Immagine & Società
Fabio La Rocca (a cura di)
M@gm@ vol.6 n.2 Maggio-Agosto 2008
UNA RAPPRESENTAZIONE SIMBOLICA DI COMUNICAZIONE URBANA: IL GRAFFITO
(Traduzione Marina Brancato)
Luciano Spinelli
lucianospinelli@gmail.com
Dottorando in Sociologia all’Université René Descartes Sorbonne Paris V e in Cinema documentario all’Université Pompeu Fabra de Barcelone sotto la direzione dei professori Michel Maffesoli e Mercè Ibarz; Membro del GRIS (Gruppo di Ricerca sull’Immagine in Sociologia), del CEAQ Paris V.
Questo
articolo mostra la comunicazione visuale urbana su una prospettiva
semiotica e "pittorica" a partire da un oggetto che riguarda
la soggettivazione che le persone fanno del loro spazio vissuto
attraverso il graffito. Il graffito [1]
e la tag [2] sono considerati
simboli che compongono una delle voci della città polifonica.
È rispetto a questi segni proposti dagli abitanti stessi,
che noi pretendiamo di comprendere l'immagine che il cittadino
fa della sua città. L'analogia del graffito è rappresentativa,
analogamente, ad altri modi di comporre l'aspetto dello spazio
urbano in una società basato sul segno, il simbolo, ed il
"simulacro" [3]. Ci proponiamo
di realizzare un’analisi del significato simbolico associato
ai graffiti nella pretesa di capire meglio uno spazio urbano
decorato di segni. Tra questi segni, il più visibile è certamente
la pubblicità, dalla quale il graffito chiede in prestito
lo stesso modello visuale per apparire come un prodotto non
vendibile, una firma di qualcuno che afferma così, un possesso
simbolico di uno spazio urbano in un intento comunicativo.
La creazione di un segno
La produzione della tag per strada può essere comparata al
processo della produzione pubblicitaria. All’inizio, chi scrive
sui muri con la bomboletta spray è portato ad inventare un
segno originale, dotato di plasticità e di significato, che
attira l'attenzione, poiché deve essere facilmente visto.
Poi, questo segno deve essere depositato, cioè, registrato
nel centro dove insiste. Nel caso della tag, questa ha l’obiettivo
di essere riconosciuta dalla tribù [4]
come il segno di qualcuno al fine di essere impossibile riprodurla.
Poi, questa firma deve essere demoltiplicata, diffusa nella
città, vista da tutti, per diventare uno dei segni di riferimento
all’estremità di una gerarchia informale.
Contrariamente alla strategia pubblicitaria, la tag non vende
nessun prodotto, è essa stessa il prodotto. Dunque, la riproduzione
del segno è un obiettivo in sé. Mediante quest’atto senza
scopo di lucro, il taggista aspira ad altre motivazioni. Nel
contempo, la scrittura del segno non è regolata secondo una
logica industriale, com’è il caso per un manifesto di pub
in una stampa. La tag è riprodotta artigianalmente fino ad
ottenere un risultato omogeneo.
Tale requisito d’omogeneità, conferma l'importanza d’imparare
la tecnica del “lettrage” poiché caratterizza un codice che
permette l'integrazione del nuovo membro alla tribù. Il segno
deve essere prodotto nella stessa tipografia riconosciuta
dalla tribù e deve essere differente da tutti gli altri in
circolazione. Questa produzione mima la strategia pubblicitaria.
Infatti, la tag che si può usare in ogni circostanza da una
semplice firma all'affissione di un segno personale, come
lo dimostra il sociologo Alain Vulbeau [5]
nel suo studio sull'argomento presentato nel libro "Du tag
ou tag". Gli autori Felonneau e Busquets riflettono su questa
analogia tra la pubblicità ed i graffiti. Considerano che:
"la firma funziona come un logo, un'etichetta pubblicitaria
che si inscrive in una vera strategia di marketing " (Felonneau
e Busquets 2001, p. 77).
