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  • Le m@gm@ constitutif de l'imaginaire social contemporain
    Orazio Maria Valastro (sous la direction de)
    M@gm@ vol.6 n.3 Septembre-Décembre 2008

    LIBERO ACCESSO



    Cecilia Edelstein

    cecilia@shinui.it
    Presidente dell'Associazione Shinui di Bergamo - Centro di Consulenza sulla Relazione (www.shinui.it) e Socio Sostenitore Osservatorio dei Processi Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com); Direttrice della Scuola di Counseling Sistemico di Bergamo; Responsabile del corso di Mediazione Familiare e del corso di specializzazione in Counseling Interculturale; Responsabile scientifica dei corsi regionali sul Counseling Genitoriale per gli operatori dei Centri per le Famiglie della Regione Emilia Romagna.

    Digitale o cartaceo?

    Mi ritengo fortunata di essere testimone della rivoluzione avvenuta nell’ultimo ventennio rispetto alla diffusione del sapere e ai mezzi di comunicazione. Non nutro alcuna nostalgia per i tempi in cui, da emigrata a metà anni Settanta, per mantenere un rapporto con i miei cari, non mi rimaneva altro che ricorrere alle lettere ed aspettare il postino. La distanza oceanica e il distacco mi creavano soltanto dolore. Grazie a Internet, il gruppo di amici argentini dispersi per il mondo negli ultimi trent’anni riuscì recentemente a rintracciarsi e a creare una rete che oggi mantiene in contatto gli affetti e la memoria.

    Ricordo con piacere, a metà anni Ottanta, all’Università di Haifa, la prima ricezione per posta elettronica, in tempo reale, di un documento da parte di un professore americano. Ho fresca l’immagine del giorno in cui un collega mi mostrò come via Internet potevo trovare le statistiche che mi mancavano per avviare una ricerca. Da allora, lentamente, ho iniziato a completare le mie ricerche con l’aiuto del computer, mai sostituendo la lettura di libri e le visite a biblioteche. Ammetto che fino a qualche anno fa prevaleva in me il pregiudizio che una ricerca su Internet fosse meno di qualità di quella in biblioteca e, confesso, molto di recente ho iniziato a scrivere articoli professionali inserendo bibliografie ‘on line’. Imparai però a distinguere tra materiale da ignorare e quello da valorizzare. Come ovunque, una ricerca in Internet può essere intelligente come superficiale e poco attendibile.

    Internet è oggi, anche se con molti limiti, la più importante e democratica innovazione tecnologica di massa dopo l'invenzione della stampa. È questo un nuovo momento storico che vede, parafrasando Umberto Eco, ‘Apocalittici contro Integrati’. Gli apocalittici sono convinti della prossima fine dell'Homo sapiens e dell'avvento di un Homo videns ipnotizzato dalla televisione e dal computer. Lugubremente, prevedono la morte dell'intelligenza, dell'infanzia e addirittura della realtà. Preconizzano l'avvento di una nuova razza di umanoidi semi-inebetiti dalle immagini e incapaci di riflettere [1]. Gli integrati apprezzano gli scenari prima negati a gran parte dell’umanità, la democrazia popolare che si affaccia a categorie sociali che prima non accedevano a questo tipo d’informazione e la cultura che entra nelle case a basso prezzo o addirittura a costo zero.

