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M@gm@ vol.4 n.2 Avril-Juin 2006
IL PATRIMONIO DI UN TERRITORIO: SAPERI E PRATICHE LOCALI, UNA PRIMA ESPERIENZA
Orazio Maria Valastro
valastro@analisiqualitativa.com
Presidente Osservatorio dei Processi
Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com);
Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches
Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur
l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry''
di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi
René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale
e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane
e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico
della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université
de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio
di Sociologia Professionale (Catania).
ELABORAZIONE
PROFILO ANTROPOLOGICO CULTURALE
(Ricerca realizzata tra il settembre del 2004 ed il febbraio
del 2005, promossa dal Servizio di Promozione Prevenzione
e Integrazione Sociale, finanziato dal Programma d'Iniziativa
Comunitaria (PIC) del Comune di Misterbianco (Catania-Italia),
realizzato dal Consorzio Sol.Co. di Catania, dalle Cooperative
sociali Spazio Bambini di Catania e Marianella Garçia di Misterbianco)
Premesse
Le aree oggetto della ricerca sul campo si riferivano alle
tradizioni, al folclore e alla storia del Comune di Misterbianco
e delle sue frazioni. Le feste, le sagre, i miti ed i riti,
insieme alla rilevanza di alcuni recenti eventi storici e
la transizione storica attuale, sono l’oggetto specifico del
profilo antropologico culturale.
Un’analisi antropologica culturale dell’esperienza sociale
e storica di una comunità locale si fonda su alcune premesse:
• le tradizioni e il folclore sono l’espressione di una coscienza
storica e la manifestazione di un’appartenenza alla Comunità;
• i miti sono delle configurazioni sociali che si trasformano
e diventano risposte singolari della Comunità;
• le manifestazioni religiose sono l’espressione culturale
della Comunità;
• la Comunità è intesa come risultante di una storia specifica
dove il vissuto e le reazioni della popolazione sono inoltre
rapportate ad eventi recenti e significativi.
La raccolta dei dati necessari all’elaborazione del profilo
antropologico culturale è tracciata nella scheda in basso.
Rispetto a questa programmazione si è data più rilevanza ai
focus group, situandoci con questa modalità nell’approccio
dell’impianto complessivo della ricerca sul campo sui profili
della comunità: produrre delle conoscenze partecipate e condivise
con gli attori della comunità locale.
Fonti pubbliche | Archivi, documentazioni di vario tipo, uffici competenti, etc. |
Interviste a testimoni chiave | Persone esperte con competenze specifiche |
Testimonianze | Associazioni, gruppi religiosi, realtà significative del territorio |
Focus Group | Categorie sociali eterogenee e fondamentali |
Tabella n.1: raccolta
dati
Gli strumenti di rilevazione che sono stati privilegiati per
acquisire i dati qualitativi, sociali e storici, della comunità
locale, sono indicati nella prossima tabella.
Fonti Pubbliche | Elaborazione schede sinottiche e analitiche |
Interviste a testimoni chiave | • Registrazione su nastro magnetico delle
enunciazioni orali • Riprese con videocamera • Trascrizione parziale degli enunciati orali |
Testimonianze | |
Focus Group |
Tabella n.2: strumenti
di rilevazione
RIFERIMENTI ANALITICI INTERPRETATIVI
“Queste cose avvengono con il tempo perché non ci si riconosce
nel territorio, non c’è questo intercalare tra territorio
e quello che uno sente a pelle”
(focus group)
I riferimenti analitici interpretativi ci aiutano ad esaminare
e considerare con gli attori della ricerca i dati e le conoscenze
prodotte:
• ci riferiamo essenzialmente ad una socio-antropologia dell’immaginario,
del simbolismo in atto nelle rappresentazioni e nelle pratiche
degli individui/gruppi sociali della Comunità;
• riportandoci inoltre ad un’ermeneutica sociale, la descrizione
delle condizioni sociali storiche da cui emerge e si struttura
il vissuto della Comunità.
Abbiamo valutato importantissimo riferirci ad una lettura
comprendente della comunità locale in grado di descrivere
e restituire l’esperienza sociale degli attori locali, il
vissuto che implica, rispetto ai temi considerati, il simbolismo
ed i valori che emergono da questa esperienza e caratterizzano
un’appartenenza al territorio ed alla comunità che non è data
solamente dalle norme costitutive che amministrano e gestiscono
il territorio.
Il senso dell’appartenenza al territorio non è dato alla fin
fine da una semplice condizione amministrativa, la residenza
a Misterbianco, si tratta di qualcosa di più. E’ quello che
ci restituisce la seguente frase, espressa durante un incontro
con alcuni abitanti di Misterbianco, ed è quanto cerchiamo
di considerare iniziando ad elaborare un’interpretazione condivisa
e partecipata dei contesti di vita e dei significati che gli
individui ed i gruppi sociali attribuiscono al loro sentirsi
parte di una comunità.