È articolando dei segni con delle tecniche simili a quelle
dei mass media che i graffiti si integrano ai diversi volti
del paesaggio urbano. L'estetica del graffito può allora essere
compresa attraverso l'estetica delle merci. Sebbene l'intenzione
non sia quella di essere vendibile, l'atto di farsi notare
grazie al graffito usa lo stesso linguaggio ventriloquo della
comunicazione pubblicitaria.
Canevacci dimostra che questa comunicazione è prodotta dalle
"merci estetizzate" [6]
che si esprime in modo loquace attraverso uno stile incorporato.
Questo stesso stile è presente nei graffiti, quando esercitano
la funzione di segno. Per chiarire tale argomento, l'analogia
è di rito. Per esempio, l'ampiezza del marchio della Coca
Cola, che quasi si distanzia dalla semplice bevanda gassosa
che rappresenta, denota la differenza tra il graffito considerato
come segno anonimo che integra la città, e quello invece che
rappresenta una persona, il graffitaro che l'ha effettuato.
In questo caso, i segni hanno dei significati multipli decifrati
in modo polisemico da un'azione soggettiva propria al lettore,
come indica Canevacci. Quando l'osservatore è integrato alla
tribù dei graffitari, il significato "stretto" del graffito
(la rappresentazione e l’associazione a qualcuno) viene compreso.
Ciò vale anche quando si sta cancellando, la tag dura fino
alla fine come "spettro" [7],
un segno indelebile, una traccia fantasma di un essere fantasmatico.
Privato del corpo, il taggista si fa vedere durante la notte
senza esserci concretamente per l'abitante della città che
dunque non lo vede. Questa dissociazione tra la firma e colui
che rappresenta aiuta ad associare la sigla della tag ad un
segno. Per la società, ciò implica un segno anonimo munito
di forma ma sprovvisto di significato. Per la tribù, al contrario,
rappresenta un segno che è designato da una morale propria
a tale gruppo urbano. Il graffito come oggetto di un significato
è condizionato dalla città, quando produce una reazione sull'abitante
instaurando una relazione. Prova e conseguenza del rapporto
del taggista con il suo spazio d’azione, la tag diventa un
mediatore tra l'individuo e la collettività. Il "rapporto
tra lo spettatore-lettore e quella del luogo di iscrizione
del messaggio scelto per il saggista instaura così l'atmosfera
dell'interazione" (Lucci V. 1998, p. 154 ).
Un codice segreto della città
Nelle tribù postmoderne è un mito, una mistica, che unisce
gli iniziati tra loro. È a partire da un codice muto, diviso
nel gruppo e misconosciuto all'esterno, che si basa l'identificazione
tribale, come osserva Maffesoli. Nella tribù che ha lì abitudine
di scrivere su dei supporti urbani, la tecnica del contrassegnare
con lettere è un codice suddiviso, un linguaggio comune accessibile
solo agli iniziati. È la capacità di decifrare questo linguaggio
che riavvicina i membri tra loro rendendo così possibile la
loro comunicazione.
Quanto ai graffiti, il contrassegnare con lettere permette
che il marchio (più vicino ad un'immagine o ad un simbolo
rispetto ad un testo) diventa la rappresentazione di una persona
portatore di un significato complesso per la rete che divide
il codice delle scritture urbane. Tuttavia, i graffiti devono
obbedire ad una specifica grafia per essere compresi come
graffito o tag.
La semplice scrittura in città non caratterizza necessariamente
l'inserimento dell'autore nella tribù dei graffitari. L'azione
dell’ "antipub" ad esempio, non è considerata come graffito
dalle persone sulle quali si focalizza questa ricerca.
Per dialogare in modo simultaneo e senza scoprirsi con il
gruppo ristretto e la "società", il codice fittizio per le
tags può essere significativo in diversi modi. La divisione
del segreto permette di orientare il significato della tag
verso una rappresentazione di sé-stesso e dei suoi vicini,
differenziandolo dal marchio o del segno percepito dalla società.
