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  • Écritures relationnelles autopoïétiques
    Orazio Maria Valastro (sous la direction de)
    M@gm@ vol.5 n.4 Octobre-Décembre 2007

    PERCORSI DI EMPOWERMENT PER EDUCARSI ALLA SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA



    Salvatore Squillaci

    squillacis@tiscali.it
    Sociologo, Dipartimento Salute Mentale, AUSL3 Catania; Docente di Sociologia del Mutamento e Valutazione della Qualità dei Servizi Sociali, LUMSA Roma, sede decentrata Caltanissetta; collabora alle attività di formazione della Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Catania.

    Sembra non esserci alcun dubbio che l’era della modernità, della multicultularità e della complessità sociale si presenta diffusivamente caratterizzata da livelli alti di conoscenza operativamente rispettosa dei principi etico-valoriali antropologicamente orientati, e dall’uso razionale e sistematico di strategie mirate allo sviluppo della cultura di Servizio per il cittadino-utente, allo scopo di ampliare e garantire efficacemente il miglioramento della qualità della vita attiva e partecipativa di tutti gli individui nelle specifiche realtà locali e comunitarie. Tuttavia, è plausibile affermare che, qualsiasi criterio innovativo, o strumento tecnico, educativo, metodologico, formativo, professionale o progettuale utilizzato, non sarebbe sempre in grado di assicurare, in maniera appropriata e pertinente, il successo tout-court delle buone pratiche del prendersi cura e del benessere delle persone, se rimanesse carente o discontinuo l’interesse e la salvaguardia del senso e del significato da assegnare- prima, durante e dopo- ad ogni processo di cambiamento migliorativo unicamente riferibile al referente antropologico primario: cioè a dire, il valore della persona, del suo essere ed esistere come bene sociale e umano in sé.

    Inoltre, da una prospettiva socioantropologica dinamica, la qualità del costrutto evolutivo del benessere individuale e collettivo sarebbe un’esperienza paradigmaticamente articolata con la capacità e/o possibilità di crescere concretamente insieme con gli altri, dove ognuno dovrebbe sentirsi parte di un tuttuno, indissolubile e integrata con lo sviluppo e la crescita culturale, civile, etica, economica ed organizzativa di tutto il contesto di appartenenza, riferimento e identificazione comune. In tal senso, durante l’attuale periodo storico di rivisitazione critica degli effetti rischiogeni prodotti dalla modernità e dalla varietà delle sue effimere seduzioni, di fronte al pericolo reale di anestetizzazione mentale, frammentazione dell’io, dissolvenza del sé personale, di disagio esistenziale e spaesamento valoriale collettivo, non è più sufficiente offrire genericamente servizi standardizzati, o proporre rimedi nominalmente indirizzati verso attori sociali, cittadini, utenti, clienti, normali, diversi, normodotati, diversabili, etc. che non implichino, in modo costitutivo e fondativo, un percorso di empowerment della riscoperta del capitale sociale e della valorizzazione del potenziale umano espresso dalle molteplici risorse, competenze, abilità e talenti individuali, capaci di fare emergere, aldilà delle possibili differenze tra gli individui, forme e contenuti, modalità e processi, talenti e sostanze di una creatività interiore, originale, innovativa e arricchente.

    Come esempio particolare di empowerment del multiforme potenziale personale di ogni individuo, in modo sintetico e semplificativo, si può fare cenno ad alcune “speciali” modalità e opportunità, pertanto non fortuite né occasionali ma autopoieutiche, di sentire, comunicare, esprimere, oppure narrare, scrivere, immaginare, presentare agli altri parte o tutto di se stessi: disegnare; dipingere; cantare; scrivere una poesia; scrivere il testo di una canzone; comporre un brano musicale; suonare uno strumento; praticare uno sport; disciplinare le emozioni, gli stati d’animo, le paure, le insicurezze, le fobie; migliorare le abilità mentali o sensoriali; rinforzare le ideazioni, le visioni e le rappresentazioni positive del mondo; allargare la relazionalità e l’affettività; favorire la confidenzialità corporea e la prossimità sociale; parlare in pubblico; potenziare la fiducia e l’affidabilità reciproca; rafforzare la capacità immaginativa; comunicare l’espressività narrativa e autobiografica; artecipare la scrittura di sé; confrontarsi con la narrazione autobiografica degli altri.

    In aggiunta, con riferimento diretto a quanto sopra esposto, va evidenziato il dato di fatto non secondario, né irrilevante, che buona parte dell’esistenza degli individui è impiegata a cercare e dare senso e ragion d’essere alle tappe variamente attraversate e alle mete più o meno agiatamente raggiunte. Ciò, al fine ultimo di potere attribuire una valutazione soggettiva ai molti episodi intercorsi durante le fasi e i passaggi della vita che altrimenti rimarrebbero accadimenti avvolti dall’oscurità, senza interesse né riconoscimento alcuno, non narrabili, non testimoniabili, non trascrivibili né divulgabili. E, pertanto, inconfessabili, rimossi, invisibili, “inediti” a se stessi e agli altri.