IL TRAGITTO ANTROPOLOGICO
Individuo | Universo | |
Psiche | Cosmo | |
Singolare | Universale |
Schema n.1: tragitto
antropologico
L’asse antropologico proposto da Gilbert Durand, ponendosi
come alternativa possibile alla classica opposizione tra interiorità
ed esteriorità ontologica, dove l’interpretazione delle manifestazioni
sociali è data da un unico principio fondamentale, le pulsioni
degli individui o le intimazioni dei loro contesti di vita,
ricongiunge questi due principi attraverso una genesi reciproca
del sociale situata tra l’ambiente materiale e le pulsioni
degli individui.
Gilbert Durand definisce così il tragitto antropologico: “l’incessante
scambio che esiste al livello dell’immaginario tra le pulsioni
soggettive e assimilatrici e le intimazioni oggettive provenienti
dall’ambiente cosmico e sociale”. Il riferimento specifico
all’immaginario sintetizza e unisce le pulsioni, i desideri
e le stesse prospettive presenti in qualsiasi esteriorizzazione
umana, sia essa individuale e collettiva. “Quello che uno
sente a pelle”, situando la pelle come involucro verso l’esterno
rispetto alla nostra interiorità individuale, definisce questo
necessario ricongiungersi dei due poli dell’asse antropologico
inteso come consapevolezza di un percorso complesso della
comunità vivente, del suo interagire e far parte di una comunità.
La società, come sosteneva Roger Bastide, non è solo un insieme
di norme strutturali ma è anche un insieme di simboli e di
valori che hanno un’origine sociale, e la loro stessa diversità
è dovuta al riprodursi e alla differenza delle situazioni
sociali. Noi non camminiamo perché bisogna camminare, contrariamente
quindi a quello che affermava Emile Durkheim e seguendo l’invito
di Michel Maffesoli, bisogna dare importanza all’esistenza,
alla vita stessa che modifica i modelli di riferimento. E
all’interno di un altro processo dialettico che traccia due
ulteriori antinomie che si confrontano società istituente
e società istituita, citando Cornelius Castoriadis, dove la
comunità vivente emerge da questo tragitto antropologico insieme
all’immaginario sociale che agita gli individui e la società.
Si distingue e si afferma una società istituente depositaria
di nuove pratiche e motivazioni, di fronte alla società istituita
retta da norme e principi ormai messi in discussione.
IL PATRIMONIO DI UN TERRITORIO:
saperi e pratiche locali, una prima analisi interpretativa
La raccolta di fonti pubbliche e l’incontro con dei testimoni
privilegiati e i gruppi di discussione animati sul territorio,
i focus group, hanno permesso di classificare i momenti collettivi
più significativi e condivisi dalla comunità. Ci sembra indispensabile
sottolineare una duplice realtà rispetto a queste manifestazioni
della comunità, considerando altresì le finalità del progetto
“Polis”. Esiste un importante e significativo patrimonio locale
inteso come insieme di beni e di tradizioni, riconosciuto
e vissuto in modo diversificato rispetto a generazioni differenti,
ma vi è anche una difficoltà a riconoscersi in questo stesso
patrimonio da parte degli attori locali che vivono nella periferia,
rendendo più problematica un’integrazione tra il centro di
Misterbianco e le sue frazioni.
L’idea di patrimonio locale inteso come insieme di beni e
di tradizioni, riconosciute in quanto fondamentali, rappresenta
un valore ed ha una valenza rispetto all’eredità culturale
e spirituale di una comunità. Questo non implica solo il passato
storico e sociale di un territorio ma anche il presente, l’agire
delle comunità nel presente e in prospettiva del proprio futuro,
un agire capace di anticipare delle strategie rispetto a questo
stesso futuro. Alcune di queste strategie sono la salvaguardia
e la conservazione dei beni della comunità, dei luoghi simbolici,
espressione dell’angoscia di un territorio per la scomparsa
della collettività e della sue tracce, della sua stessa memoria.
Una memoria che raffigura anche l’avvenire: non c’è futuro
senza memoria, e questo stesso futuro emerge con nuovi e inediti
significati e aspettative.
L’identità di un territorio, il centro di Misterbianco e le
sue frazioni, e il senso di appartenenza dei residenti alla
propria comunità locale, non può esistere al di fuori del
patrimonio comunitario che vive e si esprime attraverso il
passato e, al tempo stesso, non può sussistere al di fuori
di un presente capace di dare vita a nuove forme di socialità,
aprendosi verso l’avvenire e il futuro della comunità. Il
patrimonio è intessuto di saperi e tradizioni, un reticolo
di segni simboli e immagini, un insieme di dispositivi sociali
che regolano e definiscono l’unità sociale, aiutando una collettività
a riconoscersi e identificarsi come insieme comune di esistenza
ed elemento di formazione del proprio futuro. In questa accezione
ci sembra possibile valorizzare e recuperare un ricco patrimonio,
condividendolo tra generazioni differenti e storie sociali
diverse.
