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M@gm@ vol.2 n.4 Octobre-Décembre 2004
IDENTITÀ E MÉTISSAGE: UMANI AL DI LÀ DELLE APPARTENENZE
François Laplantine, Identité e Métissage: umani al di là delle appartenenze, Milano, Elèuthera Editrice, 2004 - Postfazione al testo di Laplantine edito da Elèuthera
proposta dal curatore della traduzione della Casa Editrice
Carlo Milani
karlessi@ecn.org
Traduttore
(francese, spagnolo); collaboratore della coop Alekos (www.alekos.org),
Alekos.net; Editor e webmaster della casa editrice Eleuthera (www.eleuthera.it);
Complicità; RadiOwatta (www.inventati.org/owatta).
Tentando una sintesi
teorica di quanto esposto nei precedenti "Transatlantique"
(Payot, 1994) e "Le métissage" (in collaborazione con Alexis
Nouss, coll. Dominos, Flammarion, 1997), questo breve saggio
attacca l'identità e la rappresentazione in quanto nozioni
epistemologicamente povere, falsamente realiste, politicamente
reazionarie. La nostra epoca di "incertezza identitaria",
di "perdita dell'identità" è, secondo Laplantine, il momento
migliore per spazzare via questi due dinosauri concettuali,
retaggio della metafisica platonica e medievale, e riscoprire
la ricchezza del diverso, dell'incontro con l'altro. L'autore
cerca di dimostrare l'inconsistenza e l'inutilità ai fini
della ricerca nelle scienze sociali, e nell'antropologia in
particolare, di identità e rappresentazione, proponendo di
sostituirle con la nozione di métissage, meticciato.
L'identità non designa nulla se non il pieno, la presenza
metasifica dell'Essere, che da Parmenide a Platone a Heidegger
(passando per Descartes, naturalmente) ha dominato le riflessioni
filosofiche. Nulla si può dire dell'identità, se non che è
identica a sé stessa: null'altro al di là della tautologia
evidenziata da Wittgenstein. Si tratta quindi di una sfida
linguistica per dire l'altro, il diverso, la differenza con
cui l'antropologo viene a contatto e che non può essere ricondotta
all'identità: è "La pensée du dehors" che Blanchot, Deleuze
e Foucault fra gli altri sostengono. Contaminando i residui
positivisti delle scienze sociali con pratiche letterarie
(Kafka, Pessoa, Proust) e scientifiche (Einstein, fisica dei
quanti, matematica del caos), Laplantine mostra che la questione
dell'identità e della sicurezza identitaria si può porre come
rifiuto di confrontarsi con la mobilità del tempo e della
storia, denunciando il cosiddetto "droit à la difference",
che fa il paio con il politically correct, come origine del
differenzialismo, del ghetto: è il vagheggiamento di una mitica
purezza originaria che sarebbe da ricostituire per generare
la violenza del totalitarismo (il "generale" omogeneo e indifferenziato)
e del settarismo (il "particolare" uguale solo a sé stesso).
L'etnologo si confronta con l'altro e cerca di comunicarlo
in un atto di traduzione/tradimento da una cultura all'altra,
non di fedele riproduzione: le parole non aderiscono alle
cose, ma creano una realtà nuova, un nuovo punto di vista
sul mondo, percepito attraverso il corpo e il linguaggio.
Non riproduce, ma produce. L'attività linguistica non è rappresentazionale
e denotativa, ma creativa eperformativa. Al contrario del
realismo, e a maggior ragione dell'iperrealismo comunicativo
dell'informazione in diretta dei nuovi media, senza filtri,
immediata. L'ideologia dell'informazione procede verso una
derealizzazione, impoverisce la realtà: l'idea che tutto sia
codificabile, quantificabile, comunicabile senza ombre è illusoria,
è la rappresentazione, è la riproduzione senza fine dell'identico.
Bisogna quindi liberarsi dall'ontologia nascosta dietro il
realismo, facendo diventare le scienze umane un dominio del
modo minore deleuziano. L'ideologia dell'identità-rappresentazione
è l'illusione della crescita senza fine dell'io soggetto che
prende possesso della realtà, perfettamente autotrasparente
al linguaggio; è il riflusso verso un'origine trascendente:
il garante dell'unità del soggetto e della stabilità del linguaggio
e della storia è la Sostanza, l'Essere, Dio. Le scienze umane,
come la letteratura, devono invece sottolineare la distanza
e la differenza fra le cose e le parole, la realtà e i soggetti,
le contraddizioni non riconducibili all'Unità. Solo così l'etnologo,
dalla propria esperienza singolare sul campo, può abbozzare
una critica sociale antropologica e quindi una teoria dell'universale.
