Salute mentale e immaginario nell'era dell'inclusione sociale
Orazio Maria Valastro (a cura di)
M@gm@ vol.5 n.1 Ottobre-Dicembre 2006
IL LAVORO IN RETE COME ELEMENTO DEL CONTESTO D'INTERVENTO NELLA SALUTE MENTALE
Isabelle Deliège
isabelle_deliege@hotmail.com
Dottore in Scienze Sociali, orientamento
comunicazione (Università Cattolica di Louvain, Belgio); Dopo
una formazione di base in comunicazione, si è interessata
alla psicologia, nel contesto di un Diploma di Studi Complementari
in scienze psicologiche; In seguito ha realizzato la sua ricerca
di dottorato nell'ambito della salute mentale, dove continua
a lavorare in qualità di ricercatrice presso l'Istituto Wallon
per la Salute Mentale (Namur, Belgio), proseguendo le sue
ricerche sul lavoro di rete.
Introduzione
Tutti sono oggi d’accordo nel riconoscere l’evoluzione nel
contesto d'intervento nella salute mentale. Ultimamente, è
particolarmente caratterizzato dallo sviluppo del lavoro in
rete per gli operatori sanitari. Di fronte a situazioni problematiche
complesse, si tratta di proporre la soluzione più adeguata
possibile alla persona in stato di sofferenza psichica, considerandola
nella sua globalità: le molteplici difficoltà alle quali essa
è confrontata possono richiedere l'intervento, congiunto o
successivo, di una pluralità di professionisti di vari campi:
della salute mentale, della giustizia, dell'inserimento professionale,
dell'alloggio, ecc. L'azione di questi professionisti deve
essere coordinata e concertata: questo è lo scopo del lavoro
in rete.
La maggior parte dei professionisti psico-medico-sociali è
oggi portata a pensare ed agire considerando che il loro intervento
non si integra soltanto nell’ambito di un'istituzione, ma
di una rete più globale. Questo lavoro in rete costituisce
anche per alcuni una “filosofia di lavoro”. In modo molto
pragmatico, le azioni nelle quali si impegnano i componenti
di una rete possono essere descritte come segue: stabiliscono
e gestiscono i contatti nell'ambito di questa rete, imparano
a conoscersi, regolando le loro aspettative rispetto a i vari
servizi proposti da ciascuno, scambiano informazioni sulla
situazione del patiente, generalmente in sua presenza, fanno
il punto della situazione, accumulano punti di vista differenti
sulla situazione, riflettono sul loro funzionamento, prevedono
insieme la presa in cura e negoziano l'implicazione di ciascuno,
ridefinendo il loro ruolo.
Tuttavia il concetto di rete non è nuovo nel settore psico-medico-sociale:
la denominazione è nata con la corrente dell’antipsichiatria
che si è sviluppata negli anni 60-70 partendo da una critica
dell'istituzione. In questo articolo, il funzionamento in
rete sarà rimesso in contesto secondo questo punto di vista.
Ciò che fa la specificità del contesto d'intervento attuale
risiede piuttosto nell'iscrizione di questo tipo di funzionamento
nella politica pubblica statale. Successivamente, l'esempio
del contesto politico belga rispetto alla salute mentale servirà
ad illustrare questa situazione. Infine, sarà tenuto conto
di alcune delle questioni e delle difficoltà sollevate dal
lavoro in rete, come elemento contestuale dell'intervento
dei professionisti dei settori psico-medico-sociali; esse
sono state messe in evidenza principalmente tramite un’osservazione
sul campo [1].
I Rete versus istituzione?
