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M@gm@ vol.2 n.4 Octobre-Décembre 2004
SOCIOLOGI IN ERBA, PROFESSIONISTI IN RUOLO
Valeria Pecere
valeria.pecere@libero.it
Laureata
in Sociologia; Centro Acoglienza Rifugiati Politici e Richiedenti
Asilo, Ostuni-Brindisi.
Non spetta fortunatamente
a me definire l'attuale ruolo, strettamente professionale,
della figura del sociologo. Quali le abilità che si suppone
egli abbia; quali le sue utilità in un contesto organizzativo;
quale il suo specifico ambito di azione. La laurea in Sociologia
mi ha fornito alcuni attrezzi di un mestiere. Lenti e strumenti
che mi hanno stimolato a considerare, prima che i diversi
significati del manifestarsi di specifiche forme di interazione
sociale, la necessità di procedere, in modo rigoroso, all'individuazione
di connessioni di senso, che circoscrivano il contesto in
cui si opera.
Il percorso lavorativo, a conclusione di quello universitario,
è fatto poi di quel m@gm@ di propensioni, necessità, casualità
e destino che è difficile accelerare. Le risorse umane (orientamento,
formazione, comunicazione, ricerca) e lo sviluppo territoriale
sono stati, per me, utili tavoli di lavoro, sui quali sperimentare
interazioni, facilitare consapevolezze, proporre contaminazioni.
Attraverso gli strumenti acquisiti, senza cercare spiegazioni
ultime ma innalzando progressivamente le probabilità di comprensione
di specifiche dinamiche, le realtà si scompongono e si disvelano,
alimentando rimandi visionari tra il particolare ed il generale;
premesse, a loro volta, per soddisfare rinnovate curiosità.
Entrare immediatamente in contatto con le informazioni, confrontare
ed estrapolare senso dalle aggregazioni, focalizzare significati
e bisogni, costituiscono lo stimolo ed il premio per ogni
attività di ricerca. E' però solo in alcuni colloqui, condotti
con fine conoscitivo su schemi non rigidi, che ci si riesce
a spingere oltre il traguardo dell'acquisizione di informazione
per cogliere tutto ciò che l'interlocutore legge in un particolare
frammento di realtà. E' lì che si raggiunge la dimensione
dell'esperienza, del contatto unico ed irripetibile proprio
di un'interazione, anche finalizzata, con la necessità di
sintonizzarsi sui sistemi di significato, sulle interpretazioni,
sulle chiavi di lettura e sui nessi logici che l'interlocutore
propone, intravedendo sullo sfondo le sue priorità esistenziali
ed, inevitabilmente, considerando le proprie.
Un metodo, dunque, che parte dalla conoscenza e vi ritorna,
il cui fine ultimo però, per me, è forse la promozione del
cambiamento, nello stesso gioco di rimandi visionari che riconoscono
in un sorriso provocato, nell'accompagnare un racconto, nello
stimolare una riflessione, nel facilitare una comprensione,
delle buone premesse in sé, indipendentemente dall'analisi
dei dati. Non me ne vogliano i Maestri per le mie esemplificazioni.
In un percorso professionale fatto di esperienze molto diversificate,
ripercorro il filo conduttore che ho attribuito ai miei studi
sociali, peraltro non adeguatamente approfonditi.
E' frequente, se si cerca nel lavoro quanto espresso, cogliere
occasioni di scambio significativo. Attraverso alcuni frammenti
di testimonianze proverò a trasmettere, a mia volta, alcuni
spicchi di senso cercando di riprodurre i colori e i suoni
del vissuto degli interlocutori che ho incontrato in tre particolari
contesti.
1. Raccolta di interviste in profondità volte a sondare
la percezione della violenza/maltrattamento ai danni delle
donne nella città di Brindisi (2003, Rete antiviolenza tra
le città Urban- Italia).
"... Nella fascia d'età compresa tra i sedici ed i diciannove
anni, facendo l'insegnante di una scuola media superiore a
prevalente utenza femminile, i casi di violenza sono numerosi.