Pensare, parlare, scrivere in un'altra lingua possono sembrare
preoccupazioni buone solo per chi se le può permettere, "intellettuali",
"ricercatori" o come si vogliono chiamare quei pochi che usano
il pensiero, la parola, la scrittura per vivere. Nulla a che
vedere con i problemi di ogni giorno, con i bisogni della
"gente": lavoro, casa, amici ... e tuttavia la battaglia contro
l'identità e la rappresentazione non è affatto una disputa
sugli universali: è un incontro-scontro quotidiano e una prassi
propriamente libertaria. È una lotta per l'autonomia del pensiero,
affinché esso possa darsi da sé le sue leggi, senza alcun
riferimento trascendente. Il titolo del pamphlet diviene,
in quest'ottica, del tutto pertinente rispetto alla trattazione
teorica: la lotta per la realizzazione di un "essere umano
al di là delle appartenenze" viene condotta da un Io multiforme
e sfaccettato, inserito in un Noi, in quella collettività
grande o piccola cui ognuno appartiene, poiché nessun uomo
è un'isola che viene a contatto con degli Altri, con l'ignoto,
con ciò che non piace, con altre collettività, con il caos
del mondo. L'impoverimento autoritario del pensiero dell'identità
si situa all'opposto del progetto libertario di autonomia
in senso forte, individuale e collettiva, anzi, individuale
proprio perché collettiva e viceversa. Scritto nel 1998, quindi
prima degli spettacolari attentati negli USA e della sanguinosa
crociata securitaria contro il terrorismo, o meglio contro
"gli Altri" (e del giro di vite contro le libertà civili che
sta interessando l'intero pianeta), questo testo denuncia
con tragica esattezza i pericoli degli estremismi che derivano
dal rifiuto o dall'inclusione forzata: le ideologie totalitarie
e i settarismi identitari, che mai come oggi riprendono vigore.
Piccolo testo teorico, quindi, ma di enorme interesse pratico.
Si possono evidenziare almeno due tracce per una nuova rotta.
Innanzitutto, la storia abbozzata è percorsa dal filo rosso
dell'identità, filo di pensiero dell'unità e del potere, della
stabilità e dell'autorità che si autolegittima. La sua forza
sta nel cambiare senza mai cambiare, un po' come accade nella
Sicilia del Gattopardo: sempre nuovo e sempre uguale a sé
stesso, capace di rigenerarsi senza generare nulla di veramente
nuovo, non è la prima volta che l'inganno dell'identità viene
smascherato e non sarà l'ultima. Ciò significa che nessuna
conquista del pensiero meticcio del movimento, del pensiero
critico del cambiamento e della libertà, può essere data per
scontata, perché questo equivarrebbe alla stasi, ad arrendersi
all'identità con sé stessi e all'autorappresentazione di sé,
canto delle sirene mai sopito, che blocca le turbolenze della
realtà in uno schema fisso. Questo è tanto più vero oggi che
i diritti dei lavoratori sono messi in discussione dalla presunta
esigenza di flessibilità dei mercati e di libertà di movimento
dei lavoratori stessi; oggi che si attenta alle libertà civili
più elementari e ovvie col pretesto della "sicurezza" (guarda
caso, "sicurezza" contro gli Altri, i Diversi, gli esclusi)
e che l'essere umano inteso come progetto di libertà è schiacciato
da logiche di dominio che pretendono d'essere, con un gioco
di parole che sarebbe ridicolo se non fosse orribile, "liberali".
Insomma, profondo pessimismo per una storia che non è maestra
di nulla. D'altra parte, se la storia è creazione immanente
dell'essere umano, il quale immagina e crea il mondo con il
linguaggio, e allo stesso modo le proprie istituzioni e i
propri miti, non poteva essere diversamente. Gli individui
possono delegare ad altri la propria esistenza oppure essere
soggetti attivi del cambiamento. Di qui il secondo spunto,
e cioè l'enfasi posta sulla nostra epoca incerta e per questo
aperta a possibilità inedite. È la potenza creatrice dell'immaginazione
umana che permette di non disperare malgrado tutto. Anzi,
Laplantine appare ottimista, e lo afferma da ricercatore:
"c'è ancora tanto da fare". Allo stesso modo, il proliferare
incontrollato e incontrollabile di movimenti che riscoprono
l'ecologia e la critica sociale, la forza del pacifismo e
la contestazione anche violenta del nuovo ordine mondiale,
in un contesto sempre più collettivo in quanto reticolare,
tessuto di soggetti in movimento come non è mai avvenuto in
nessun'altra epoca, è un segno importante: se nessuna conquista
è per sempre, è però ancora possibile, forse adesso più che
mai, l'immaginazione radicale del cambiamento, la volontà
dell'insurrezione perenne.