Gli individui agiscono e sono guidati dai contesti nei quali
si evolvono. Analizzare quindi le condizioni territoriali
della formulazione dei discorsi espressi dagli attori locali,
caratterizzata dal rapporto tra il centro e le sue frazioni,
significa collegarsi anche alle condizioni più intime di esistenza
degli attori locali, riflettendo inoltre sul fatto che il
senso di appartenenza attribuito al territorio è sempre locale,
cioè non generalizzabile al di fuori di questi stessi contesti.
Stiamo realizzando pertanto una ricerca sul campo che si collega
ad una sociologia del particolare e del quotidiano.
La produzione condivisa di conoscenze, nella prospettiva di
contribuire alla trasformazione sociale e allo sviluppo della
comunità locale, considera questa relatività e temporalità
delle comunità e del loro vissuto, confrontarsi con delle
comunità viventi in società. E’ per questo che lo sviluppo
e l’integrazione sociale di una comunità non si configura
come un risultato conforme a dei programmi o dei progetti,
se non si tenta di “consolidare l'essere insieme, quello che
costituisce la solida trama della socialità: comportamenti
quotidiani, ritualità, tutto quello che consente di mettere
insieme, di agglutinare, le persone implicate nel processo
di sviluppo” (Georges Bertin). Se non si tenta di condividere
una maggiore consapevolezza del nostro passato e del nostro
patrimonio collettivo, verificando il senso e le forme di
socialità che le diifferenti generazioni attribuiscono al
vivere sul territorio e appartenere ad una comunità, riflettendo
sulle prospettive future di queste stesse manifestazioni sociali.
REPORT WEB:
il repertorio demologico e la ricerca sul campo
Alcune osservazioni rispetto al report web, realizzato tramite
la costruzione di alcune pagine web, integrabili all’interno
del sito del progetto “Polis”. Si tratta di una modalità di
presentare un rapporto sul profilo antropologico culturale
che tende a mettere in risalto una specificità insita nell’approccio
seguito: collegare tradizioni, saperi e pratiche locali, con
il vissuto degli individui e dei gruppi sociali, della loro
storia sociale.
Un sito web, o altra forma di presentazione pubblica, che
presenti in modo strutturato le tradizioni locali più significative,
rapportandole alla conoscenza che di queste manifestazioni
culturali e sociali ne hanno gli stessi attori locali, attraverso
degli strumenti e degli approcci che hanno origine con questi
incontri e gruppi di discussione sul territorio per svilupparsi
attraverso altri strumenti e approcci qualitativi, è in definitiva
una proposta di lavoro che può perseguire quelle finalità
insite nella ricerca azione e nella ricerca sul campo integrate
in una prospettiva di sviluppo della comunità.
Il repertorio demologico, la presentazione delle tradizioni
e del folclore locale, le feste e le sagre, i miti ed i riti,
strutturato attraverso delle sezioni che presentano delle
schede sintetiche di queste manifestazioni locali, è suddiviso
seguendo una mappa tematica:
• una sezione che differenzia per categorie alcuni eventi
significativi, le cerimonie e i riti religiosi, le sagre e
le feste, i canti locali;
• un calendario che presenta a seconda dei mesi dell’anno
solare i momenti significativi della comunità;
• una mappa che rappresenta come questi stessi eventi si distribuiscono
e sono presenti sul territorio di Misterbianco centro e delle
sue frazioni.
La rubrica dedicata alla ricerca realizzata tramite i focus
group, presenta gli elementi più significativi emersi dagli
incontri che caratterizzano il senso condiviso dell’appartenenza
al territorio.
La rubrica dedicata agli eventi storici presenta gli eventi
più significativi che hanno influenzato l’esperienza sociale
degli attori locali.
Riferendomi al necessario collegamento tra tradizioni, saperi
e pratiche locali, con il vissuto degli individui e dei gruppi
sociali, della loro storia sociale, si coglie con più immediatezza
questo legame con tutte le connessioni che comporta, se nello
stesso tempo concepiamo questa presentazione come uno strumento
necessariamente da sviluppare:
• ampliarlo rispetto alla complessità della realtà locale
e dei vissuti e delle esperienze locali;
• approfondirlo rispetto al significato che gli individui
ed i gruppi sociali attribuiscono agli eventi più significativi
della loro comunità, alle tradizioni locali, analizzando come
le giovani generazioni si identificano con queste tradizioni
e con il territorio, come si proietta infine una comunità
verso il proprio futuro.