Per il sociologo Jean-Louis Genard, "il concetto di rete si
oppone ad un concetto d'istituzione pensata sul modello di
un'organizzazione centralizzata, che accumula e monopolizza
sapere e potere" (Genard, 2003, p. 43). La politica pubblica
dello Stato Sociale contribuiva a riprodurre questi sistemi,
fortemente differenziati, dove un'istituzione concentra l'attenzione
delle politiche in ogni campo: l'ospedale psichiatrico per
la salute mentale, la scuola per l’ambito scolastico …
"Questo modo d'azione fortemente differenziato, basato su
un monopolio istituzionale ed una logica di specializzazione"
(Idem, p. 45) è rimesso in questione dalle tendenze attuali
alla pluralità delle conoscenze ed all'apertura dei campi
professionistici, che si incontrano nella rete. Il vecchio
sistema, che procede parallelamente ad una sottrazione delle
conoscenze, delle competenze e, quindi, del potere, nel capo
degli utenti, diventa obsoleto. La logica all’opera in questo
sistema istituzionale si urta ad alcune tendenze caratteristiche
della società contemporanea come "l'aumento della società
civile e dell'associazionismo, che ovviamente rivendicherà
competenze acquisite in pratiche che hanno mostrato la loro
pertinenza" (Ibid.). Non è dunque un caso se la semantica
della "responsabilità dell'utente", della sua partecipazione
attiva al processo di cura, della valorizzazione delle sue
competenze, fiorisce oggi nella retorica dei professionisti
della salute mentale. Traducono infatti questa tendenza ad
un passaggio del modello dell'istituzione a quello della rete,
nelle modalità di presa in cura del paziente.
Con il lavoro in rete, si assiste non soltanto alla moltiplicazione
degli operatori ma anche alla diversificazione, alla de-dogmatizazzione
ed alla de-formalizzazione delle conoscenze: "s’impone oggi
una relazione più pragmatica alla conoscenza" (Idem, p. 46),
che costituisce uno degli aspetti del contesto di cambiamento
dei modi di coordinamento, che conosciamo attualmente.
La rete si oppone dunque non soltanto all'istituzione centralizzata,
che concentra il monopolio della conoscenza e del potere,
ma si libera dall’etichetta di "istituzione pensata semplicemente
come un interno di fronte ad un esterno, secondo un'opposizione
dura tra organizzazione ed ambiente" (Idem, p. 44). In un'istituzione
che funziona in rete, i contatti con le altre istituzioni
sono intensificati e si realizzano delle collaborazioni simili
alle collaborazioni interdisciplinari con altri partner nell'ambito
della stessa.
Rispetto alle modalità di coordinamento dell'azione nel modello
della rete, le relazioni di collaborazione e di negoziazione
tra operatori - dunque orizzontali - tendono a succedere alle
relazioni gerarchiche, caratteristiche del modello istituzionale.
La rete offre così potenzialmente uno spazio dove le norme
possono co-costruirsi nell'interazione ed in cui il controllo
è esercitato maggiormente dai pari livello che da un superiore
- come nel modello istituzionale. Notiamo che la questione
del potere non è completamente eliminata dalle reti: questa
questione è sempre presente dietro l’ideale di orizzontalità.
II L’iscrizione del lavoro in rete nelle politiche
pubbliche
Ciò che è nuovo nel contesto d'intervento nella salute mentale
attuale, è il fatto che la necessità di coordinamento in rete
sia stata ripresa, da alcuni tempi, nelle politiche pubbliche
in materia di salute mentale. In particolare in Canada (Quebec),
dove si sviluppano da alcuni anni le "reti di cura integrate"
(Fleury, Ouadahi, 2002). Anche in Belgio, l'organizzazione
ed il funzionamento delle cure sanitarie mentali tendono a
riorganizzarsi sul modello delle reti e circuiti di cura [2].
Il servizio pubblico federale della salute ha lanciato, nell’autunno
2006, "progetti terapeutici" per i pazienti psichiatrici "cronici
e complessi" [3]. Questo
dispositivo mira a sperimentare le condizioni di funzionamento
in rete e le modalità di concertazione attorno al paziente,
sia per quei pazienti che richiedono l'intervento congiunto
di professionisti di vari tipi di istituzioni nel settore
sanitario mentale, della salute, ma anche di altri settori:
aiuto sociale, aiuto all’infanzia maltrattata ecc. ... Le
istituzioni sono state invitate a cercare dei partner - ed
almeno un servizio sanitario mentale, un ospedale psichiatrico
ed un gruppo di medici generici o un servizio di coordinamento
delle cure a domicilio - per concepire e presentare tale progetto
per una popolazione determinata. Le modalità di funzionamento
e di presa in cura in rete, sviluppate in ogni progetto, saranno
discusse e valutate nel quadro di "concertazioni trasversali",
organizzate con i promotori di vari progetti, con l'appoggio
di gruppi di ricercatori. L'obiettivo di questi progetti consiste
a fare delle proposte strutturali di modalità di funzionamento
in rete, che possano essere messe in opera in grande scala,
per l'organizzazione delle cure sanitarie mentali, oltre a
questi «progetti pilota». Notiamo che quest'iniziativa del
Ministero Federale della Sanità suscita il dibattito e la
riflessione presso gli operatori sul campo, nel settore sanitario
mentale e nei settori connessi. Si interrogano in particolare
sull'opportunità "di formalizzare" o meno le pratiche di rete
già esistenti; non c'è unanimità sulla questione [4].