Essere capace di decifrare la lettera ricoperta dallo stile
dell’ordine della tag è indispensabile per capire il suo significato,
ma non è l'unica condizione. Capire le abbreviazioni potrebbe
sembrare un obiettivo irrealizzabile per un lettore non integrato
alla rete dei graffitari, poiché si tratta di messaggi codificati,
ri-legati ad altre informazioni. Quando il tagista produce
il suo messaggio visuale, pensa ad un dialogo simultaneo con
la "società" ed i detentori del suo codice linguistico.
Queste differenti istanze comunicative permettono di mantenere
un "anonimato di effetto" rispetto alla polizia ed alla società
civile. È la creazione di una "identità clandestina" che il
taggista ha modellato nella tribù che riconosce e decifra
la sua firma.
Questa doppia comunicazione che può essere usata in ogni circostanza
per l'articolazione simultanea di due differenti codici. Uno
è scritto, preciso e dotato di un significato oggettivo. L'altro
è plastico, non verbale, dotato di forme e di significato
soggettivo. Ogni sforzo di comunicazione dipende da questo
codice, come dimostra Umberto Eco, a proposito della decodificazione
di un messaggio: "l'elemento fondamentale di questo legame
è l'esistenza di un Codice, comune al Mittente e al Destinatario.
Un Codice è un sistema di possibilità prefissate ed è solo
avendo il Codice come base che possiamo determinare se gli
elementi del messaggio sono intenzionali (voluti dal Mittente)
o conseguenza di un'Interferenza".
Il codice visuale dominato dai graffitari è più completo per
capire un graffito rispetto a quello che è controllato dalla
società. I graffitari decifrano in modo effettivo i caratteri
comunicativi che attraversano il messaggio visuale, in un
processo integrale di comunicazione tra messaggero e ricevitore.
Le "informazioni complementari" diffuse nello spazio tribale
del significato di un graffito sarà chiarito meglio in seguito.
La comunicazione visuale
Il graffito configura una forma di comunicazione che, seguendo
l'idea di Marshall McLuhan "il medium è il messaggio" [8],
può avere in sé una possibilità comunicativa. Secondo il noto
teorico della comunicazione, non è il contenuto che colpisce
la società, ma il canale di trasmissione. Il graffito come
medium afferma innanzi tutto la presenza fantasmagorica di
una persona ed in generale non indica nient’altro. Ciò diventa
ancora più percettibile, quando il graffito, che è più complesso,
poiché è sostituito da un “lettrage” (Azione caratterizzata
da lettere) disegnato e colorato (ma che implica unicamente
nella sua grafia il nome di qualcuno), è cambiato da una tag
di cui la firma corsiva e monocromatica supera e libera un
messaggio in sé, una traccia, un'impronta, un segno.
Tuttavia, per la tribù dei graffitari, la presenza simbolica
di qualcuno in un luogo è problematizzata dalle questioni
che re-interpretano la firma in modo più effettivo.
In questo atto di interpretazione, sono sollevate alcune questioni,
come per esempio: quale persona rappresenta questa firma?,
da quale quartiere o da quale città proviene, a quale crew
[9] appartiene, quali sono
le altre tecniche per rappresentarsi visualmente nella città
e le tecniche di “lettrage” (Azione caratterizzata da lettere).
Questa curiosità genera una rappresentazione complessa di
un messaggio che, all’inizio, è la semplice scrittura di uno
pseudonimo. Questo processo associativo che, in generale,
non è realizzato dalla popolazione, approfondisce il significato
di un graffito. Tuttavia, ciò non significa che si smette
di decifrare una possibilità comunicativa in sé, ma che una
firma è una sigla.
In questa congiuntura, il graffito può essere interpretato
come un segno, come una voce che integra una città loquace
e come un messaggio in codice vicino ad una tribù. L’uno non
esclude l'altro: sono complementari in un processo in cui
questa scrittura urbana costituito da nuove forme di comunicazione
postmoderna.