    Convinta che un atteggiamento d’inclusione (e-e) anziché dicotomico e d’esclusione (o-o) sia quello arricchente e vincente, penso che le diverse forme di scrittura e pubblicazione possano integrarsi. Non sembra che l’impatto di Internet nella nostra vita culturale e professionale abbia spazzato via il materiale cartaceo: le aule universitarie sono colme di studenti nonostante l’espansione dell’educazione superiore a distanza (nel 1999, negli Stati Uniti 1.500 istituzioni offrivano insegnamenti superiori on line e nel 2004 diventavano 3.300; nell’anno accademico 2001-2002 sono stati 488.000 – più del 4% del totale – gli studenti universitari che hanno seguito negli Stati Uniti un programma completamente on line e il tasso di crescita delle immatricolazioni a distanza è stimato a 30% annuo) [2]; i libri di studio e i manuali circolano fra i banchi e riempiono le librerie; le ferie del libro in giro per il mondo, alcune di vastissime dimensioni, sono affollate e promettono fortunatamente lunga vita (sono tornata da pochi giorni da Buenos Aires dove si realizza, nel mese di maggio, la ‘feria del libro’, evento importantissimo, che coinvolge milioni di persone, tanti giovani e giovanissimi. Oltre agli stand di tutte le case editrici argentine, c’erano i saloni degli stand dei diversi paesi del mondo: dalla Francia al Giappone, dall’Inghilterra alla Slovacchia, la letteratura in tutte le lingue veniva offerta alle varie comunità dell’Argentina, paese di migranti. Per certi versi mi ricordava la fiera di Francoforte, anche se mi sembrava ancora più ampia e cosmopolita. Nel frattempo, qui da noi, si svolgeva la fiera del libro di Torino.

    Non sembra nemmeno avverata la predizione contraria in cui si sarebbe creata una gerarchia di livelli della monografia scientifica: secondo lo storico della cultura Robert Darnton, si sarebbe prodotto un ‘libro piramidale’ in cui il livello più superficiale sarebbe stato quello del materiale stampato, mentre l’edizione digitale avrebbe raggiunto i livelli più elevati e ’profondi’ [3]. Sembrerebbe, invece, allo stato odierno, che la tendenza sia opposta: spesso la ricerca su Internet è fugace e non esiste sempre un controllo sistematico di qualità e di affidabilità delle fonti [4]. In altri ambiti, di fronte al pregiudizio che l’utilizzo di Internet incida negativamente sul mercato esterno, si scopre invece come si incrementano a vicenda. Ad esempio, una ricerca ha rilevato che chi scarica film da Internet in modo illegale frequenta le sale da cinema molto di più di chi non lo fa: a fronte di un 43 per cento di italiani che ha dichiarato di essere andato al cinema negli ultimi sei mesi, la percentuale sale all’84 per cento tra chi effettua il download di film da Internet [5].

    La diffusione e l’utilizzo di Internet nelle case italiane

    L’utilizzo di Internet è in continua espansione fra le persone di tutte le età. Tuttavia, sembrerebbe che la diffusione dell'accesso a Internet nelle case italiane sia minore che nel resto d’Europa e che si possa osservare un’interessante differenza a seconda del genere. Le donne italiane tra i 16 e i 24 anni che si sono collegate ad Internet nei primi tre mesi del 2007, sono state il 57 per cento del totale. Queste hanno avuto accesso mediamente una volta alla settimana. Il che indica, spiega l'Ufficio delle statistiche europee, che l'Italia si colloca nelle ultime posizioni per diffusione di Internet tra le giovani donne (prima della Grecia con il 53 per cento e della Romania con il 48 per cento). Tra i 25 e i 54 anni accede ad Internet almeno una volta alla settimana il 34 per cento delle donne mentre la media europea veleggia per questa fascia sul 55 per cento. Oltre i 55 anni solo il 6 per cento delle donne italiane trova la via della rete, contro un 19 per cento di media europea. Un dato simile a quello della Bulgaria, della Slovenia e della Grecia.