FOCUS GROUP:
la ricerca azione partecipata e qualitativa
La ricerca sul campo ha privilegiato i focus group come momento
specifico per rendere partecipi gli attori locali in prima
persona nella produzione di conoscenze e saperi locali sulle
tradizioni e la storia del territorio, il confronto e la condivisione
di analisi sul vissuto della comunità. I partecipanti al focus
group rappresentano la comunità, i cittadini residente nel
territorio di Misterbianco, Misterbianco centro e le sue frazioni,
e sono dei protagonisti della vita della stessa comunità locale.
L’argomento oggetto della discussione di gruppo, un confronto
facilitato e coordinato dal ricercatore e dagli animatori
del territorio, era quindi la conoscenza personale dei partecipanti,
diretta o indiretta, riguardo la storia locale, le tradizioni
e le festività popolari della comunità.
I focus group realizzati hanno interessato tutto il territorio
della comunità locale, un focus group per le seguenti zone
(Misterbianco-Catania):
• Zona Misterbianco Centro;
• Zona Poggio Lupo e Serra;
• Zona Lineri;
• Zona Monte Palma;
• Zona Belsito.
Hanno partecipato 39 persone, residenti a Misterbianco centro
e nelle frazioni, realizzando una presenza di 8 persone in
media per ogni gruppo. La successiva tabella presenta una
configurazione per età e per sesso dei partecipanti.
Età | M | F |
17 | 3 | 3 |
21 | 1 | 2 |
31 | 4 | - |
41 | 2 | 2 |
51 | 5 | 4 |
61 | 4 | 3 |
71 | 2 | 1 |
81 | 1 | 1 |
91+ | 1 | - |
Tot | 23 | 16 |
Tabella n.3: partecipanti
ai focus group per età e per sesso
FOCUS GROUP:
temi significativi
Lo sviluppo urbano e demografico del territorio
Il territorio delle frazioni di Misterbianco è stato caratterizzato
da una crescita urbana e demografica particolare negli ultimi
venti cinque anni. Questi flussi demografici e la nascita
di nuovi insediamenti urbani sul territorio ha caratterizzato
delle condizioni sociali, economiche e culturali, specifiche
e particolari per tutte le frazioni di Misterbianco. Ne sono
un esempio l’esperienza di vita dei residenti dopo il loro
insediamento nelle frazioni, dei vissuti differenziati a seconda
delle generazioni e del loro radicamento nel tessuto sociale
ed economico.
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“Io volevo dire che il territorio di Misterbianco e le sue
frazioni non è altro che un’emigrazione di tanti catanesi,
in questo caso o comunque dell’interland stesso di Catania,
che si sono trasferiti in queste frazioni. Si sono trasferiti
nelle frazioni per motivi in un certo senso di necessità.”
“Venti anni fa non c’era niente o comunque poco. Le strade
erano tutte malmesse. Non cera un punto di aggregazione. Mancavamo
di tutto. Non c’era un autobus che passava, non c’era la farmacia,
non c’era nemmeno il panificio.”
“Le frazioni si sono sviluppate per un’esigenze di coloro
i quali abitavano nella città e che si sono fatti quattro
mura. C’è stato questo permissivismo di costruzioni abusive
e quindi si sono sviluppati questi cantieri. In alcuni casi
si sono sviluppati in modo ordinato, fortunatamente. In altri
casi si sono sviluppati in modo anomalo perché non hanno rispettato
le distanze. Non rispettare certe cose basilari alla fine
io dovrei avere un vantaggio per me ma uno svantaggio per
il mio vicino, ma a lungo andare questo ci si rivolta contro.
Fortunatamente oggi c’è un piano regolatore che garantisce
tutti: chi abita nel territorio, chi ha un terreno e deve
costruire e chi abita vicino a quel pezzo di terreno.”
“Non ci sono state tante iniziative. Ora si sta cominciando
a vedere qualcosa, perché prima non c’era niente. Non avendo
punti di riferimento c’era criminalità, spaccio, tutte cose
negative che non fanno bene né a noi né agli altri.”
“Inizialmente era difficile perché mia moglie era triste,
però ringraziando a Dio fino ad oggi stiamo combattendo.”
“Rispetto a venti anni fa qua con la macchina non si poteva
camminare, autobus niente. I ragazzi andavano a lavorare a
Catania e a volte se ne andavano a piedi da qua, dove c’è
il passaggio a livello, a piedi, per andare a lavorare.”
“Noi siamo in un certo senso la prima generazione che abita
qua nelle frazioni.”
“Oggi i ragazzi hanno più possibilità di prima. Venti anni,
venti quattro anni dopo, non sono come venti quattro anni
prima.”
“Il territorio è molto diverso da tanti anni fa. Chi abita
nel territorio, chi ha una casa di proprietà deve diciamo
stringere i denti per cercare di andare avanti. Certo le cose
sono sotto molti aspetti più rosee di tanti anni fa. Per questo
noi non ci riconosciamo nel territorio. Perché non ci siamo
nati sul territorio delle frazioni, quindi non siamo misterbianchesi
di nascita ma siamo misterbianchesi di adozione per questo
non ci riconosciamo nelle tradizioni locali, perché non ce
ne sono.”