La politica pubblica belga sulla salute integra dunque quest'imperativo
di coordinamento e di funzionamento in rete tra i vari operatori.
Anche il modello di funzionamento dello stato è portato ad
evolversi perchè il sistema centralizzato ed iper specializzato
dello Stato assistenziale non è più adatto alla realtà pratica
delle istituzioni. Il sistema di funzionamento statale si
orienta oggi maggiormente, secondo i sociologi contemporanei,
verso il modello "dello Stato-rete" (De Munck, Genard, Kuty,
Vranckent, Del goffe, Donnay, Moucheron, Macquet, 2003). Quest'ultimo
svolge piuttosto un ruolo di coordinatore, privilegia il funzionamento
per progetto, come per i “progetti terapeutici” suddetti,
e tenta di sostenersi di più sulla competenza degli operatori
sul campo per elaborare le politiche di cura, tramite processi
di concertazione e metodologie "bottom-up".
Questo funzionamento in rete, sviluppato sul campo e gradualmente
ripreso dalle politiche pubbliche, si presenta dunque come
un nuovo modello, paradigmatico delle evoluzioni in corso,
con tutto ciò che può avere di normativo o di idealizzato:
quando si parla di rete, si parla spesso di ciò che dovrebbe
essere. Al di là del modello teorico, il funzionamento in
rete costituisce inoltre una pratica concreta, che impone
delle riflessioni sul campo, alle quali gli operatori tentano
ogni giorno di trovare risposte, come lo vedremmo nel prossimo
punto.
III Le questioni e le difficoltà legate al funzionamento
in rete
I problemi sollevati dal funzionamento in rete sono di vari
tipi: alcuni sono più concettuali, altri più pragmatici. Saranno
trattati successivamente.
Generalmente, una prima problematica è legata ai concetti
stessi d'istituzione e di rete. Questa proviene semplicemente
dal fatto che, come già detto prima, la rete, nel settore
psico-medico-sociale, si è costruita su una critica dell'istituzione.
Ma oggi, nella pratica, sono le istituzioni che compongono
la rete e che cercano di funzionare secondo una logica reticolare,
che per definizione sarebbe opposta alla loro. Il modello
gerarchico dell'istituzione si trova rimesso in discussione
dalle logiche orizzontali delle reti, che si sviluppano nelle
collaborazioni al di là delle loro frontiere istituzionali.
Le logiche di rete incrociano gli approcci e le conoscenze,
contrariamente alle istituzioni dove un tipo di conoscenza
particolare si trova generalmente in una posizione di punto
di riferimento, come la conoscenza medica nell'istituzione
ospedaliera.
Tuttavia, le istituzioni, così stimolate, continuano ad esistere;
ma sono spinte ad adattarsi, riconsiderarsi e modificarsi,
in base alla questione: cosa è un'istituzione in interazione?
Nel contesto attuale d'intervento in salute mentale, il funzionamento
gerarchico istituzionale ed il funzionamento reticolare orizzontale,
- le cui differenze sono state messe in evidenza sopra, in
modo forse un po' caricaturale, mettendo in opposizione i
due modelli - sono portati a coabitare. Coesistono spesso
in forme d'organizzazione ibride, cosa che non è senza conseguenze
per i professionisti sul campo, che si trovano a volte divisi
tra le due logiche.
a. Se, nell'istituzione, il potere e la responsabilità
si organizzano e si distribuiscono secondo la linea gerarchica,
la rete rimette in discussione il processo decisionale e la
responsabilità di ciascuno - rispetto all'assistenza al paziente
-, poiché non sono definite a priori tra le entità partner.
