proposta metodologica, Milano, Vita & Pensiero,
2002, p. 26) ha proposto uno schema riassuntivo molto utile
ai fini della nostra esposizione: l’intervista semistrutturata
occupa, infatti, una posizione intermedia sia nei confronti
della dimensione della direttività che di quella relativa
alla standardizzazione. Abbiamo quindi un colloquio definito
da una serie di argomenti che l’intervistato ha l’obbligo
di affrontare, ma strutturati in maniera tale da permettere
a quest’ultimo di integrare autonomamente il percorso d’analisi
con altri elementi che, in una determinata circostanza, può
considerare significativi e interessanti da approfondire.
Inoltre il ricercatore ha la possibilità di “aggiustare il
tiro” dell’intervistato, qualora si dilunghi in modo eccessivo
su argomenti estranei ai suoi interessi. In buona sintesi
l’intervista semistrutturata rappresenta quello strumento
che più si adatta alle necessità della seguente ricerca, vale
a dire ottenere dagli intervistati osservazioni a proposito
di alcuni atteggiamenti - che, molto probabilmente, trovano
una loro materializzazione quotidiana senza essere accompagnati
da una totale coscienza - senza costringerli in costipati
schemi interpretativi.
La traccia è stata costruita ragionando
su tutti quegli elementi di interesse che sono rimasti fuori
dall’osservazione partecipante, attraverso un percorso che
va dal generale al particolare. Presenta sei punti tematici
(biografia, fruizione dei mezzi di comunicazione, rapporto
con la musica, l’ascolto outdoor, la scelta dell’iPod, soggettività
del possesso, oltre ad una presentazione in cui vengono specificati
i diritti dell’intervistato e gli scopi della ricerca) ed
ognuno di questi comprende una serie di indicazioni per il
ricercatore da utilizzare per spronare l’intervistato verso
gli argomenti principali e proporre eventuali domande di approfondimento.
Prima di essere proposta ufficialmente, la traccia è stata
testata nel corso di due interviste preliminari. Il campione
di analisi è composto da dieci individui, egualmente suddivisi
per genere, compresi in una fascia di età che va dai sedici
ai trent’anni. Tale decisione è stata presa in virtù dei dati
registrati nel corso dell’osservazione partecipante, la quale
ha indicato proprio quest’arco generazionale come il più propenso
all’utilizzo di iPod.
L’operazionalizzazione del campione (ovviamente non rappresentativo)
è avvenuta attraverso l’estrapolazione di cinque sottocategorie
( 16 - 18 anni; 19 - 21; 22 - 24; 25 -27; 28 - 30) da utilizzare
sia per il genere maschile che femminile, svolte in un arco
di tempo che è andato dal 28 settembre al 4 novembre 2007.
Il reclutamento dei soggetti è stato effettuato con il metodo
“a valanga”, in base al quale i primi soggetti intervistati
fungono da spie per l’individuazione di altri individui, che
possiedono un profilo simile a quello richiesto dall’intervistatore.
Al fine di evitare eventuali distorsioni interpretative, insieme
alla registrazione vocale il ricercatore ha utilizzato un
block notes per appuntarsi eventuali espressioni del viso,
movimenti e particolari ambientali.
Riguardo all’elaborazione ed analisi dei dati, in primo luogo
è stata eseguita la trascrizione per intero delle interviste
svolte: ogni parola - compresi errori, ripetizioni, turpiloquio,
troncamenti improvvisi, dialettismi, parole inesistenti -
è stata riportata così come è stata pronunciata, senza effettuare
alcuna correzione e gli elementi non vocali sono stati resi
sul testo, grazie all’utilizzo di una serie di segni convenzionali.
A seguire si è proceduti con un’analisi tematica avente per
oggetto proprio le suddette trascrizioni, la quale ha permesso
di individuare ed attuare una comparazione trasversale tra
i principali temi trattati dagli intervistati. Come ben sappiamo,
il rischio fondamentale di questo metodo consiste nel far
derivare la scelta dei temi da trattare dalle stesse ipotesi
di ricerca, attraverso un uso selettivo delle interviste e
secondo un’interpretazione viziata dalle necessità del ricercatore.