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Il territorio: Misterbianco centro e le frazioni
E’ molto rilevante il sentimento di allontanamento e distacco
dal centro e da Misterbianco stesso manifestato dai focus
group delle frazioni.
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“Noi siamo abitanti di serie C.”
“Misterbianco a noi di Belsito ci chiamano gli ‘zaurdi’.”
“Malissimo. Scurdati do’ Signuri.”
“Facciamo parte di Misterbianco ma non ci pensa nessuno.”
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Le tradizioni locali
I territori relativamente giovani non permettono di identificarsi
con un patrimonio culturale e storico specifico, negando la
possibilità di costruire un’identità ed una appartenenza al
territorio. L’identità e l’appartenenza non sono formali,
queste investono il corpo sociale. Un esempio ne sono alcune
festività religiose che non sono sentite come proprie, non
vi è un riconoscimento culturale né condivisione profonda
di questi eventi. Si resta al contrario legati al territorio
di provenienza, da Catania ad esempio, conseguenza dello spostamento
demografico, e alle tradizioni di quel territorio.
La consapevolezza di vivere su di un territorio ancora giovani
da parte delle prime generazioni che si sono insediate nelle
frazioni di Misterbianco, si accompagna al ricordo delle tradizioni
contadine e al ciclo del tempo che le caratterizzava. Le tradizioni
dei territori di provenienza caratterizzano la cultura dei
residenti e primeggiano su quelle di Misterbianco, mentre
è il Carnevale un momento privilegiato di richiamo verso il
centro, momento simbolico di richiamo e di passaggio, fisico
e interiore, verso un evento da condividere e avere in comune
con il territorio.
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“Essendo le frazioni dei paesi diciamo ex novo non hanno delle
tradizioni locali, perché le tradizioni locali in un certo
senso non esistono. E perché non esistono? Perché noi non
siamo misterbianchesi. Lo siamo diventati. Metà della mia
vita l’ho trascorsa a Catania. Le tradizioni locali in cuor
mio non li sento.”
“Sono andato questa volta a vedere la festa di S. Antonio,
perché non c’ero mai andato. Ci sono andato perché incomincio
piano piano a sentire il territorio, intrinsecamente anche
per quanto riguarda la mia persona. Come tradizioni locali
purtroppo in effetti non ce ne sono, essendo il territorio
nuovo non si ha una corrispondenza di cultura verso quel luogo.”
“Essendo questi tutti territori nuovi, questo purtroppo ancora
non avviene. Secondo me questo potrà avvenire con un cambio
generazionale che sicuramente non sarà quello mio.”
“Come tradizioni locali nelle frazioni, a mio modesto avviso,
non ce ne sono radicate nel territorio. Se noi possiamo in
un certo senso fornire o creare qualche tradizione è perché
abbiamo un passato, un passato di provenienza di un contesto
sociale e in base a questo contesto sociale noi possiamo vivere
il territorio.”
“Il territorio si deve creare una sua identità perché non
esiste, non c’è un’appartenenza al territorio.”
“In questo momento a Serra non c’è tradizione.”
“Queste cose avvengono con il tempo perché non ci si riconosce
nel territorio, non c’è questo intercalare tra territorio
e quello che uno sente a pelle.”
“A Serra momentaneamente c’è qualcosa che sta nascendo, mi
posso anche sbagliare. Qualcosa che sta nascendo come produzione
di festività religiose.”
“Possiamo dire che qua vicino c’è la Madonna degli Ammalati
che in linea d’area non si trova neanche ad un chilometro.”
“E’ una festa religiosa molto sentita. C’è la famosa ballata,
la famosa cantata. Queste cantate e queste ballate non fanno
parte della nostra cultura di persone che abitano nelle frazioni.
Però, nonostante tutto, non dobbiamo discriminare Misterbianco
dalle frazioni.”
“Le tradizioni ancora non ci sono.”
“Le tradizioni erano quelle quando veniva il periodo di raccogliere
arance quello che c’era. Le tradizioni erano quelle, era tutto
campagna.”
“Qui c’erano aranci e limoni, non c’erano persone.”
“Sconosciamo. La nostra festa è Sant’Agata. Ci sentiamo ai
bordi.”
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L’esperienza delle donne nelle frazioni
Le donne che hanno vissuto nelle frazioni già dai primi anni
’70 e ’80, hanno vissuto questa esperienza con molta difficoltà,
un’esperienza segnata dalla condizione urbana e dalla loro
stessa condizione sociale di casalinghe.
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“Io non mi ci sono abituata.”