Ad esempio, dove comincia la responsabilità di un'istituzione,
rispetto al fatto di proporre una presa in cura adeguata alla
persona che si rivolge ad essa, e dove si ferma quella dell'istituzione
che interveniva precedentemente? Nel momento in cui il paziente
lascia l'istituzione? Se si estende oltre, fino a che punto?
Tutto ciò è da definire nell'interazione, molto spesso caso
per caso. Tra professionisti di diverse istituzioni che intervengono
insieme in una situazione, non esistono relazioni gerarchiche
a priori. E se i partecipanti parlano spesso di "corresponsabilità"
nell'ambito della rete, come può esercitarsi concretamente,
in particolare quando i pareri non sono concordi a proposito
dell'orientamento più adeguato per la presa in cura? Alcuni
casi tragici indicano purtroppo che, nella rete, è a volte
la diluizione della responsabilità che prevale. Occorre istituire
un ruolo di "coordinatore della rete" per questa ragione?
La funzione di "persona di riferimento" esiste già nell'ambito
di numerose istituzioni e, in alcuni servizi, dei case managers
appaiono: il loro ruolo consiste nell’elaborazione di un progetto
di presa in cura, con la persona, nell'ambito della rete e
nel gestire il legame - o i conflitti - con gli altri partners
della rete, per garantire la continuità.
Correlativamente, ci si può interrogare sul modo in cui si
prendono decisioni in una rete. Se sono i principi di collegialità,
d'unanimità e d'orientamento verso un obiettivo comune che
devono prevalere, non c’è un rischio di orientarsi verso una
rete "troppo consensuale", potenzialmente coercitivo per l’utente?
Come assicurarsi che ci sia sempre un’apertura al dibattito,
alla discussione, alla complementarità dei punti di vista,
nell'ambito della rete?
b. Per funzionare bene insieme, è importante
che i partner della rete spinti a collaborare, si conoscano
perfettamente e inoltre secondo il parere di alcuni, che formalizzino
procedure di funzionamento tra loro - ad esempio contattare
sistematicamente tale personna di tale istituzione se un paziente
del suo settore arriva da loro, ecc. ... Questa formalizzazione
permette di superare i legami personali di compassione o d'amicizia,
per natura non trasferibili. Queste relazioni, se sono utili,
in particolare per garantire il trasferimento di un patiente
da un professionista o da un’istituzione ad un’altra ed il
«transfert» per il paziente, non bastano a garantire una certa
uniformità o un'uguaglianza di presa in cura in termini di
sanità pubblica. Senza formalizzazione, come garantirsi di
avere pensato a tutti i partner potenziali indicati? L'esistenza
di procedure o di una forma di "costrizione" di collaborazione
può anche costituire un motore per andare ad incontrare altri
partner della rete. D'altra parte, qualsiasi formalizzazione
implica di rendere più rigido il funzionamento. Come evitare
i "partenariati costretti" ed assicurarsi che questi siano
sempre coloro che convengono meglio alla situazione particolare
del paziente, e non coloro che si impongono per abitudine
di collaborazione tra colleghi? Queste sono una serie di questioni
che si pongono i partecipanti di una rete. Una parte di loro
rivendica una più grande libertà e una minore costrizione
possibile nello stabilimento dei partenariati.
c. La rete procede parallelamente ad una
responabilizzazione dell'utente. La rete deve costruirsi in
funzione delle sue necessità specifiche. L'utente si trova
dunque al centro della rete. Il contesto d'intervento raccomanda
che l’utente sia "partecipe della sua presa in cura", e non
oggetto di cura, cioè che partecipi attivamente sia alle decisioni
sia al suo orientamento nella rete, o in altre parole al suo
percorso di cura. Generalmente, l’obiettivo è l'autonomia
o l’autonomizzazione dell’utente. Correlativamente, l'intervento
dei professionisti evolve piuttosto verso una forma di "accompagnamento"
e di sostegno della persona. Queste logiche di partecipazione
dell'utente si incontrano a molti livelli: non soltanto quello
della presa in cura individuale - dove possono essere formalizzate
sotto forma di "contratto" che stabilisce le condizioni di
presa in cura - ma anche ad un livello più collettivo, quello
della partecipazione delle associazioni di utenti all'elaborazione
delle politiche sanitarie pubbliche ed all'organizzazione
delle cure. La questione da porsi è quella di sapere se il
paziente, che soffre di malattia mentale, è realmente, in
ogni caso, nella situazione di potere occupare questa posizione
di partecipazione. Dispone delle competenze e delle informazioni
necessarie e sufficienti per agire come tale? Responsabilizzarlo
in una situazione in cui può difficilmente esserlo, non significa
a volte escluderlo dal programma di cura - in particolare
quando non rispetterebbe alcune norme del contratto, che costituiscono
una condizione della sua presa in cura in quest'istituzione
[5]. Qual’è inoltre la
sua libertà di scelta quando una sola proposta gli è fatta?