SCHEDA BIBLIOGRAFICA
[
(François Laplantine / Identité e Métissage: umani al di là
delle appartenenze, Milano, Elèuthera Editrice, 2004. ]
Presentazione dell'autore
Insegna Etnologia all'Università degli Studi Lumière-Lyon
2; Codirettore insieme a J.B. Martin della collana CREA, Presses
Universitaires de Lyon; Membro del Consiglio Editoriale della
rivista Imaginario (Università degli Studi di São Paulo),
Campos (rivista di Antropologia Sociale dell'Università degli
Studi di Parana), Cahiers Scientifiques del MUseo di Storia
Naturale di Lione, Prétentaine (Università degli Studi di
Montpellier 3), Espaces latino-américains, Revue internationale
des Toxicomanies, X-Alta, Anthropologie et Sociétés (Università
degli Studi di Laval, Québec); Membro del Comitato di Lettura
della rivista Santé Culture Health (Università degli Studi
di Montréal); Consulente presso il Consiglio di Ricerche in
Scienze Umane del Canada; Consulente Scientifico del Museo
delle Culture del Mondo (inaugurazione prevista a Lione fine
2004).
INDICE DEL VOLUME
INTRODUZIONE
Due figure della conformità: la vanità dell'identità e il
carattere timorato della rappresentazione
CRITICA DELL'IDENTITÀ
I. L'inflazione identitaria: Povertà epistemologica ed efficacia
ideologica
II. Segni assoluti grondanti di verità
III. A proposito dell'onnipotenza
IV. Un pensiero dell'essere e non un pensiero dell'altro
V. La logica dell'avere: tutto questo mi appartiene
VI. Il riflusso verso l'origine
VII. La logica della sottrazione: restare in sé
VIII. Segnali di sconforto
IX. Il principio d'identità o la logica della non-contraddizione
X. I fantasmi della metafisica
XI. L'odio del tempo e della storia
XII. L'antinomia dell'identità e della temporalità: Pessoa,
Proust, Diderot, Montaigne
XIII. L'illusione dell'autonomia dell'autore e della costanza
del lettore
XIV. L'identità e la verità. L'antropologia e il linguaggio
CRITICA DELLA RAPPRESENTAZIONE
XV. Una concezione sostanzialista del reale
XVI. La finzione dell'unità e dell'identità del segno e del
senso
XVII. Una concezione strumentale del linguaggio
XVIII. Rappresentazione, descrizione e teoria della conoscenza
XIX. Una scrittura non differita
XX. Una scrittura della non-differenza (o indifferenza)
XXI. Rappresentazione scientifica e rappresentazione teatrale:
"comunicare" e interpretare
XXII. Critica dell'estetica della rappresentazione: l'arte
astratta e la scrittura di Samuel Beckett
XXIII. Critica della semiologia della rappresentazione: Austin
e gli "enunciati performativi"
XXIV. Riproduzione e trasmutazione
XXV. Il castello del realismo balzachiano e del neorealismo
etnologico
XXVI. Il contributo dei nuovi linguaggi della rappresentazione
al mite sterminio del senso
CONCLUSIONE
Al "fondamento" della "rappresentazione": l'"identità". Il
compito dell'antropologia: mettere in crisi queste due nozioni
BIOBLIOGRAFIA
Pubblicazioni:185 articoli diffusi in riviste francofone e
straniere; 22 saggi tra i quali:
- L'Anthropologie, Paris, Seghers, 1986 ; Payot, 1995, 32
fois réédité au Brésil;
- Anthropologie de la maladie, Paris, Payot, 1986, 1992, traduction
italienne, espagnole, portugaise;
- Les médecines parallèles, Paris, P.U.F., 1987;
- L'ethnopsychiatrie, Paris, P.U.F., 1988.;
- La table, le Livre et les Esprits (en collaboration avec
Marion Aubrée), Paris, J.-Cl. Lattès, 1990;
- Transatlantique. Entre Europe et Amérique latines, Paris,
Payot, 1994;
- La description ethnographique, Paris, Éd. Nathan, 1996,
1997, 1999, traduction roumaine et portugaise;
- Le métissage, (en collaboration avec Alexis Nouss), Paris,
Éd. Flammarion, 1997, traduction portugaise, 2003;
- Je, nous et les autres, Paris, le Pommier, 1999;
- Métissages de Arcimboldo à Zombi (en collaboration avec
Alexis Nouss), Paris, Éd. J.J. Pauvert, 2001, traduction espagnole;
- Anthropologies latérales. Entretiens de Joseph Lévy avec
François Laplantine, Montréal, Liber, 2002, traduction portugaise;
- De tout petits liens, Paris, Éd. Les Mille et une nuits,
2003.
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