“Sempre a casa, sempre al chiuso. Sempre a casa. Poi dopo
tanti anni c’era questo centro, perché non vieni al centro,
si ma in questo centro non si fa niente, non si fa niente,
si fa una giocata a carte e stop.”
“Niente, a casa. Che facevo? Le cose di casa e basta, e stop.
La sera andavo a letto e basta. Ogni mattina mi alzavo e sempre
quella la vita. Che dovevo fare? Dove andavo? In nessun posto.
Se dovevo comprare qualcosa a Catania, scendevo a Catania.
Prendevo l’autobus, si andava alla pescheria a comprare il
pesce ma qui niente, non c’è niente.”
“Piangevo, non ci volevo stare i primi mesi, perché mi sentivo
chiusa. Io, abituata a Catania, che scendevo a piedi, me ne
andavo alla pescheria da sola.”
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La presenza e il ruolo della chiesa per la comunità
La parrocchia S. Carlo Borromeo, un esempio fra gli altri,
si confronta con un contesto sociale problematico, diventando
un punto di riferimento per molte famiglie e rappresentando
al tempo stesso una delle poche risorse della comunità locale,
un punto di aggregazione e di riferimento per le famiglie
ed i giovani.
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“Come punto di riferimento non c’era niente. La parrocchia
ha dieci anni, infatti, è nata con la venuta del Papa, dieci
anni fa. C’è degrado giovanile e familiare. In parrocchia
sono venute famiglie con tanti tipi di problemi, non avendo
punto di riferimento vengono in parrocchia.”
“I giovani stessi, non trovando un punto di riferimento cerchiamo
di aiutarli anche noi, non lasciarli nelle strade perché non
c’è niente.”
“Io in chiesa partecipavo quando ero piccolo, non c’erano
i campetti, non c’erano le piazze. Molti ragazzi andavano
lì, di mattina, specialmente la domenica o il pomeriggio.”
“Fortunatamente che ci sono questi campi, i campetti, queste
piazze, prima non c’erano.”
“Dall’uno al tre di novembre si fanno tre giorni di preghiera
in parrocchia.”
“Poi il quattro mattina c’è il giro della banda e il quattro
sera c’è la processione del Santo.”
“Tutte queste strade erano tutte quante a fondo naturale,
erano tutte da fare. Alle nostre spalle, tutto questo slargo
che noi vediamo vicino alla Parrocchia, la Parrocchia stessa
non ci poteva essere se non si riempivano tutti quei burroni
che si vedevano, perché c’erano dei veri e propri burroni,
dei fossati di quindici metri, dieci, otto, poco più, poco
meno, quindi era un territorio frastagliato, non composto,
non uniforme, che poi è stato riempito.”
“L’unica cosa che ci dà uno sfogo è la Chiesa.”
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Generazioni a confronto
La scelta delle prime generazioni che si sono insediate sul
territorio delle frazioni, è oggi considerata anche in funzione
delle giovani generazioni, mettendo in risalto le loro difficoltà
nell’identificarsi con il territorio di residenza, nel vivere
il quotidiano rispetto alle risorse del posto e ai loro stessi
interessi.
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“Io mi sono ambientato perché conosco tante persone che lavoravano
con me, ho trovato un ambiente di persone che conosco da venti
anni.”
“Anche Misterbianco stesso non è che offriva qualcosa per
i giovani, non c’erano locali, dovevi scendere a Catania,
a Misterbianco, Monte Palma, Lineri, zero.”
“Qui non è che c’era qualcosa, alle sette si poteva andare
a casa, non c’erano luci, non c’erano strade.”
“La sera non c’è una sala giochi, un posto dove andare a divertirsi,
finché c’era il campetto aperto si giocava a pallone, adesso
lo hanno chiuso.”
“Io ti posso portare la mia esperienza concreta, sono qui
dall’ottanta due, io mi sono ambientato molto bene, forse
perché ho avuto la fortuna, abitavo a Cibali vicino la Chiesa
di S. Luigi, di partecipare ai gruppi scout. Poi quando sono
arrivato ho continuato a frequentare la parrocchia. Io mi
sono ambientato bene ma così come dici tu ho conosciuto anche
persone che hanno fatto un certo tipo di vita, di strada.”
“Con queste piazze ci hanno rovinato. La notte si mettono
a gridare le ragazze, tutti, i maschi, non si può dormire.
Quella piazzetta era per incontrarsi i bambini, le persone
anziane, invece non è così. Non ha concluso niente.”
“Io non la vivo molto perché lavoro a Catania, usciamo la
mattina e torniamo la sera, il quartiere lo vivo molto poco.
Noi ci troviamo bene, siamo tranquilli, Catania è a due passi,
la sera è tranquillo.”
“I giovani vanno a Catania.”
“Vengono la sera per andare a dormire.”