    Colpisce che vi sono però paesi europei dove la presenza femminile in rete è massiccia, con percentuali di accesso tra le giovanissime che si avvicinano al 100 per cento in paesi come l’Olanda, la Finlandia e la Danimarca. Commenta l’articolo: “Sono ragazze impegnate su tutti i fronti della scolarizzazione e del lavoro e sono destinate a conoscere mediamente molto di più la rete e gli orizzonti che apre rispetto alle ‘colleghe’ italiane”. Quando si passa ad analizzare la presenza on line degli uomini, i dati italiani non cambiano in modo significativo rispetto all’Europa, ma sono diversi dalle donne. Nella fascia 16-24 anni fruiscono di un accesso ad Internet quasi tutti i giorni il 61 per cento dei ragazzi. Una maggiore "vitalità telematica" rispetto alle coetanee, che però deve fare i conti con il fatto che in Europa gli adolescenti e i giovani adulti maschi che si collegano frequentemente ad Internet sono mediamente il 79 per cento, ben 18 punti in più. Il 45% degli adulti italiani tra i 25 e i 54 anni si collega ad Internet, ma la media europea è del 61%. E se i maschi italiani tra i 55 e i 74 anni che si collegano sono il 17 per cento, in Europa lo fanno il 31%.

    Infine, i dati Eurostat [6] indicano che, sebbene l'Italia non primeggi nella banda larga, il suo tasso di diffusione è nella media rispetto agli altri paesi. Volendo combinare i dati se ne potrebbe trarre, rinunciando all'esattezza statistica, che questa arretratezza sia di tipo culturale: pur potendo accedere alla rete, meno della metà delle donne italiane e dei maschi oltre i 25 anni ne approfittano. Solo in un ambito l’Italia supera la media europea: nella chat! In effetti, il 26% degli italiani, contro una media europea del 25%, utilizza questo mezzo di comunicazione, che comprende le chat più tradizionali come anche l'instant messaging e gli altri ambienti di discussione real-time. Ciò potrebbe essere collegato però all’alto costo della telefonia e non avere nulla a che fare con la ricerca e il sapere.

    La ricerca nell’era telematica

    Ad ogni modo, la ricerca è cambiata con l’era di Internet in maniera radicale [7]: constata Origgi che soltanto nell’ultimo decennio, la produzione, la trasmissione e la conservazione del sapere scientifico hanno subito un cambiamento così radicale e così rapido a scala storica da mettere in questione tutte le istituzioni culturali. Secondo l’autrice, l’attività intellettuale e cognitiva nelle teste dei ricercatori è cambiata in virtù di quell’unico repertorio potenzialmente infinito di informazioni tra loro connesse, che contengono dati bibliografici, articoli scientifici, voci enciclopediche, classici del pensiero, repertori, sistemi di rimando, tutti grazie alla combinazione fra Internet e World Wide Web (il protocollo sviluppato nel 1991 per la visualizzazione e l’interoperabilità dei documenti su Internet). A partire dal 1994 la World Wide Web ha trasformato Internet in un vero fenomeno di massa [8].

    I motori di ricerca rompono le classificazioni rigide della ricerca tradizionale: le parole chiave consentono di arrivare, spesso, a delle informazioni che non avremmo potuto avere, attraverso un sistema complesso, interconnesso e circolare di reti. Ogni rete viene vista come un insieme di relazioni fra le parti di un sistema, come una sorta di ragnatela la cui tessitura varia da estremamente fitta ad aree in cui appare più rada, con linee non tutte uguali, ma legate fra loro, dando così vita ad una struttura non omogenea che, raggiunto il massimo grado di connettività, non possiede né un centro né confini esterni ben definiti (Edelstein, 2007). L'Internet moderna si compone di migliaia di singole reti, ciascuna che raccoglie a sua volta un numero più o meno grande di host (macchine individuali). Si tratta di un mondo in continua trasformazione, con pezzi che si aggiungono e pezzi che scompaiono, ma nel suo insieme lo spazio Internet è sempre disponibile, a qualsiasi ora, e la sua esistenza non dipende dall'iniziativa di una singola azienda o istituzione.