Si è deciso, perciò, di orientare l’elaborazione dei dati
non verso l’individuazione di affermazioni atte a verificare
improbabili relazioni tra due fenomeni sociali, ma in direzione
di una tematizzazione e di un’analisi dei colloqui registrati
al fine di approfondire i mondi vissuti dagli intervistati
nel rispetto delle loro logiche argomentative. Al fine di
conferire un ulteriore contributo descrittivo all’intera elaborazione,
si è ritenuto interessante osservare le principali caratteristiche
lessicometriche e le specificità che caratterizzano le ultime
due aree tematiche, quelle che focalizzano la propria attenzione
sul rapporto tra individuo ed iPod. Questa operazione è stata
possibile grazie all’utilizzo del software di analisi testuale
Lexico3 ed alla relativa rielaborazione delle trascrizioni:
in questo modo è stato possibile effettuare alcune operazioni
di definizione quantitativa delle interviste, un ulteriore
prospetto descrittivo inserito, senza alcuna pretesa di rappresentatività,
all’interno del percorso di analisi.
Come per l’osservazione partecipante, anche in questo caso
è stato possibile individuare quattro categorie di riferimento
(tabella III), definite però non solo in base alla dimensione
dell’estetizzazione - necessità/volontà di mettere in mostra
il proprio iPod - ma anche rispetto a quella della fisicità
necessità/volontà degli individui di instaurare un rapporto
fisico con il lettore Apple. Questa caratteristica comportamentale,
non si contrappone alla prima e si rispecchia nell’abitudine
dichiarata da diversi individui di impiegare una cura maniacale,
nel disporre il cavo delle cuffiette oppure di portare il
proprio iPod in mano anche quando non ci sarebbe alcuna necessità
di gestire le tracce musicali.
Ecco alcuni stralci di interviste:
“Io, cioè mi piace un sacco la (::) la cosa fisica con l’iPod
quindi lo tengo anche in mano l’iPod quando cammino” “Cioè
io dico oddio anche io ho qualcosa della Apple, anche io sono
una stevejobsiana” (Caso II)
“Il modo più (::) semplice è è appunto (:) inserire solamente
il cavetto, senza il cavetto delle cuffie, all’interno di
una delle due tasche del pantalone che indosso e poi far passare
il cavo all’interno della maglietta o camicia che ho e (::)
farlo uscire direttamente dal dalla vita per attaccarlo comunque
all’iPod e (::) come se non ce l’avessi addosso. E quella
è l’usabilità (..) l’usabilità dell’iPod è quella che lo contraddistingue
rispetto agli altro secondo me.” (Caso V)
“Premetto, penso che l’iPod sia (.) attualmente (.) uno status
symbol. Avere l’iPod è (::) avere l’iPod è avere L’IPOD, avere
un altro lettore mp3 è avere un altro lettore mp3. Secondo
me c’è una sostanziale differenza (.) che l’iPod è uno status
symbol è il lettore mp3 per eccellenza, è quello che i ragazzi
vogliono” - “Lo indosso, si, mi piace tenerlo sicuramente
in tasca, non mi piace (.) il filino delle cuffiette lo metto
sempre all’interno del mio abbigliamento, cioè lo passo sotto
al maglione, lo faccio uscire sotto la gola e le porto alle
orecchie. In questo periodo che fa un po’ più freddo uso il
cappello e magliette con il cappuccio e (::) mi piace portare
il cappuccio (.) e nascondo tutto sotto il cappuccio (…) vabbè
spesso lo tiro fuori perché (:) passo ad un’altra canzone
[vabbè, solo per manovrarlo] assolutamente si.” (Caso VI)
Considerato che in entrambi i
casi siamo giunti all’individuazione di quattro categorie
idealtipiche di fruitori di iPod, sarebbe logico proporre
un confronto tra le due tassonomie indicate, almeno per giungere
ad una possibile sintesi interpretativa. D’altro canto è giusto
rilevare, che gli elementi strutturali alla base della costruzione
delle tipologie non permettono di attuare una semplice sovrapposizione
tra le categorie specificate. Infatti, l’elemento principale
riscontrato nell’analisi delle interviste è l’incrociarsi
delle due dimensioni comportamentali estremamente diverse,
come quella dell’estetizzazione e della fisicità, una caratteristica
assente per quanto concerne l’apparato interpretativo dei
dati inerenti all’osservazione partecipante. Piuttosto risulta
possibile individuare le caratteristiche in comune, gli elementi
che permetterebbero di creare una prima relazione tra le suddette
macrocategorie di utenti.