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LA MEMORIA:
appartenenza al territorio e sviluppo locale
“Ricordare il passato, descrivere il presente, progettare
il futuro”
Mi sembra molto significativa questa frase, utilizzata per
presentare la manifestazione del carnevale del 2004 a Misterbianco.
Ricordiamoci le funzioni di questa festa: l’inizio di un nuovo
ciclo stagionale era segnato da cerimonie e feste, come quella
del carnevale, finalizzate a riattivare un senso di appartenenza
e di affidamento alla comunità, propiziandosi un futuro più
florido. C’è qualcosa di molto emblematico e simbolico nella
storia del carnevale di Misterbianco, tanto da rappresentare
effettivamente la massima espressione del folclore e delle
tradizioni locali che sostiene la partecipazione della comunità
e sollecita la sua capacità creativa, vivificando il senso
dell’appartenenza ad una collettività.
Al cambiamento storico e sociale con il subentrare di una
cultura industriale che ha modificato l’identità culturale
di un territorio e della sua realtà contadina, insieme al
benessere relativo e possibile di una condizione umana che
modifica i valori di riferimento di una comunità e il modo
di vivere e condividere questa stessa appartenenza, si affianca
l’evoluzione delle forme di espressione del carnevale sul
territorio.
Sono documentate le molteplici manifestazioni nel festeggiare
il carnevale.
• Prima degli anni '50: il "dominò", simbolo del carnevale
popolare, travestimento fatto in casa, sotto il quale si celava
la ragazza con cui si danzava sotto la sorveglianza elusa
della famiglia; "da callaussi", i costumi tramandati dai bimbi
più grandi a quelli più piccoli; il "cannaluvari supra i casi";
i "maccarruni a setti puttusa"; il "fistinu", il veglione
in cui culminava il carnevale.
• Alla fine degli anni ’50 e all’inizio degli anni ’70: il
"veglione".
• Agli inizi degli anni '80: i gruppi di carnevale che sentono
l'esigenza di dare stabilità alle iniziative.
L’incontro con i rappresentanti dei gruppi di carnevale, le
associazioni che organizzano e realizzano i carri e le sfilate
in costume, ci ha permesso di ricordare e descrivere il cambiamento
avvenuto agli inizi degli anni ’80. I gruppi di carnevale
erano l’espressione di un’altra generazione che interpretando
le nuove esigenze sociali e le trasformazioni culturali di
quegli anni, ha promosso e sviluppato l’odierna organizzazione
del carnevale.
Il carnevale, in una comunità dove il coinvolgimento e la
partecipazione sono un elemento problematico, proponendo la
sua funzione fondamentale in quanto forma di socialità sorgente
di energia e creazione, rinsalda la comunità esprimendo il
linguaggio della gioia e dell’immaginario dopo averne eliminato
il male. Era così in passato, basti ricordare le origini di
questa festa e le sua affascinante storia.
Il carnevale ha interpretato e immaginato il mondo rappresentando
conflitti manifesti e latenti. Basti pensare alle feste pagane
al tempo dei romani che esaltavano e onoravano i re di carnevale,
scelti tra gli schiavi. Queste furono riconosciute dalla Chiesa,
esaltandone il loro significato profondo, con la parola delle
sante scritture, attraverso l’esaltazione degli umili che
spodestano i potenti.
Un altro conflitto nella società medievale era riprodotto
ed espresso nella festa e nei giochi di carnevale quando i
personaggi allegorici si affrontavano, mettendo in contrapposizione
i valori della cultura popolare rispetto a quelli della cultura
sapiente. Il conflitto con la cultura dei sapienti, una cultura
religiosa per eccellenza poiché la Chiesa veicolava attraverso
le scuole e le università dei valori universali che ostacolavano
l’emergere di nuove forme di culture e non riconoscevano soprattutto
legittimità alla cultura popolare.
Il carnevale, situato rispetto al ciclo della quaresima e
della pasqua, ricorda inoltre il ciclo di natale, in continuità
con l'antica festa del sole che celebrava, attraverso l'accensione
di fuochi, l'intento di favorire e ravvivare la sua fiamma.
Anche questo ciclo aveva una festa chiamata la festa dei folli,
o festa degli innocenti, dove durante dodici giorni e dodici
notti ritornavano dal passato gli uomini bestia primitivi.
I religiosi eleggevano un vescovo buffone e celebravano in
una forma che rispettava l'ordinamento ecclesiale delle cerimonie
religiose: queste parodie erano spesso trasferite al di fuori
del contesto religioso attraverso delle processioni festose,
scatenando ogni sorta di manifestazione al loro passaggio.
L'asino era il simbolo dei più piccoli, dei deboli e degli
oppressi, e aveva un ruolo principale in feste dove vi era
l'inversione dei valori: queste feste erano un'occasione per
ridicolizzare l'alto ordine ecclesiastico.