Violenza psicologica: soprattutto di genitori nei confronti
delle figlie, in termini di autorità, di imposizioni di regole,
anche con l'utilizzo di mazzate; ma anche dei fidanzatini
nei confronti delle fidanzatine, proibizioni inaudite, che
sembrano di tipo medioevale e sono del 2003, per esempio impedire
loro di partecipare alla festa di fine anno con i professori
e le compagne di classe o non farle uscire la sera con nessuno
se non con lui ("il fidanzatino"), pertanto se questi impegnato,
si può uscire solo il Sabato o la Domenica ... Cioè, c'è un
atteggiamento in una fascia, più estesa di quanto ognuno di
noi può o vuole immaginare, di ragazze completamente dedite
all'amore in termini di sottomissione totale ... Almeno due
o tre casi di violenza fisica subita nell'infanzia sono emerse
nel racconto autobiografico. Io credo molto nella pedagogia
narrativa, per cui avvio sempre con le ragazze degli elementi
autobiografici, sin dalle terze classi; è un modo per conoscerle
e per le ragazze per farsi conoscere ..."
"... Io, come operatrice (ass. soc. Comune) sono molto triste.
Vivo molto lo scarto di una rete che non c'è ... Da parte
delle donne c'è sempre stata una certa tolleranza, come la
chiamo io, nei confronti dei comportamenti anche sbagliati
degli uomini, sempre in attesa che ci possa essere una ripresa,
un miglioramento, questa è la cultura tramandata ... Se si
arriva alla separazione per colpa della donna, qualsiasi siano
le ragioni, non c'è comprensione, perché c'è lo stigma della
donna che può sempre aspettare, sopportare prima di prendere
decisioni così drastiche ed in fondo se la cosa non va bene
è colpa sua; mentre l'uomo è sempre la vittima e viene accolto
in casa, nella famiglia d'origine, perché è stato sfortunato
... Solo da qualche anno la donna sembra essere più consapevole.
Salvo poi tirarsi indietro magari quando si arriva nella fase
del provvedimento, perché va spesso incontro a problemi concreti:
aveva una casa che non ha più, aveva il suo ruolo con i figli
e la famiglia e non lo ha più e spesso ha anche il problema
di non avere un lavoro e dove andare a dormire, perché le
famiglie di origine delle donne difficilmente accettano di
buon grado una separazione, soprattutto se voluta dalla donna
stessa ..."
Operatore SIM- "..E' un elemento di stretta attualità, Voglio
dire, il mobbing, ad esempio è forse l'ultima forma che è
stata messa in evidenza e si tratta purtroppo di un fenomeno
dilagante ..."
Medico (donna) Consultorio- "... Certe cose magari all'inizio
sono piacevoli anche come rapporti di coppia, e poi dopo quando
non va bene ad uno dei due diventa violenza ... (!!!)"
"... Ricordo (Avvocato consultorio-uomo) un caso eclatante
in cui una ragazza di 12, 13 anni, molto carina ha subito
violenza carnale ed ha manifestato una richiesta di aiuto
al consultorio dicendo - Se non mi portate via dalla mia famiglia
e dall'ambiente in cui vivo io finisco male - . Questa ragazza,
alla sua tenera età, aveva già spacciato e consumato droga,
subito violenza, davanti ad una famiglia che preferiva far
finta di non avere visto e di non sapere ... Questa richiesta
di aiuto mi ha francamente stupito, perché di solito uno in
queste cose ci vive e ci rimane ... Il rimedio che la struttura
ha potuto mettere in piedi è stato di spedirla in una casa
famiglia, che dalle parti nostre non mi sembra che siano molto
accoglienti nel senso più proprio della parola. Lì pare che
abbia iniziato un'altra storia con un altro ragazzo, ha sostanzialmente
abbandonato la scuola ... Francamente il futuro di questa
ragazza che è emblematico, non mi sembra che, nonostante siano
intervenuti i servizi, possa essere molto migliore di come
si prefigurava nella sua piccola società ..."