Per capire le relazioni comunicative di un graffito, è pertinente
considerare lo sguardo di Tania Cruz sui graffiti ed i taggisti
a Città del Messico. La Cruz osserva un processo di comunicazione
in tre istanze che possono essere oggettivate per meglio delineare
il significato di un graffito. Ecco la pertinenza della sua
definizione. Afferma che il graffito "è una forma di comunicazione
perché attraverso un gergo e specifici simboli linguistici,
permette di interagire socialmente con: 1) lo spazio urbano;
2) la comunità dei graffitari; 3) la comunità in generale"
( Cruz T. 2004, p. 198).
È a partire da questa interazione che risiedono le piste di
comprensione del graffito nella città come segno comunicativo.
Nello spazio urbano, il graffito interagisce grazie ad un
processo di fusione e di confusione significativa. La fusione
implica che riempi profondamente il supporto che assorbe la
sua pittura mescolandosi ad altri segni già presenti nell’ambiente
circostante. La confusione riferisce il momento in cui si
perde nel processo di significato del paesaggio urbano, sia
attraverso la stessa tecnica del graffito pensata per produrre
una comunicazione in codice e segreta, sia per il fatto che
compone l’arredo urbano attraverso una nuova lettura dello
spazio del vissuto pubblico.
In questa ottica, il graffito fa partire dei segni che costruiscono
l'estetica urbana. Occupa lo stesso spazio significativo delle
pubblicità e delle iscrizioni dello Stato, posizionandosi
fuori da una comunicazione più oggettiva delle ultime forme
istituite. Queste dividono secondo regole di un diritto legale
la composizione del paesaggio pubblico e l'interazione con
l'abitante. Il graffito è certamente un segno pensato e creato
dal graffitaro, testimonia il suo nome tribale, essendo il
suo marchio e stabilisce un dialogo visuale "possessivo" su
di un supporto pubblico. In questo dialogo, non si escludono
tuttavia gli altri segni precedentemente installati, integrandoli
in un processo di re-interpretazione.
L'inserimento del graffito nella città, lo riavvicina alla
soggettività del cittadino. Il graffito instaura e lega una
relazione tra graffitaro ed abitante. In questa istanza, la
pertinenza del medium come messaggio è rivalutato. Questo
messaggio figurato del graffito, colora la città o la sporca
secondo il modo di pensare del cittadino, integrando la sua
apparenza. Degradando o edificando una lettura dell'urbano,
egli si presenta in modo arbitrario all'abitante della città
che lo soggettiva grazie al suo contenuto estetico. È forse
per questa ragione che i graffiti sono meglio percepiti delle
tags. Rispetto a questa soggettività che non considera i graffiti
come un codice di comunicazione, è di essere "bello ", colorato,
disegnato. Il graffito, nell'interpretazione popolare esige
un dominio tecnico che lo riavvicina a quello artistico, è
scavato, apparentemente complesso e può essere "bello ". Per
la valorizzazione della forma in cui il contenuto è messo
da parte perché non è percepito, la tag perde il suo significato
perché non caratterizza nient’altro che una firma monocromatica
di uno sconosciuto. Piuttosto rappresenta una degradazione
dell'estetica urbana, un'aggressione, poiché è misteriosa
e sprovvista di un significato chiaro. Traccia di un essere
invisibile, la tag fa paura. Conferma la fragilità notturna
del sistema di vigilanza dello stato.
Quando è messo in rapporto con la tribù graffitara urbana,
un graffito guadagna un'altra ampiezza nel mezzo della comunicazione
e caratterizza il codice di una "società segreta".
Il contenuto significativo dei marchi dei graffitari è pubblico,
ma è mantenuto segreto. Un contenuto che è pensato e trasmesso
dal graffitaro per altri lettori che condividono il suo codice
di comunicazione.
Un significato soggettivo e simbolico è inoltre possibile
e desiderato. Ciò dona ai graffiti una rappresentazione che
è di dominio pubblico. In questa accezione, il graffito non
è più un segreto ma, al contrario denota l'esistenza di un
"agente segreto", cioè il graffitaro.
