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  • Scritture relazionali autopoietiche
    Orazio Maria Valastro (a cura di)

    M@gm@ vol.5 n.4 Ottobre-Dicembre 2007

    RELAZIONI


    Giuseppe Biagi

    presidente@marianellagarcia.org
    Psicologo, Psicoterapeuta GruppoAnalisi, Presidente Cooperativa Sociale Marianella Garçia, Misterbianco-Catania.

    Guarda là
    Guarda
    “la città”
    Quante…
    …cose che…
    Sembrano più grandi
    Sembrano pesanti…
    Guarda quante!
    Verità…

    (Vasco Rossi - Vivere una Favola)

    Partecipo con grande entusiasmo a questo progetto editoriale, frutto di un intenso lavoro d’idee e di passione che un gruppo di persone ha avuto il coraggio di portare avanti e realizzare. La capacità narrativa e la voglia di raccontare pezzi di storia personale, toccano le emozioni più profonde di ogni individuo, rendendo questo lavoro unico nei suoi modi disinteressati e liberi di raccontarsi/esserci in nuove ed originali possibilità.

    Nautilus riemerge dalle nostre più inquiete profondità per continuare a navigare nei mari pur tempestosi della normale vita quotidiana. Un equipaggio, uomini coraggiosi, ricco di esperienze, storie e vissuti che nel suo viaggio di ritorno ha imparato che ci si può fermare e ci si può raccontare. Nei porti, l’approdo non sempre è facile, ma qualcuno ha scelto di salire a bordo, e semplicemente si è messo a chiacchierare, a scambiare idee ed opinioni, che hanno creato nuovi contatti, nuove relazioni. Relazioni interne vissute, mai dimenticate, ma anche nuove relazioni, nuove energie in grado di stabilire curiosità, incontri, occasioni, ricchezze da dare e ricevere, scambiare doni, per ricominciare a navigare.

    La scrittura resta tale, senza traccia, se la stessa non viene condivisa e immessa in un processo gruppale, dove le parole prendono corpo per essere trasferite in un crocevia di significati. Il rischio è, che anche le parole dette e raccontate, da sole, possono rimanere intrappolate in un gioco narcisistico, perverso e pericoloso. Le parole rimbalzando dentro di noi e rischiano di generare caos e confusione. Possono invece riecheggiare in un clima e in un contesto che solo lo spettatore - attore, il lettore, ci può rimandare e restituire nel senso dello scrivere, rileggere, rielaborare.

    Tutto ciò è accaduto per la prima volta venerdì 6 Maggio 2005 presso la Biblioteca Comunale “G.Montana”, fuori dalla nostra stanza, in uno scenario pubblico (fuori dal privato), dove le poesie, i racconti, l’immaginario hanno avuto il potere di potersi esprimere libera - mente. Il gruppo, gli attori, gli scrittori, gli spettatori, rappresentavano la cornice dove tutto ciò era possibile, dove le parole, le emozioni, iniziavano il suo cammino verso nuovi significati. Il corpo del gruppo generava nuovo pensiero di un nuovo gruppo nascente.

    Nautilus partoriva una nuova idea per il benessere e la cura. Un’idea che esprimeva l’essere dentro una comunità, in grado di accogliere e di ascoltare, di far funzionare parti rimaste imbrigliate per tanto tempo solo dentro di noi o solo dentro un piccolo gruppo. Un nuovo spazio, denso di significati diversi, dove le emozioni dei racconti e delle belle parole si potevano riascoltare insieme, stavolta in un gruppo allargato. Prendere suoni nuovi, con trame originali, con significati diversi, dai silenzi spesso ingombranti del proprio silenzio. Una nuova rottura, dentro un piccolo gruppo che ha iniziato a prendersi cura dentro una grande comunità (la propria città).

    E’ solo dentro la comunità, la realtà di tutti i giorni, dove l’abitare non sempre corrisponde al vivere e all’appartenere, e lì, lontani esclusivamente dai servizi di cura, forse è possibile evitare lo stigma per ricominciare a riconoscersi come individui. La questione fondamentale riguarda sempre l’intreccio tra l’individuo e la comunità e/o società (la politica) e quindi l’organizzazione dei servizi, al senso di come è possibile intervenire e curare.

    Dall’entrata in vigore della legge 180 non si è finiti più di chiudere manicomi fino al 2003, ma contemporaneamente i posti letto residenziali sono diventati sempre più numerosi. Il sospetto è che la persona che sta male, pur se più di un tempo fa, viene connotato diversamente (in positivo) dalla società, addolcito e pensato come un individuo, rischia di rimanere ugualmente rinchiuso. Rinchiuso dentro gabbie farmacologiche, sbarre residenziali o case chiuse, dove le proprie emozioni anestetizzate non potranno prendere parola.

    Eppure, oggi abbiamo assistito ad uno spettacolo diverso, abbiamo messo in scena le emozioni e i loro protagonisti, liberi di raccontarsi dentro la città. La guarigione passa dalla città, dal contatto con la gente, per stabilire nuove relazioni che aprano i cancelli della nostra mente.



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