    Le caratteristiche innovative dei nuovi media sono fondamentalmente tre [9]:
    1) la connettività;
    2) l'interattività;
    3) l'ipertestualità.
    Dalle prime due ne potrebbero conseguire uno sviluppo di una sorta di ’intelligenza connettiva’ o ‘intelligenza collettiva' e una rivalutazione del destinatario della comunicazione nella possibilità offerta di influenzarne il contenuto. Dalla terza, ne consegue lo sviluppo di un pensiero complesso. La connettività è la caratteristica principale delle nuove tecnologie della comunicazione, quella che fa in modo che si possa affermare che ogni Personal computer sia connesso al mondo intero. Pare che la nozione di connettività concorra nella formulazione del concetto di ‘intelligenza connettiva’ di De Kerckhove, analogo a quello di ‘intelligenza collettiva’, formulato indipendentemente e quasi simultaneamente da Levy (1996). Attraverso queste pratiche comunicative e collaborative le intelligenze individuali possono trovare un punto di incontro in cui integrare competenze e soggettività diverse, ma reciprocamente utili e complementari.

    L’interattività, caratteristica che descrive il grado di controllo sul contenuto fruibile, rafforza la consapevolezza della centralità del destinatario della comunicazione, sia nel senso che gli viene offerta una notevole quantità di informazione da selezionare, sia nel senso che gli viene restituito un ruolo attivo nella produzione del contenuto. De Kerckhove è convinto che, se queste pratiche avranno successo e dimostreranno la loro validità, ne conseguirà una valorizzazione dei concetti di cooperazione e collaborazione (opposti a quelli di competizione e conflitto) suscettibile di estendersi ad altri settori della società e della cultura. L’ipertestualità si riferisce ad una struttura di testi, immagini e altre informazioni, dentro la quale ci si può muovere per mezzo di collegamenti ipertestuali detti link. La struttura reticolare del testo abbandona la logica sequenziale tradizionale, quella lineare e definitiva, quella ‘vera’ e unica. Nell’ipertestualità si possono rilevare quattro caratteristiche fondamentali (Bettetini et al., 1999):
    l’organizzazione modulare e reticolare del contenuto;
    la presenza di diverse tipologie di legami che connettono i moduli testuali;
    l’assenza di una direzione di lettura unica e obbligata;
    l’interattività del rapporto di fruizione, esplicitata nelle due modalità di navigazione e di ‘dialogizzazione’.
    Partendo quindi da queste quattro caratteristiche e confrontandole con quelle dei media elettronici e dei media a stampa ne consegue, a livello cognitivo, che abbiamo altrettante innovazioni (Calvani, 1999):
    una nuova maniera di organizzare la conoscenza;
    una rivalutazione del procedere per associazioni piuttosto che per percorsi lineari;
    una maggiore libertà di fruire la comunicazione e di scegliere i contenuti e i percorsi di lettura;
    una responsabilizzazione del fruitore sia in rapporto al percorso fruitivo, sia in rapporto alla possibilità di ‘rispondere’ e di intervenire sul contenuto della comunicazione.

    L’ipertesto è perciò una creazione estemporanea, risultato di una serie di scelte e selezioni operate dal ricercatore. Le concatenazioni non corrispondono a uno schema previsto dall’autore, ma sono frutto di un’operazione creativa di riconfigurazione testuale che il lettore compie nell’atto della lettura (Giuliani, 2006). Osserva Giuliani, quindi, come l’atto della lettura coincida con la creazione dell’ipertesto e come l’ipertesto sia la negazione della gerarchia tra i testi. Le caratteristiche dell'ipertestualità sembrano favorire e sviluppare un nuovo tipo di pensiero, un pensiero complesso, policentrico e reticolare, aperto e flessibile, capace di pensare la complessità e di esprimere la tensione ad «articolare ciò che è collegato e collegare ciò che è disgiunto» [10] fino ad arrivare a concepire un'identità umana non separata da una connettività planetaria che si fa «etica della comprensione planetaria» (Morin, 2001, p.80) [11].