Le figure simboliche del carnevale e le loro funzioni le ritroviamo
ancora oggi in alcune manifestazioni locali:
• il fuoco di carnevale;
• l’uccisione del carnevale;
• La sepoltura di carnevale.
Il fuoco di carnevale ha una funzione purificatrice: il fuoco
come agente purificatore consuma le brutte cose e il male;
il fuoco come espressione del sole è un agente di fertilità,
basti pensare ai salti dei giovani sopra il fuoco, per favorire
il matrimonio e avere dei figli.
La morte del re del bosco e il seppellimento di carnevale
hanno una funzione di fertilità: l'inseguimento di un uomo
verde ricoperto di foglie, o un uomo selvaggio, inseguimento
che avviene secondo diverse modalità, culmina nella sua uccisione.
La morte del re del bosco incarna lo spirito della vegetazione
e la sua capacità nel far crescere i raccolti. E’ indispensabile
preservare l'inevitabile declino della vecchiaia, incarnata
dalla natura stessa, per simbolizzare lo spirito che si indebolisce
e si rigenera in un successore.
La resurrezione e la figura dionisiaca di carnevale come funzione
rigeneratrice dove l'interramento simulato di un essere divino,
è la traccia di dioniso, dei riti e dei miti dell'Antica Grecia.
Un dio, come divinità della vegetazione del mondo inferiore,
che passa una parte dell'anno sotto terra e in questi antichi
riti il dio, rappresentato sotto forma di animale con corna,
era sacrificato in quanto nocivo alla vigna e questo rendeva
fertile la terra e la vigna stessa produttiva.
Il carnevale come aggregazione e socializzazione, svago e
allegria, oggi s’innova e si spettacolarizza ma rimane viva
la coscienza di una tradizione popolare attraverso la satira
espressa dai carri allegorici e la creatività delle sfilate
dei gruppi mascherati. Una festa che da sempre ha rappresentato
l’immagine delle condizioni sociali e culturali delle comunità
diventa elemento di sviluppo locale attraverso la valorizzazione
e il rinnovamento del patrimonio culturale di una comunità,
promuovendo la manifestazione e la città all’interno di un
circuito culturale e turistico regionale, nazionale ed internazionale.
L’inquietudine che hanno lasciato trasparire i responsabili
dei gruppi di carnevale, ponendosi il problema del ricambio
generazionale e del futuro del carnevale come tradizione,
nonostante il successo e delle manifestazioni sempre più manifesto,
ci ricollega ai cambiamenti sociali e culturali del territorio
e alle trasformazioni di questa festa. Riproponendo dunque
l’emblematicità di questa tradizione popolare, mi sembra opportuno,
rapportandoci inoltre alle problematiche relative al sentimento
di appartenenza al territorio, che sia determinante considerare
una valorizzazione della memoria.
Dai focus group alla memoria collettiva come patrimonio
locale
Quello che determina l’identificazione con un territorio è
la possibilità di potersi riconoscere nell’appartenenza ad
uno spazio sociale, appartenenza che ha bisogno di associare
la propria esperienza sociale e personale ad una realtà collettiva
che rivela la propria esperienza affettiva, professionale
e sociale. La memoria è quindi intesa come riscoperta e rivalorizzazione
di un territorio e di un patrimonio umano espresso attraverso
i riti, i costumi, le relazioni sociali, la produzione materiale
o intellettuale della comunità locale.
L’interesse per il patrimonio umano locale può vivificare
il legame con il vissuto personale e collettivo, attivando
una nuova circolazione e condivisione di saperi locali, valorizzando
forme di saperi locali della storia e della vita quotidiana
di una comunità, generando infine un’implicazione esistenziale
e mettendo in relazione degli elementi costitutivi dell’identificazione
con il territorio: l’appartenenza sociale e l’identificazione
esistenziale. Ricercare nella storia locale e nell’esperienza
sociale dei collegamenti e dei legami di un destino che è
in relazione a quello della comunità e del suo stesso futuro.
Il lavoro di ricerca e questa prima analisi provvisoria del
profilo antropologico culturale di Misterbianco, potrebbe
avere una sua conseguenza necessaria e coerente con le finalità
del progetto “Polis”: costituire dei laboratori territoriali
della memoria individuale e collettiva.
Privilegiare l’approccio biografico e narrativo per documentare
e valorizzare la memoria della comunità locale, creando un
archivio che possa diventare uno strumento per condividere
le fonti orali, documentarie e fotografiche, su differenti
supporti, audio, video e trascrizioni delle stesse fonti orali
e documentarie su supporti informatici. Condividere una molteplicità
di vissuti e di linguaggi all'interno di un processo di sviluppo
e di gestione partecipata della vita quotidiana. Animare sul
territorio l’interesse per la memoria ed il patrimonio culturale,
consolidando dei gruppi territoriali permanenti per la realizzazione
dei laboratori della memoria.
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