Simmel, ad esempio, considera questa possibilità, quando riflette
sulla dissimulazione dell'uomo affermando che: "La società
segreta non fa niente di segreto, è l'insieme dei membri che
fa se stesso un segreto".(Simmel 1999, p. 395).
Il graffito essendo pubblico e dunque votato ad un pubblico,
(perché un graffito che non è visto non serve a niente) non
caratterizza un segreto, neppure quando la sua forma è percepita.
Ma può diventarlo, quando i graffitari ne fanno un codice
privato di comunicazione la cui comprensione passa attraverso
un'iniziazione abbinata ad un’inserzione vicina alla tribù.
La caratteristica del graffito, come forma visuale, è il suo
potere di produrre una relazione introdotta dai simboli, tra
i membri di una stretta rete. Le informazioni presentate da
questi segni sono interpretate in un modo proprio alla tribù.
Le abbreviazioni diventano delle parole. Per esempio, dei
suffissi come "-er" rappresentano il possessivo inglese di
owner. Alcune cifre sono delle scorciatoie per indicare l'anno
di creazione, dei quartieri o delle regioni geografiche, o
delle infrazioni del codice penale. Questo significato delle
lettere che diventano delle abbreviazioni, è indispensabile
alla comprensione delle tags e dei graffiti come forma di
comunicazione.
Affinché questo processo riesca, è importante poter decifrare
e leggere la tecnica del “lettrage” (Azione caratterizzata
da lettere) fittizio, come segni che completano l’opera, come
per esempio, le abbreviazioni del nome del crew, le dediche,
le corone, le frecce e le virgolette. La freccia può orientare
la lettura del nome al contrario, da destra verso sinistra.
Le espressioni della lingua francese come il verlan, lo slang
e l'argot sono ripresi nel contenuto comunicativo che i graffitari
associano alle loro creazioni.
Queste informazioni complementari vogliono rendere più complesso
il messaggio che mira a comunicare l’indispensabile [10]
con il minimo di scrittura possibile. In questo modo, i graffiti
mantengono la loro importanza come codice segreto vicino alla
tribù nello stesso tempo essi sono leggibili per tutta la
popolazione. Qui la prima importanza del segreto come forma
del comunicare secondo diverse istanze interpretative mediante
un linguaggio visuale. Ciò avviene principalmente attraverso
il disegno, poi attraverso il segno e infine mediante la scrittura
in codice. In questa sequenza, solo gli iniziati vicini alla
rete tribale possono raggiungere la meta comune e considerare
tutti i significati di questo processo comunicativo. Così
il graffito riveste un carattere mutevole e si riavvicinato
all’opera nomade che è riprodotta negli itinerari percorsi
dai graffitari. In queste traiettorie, la grafia omogenea
del blaz [11] da spazio
a sottotitoli e ad inevitabili differenze che instaurano un
dialogo tra la firma, o il nome disegnato, ed il paesaggio
urbano. Dalla sua fusione con il supporto urbano, il graffito
è integrato ai ritmi della città e diventa uno dei suoi segni
utilizzati per comunicare con la persona che questo spazio.
Si fonde alla città polifonica con l'intenzione di farsi vedere,
rappresentato da un linguaggio ventriloquo grazie ad una forma
plastica che sottolinea i suoi colori e la sua dimensione
attraverso un'estetica simile a quella delle merci pubblicitarie.
L'uso della tag e del graffito si affermano come un potere
della comunicazione tribale costituendo un codice segreto.
La percezione di un graffito non è da sottovalutare. Se, dalla
sua attuazione, si fa vedere, non è niente senza uno sguardo
che si posa su di esso. Solo questo sguardo deciderà delle
sue qualità, lo definirà come marchio che integra una città
non naturale in costante costruzione, come un’opera contemporanea
dell’arte urbana o come un'iscrizione errante che riempie
uno spazio. È così che la soggettività di ciascuno è conseguenza
dell'interpretazione dei graffiti e la confermano come segno.
NOTE
1] Il graffito è la produzione
visuale urbana di uscita della coltivazione di sottocultura
suburbana rappresentata dalla musica rap e dalle scritte murali
fatte con bombolette spray che può variare da una firma monocromatica
chiamata tag, all'elaborazione di disegni e lettere colorate
chiamate affreschi.