    Internet e approccio sistemico

    È sorprendente quanto le caratteristiche di Internet siano collegate al pensiero sistemico post-moderno, anche se ancora alcune fragilità lo rendono svantaggiato. Innanzitutto, lo spazio di Internet si rivela democratico ed equo: essendo un mezzo di comunicazione di massa, tutti hanno accesso, sempre, all’informazione (anche se non tutta l’informazione è a libero accesso). Il modello autoritario viene lasciato alle spalle, quanto meno messo in discussione. L’osservatore o ricercatore è colui che organizza il mondo, costruito dalla propria esperienza. Il sistema Internet non è più un sistema osservato, ma diventa il ‘sistema osservante’ perché include il ricercatore che, attraverso la connettività e l’interattività, costruisce la propria realtà poiché stabilisce un ordine tra i tanti possibili, quello a lui più utile e funzionale alla propria attività (Von Foerster, 1997). L’ipertestualità diventa una metafora del pensiero costruttivista secondo il quale conoscere la realtà equivale a inventarla mentre s’interagisce con essa (Von Foerster, 1987).

    Il ricercatore perde qualunque pretesa di neutralità o di oggettività e passa da essere un ricettore passivo ad un individuo capace di influenzare il contenuto della comunicazione. La struttura a rete, concepita come somma di parti interagenti il cui insieme è più della somma delle singole parti, è fondamentale non solo nella Gestalt, ma anche nell’approccio sistemico. Questa struttura consente alle intelligenze individuali di trovare un punto d’incontro in cui, come sostiene De Kerckhove, è possibile integrare competenze e soggettività diverse, ma reciprocamente utili e complementari facendo emergere, nel loro mutuo riconoscimento e nel loro interagire, un’intelligenza distribuita di tipo diverso, un cervello collettivo, una sorta di ipercorteccia. Afferma Gergen (1985) che il discorso sul mondo è il prodotto di uno scambio e il sapere è un’impresa attiva e cooperativa. Infatti, il costruzionismo sociale si occupa di forme di conoscenza comune.

    Internet è un sistema in continuo sviluppo e cambiamento. I link costruiscono molteplici realtà in continua trasformazione. Pur essendo difficile prevedere le diverse possibilità evolutive che potrebbero delinearsi in futuro, i cambiamenti sono determinati, più che dalle tecnologie stesse, da come le culture (in senso etnografico) assimilano le nuove tecnologie e da quali pratiche si sviluppano intorno ad esse. Di conseguenza, possiamo assumerci la responsabilità di interpretare il cambiamento, di sperimentare soluzioni, di indirizzarne le possibili evoluzioni in un processo di co-costruzione e di continua negoziazione. Tuttavia, risulta difficile collegare direttamente il processo di globalizzazione in atto con un discorso sull’incontro, sull’avvicinamento e sul dialogo fra i popoli e le etnie, poiché è da discutere se la comunicazione e l’informazione globalizzata siano vettori di contenuti culturali o meno. Sostiene d’Arcais (2005) che tutte le forme di comunicazione sociale e le transazioni che si svolgono in rete non sono attività caratterizzate da una localizzazione molteplice o diffusa, ma sono attività che denotano un’essenziale indifferenza rispetto ai luoghi, nel senso che non sono identificabili con alcun luogo anche se, nello stesso tempo, sono proiettabili in tutti i luoghi. Inoltre, Internet è uno strumento nato negli Stati Uniti e utilizzato predominantemente da alcune specifiche culture. I motori di ricerca privilegiano le pagine più visitate e alcuni sono fortemente influenzati da fattori commerciali ed economici. E ancora, potremmo obiettare, ad esempio, che, malgrado ci siano al mondo cinquecento milioni di persone di lingua ispanica, ancora la lettera ’ñ’ non figuri in Internet.