Assistente sociale Comune "... Dopo un rapporto molto forte,
di 20 anni, con l'uomo con cui conviveva, proprio vittima-carnefice
o qualcosa del genere, la donna si è trovata ad essere allontanata,
a perdere il legame, a perdere tutto ciò che poteva essere
comunque un tessuto sociale più o meno di supporto che aveva
in città, per andare fuori regione in un posto dove non conosceva
nessuno, dove ha dovuto cominciare tutto daccapo, dove non
è riuscita a cominciare tutto daccapo. E' rientrata dopo due
anni e si è trovata in una situazione di estremo disagio,
di estrema difficoltà, perché il supporto dei servizi non
c'era più ... Il problema è quello, comunque, di non avere
una rete che riesca a supportare le donne in questo discorso
di autonomia, per programmare un intervento insieme a tutti
gli altri servizi, insieme al terzo settore, insieme a qualsiasi
cosa possa essere di supporto a questa donna. Quindi questi
tentativi, questi atti di coraggio, non sono stati compensati
da un adeguato intervento ... Ora c'è anche un maltrattamento
di altro genere, dei legami particolari strani, che sono dei
legami molto forti, però di amore odio ... Che non arriva
ai servizi, che raccontano donne che lavorano e può essere
fatto di sentirsi sempre inferiore con lui che ti dice - tu
non capisci, tu, non sai, tu non dici - ..."
2. La raccolta, attraverso una griglia semantica, di testimonianze
che chiarificassero lo stato contemporaneo del rapporto tra
gli adolescenti e l'uso di sostanze psicotrope nella provincia
di Brindisi, per l'attivazione di strategie di prevenzione
(2003-2004, Fondo nazionale lotta alla droga).
D.J. radio/discoteche-"... Adesso ci sono tutti questi ragazzini
bendisposti a sperimentare nuove droghe, anche perché sono
molto diffuse ... La discoteca è funzionale a certe droghe,
ma dovunque ci sono giovani c'è qualcuno che spaccia droga,
anche in un bar dove magari i ragazzi si incontrano sempre,
c'è qualcuno che spaccia il fumo, c'è chi ha le pasticche,
chi ha la cocaina ... C'è un discorso anche di status symbol,
come nella vita, come può essere la macchina, il vestito di
marca, il telefonino all'ultimo modello, la droga risponde
alle stesse esigenze ... Penso la serata si cominci con la
canna, nel tragitto per la discoteca con gli amici ti fai
le tue canne, cominci a bere qualcosa, in discoteca ti cali
la pasticca, poi là si vede, dipende da come vivi la situazione
se continui a bere, non bere, a calarti, se trovi qualcuno
che ti offre qualcos'altro, perché c'è, in discoteca, questa
cosa della comunità, quasi, dove ci si offre, quando si ha,
molto volentieri ... Guarda, anche con una semplice pasticca
puoi andartene, anche perché non sai cosa c'è dentro ... Così
come con gli acidi, gli acidi forse è un po' diverso, perché
l'L.S.D. bene o male è quello, quindi chi prende i cartoni,
ci sono quelli più forti, quelli più blandi, ma alla fine
l'acido è quello ... I rischi sono che non sai come ti può
prendere, bisogna tenere conto di tanti fattori che hanno
a che fare con come sta il tuo fisico in quel momento, come
stai tu di testa, anche, perché queste droghe prendono la
tua testa, la tua psiche, la tua mente, i tuoi pensieri, le
tue paure, le tue frustrazioni, te le amplificano, te le distorcono,
te le trasformano, te le ingigantiscono, te le rimpiccioliscono,
ti senti superman, ti senti merda, cioè, da un momento all'altro,
quindi il rischio c'è sempre ... Poi dipende da come stai,
non è neanche un qualcosa che puoi andare a misurare, o puoi
andare a controllare, perché tu, magari stai a posto, ma il
realtà il tuo fisico non sta a posto, sta reagendo a qualcosa,
la tua testa non sta a posto, hai problemi, quindi il rischio
di rimanere di sotto c'è sempre e comunque ... E ne conosco
tanti ... Se uno, per dire, è finito il week end e già dal
lunedì comincia a pensare - Adesso devo aspettare fino a sabato
prossimo per tornare a ballare, calarmi e quant'altro - ...
Se una droga diventa priorità, quando diventa una priorità,
lì c'è da preoccuparsi, bisogna veramente far suonare le campane
dell'allarme ... Chi si droga non ha problemi, non per forza,
per lo meno e non più di altri, è perché lo sballo è bello
... Se tu prendi ad esempio l'ecstasy o un acido, ed invece
di ascoltare, che ne so, la musica da discoteca, ascolti qualcosa
che ti piace, perché stai con gli amici, stai in mezzo alla
strada, l'effetto è lo stesso. I brividi sulla pelle ti verranno
lo stesso, perché comunque tu stai vivendo qualcosa di alterato,
cioè, le tue sensazioni sono amplificate, è tutto amplificato,
il tipo di musica che ascolti non è fondamentale ..."
