Il m@gm@ costitutivo dell'immaginario sociale contemporaneo
Orazio Maria Valastro (a cura di)
M@gm@ vol.6 n.3 Settembre-Dicembre 2008
LUCIO LUISON: CARO
LUCIO
Augusto Debernardi
augudebe@gmail.com
Collaboratore Scientifico Osservatorio
dei Processi Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica
(www.analisiqualitativa.com); Membro del Comitato Scientifico
della rivista M@gm@.
Lucio
Luison, Caro Lucio, ci hai tirato un brutto colpo. Il giorno
del mio compleanno mi tocca assistere alla tua sepoltura.
E con me tutti coloro che ti hanno voluto bene da lontano
e da vicino. Secondo me hai voluto ancora provarci a farci
vedere la caducità della vita e nello stesso tempo esserci-con-noi.
Un’esperienza d’affetto a modo tuo. Eri così sicuro della
scienza, della società della conoscenza, che ti sei speso
ben oltre ed hai spronato e teso a fare nella società un posto
per la sociologia professionale e per i sociologi professionali.
Ci hai provato. Hai messo su anche delle Associazioni. Hai
provato a fare l’albo professionale dei sociologi che in una
società - più delle corporazioni che della conoscenza - avrebbe
potuto dare una mano alle nuove professionalità. E nella dimensione
della scienza e della sua razionalizzazione, forse, qualche
cosa che ha a che fare con il “falso negativo” ha contribuito
a farti corrodere da quella malattia che tu dicevi contrassegnasse
la famiglia ma sarebbe meglio dire coloro ai quali più eri
legato, fortemente.
Abbiamo fatto tante cose insieme. Lo so, eri affascinato dalla mia dimensione critica e creativa e ti rilassavi nella mia anarchia che mirava solo a depotenziare le rigidità e ad esplorare territori e paesaggi sociali e ne godevi. Godevi di quei contatti con l’emarginazione estrema che ti facevo avvicinare e che tu scoprivi e cercavi di comprendere. Con questa forma di società esercitavi la tua disponibilità e sappi che anche “Edi” ti ricorda sempre ed ha pianto quando ho detto della tua morte.
Mi ricordo che eri stato affascinato dalla sociologia clinica
che avevo studiato in Francia parecchi anni fa e l’hai rilanciata,
con la speranza che servisse a migliorare la qualità dei nostri
sistemi ed organizzazioni. Qualche delusione la devi aver
provata, ma hai taciuto per quel pudore e mitezza che ti contrassegnava
nonostante le schegge dei poteri attorno a te gravitassero
come sempre e dalle quali, negli ultimi giorni, sei stato
protetto a distanza da veri amici.
Le tue pubblicazioni restano a testimonianza di una vita scientificamente
e sociologicamente spesa. Ti sei speso con la Mediazione sociale
ed i tuoi viaggi in Europa ed oltre oceano testimoniano alcune
tue irrequietezze culturali, sincere e profonde, ed il tuo
desiderio di conoscere e ridurre certe aggressività conflittuali.
A te dobbiamo parecchie cose e parecchi contatti. Ma qui, in questa chiesa, dopo aver ricordato che nei tuoi momenti finali non restava a me e Marina che leggere qualche parabola della Nuova Novella, vorrei ricordare l’ultima tua lezione: aver fatto vedere a tutti, negli ultimi tuoi momenti, molto penosi e dolorosi, una fraternità, una relazione familiare, una capacità di coinvolgere tutti coloro che si avvicinavano in un abbraccio empatico a tua Moglie Etta e tuo Figlio Mattia che tu mai hai dimenticato ed eliso dalla tua vita. Come loro del resto.
Un lungo, sincero ed affettuoso addio, sig. Presidente dell’Associazione dei Sociologi professionali d’Italia.
Augusto, un tuo vecchio amico fraterno insieme a tutti i tuoi affetti più veri.
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