Si può allora riassumere alla libertà di accettare o rifiutare
una soluzione.
d. La rete può concepirsi come la mobilizzazione
e l'articolazione di una molteplicità di conoscenze e di competenze
attorno ad una situazione, mentre l'istituzione è costruita
piuttosto attorno ad una conoscenza in posizione di monopolio.
Come visto precedentemente, le istituzioni spesso funzionano
in rete ed il processo decisionale non è necessariamente chiarito
al livello della rete. Vi può essere quindi una tensione,
anzi un paradosso, tra la logica del funzionamento istituzionale
e la volontà, nell'ambito della rete, di sfruttare una pluralità
di approcci istituzionali, di discipline diverse, di farle
dialogare attorno ad un caso. L'istituzione, anche se può
essere pluridisciplinare, afferma di fatto generalmente la
superiorità di una conoscenza come punto di riferimento privilegiato,
quando si tratta di prendere una decisione. Nella maggior
parte delle istituzioni in salute mentale, una corrente psicologica
occupa il posto di "sapere di riferimento". Questa posizione
di riferimento può tradursi concretamente sotto varie forme.
Eccone alcune messe in evidenza dalle nostre osservazioni
sul campo in un'istituzione che si occupa di salute mentale
e funziona in rete:
1° Quando i professionisti tentano di teorizzare e costruire
modelli della loro pratica, una pratica a volte innovatrice,
"sviluppata empiricamente" sul campo, lo fanno in modo privilegiato
a partire dalla teoria o dalla conoscenza messa in posizione
di riferimento nell'istituzione. Nel nostro studio di caso,
è la conoscenza psicanalitica che occupa questa posizione.
2° Se si possono mettere in evidenza, nell'ambito dell'istituzione
che funziona in rete, processi di "scambi di conoscenze" tra
professionisti, sono in modo privilegiato i detentori di conoscenza
psicanalitica che trasmettono la loro conoscenza ai loro colleghi.
Gli altri professionisti, che non sono psicanalisti ma assistenti
sociali, psicomotricisti, animatori - trasmettono di rado
la loro conoscenza o una teorizzazione della loro pratica
agli altri.
3° I luoghi di riflessione dei partecipanti rispetto alla
loro pratica, come le supervisioni, i seminari, devono essere
psicanalitici. Quando la scelta di un supervisore si pone,
il responsabile dell'istituzione suggerisce ai suoi colleghi
invitati a nominarne uno, che questo sia tassativamente uno
psicanalista. Quanto ai seminari, dove il gruppo lavora su
testi, che gli permettono di riflettere sulla loro pratica,
di collegare teoria e pratica, i testi scelti sono, sulla
durata dell'osservazione, per la maggior parte psicanalitici.
Ovviamente, i vari professionisti del gruppo, che non sono
tutti formati alla disciplina psicanalitica, non possono avere
tutti lo stesso livello di conoscenza in questa materia, elemento
che è di natura tale da influire sulla loro legittimità per
prendere la parola sulla questione in questi luoghi.