    Una possibile implicazione concettuale è che la narrazione autobiografica, soprattutto nella forma di scrittura di sé, come risorsa rivitalizzante, come metodologia del racconto “altro”, “diverso”, e come fatto “globale” del mondo interiore dell’individuo, rappresenta un complesso e variegato percorso esperienziale che - sebbene suscettibile delle capacità e delle caratteristiche psicofisiche di ogni singolo soggetto, ma pur sempre recuperabile, perfettibile, e pertanto rimodulabile nel tempo - può facilmente agevolare la soddisfazione del bisogno di raccontarsi, alleggerirsi e, talora, liberarsi di alcuni vissuti, reali, immaginari o financo visionari, trasferendo nella dimensione esterna emozioni, sentimenti, gioie, angosce, sconfitte, vittorie, successi e progetti personali. Il racconto autobiografico, quindi, va annoverato e considerato un atto creativo, terapeutico e, sotto certi aspetti, quasi magico e catartico. Inoltre, da una prospettiva etnostorica, potrebbe rappresentare un autentico “evento” ed essere (auto)recepito come uno strumento di comunicazione metacognitiva che prelude la visualizzazione aperta e trasparente di una serie pressoché infinita di strati e interstizi della memoria, della storia di vita vissuta, della visione e del dominio personale sulla realtà del mondo interno presentato alla lettura e scoperta da parte del mondo esterno.

    La scrittura di sé e l’immaginario autobiografico, attraverso la trasfigurazione simbolica del racconto e il recupero dei ricordi, mentre riportano alla luce della consapevolezza presente tracce del passato recente o remoto di sé, possono altresì agevolare l’emersione dell’io dal buio delle profondità dell’ignoto, la fuoriuscita dalla solitudine, il rientro dall’assenza e dall’estraneità, la misura della distanza, dell’adiacenza e dell’adesione alla realtà contestuale, ambientale e personale dentro i luoghi della vita e della quotidianità. Di fronte alle innumerevoli sfide e rischi seriali che ogni giorno nella società creano disagio e incertezze verso il futuro, le tecniche, o meglio le discipline in oggetto, facilitano una chance aggiunta di transazione qualitativa e incrementale, nonché di transizione funzionale da punti di debolezza della condizione vincolata di esistere come si può, con riferimento al proprio passato, verso punti di forza della possibilità autopoieutica di essere come si vuole, rispetto al futuro desiderato.

    Un contributo integrativo alla valenza delle suddette considerazioni, può venire offerto dalla rappresentazione semantica di alcune correlazioni fra coppie di simmetrie reciproche e assonanze cognitive di seguito elencate: narrazione e immaginario; oralità e scrittura di sé; emozionalità e sensibilizzazione; drammaturgia e metastoria; creatività e umanizzazione; etnoantropologia e postmodernità; didascalica e analitica; mentale ed esistenziale; personale ed evocativa; visionaria e impegnata; cognitiva ed educativa; elitistica e paritaria; esclusiva e inclusiva; solitaria e coinvolgente; diretta e interattiva; comunicativa e relazionale; coerente e impegnata; contingente e a-temporale; totalizzante e relativizzante; deviante e discriminizzante; tollerante e solidale; terapeutica e curativa; migliorativa e incrementale; libera e liberatoria; evolutiva e vitale.

    Se si ricava una forte energia positiva dall’abilità introspettiva e combinatoria di sapere valorizzare e ottimizzare il potenziale e il differenziale narrativo caratterizzante la propria soggettività, questo tipo d’azione creativa assurgerebbe a buona prassi di costruzione in progress della progettualità personale, monitorabile e verificabile grazie ad una vasta gamma d’informatori qualificati e indicatori qualitativi direttamente estrapolabili dalla narrazione autobiografica. In buona misura, la scrittura di sé potrebbe essere considerata come strumento operante della “tracciabilità” sistematica e semplificatrice sia della complessità sociale che della problematicità esistenziale di ogni attore sociale quotidianamente impegnato nella performance del proprio ruolo, nella veste di se stesso, o di “diverso”, di “estraneo”, di “altro”.
    Rendere la natura della narrazione autobiografica un “evento in process”, come pure la scrittura di sé un “project work”, potrebbe diventare un passaggio fondamentale per l’(auto)affermazione e la realizzazione del narratore in qualità di autentico artefice di un proprio progetto di vita, pienamente abitata, dove la principale risorsa motivazionale utilizzata costituisce al tempo stesso l’evidenza del successo dell’esito atteso e la prova fondamento oggettivo di un incentivante e autogestito investimento autopieutico di sé.

    Al contrario, vivere, agire, interagire, relazionarsi con se stessi e con gli altri come persone qualsiasi, anonime, indistinguibili e senza storia, può offrire spazio a stereotipati processi sociali di stigmatizzazione, esclusione, svalutazione o pregiudizio nella partecipazione sociale, nell’esercizio pieno della cittadinanza attiva e nel diritto ad una migliore qualità di vita.

    Avviare percorsi di empowerment delle priorità antropologiche legate alle potenzialità autopoieutiche dell’immaginario narrativo soggettivamente rivolto ai “desiderata” della coesistenza equivarrebbe almeno a:
    - rafforzare i principi valoriali dell’identità e dell’identificazione dei mondi vitali individuali e collettivi;
    - accrescere qualitativamente il controllo sulle luci e sulle ombre autobiografiche tra continuità e cambiamento;
    - gestire le emergenze e le insicurezze sublimandole in buona sostanza attraverso la scrittura di sé;
    - potenziare la sensibilità e la speranza di ricomporre le asimmetrie e le fratture tra l’essere e l’esistere nel corso del divenire;
    - crescere interiormente senza essere forzatamente obbligato alla narrazione autobiografica, ma per rimanere spettatore libero, narratore esigente, protagonista di sé e artista del proprio segno.


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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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