2] Una città polifonica significa
che la città in generale e la comunicazione urbana in particolare
sono paragonabili ad un cuore che canta con una molteplicità
di altre voci che si isolano o si contrastano. Canevacci M.,
A Cidade Polifônica. São Paulo: Livros Studio Nobel Ltda,
1993, p. 17.
3] Cfr. J. Baudrillard, Simulacres
et simulation, Paris: Galilée, 1981.
4] Una tribù oggettivata
attraverso la postmodernità, un “neo-tribalismo caratterizzato
dalla fluidità.
5] «Le tags ci informano
senza dubbio su una modalità di accessibilità agli spazi pubblici
per i giovani. La presenza fisica è sostituita, e per certi
giovani rimpiazzata, da una traccia mimante i segni della
comunicazione pubblicitaria dall’affissione di un marchio.
I taggisti vivono più in due dimensioni nello spazio dei loghi
che in tre dimensioni nel reale spazio urbano.
In: https://www.urbanisme.equipement.gouv.fr/cdu/datas/annales/vulbeau.htm
6] «Le merci estetizzate
comunicano dei significati definiti e molteplici con i loro
linguaggi ventriloqui (…). Si esprimono in modo loquace con
uno stile incorporato che è decodificato nel momento della
consumazione in modo molto polisemico e attivo, dal consumatore
‘glocale’» Canevacci M., Antropologia da Comunicação Visual.
Rio de Janeiro: DP&A, 2001, p.22.
7] Nome preso in prestito
dalla tribù dei graffitari per designare il marchio che si
mantiene visibile ugualmente dopo la cancellatura di una tag
fatta dal marchiatore indelebile.
8] McLuhan M., Pour comprendre
les média. Les prolongements technologiques de l'homme. Paris:
Seuil, 1968.
9] Il crew è un gruppo di
taggisti e graffitari che si uniscono per intervenire sulla
città firmando, con molteplici pseudonimi, il nome del loro
crew (in generale composto da due o tre lettere). I crews
sono anche chiamati “posse”.
10] L’informazione indispensabile
e unica è il nome del graffitaro, ma è molto spesso seguita
dall’indicazione “uno” o dal numero “1” che può anche indicare
il nome del suo crew.
11] Il blaz è lo pseudonimo
della persona che interviene con il suo marchio nello spazio
pubblico. Rappresenta il nome tribale scritto attraverso diverse
grafie e associa la persona alla sua opera. In alcune occasioni,
la firma del blaz può essere la stessa opera.
BIBLIOGRAPHIE
BAUDRILLARD, Jean. 1981. Simulacres et simulation, Paris:
Galilée.
CANEVACCI, Massimo. 1993. A Cidade Polifônica. São Paulo:
Livros Studio Nobel Ltda.
CANEVACCI Massimo. 2001. Antropologia da Comunicação Visual.
Rio de Janeiro: DP&A.
CRUZ, Tania Salazar. 2004. “Grafiteros: Arte Callejero en
la Ciudad de México”. In: Desacatos Revista de Antropología
Social. n. 14, pp. 197-226.
ECO, Umberto. 1984. Viagem na Irrealidade Cotidiana. Rio de
Janeiro: Editora Nova Fronteira.
FELONNEAU, Marie-Line et BUSQUETS, Stéphanie. 2001. Tags et
Grafs, les Jeunes à la Conquête de la Ville. Paris: L’Harmattan.
LUCCI, Vincent. 1998. Des Écrits Dans la Ville. Paris: L’Harmattan.
McLUHAN, Marshall. 1968. Pour comprendre les média. Les prolongements
technologiques de l'homme. Paris: Seuil.
MAFFESOLI, Michel. 2000. Le Temps des Tribus. Paris: La Table
Ronde.
SIMMEL, Georg. 1999. Sociologie, Études sur les Formes de
Socialisation. Paris: Presse Universitaire de France.
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