Direttore radio- "... Il consumo dell'alcool come una cosa
tranquillamente percorribile, quotidianamente, è una cosa
che non mi piace; si cerca di allargare la fascia dei consumatori,
di estendere il consumo a fasce che solitamente non consumano,
abbassando anche la soglia dell'età ... E' il concetto, fatto
passare attraverso la promozione di bevande alcoliche dalle
bottigliette carine, colorate, sempre in atmosfera di festa,
che uno si debba divertire esclusivamente attraverso l'assunzione
di qualche sostanza esterna. Io non sono un bacchettone, penso
che il giusto consumo se uno voglia può procurarselo di qualsiasi
cosa, tranne che delle cose di cui può essere dipendente il
giorno dopo la prima assunzione. Però, che una società decida
di intossicare coscientemente intere popolazioni di giovani
e di renderle dipendenti, quanto meno psicologicamente, dal
consumo o la moda di quella bevanda ..."
Operatrice sociale- "... Comunque, i genitori gli garantiscono
un tetto ed un pasto. Loro lo sentono il disagio, perchè un
po' di sclero alla fine i ragazzi lo vivono. Non sono tranquilli
durante la settimana, non è che vivono come angioletti, alla
fine l'ecstasy ti brucia il cervello, la cocaina ti irrigidisce
anche mentalmente, quindi scatti, ti innervosisci come niente.
Per accontentarli, per tenerli vicini a loro, gli danno i
soldi, comunque gli garantiscono un minimo di sopravvivenza.
La casa, il piatto, le robe stirate, i soldi per le uscite."
Insegnante scuola superore (gestore enoteca)- "... E' come
se negli anni compresi tra i 16 ed i 19 anni, fino alla maturità
e poco dopo, venisse loro tolto qualcosa, venisse creato un
vuoto nel loro percorso di consapevolezza, di conoscenza di
se stessi ... Vestono tutti allo stesso modo, sono tutti belli
e uguali, come il/la leader del gruppetto ... Ed è questo
il vuoto che cercheranno di recuperare e spesso pagheranno
con una scelta universitaria che capiranno essere sbagliata,
ed ancora oltre, fino a trovarsi poi a trent'anni senza averlo
mai colmato e senza aver deciso o capito il loro ruolo o neanche
le loro aspirazioni. E potrei farti molti esempi di questo
tipo, di persone che a quell'età sono bloccate e non riescono
a prendere alcuna strada ..."
3. La raccolta di storie di vita di richiedenti asilo politico,
attualmente ospiti di un centro di accoglienza sito in Ostuni
(Br), per la rievocazione dettagliata delle motivazioni della
fuga dal paese di origine, con particolare riferimento ad
eventuali persecuzioni.- Rete PNA (2000-2004, Programma Nazionale
Asilo).
"Essendo di etnia ROM, la vita in Macedonia è sempre stata
difficile per noi… Anche prima della guerra, i nostri rapporti
sia con i Macedoni che con gli albanesi non sono mai stati
buoni ..."
"... Io e la mia famiglia siamo una minoranza: siamo Gorani,
minoritari in tutto il territorio della Macedonia. In più
siamo anche Musulmani, mentre la religione macedone è ortodossa
e la nostra lingua è il macedone e non l'albanese… Per questi
motivi avevamo problemi sia con i Macedoni che con gli albanesi
..."
"... Quando ci hanno incendiato la casa sono scappata con
i tre bambini [6,8,9 anni] ed altre persone vicine di casa,
dalla guerra e da mio marito che è rimasto in Kossovo, a picchiare
qualcun altro ..."
"Nel 1998 circa, ricominciarono in Eritrea gli arruolamenti
forzati, che avvenivano attraverso retate notturne ed erano
rivolti a tutti i giovani al di sopra dei 18 anni, liberi
da impegni scolastici o familiari (sia uomini che donne) ...