Le nuove sottocategorie, indicate nell’ultima matrice (tabella
IV), sono quelle dei sensibili celati e dei sensibili propositivi,
che stanno ad indicare le due categorie di fruitori fisici
individuate; rispettivamente coloro che per ritenersi soddisfatti
del proprio rapporto con l’artefatto tecnologico giocano con
l’articolazione delle cuffiette, sia indossate che non, e
con lo stesso lettore mp3.
Estetizzazione e fisicità sono
due esperienze comportamentali di chi utilizza l’iPod, qui
intese come interpretazione e rielaborazione dell’artefatto
tecnologico, il quale viene investito da nuovi significati
simbolici che - per quanto possano essere costantemente e
banalmente sotto gli occhi di tutti - presentano ancora degli
interrogativi. Questa ricerca si propone come un lavoro esplorativo,
teso verso un argomento ancora poco indagato e nei suoi obiettivi,
non rientra quello di svelare eventuali rapporti di causa
effetto tra diverse variabili. Piuttosto può - e soprattutto
deve - aprire nuove strade di ricerca, proporre nuovi interrogativi
dai quali possono prendere forma nuovi progetti di ricerca.
Dalle interviste svolte (e qui si comprende l’utilità di tale
strumento) deduciamo, che l’estetizzazione del supporto iPod
non conferma le iniziali aspettative, soprattutto se consideriamo
che in molti casi le risposte registrate indicano un consistente
disinteresse a proposito del contributo estetico del lettore
mp3 in questione:
“Mah, diciamo (.) no, non reputo che l’iPod possa, diciamo,
costruire il tuo look, non è (.) [no, non diciamo costruire,
diciamo contribuire alla costruzione] non, ti dico la verità,
non (::) trovo che contribuisca alla alla mia estetica, va,
non trovo che (.) un un accessorio che dico “ok OGGI anche
se non mi va di portare l’iPod, di sentire la musica me lo
metto perché mi dipinge diversamente”. (Caso VI)
“Ho preso l’iPod unicamente perché piaceva a me e non, non
lo so, per metterlo semmai in bella mostra quando esco (…)
quindi non mi sembra che abbia utilità in questo senso, anzi
lo tengo appunto in tasca e neanche si vedrebbe .” (Caso VII)
“No (..) no (…) ((lunga pausa riflessiva)) più che altro,
ti dico, sono rimasto sempre colpito dall’eleganza, dall’estetica
dell’iPod però non sto ad inserirlo nell’estetica del, cioè,
nel senso, del mio vestiario o dell’oggettistica che indosso,
però fa sempre molto chic (Caso VIII)
“Sinceramente, personalmente non ha influenza particolare,
anzi, non ha per NULLA influenza sul mio (..) look, cioè ripeto,
come ho detto prima non metto la mia cinta o comunque la maglietta
in base al colore del mio iPod, così come non lo mostro per
farlo vedere che io ho l'iPod della Apple mentre qualcun altro
non ce l'ha.” (Caso IX)
D’altro canto, come indicato in precedenza, c’è stato modo
di individuare quella che è stata definita come la dimensione
della fisicità, ovvero della necessità/volontà dimostrata
da alcuni intervistati di instaurare un rapporto fisico con
il proprio lettore mp3. Un rapporto che si manifesta attraverso
la meticolosità, con la quale alcuni intervistati posizionano
il cavo delle cuffiette sul proprio abbigliamento o la tenacia
con la quale indicano la loro necessità di sentire sempre
il proprio iPod in mano. Ovviamente i dati disponibili non
danno la possibilità di interpretare ulteriormente questi
atteggiamenti e soprattutto, non permettono di comprendere
se possono intendersi come un’esclusiva dell’iPod in quanto
tale o se sono ampliabili all’intero spettro dei lettori mp3.
L’elemento rilevante, però, consiste nell’apertura di una
possibile nuova interpretazione dell’artefatto tecnologico
a cui giungono gli individui nel loro percorso di domestication
dell’oggetto iPod.
Note
1] Tesi di laurea specialistica
in Teoria e ricerca della comunicazione, Facoltà di Scienze
della Comunicazione, (la Sapienza Università di Roma). Materia
di riferimento: Media Research; autore dell’elaborato: Riccardo
Esposito; relatore: prof. Michele Sorice.
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