Conclusione
Il funzionamento in rete fa oggi parte integrante del contesto
d'intervento in salute mentale. I professionisti sono portati
a pensare ed agire con logiche che superano la loro sola istituzione
e prendono in considerazione la rete: logiche orizzontali,
di collaborazione, d'incrocio degli approcci. Se il lavoro
in rete si presenta come un imperativo nell'ambito dell'istituzione
e al di là delle sue stesse frontiere, non eclissa pertanto
il modello di funzionamento istituzionale. Presentare nel
loro contesto le pratiche di coordinamento in rete nel settore
psico-medico-sociale ci insegna come il modello della rete
e quello dell'istituzione sono strettamente legati. La logica
di coordinamento in rete si inscrive sempre più profondamente
nella cultura, fino ad essere ripresa nella politica pubblica
di salute, come si vede con il caso del Belgio. A partire
da un'analisi delle pratiche, una serie di questioni e di
difficoltà possono essere messe in evidenza a proposito dell’operatività
delle pratiche di rete nel campo psico-medico-sociale, mostrando
che i professionisti della salute mentale che funzionano in
rete nel quadro di un'istituzione possono a volte essere sottoposti
ad ingiunzioni contradittorie. Infatti, gli imperativi del
funzionamento istituzionale e del funzionamento in rete che
coabitano oggi possono, a volte, incrociarsi e costituiscono
così il paradosso della situazione attuale.
NOTE
1] Indagine sul lavoro di
rete, tramite osservazione partecipante, condotta a partire
da un'istituzione attiva nel settore sanitario mentale, che
si è sviluppata mettendo il lavoro in rete al centro della
sua pratica. Per i risultati completi Cfr I. Deliége, Coordination
et articulation des savoirs dans un réseau psycho-médico-social:
étude de cas, (Coordinamento ed articolazione delle conoscenze
in una rete psico-medico-sociale: case study), Università
Cattolica di Louvain, Louvain-la-Neuve, maggio 2005.
2] Ci concentriamo qui sul
contesto belga. Cfr ALVOET M., en collaboration avec VANDENBROUCKE
F., Note de politique relative aux soins de santé mentale.
La psychè: le cadet de mes soucis?, publication du Ministère
de la Santé publique, de la protection de la consommation
et de l'environnement, Bruxelles, 2001.
3] Arrêté Royal du 22 octobre
2006 pour le financement des projets thérapeutiques en matière
de santé mentale. Moniteur belge du 6 novembre 2006.
4] Cfr. Dossier «Formaliser
les réseaux?», in Confluences, n.15, décembre 2006.
5] Associazioni di parenti
ed utenti criticano in particolare il fatto che i residenti
di «abitazioni protette», tipo di appartamento supervisionato
da operatori socio-sanitari, possano essere esclusi dall'abitazione,
in caso d'inosservanza della loro convenzione di soggiorno;
sostengono che se questa responsabilizzazione è auspicabile,
la malattia mentale, e l'handicap psichico che rappresenta,
possono al momento costituire in sé un ostacolo ed impedire
al residente di rispettare il contratto proposto. (DE MUNCK
J., GENARD J.-L., KUTY O., VRANCKENT D., DELGOFFE D., DONNAY
J.-Y., MOUCHERON M. MACQUET C., Santé mentale et citoyenneté.
Les mutations d’un champ de l’action publique, Gent, Academia
Press, 2003, p. 100)
BIBLIOGRAFIA
ALVOET M., en collaboration avec VANDENBROUCKE F., Note de
politique relative aux soins de santé mentale. La psychè:
le cadet de mes soucis?, publication du Ministère de la Santé
publique, de la protection de la consommation et de l'environnement,
Bruxelles, 2001.
DE MUNCK J., GENARD J.-L., KUTY O., VRANCKENT D., DELGOFFE
D., DONNAY J.-Y., MOUCHERON M. MACQUET C., Santé mentale et
citoyenneté. Les mutations d’un champ de l’action publique,
Gent, Academia Press, 2003, p. 43-67.
DE MUNCK J., «La médiation en perspective», in Les carnets
du centre de philosophie du droit, n.15, Juillet 1993, p.
30.
DELIEGE I., Coordination et articulation des savoirs dans
un réseau psycho-médico-social: étude de cas, Université Catholique
de Louvain, Louvain-la-Neuve, mai 2005.
FLEURY M.-J., OUADAHI Y. «Stratégies d’intégration, régulation
et moteur d’implantation de changement», in Santé mentale
au Québec, numéro spécial sur les réseaux intégrés de soins,
27 (2), 2002, pp. 16-36.
GENARD J.-L., «Ressources et limites des réseaux», in La Revue
Nouvelle, n.10, tome 117, Octobre 2003.
newsletter subscription
www.analisiqualitativa.com