Quando mio marito è stato arrestato, io, per paura, ho lasciato
anche il Sudan e sono andata in Libia, mentre aspettavo il
II° figlio (5° mese di gravidanza) ... Dopo il parto, con
l'aiuto di alcune persone molto generose, sono partita per
l'Italia ..."
"... Nel 1998 il governo Eritreo, mi ha richiamato alle armi
in maniera forzata. Questa guerra non era condivisa dalla
popolazione, perché si riteneva non ci fossero dei motivi
validi per ricorrere nuovamente all'uso delle armi, ma che
potessero essere sufficienti azioni diplomatiche. Dopo circa
un anno e mezzo, durante una riunione militare convocata dai
comandanti, è emersa la mia posizione non favorevole a questa
seconda guerra (opinione condivisa apertamente anche da altri).
In particolare ho sottolineato che non si poteva parlare di
democrazia, perché non ci avevano lasciato la libertà di adesione
o di non adesione alla chiamata al fronte (era il 1999) ...
La mia dichiarazione, con quella degli altri che si erano
dichiarati essere contrari alla guerra, fu riportata a verbale.
Durante la notte ci fu chiesto di ritrattare, ma io non ho
accettato e sono rimasto della mia opinione. Per questo sono
stato bendato ed arrestato. La prigione era sotterranea, e
non mi hanno permesso di vedere dove si trovava. Era in un
luogo isolato in aperta campagna ... In quelle condizioni
ho perso completamente il senso del tempo, quindi non saprei
dire quanto tempo sono rimasto lì, (forse sei mesi). So però
che, dopo, siamo stati portati nella miniera di oro, a Zara,
ai lavori forzati ..."
"... I miei problemi di salute in Etiopia erano legati alla
vista, per tradizione e credenza questi problemi sono legati
al malocchio. Mi fecero anche dei tagli intorno agli occhi
per fare uscire il male. Avevo anche problemi di asma ed ai
piedi ... Durante la campagna elettorale mio marito venne
arrestato, perché considerato anti-governativo. Mentre lui
era in prigione, io ed i bambini subivamo incursioni diurne
e notturne da parte dei soldati governativi ... Così per paura,
ho venduto tutte le nostre cose per procurarmi il danaro necessario
ad organizzare la fuga di mio marito. A marzo 2000 ho fatto
arrivare del denaro ad una persona all'interno della prigione
e questa lo ha fatto scappare ..."
"... Ho lasciato l'Etiopia per motivi politici e chiedo l'asilo
politico. L'interprete che ha tradotto la mia prima dichiarazione
in Italia non parlava la mia lingua. Non è stata una intervista
ma una raccolta di dati avvenuta davanti a tutti, nel dormitorio
... Nei primi giorni di prigionia siamo stati sottoposti a
continue pressioni propagandiste con l'obiettivo di farci
aderire al nuovo regime. Io ho continuato ad oppormi e quindi
sono rimasto ancora in prigione. Ho subito alcune torture
fisiche e pressioni psicologiche. Mi hanno legato mani e piedi
e frustato a testa in giù (numerate: la 6, la 8, ecc.), mi
hanno frustato ripetutamente durante gli interrogatori per
avere notizie dei capi scappati (Menghistu) ... Poi, nel '92,
senza spiegazioni, mi hanno liberato e fino al 1998 sono rimasto
in libertà vigilata con la clausola di rimanere a disposizione
... La mia candidatura è stata subito ostacolata e mi è stato
chiesto più volte di rinunciare alla mia scelta, io ho sempre
rifiutato e di conseguenza sono stato arrestato per la seconda
volta. Sono rimasto in prigione per tutto il periodo della
campagna elettorale (sei, sette mesi circa) ... Dopo questo
periodo di prigionia la mia personalità ha subito dei cambiamenti,
non sono più molto attivo come prima, non ho più la stessa
prontezza e lucidità nell'affrontare ciò che la giornata mi
prospetta, sento di essere diventato anche più insensibile
dinanzi agli eventi della vita, sono più timoroso e meno coraggioso.
A volte riconosco che tendo ad isolarmi invece di partecipare
attivamente alle semplici discussioni e di evitare di prendere
posizione ... Siamo rimasti lì fino a gennaio 2001 in clandestinità
e sono riuscito a fare qualche lavoretto, anche come autista.