    Nonostante questi limiti o mancanze, nell’epoca di Internet vediamo il realizzarsi del pensiero post-moderno: la realtà è in-formazione e l’esponenziale aumento della capacità di processamento dell’informazione nell’homo tecnologicus moltiplica le realtà stesse non più computabili come uniche, oggettive e misurabili, ma poliforme, soggettive ed emotive (Leary, 1994). L’ipertestualità è sempre in divenire: è quella che sarà tra un attimo, proprio durante la ricerca, il sé è quello che si manifesta mentre si è in relazione (Giuliani, 2006) e l’ipertesto può diventare una metafora per un sé plurale, mutevole e complesso (Nascimbene, 2003). Il cyberspazio viene concepito come costitutivo di identità telematiche che si intersecano con le identità reali in una danza tra diverse realtà costruite socialmente e sempre più inestricabili e magmatiche.

    In questo modo, Giuliani ci illustra come l’ipertesto diventa per alcuni terapeuti sistemici la metafora principale, un concetto chiave di un modo di fare terapia che privilegia la moltiplicazione di storie, il ridimensionamento del ruolo del terapeuta (senza rinunciare alla propria conoscenza e alle proprie ipotesi), lo spostamento di potere verso il cliente (rendendolo esperto di sé stesso, come suggerivano Anderson e Goolishian), l’adozione di uno stile polifonico e di una posizione di curiosità (abbandonando la cornice di verità o falsità, come indicava Cecchin) e, infine, il disorientamento dell’ipotizzazione, del reflecting team (proposto da Andersen) e della seduta dei narrativisti priva di un ‘intervento finale’ compiuto: “una retorica ipertestuale che induca abbastanza disorientamento da stimolare lettura, ma non in misura da scoraggiarla” (Giuliani, cit., pag. 83).

    Ricerca qualitativa, M@gm@ e libero accesso

    Seguire il metodo qualitativo implica quindi un modo di percepire il mondo: esso non possiede proprietà definite, certe e stabili, non si può parlare di ‘verità’ né di caratteristiche oggettive indipendenti e pre-esistenti rispetto alle procedure di conoscenza che adottiamo. Il modo in cui ci raffiguriamo il mondo è essenzialmente un prodotto delle procedure di conoscenza adottate (Mazzara, 2002).

    Nella ricerca qualitativa il ricercatore, più che acquisire potere o supportare strutture di potere già esistenti, dà potere (empowerment) ai soggetti, saldando, o almeno riducendo, la cesura tra intervistatore e intervistato, quasi sempre presente nella metodologia tradizionale. L’intervista diviene allora un processo di comunicazione interpersonale, un evento comunicativo complesso (tra due o più soggetti), inscritto in un contesto storico, sociale e culturale più ampio [12].

    Afferma Ferrarotti, sociologo di ampio respiro che ha dato un enorme contributo alle basi teoriche ed epistemologiche dell’approccio qualitativo nelle scienze umane: “Testo e contesto, storia di vita e ambiente di vita si confrontano, interagiscono. Non c’è, quindi, solo l’interazione fra ricercatore e ricercato, che apre e rende possibile la ricerca dotandola di un significato umano. C’è anche l’interazione fra testo e contesto, vale a dire il problema della contestualizzazione: perché l’interazione fra ricercatore e ricercato non ha luogo nel vuoto sociale. È datata, ossia socialmente situata” (Ferrarotti, 2005, pag. 18) [13]. Contesto inteso nelle formulazioni più recenti di una prospettiva socio-costruzionista, in cui diventa “il complesso delle circostanze entro cui un determinato fatto emerge e si sviluppa” (Fruggeri, 1998, pag.75); contesto, con il suo significato etimologico; ‘tessuto con’, con il suo spessore intersoggettivo, vissuto in modo batesoniano, cioè come ‘matrice dei significati’.

