Il counseling e le culture: le culture del counseling
Massimo Giuliani (a cura di)
M@gm@ vol.5 n.2 Aprile-Giugno 2007
COSTRUZIONE DI NOI NEL MONDO
Paola Pilato Gualini
paolapilato@msn.com
Laureata in filosofia teoretica, insegna da anni nella scuola superiore dove lavora con giovani, adulti, famiglie offrendo sostegno e consulenza soprattutto nell’ambito relazionale; si interessa di prassi filosofica; è attualmente in formazione come counselor sistemico presso Shinui-Centro di consulenza sulla relazione di Bergamo.
Nella vita non sono sicura di nulla, ma proprio di nulla, neppure di essere quella che sento chiamare con il mio nome: forse l’esistenza, così come mi appare, non è che un’apparenza, un sogno od un incubo.
Non posso che vedere con i miei occhi, sentire con le mie orecchie, emozionarmi a modo mio e so bene che tutto ciò non rappresenta una realtà universalmente condivisa e certa, ma la mia maniera di rappresentarmi nel mondo, la quale soggettivamente si collega alla maniera ugualmente parziale che altri hanno di costruire sé nel mondo.
Ciò che diciamo trovarsi fuori di noi, lo incontriamo, di fatto, soltanto dentro di noi e per questo non riusciamo a dimostrare che esista anche per conto suo.
Gli uomini, curiosi del “punto di vista di dio”, hanno cercato di trovare un metodo per afferrare l’oggettività nelle proprie percezioni ed hanno creduto di averlo individuato descrivendole non più solo con parole, che si appoggiano su impressioni qualitative interpretabili in modo molto soggettivo, ma utilizzando modelli numerici, in cui il riferimento ad una quantità strumentalmente misurabile da chiunque con risultati simili illude di cogliere la realtà.Eppure la definizione della quantità, sia pur valutata mediante strumenti neutrali, è un procedimento umano per costruire l’esperienza e per rappresentarla mediante codici e dispositivi costruiti dall’uomo stesso.
Il risultato è ottimo: possiamo relazionarci tra noi in termini più precisi e facilmente condivisibili; se ci diamo appuntamento “alle otto”, invece che “più tardi”, probabilmente riusciremo ad incontrarci davvero; ma da qui a dire che abbiamo colto l’oggettività o la verità di noi nel mondo ce ne passa!
Piuttosto abbiamo applicato un criterio per evitare di perdere tempo e per metterci in relazione in modo economico ed efficace, trovando una forma di rappresentazione della realtà meno tesa alla descrizione delle percezioni individuali, e quindi meno parziale, e più orientata ad accostarsi a quegli aspetti della costruzione di sé nel mondo che possono venir quantitativamente concepiti e comunicati, ma che non sono meno umani o più universali per questo.
Tutte le scienze quindi sono “umane”, compresa la matematica più astratta e rimane immutata la curiosità sul “punto di vista di dio”.
Il fatto è che dall’umanità come dimensione e cornice della nostra esistenza non possiamo evadere: quello che ci sforziamo di certificare come realtà incontestabile può apparire tale tutto al più alle persone che così se la sono costruita.Torno a dire che non sono sicura di niente.
Però, vivendo, scelgo continuamente qualcosa, essendo partecipe di innumerevoli relazioni che mi portano ad agire in un modo o nell’altro.
Talvolta oriento le mie opzioni con una qualche consapevolezza ed intenzione di progetto riguardo la costruzione della mia esistenza che, nella relazione e nella condivisione con altri, si arricchisce in complessità ed armonia.
Il limite della parzialità costituisce infatti la nostra miglior risorsa che ci spinge ad interessarci ed a comprendere, che ci consente di renderci responsabili e che ci dispone a scegliere.
E così, vivendo, mi sono convinta che da muratori, ingegneri, architetti, oltre che esclusivamente da tizi qualsiasi che passano di lì per caso, come spesso succede, potremmo, possiamo costruire una storia partecipata di noi nel mondo in continua evoluzione migliorativa.
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