A gennaio, vista l'impossibilità di regolarizzare la nostra
posizione, siamo partiti ed abbiamo raggiunto la Libia. In
Libia siamo rimasti per due anni, con l'obiettivo di poter
guadagnare altro danaro che ci sarebbe servito per raggiungere
al più presto un paese occidentale e democratico ..."
"... Nel 1981 trasferiscono per lavoro mio padre a Monrovia,
capitale della Liberia e con lui si trasferisce tutta la mia
famiglia. Mio padre era l'equivalente di un dipendente pubblico.
Lui lavorava per il Governo, ed in particolare organizzava
la raccolta del cacao e del caffè ... Mio padre è morto per
caso, a causa della guerra civile (iniziata nel 1989, quando
io avevo circa 20 anni) ... In Ghana ero stata accolta bene,
dalla famiglia di mio marito, finalmente c'era un futuro.
Quando sono cominciati i problemi della successione al trono
ho voluto salvare i due bambini, e ora siamo qua ..."
"... Ad appoggiare in Ghana la mia nomina a successore di
mio zio come capo del villaggio è solo il gruppo che sarebbe
succeduto al trono alla conclusione del ciclo della mia famiglia,
così si sono aperti molti focolai di aggressioni ed una vera
e propria faida che coinvolge tutto il paese ... Gli avvocati,
anche nelle comunicazioni più recenti mi scrivono che la situazione
non migliora, che la successione è ancora vacante, ma la faida
continua, la mia fattoria è stata distrutta ed io resto in
pericolo di vita ... Durante una rissa tra la mia famiglia
e vari cugini che ormai si sono armati, sono partiti dei colpi
che hanno ucciso un mio fratello ed una sorella (figli di
mia madre, di età inferiore alla mia). Questo è successo nella
città dove risiedono ancora due sorelle sposate. Mia madre,
ora, non so dove sia scappata ... In Italia cerco pace. Non
mi interessa neanche riavere il mio posto nel mio paese, se
questo è troppo pericoloso per la mia famiglia ..."
Nonostante le differenze evidenti tra i tre contesti presentati,
in comune c'è chi raccoglie ed il suo metodo che, così come
per le olive o per l'uva, è ogni volta diverso ed uguale.
Consapevolmente, per definizione, il ricercatore stimola il
ricordo, sollecita connessioni logico/temporali, richiede
interpretazione, precisione e precisazioni, allestisce lucidamente
il quadro delle informazioni e le seleziona per attinenza.
Ma inevitabilmente rievoca anche, nell'interlocutore, sensazioni
del passato, ne accoglie il vissuto partecipando empaticamente
al racconto, lo rassicura rispetto a eventuali reazioni emotive,
raccoglie informazioni utili ad adeguare politiche attive
e, a volte, incoraggia la proiezione nel futuro.
L'oscillazione di ruolo del ricercatore è piacevole, propria
del colloquio, anche se finalizzato come si diceva, e per
questo fonte di esperienza. L'oscillazione dei ruoli, a cui
un laureato in sociologia è chiamato ad aderire nel generale
panorama delle opportunità lavorative incontrate, invece ha
del trasformismo; non della flessibilità, del trasformismo
proprio:
ora "scienziati sociali vicini alla loro materia", come chiarifica
il professor F. Ferrarotti nel suo "Storia e storie di vita",
Laterza, Bari-Roma, 1981 a pag 68, "[in quanto] si occupano
di sentimenti, sensazioni, opinioni, criteri ideali";
ora naufraghi, "persone che possiedono una così lucida consapevolezza
dell'immaturità della propria proposta, del fatto che essa
non incontrerebbe alcun successo pratico ..." da rimetterla
ai posteri, racchiusa in una bottiglia;
un po' utopisti, insomma, in linea con quanto descritto a
pag. 12 di "Giovani e utopia" del prof. Francesco M. Battisti,
Franco Angeli, Milano, 2003 [1].
Intravedono spazi, conformano competenze, inventano mestieri,
interpretano dinamiche… Ma questo è un altro vissuto, un altro
spicchio di realtà… Ad un altro il piacere della raccolta!
NOTE
[1] La renesione al testo di Francesco
M. Battisti è stata pubblicata su m@gm@ a cura di Orazio Maria
Valastro:
www.analisiqualitativa.com/magma/0000/recensione_02.htm.
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