    E’ in questo contesto che, alla fine del 2002, mentre svolgevo una ricerca azione che seguiva il metodo narrativo intorno al tema dei processi migratori e provavo ad avviare un modello di lavoro di gruppo per nativi e migranti, che il prof. Valastro mi contattò chiedendomi di scrivere un articolo per il suo progetto editoriale on-line. Doveva essere un numero dedicato alla migrazione e all’interculturalità narrativa. Avevo ancora poca dimestichezza con Internet, nutrivo ancora pregiudizi negativi rispetto alla qualità dei contenuti pubblicati in questa realtà, ma, incuriosita, andai a leggere il volume 0 numero 0 già on line. Scriveva Valastro: “Ci proponevamo di avvalerci del web e delle sue potenzialità sviluppando uno strumento utile per la ricerca, il perfezionamento ed il confronto culturale e professionale, su tematiche e problematiche relative all'approccio qualitativo nelle scienze umane e sociali”. Valastro vedeva nel progetto editoriale “un efficace punto d'accesso alla rete, attraverso una costante attività nel valutare, selezionare e presentare per aree tematiche, aggiornare e monitorare le risorse raggiungibili e disponibili nel cyberspace”. E ancora: “Un potenziale strumento d’informazione e approfondimento, una guida in continua evoluzione rispetto a quelle risorse e quegli strumenti cui possono accedere i navigatori interessati o incuriositi dall’approccio qualitativo” [14]. Accettai, senza razionalizzazioni, piuttosto in modo impulsivo.

    Capì più tardi che il linguaggio utilizzato da Valastro era un linguaggio conosciuto e condiviso, malgrado pensassi fosse lontano. Scoprì lo stretto rapporto che c’è fra Internet, approccio sistemico e analisi qualitativa. Grazie alla nuova collaborazione, mi affacciai a questa modalità innovativa di comunicazione di massa. La mia ricerca iniziò ad includere la navigazione senza poter farne a meno, sentendo questo tipo di ricerca sempre più ’sistemica’. Non abbandonai le biblioteche né le librerie, come scrivevo all’inizio di questo lavoro, ma la scrittura diventò più fluida, più ricca, anche più agevole: senza limiti di orari (adoro scrivere durante la notte, quando il telefono non squilla, quando regna il silenzio), senza ricercare il tutto in blocchi temporali pre-esistenti (dovendo ‘sapere già’ cosa cercare) bensì trovando materiale man mano che i pensieri scorrono e si collegano, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Sono le due del mattino. Domani devo consegnare questo scritto, il tempo è scaduto. Un limite comunque c’è.

    Due brevi ultime considerazioni: consultando il Directory of Open Access Journal (https://www.daoj.org) mi accorgo che nelle Scienze umane sono poche le riviste scientifiche che hanno intrapreso la via dell’accesso libero e totalmente gratuito: 46 in antropologia, 11 in etnologia, 24 in studi di gender, 87 in psicologia, 65 in sociologia. Le scienze sociali mettono a disposizione 157 riviste e l’ambito educativo è quello che offre relativamente di più: 231 riviste on-line a libero accesso, arrivando così ad un totale complessivo di 621 nell’intero emisfero terrestre. Apprezzo profondamente perciò la generosità del progetto dell’Osservatorio dei Processi Comunicativi di Valastro, ritenendolo fonte d’informazione, confronto e scambio culturale e professionale di enormi dimensioni.

    Per ultimo, desidero sfiorare il tema della mutiprofessionalità telematica: l’eterogeneo contenitore di M@gm@, che accoglie professionisti di vari ambiti delle scienze umane e sociali facilita e rinforza, a mio avviso, una conversazione polifonica e pluralista, circolare e al contempo inestricabile. Insieme, creiamo una rete di identità telematiche e ‘virtuali’ che si intersecano con quelle ‘reali’ in una danza tra diversi contesti, costruiti socialmente, sempre più poliformi, polisemici e magmatici.


    NOTE

    1] Fonte Bol.it, “Le 1000 facce di internet” bol.it
    2] Fonte IDC: www.idc.com
    3] Cfr. R. Darnton (1999) “The new age of the Book”, NYRB, 18 Marzo, nybooks.com
    4] Cfr. J. Nielsen (1997) “How Users Read on the Web”, Alertbox, Ottobre, www.useit.com
    5] Paolo Subioli (a cura di), Raccolta di dati e ricerche, ottobre 2007, paolosub.wordpress.com
    6] epp.eurostat.ec.europa.eu
    7] Cfr. G. Origgi (2003) “Ricerche su Internet” in: La Rivista dei Libri, dicembre, gloriaoriggi.free.fr
    8] Cfr. A. Necci, “Storia di Internet”, www.dia.uniroma3.it
    9] Cfr. D. De Kerckhove, 2000, Esplorare la realtà elettronica delle reti, cit. in Nicola Cavalli, “I Generi Comunicativi del Web”, www.librishop.it
    10] Morin cit. in Marianna Barone (2002), “Morin, dalla verità alla verità”, in Gazzetta del Sud, marzo, lgserver.uniba.it
    11] Fonte ThanX.it, “La consapevolezza della comunicazione, www.thanx.it
    12] Cfr. G. Granturco (2007) “Una vita per le storie di vita: l’approccio qualitativo nell’opera di Franco Ferrarotti, vol.5, n.1, www.magma.analisiqualitativa.com
    13] La citazione è presa dall’articolo di Granturco, un saggio completo sull’opera ferrarotiana e complesso per quanto riguarda il metodo qualitativo nelle scienze umane.
    14] Cfr. O.M. Valastro (2002) “Perché una rivista elettronica? Nuovi assetti dell'editoria scientifica e culturale e nuovi strumenti di comunicazione, collaborazione e perfezionamento”, vol.0, n.0, www.magma.analisiqualitativa.com


    BIBLIOGRAFIA


    Bettetini Gianfranco, Barbara Gasparini, Nicoletta Cittadini (1999), Gli spazi dell’ipertesto, Milano, Bompiani, p. 13.
    Calvani Antonio (1999), I nuovi media nella scuola. Perché, come, quando avvalersene, Roma, Carocci, p. 92.
    D’Arcais Giuseppe Flores (2005), “Personalismo pedagogico e pedagogia interculturale nel tempo della globalizzazione”, in A. Portera e P. Dusi (a cura di), Gestione interculturale dei conflitti e mediazione, Milano, Franco Angeli.
    Edelstein Cecilia (2007), Il counseling sistemico pluralista. Dalla teoria alla pratica, Trento, Erickson.
    Ferrarotti Franco (2005), “Sociologia: la svolta qualitativa (riflessioni - una testimonianza personale)”, in La Critica Sociologica, 154 -155, 2005, pp. 5-36.
    Foerster Heins (von) (1997), “Etica e cibernetica di secondo ordine”, in P. Watzlawick e G. Nardone (a cura di), Terapia breve strategica, Milano, Raffaello Cortina, pp. 41-52.
    Foerster Heins (von) (1987), Sistemi che osservano. A cura di M. Ceruti e U. Telfner, Roma, Astrolabio.
    Fruggeri Laura (1998), “Da contesto come oggetto alla contestualizzazione come principio di metodo”, in Connessioni, vol. 3, pp. 75-85.
    Gergen Ken (1985), “The social constructionist movement in modern psychology”, in American Psychology, vol. 40, pp. 266-275.
    Giuliani Massimo (2006), “Terapia ipertestuale. Nuove metafore per la terapia sistemica”, in Terapia Familiare, n.82, pp. 73-89.
    Leary Timothy (1994), Caos e cibercultura, Milano, Apogeo-Urra.
    Lévy Pierre (1996), L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Milano, Feltrinelli.
    Mazzara Bruno (a cura di) (2002), Metodi qualitativi in psicologia sociale, Roma, Carocci.
    Morin Edgar (1993), Introduzione al pensiero complesso, Milano, Sperling & Kupfer.
    Morin Edgar (2001), I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Raffaello Cortina Editore. Nascimbene Flavio (2003), “La matrice ipertestuale del sé. Riflessioni sul modello sistemico relazionale in contesto Internet”, in Connessioni, 13, pp.37-61.


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