Il corpo come soggetto e oggetto di un'ermeneutica dell'educazione
Magali Humeau (a cura di)
M@gm@ vol.2 n.3 Luglio-Settembre 2004
LE INTRICAZIONI TRA CORPO E CONOSCENZA ATTRAVERSO TRE APPROCCI TEORICI: BIO-COGNITIVO, FENOMENOLOGICO E ANTROPOLOGIA DELL'IMMAGINARIO
(Traduzione Orazio Maria Valastro)
Magali Humeau
magali.humeau@wanadoo.fr
Dottoranda
in Scienze dell'Educazione all'Università degli Studi di Pau - Pays
de l'Adour, sotto la direzione di Frédérique Lerbet Séréni; Formatrice
e consulente al Cafoc di Poitiers, Francia; Membro del Grepcea (Gruppo
di Ricerca sui Fenomeni Complessi dell'Insegnamento e dell'Apprendimento);
Membro del CRAI (Circolo di Ricerca in Antropologia dell'Immaginario),
Angers, Francia.
Questa rubrica tematica di m@gm@, dedicata al corpo, è proposta
dal GREPCEA (Gruppo di Ricerca sui Fenomeni Complessi dell'Insegnamento
e dell'Apprendimento): un gruppo di ricercatori ci presenta alcuni
studi attuali sul "posto" del corpo nei contesti educativi e formativi,
accogliendo una serie di riflessioni elaborate in altri settori
di ricerca. Il GREPCEA, diretto da Dominique Violet [1],
associato ai Centri Federati del Greco-Cri [2],
quest'ultimo è inoltre presieduto da Gilbert Durand e Michel Maffesoli,
riunisce dei ricercatori [3] in scienze
dell'educazione attorno ad una problematica scientifica comune:
considerare la complessità in atto in ogni contesto educativo, assumendo
ugualmente quella parte oscura che rende impossibile e addirittura
inconcepibile interpretare del tutto i contesti educativi. La metodologia
è definita ermeneutica nella misura in cui la postura scientifica
consiste nell'interpretare e comprendere le organizzazioni cognitive
e sociali, integrando sia i modelli classici sia quelli che si riferiscono
alle dimensioni simboliche e immaginarie. Una delle maggiori questioni
poste dal GREPCEA è la seguente: "Come pensare e agire i problemi
educativi e formativi rispetto a ciò che ci sfugge?" Nel contesto
di questa rubrica tematica presentiamo una questione più pertinente
considerando il corpo, questa nozione evidente in sé e per sé ma
che nonostante tutto ci sfugge, nello studio dei contesti formativi.
In quest'editoriale noi proponiamo, per l'appunto, diversi percorsi
teorici sollecitando delle riflessioni sulle relazioni d'interazione
tra corpo e conoscenza, che sono sviluppati in questa rubrica tematica
di m@gm@. Ci riferiremo in un primo momento agli studi bio-cognitivi,
poi all'approccio fenomenologico, e infine all'antropologia dell'immaginario.
Vedremo come ognuno di questi approcci costituisce un' "apertura"
del concetto di conoscenza, dunque un'apertura epistemologica attraverso
la questione del corpo.
Concepire il posto del corpo nella cognizione, e allo stesso tempo
la sua parte impenetrabile, sembra andare contro corrente rispetto
a quei modelli delle scienze cognitive che fino ad oggi hanno influenzato
le scienze dell'educazione; pensiamo ai lavori prodotti dalla prima
cibernetica con le teorie dell'informazione e della comunicazione.
In base a queste correnti, in effetti, prevale il concetto della
logica formale. La cognizione è quindi ridotta alle operazioni formali,
sbarazzata da ogni contenuto come da ogni incarnazione e conoscere
equivale ad effettuare dei calcoli su dei simboli concepiti come
dei codici logici la cui sede è il cervello. La cognizione è pensata
e concepita come un trattamento dell'informazione originata dal
mondo esterno (Varela, 1988 - Dupuy, 1994). Per il connettivismo,
altra corrente delle scienze del cognitivismo, la sede della cognizione
è ugualmente il sistema neuronale concepito tuttavia come un sistema
globale dove i suoi elementi sono in interazione permanente (Varela,
1988). Per questo modello il corpo è ugualmente ridotto al sistema
neuronale. Una terza corrente delle scienze della cognizione, l'approccio
bio-cognitivo, si oppone alle due precedenti (Varela, 1988). Questa
corrente è emersa negli anni settanta e si sviluppa dagli anni ottanta
grazie a dei ricercatori fondatori come Maturana e Varela. La volontà
di quest'ultimo è di collegare finalmente la scienza dello spirito
all'esperienza umana (Varela, 1993), ricercando la corporeità
della conoscenza: una struttura vissuta, il luogo incarnato
dei meccanismi cognitivi. La conoscenza, da allora, non è più ridotta
al cervello ed ai suoi neuroni. Questo progetto necessita sia un
approccio scientifico, che le scienze cognitive padroneggiano, sia
un approccio pratico del vissuto, che Varela ricerca nella meditazione
buddista conciliando l'approccio scientifico e l'esperienza quotidiana.
Varela riprende il concetto d'incompletezza introdotto da Gödel
nel 1929, per assegnare dei modelli ai sistemi viventi e comprenderne
la loro complessità. La cognizione, per Varela, è indissociabile
dalla vita: ogni sistema vivente che possiede delle capacità motrici
possiede un sistema cognitivo. Piaget, al contrario, pensa il passaggio
dal biologico al cognitivo come una continuità cronologica [4],
Varela li concepisce invece come coestensivi.
Varela s'interessa ai sistemi cognitivi incarnati, che hanno un
corpo e vivono in un ambiente, e non ai sistemi indipendenti, totalmente
decontestualizzati, tali come li intendono le scienze cognitive.
L'autonomia dei sistemi cognitivi diventa circoscritta ad un contesto.
Egli scrive così a proposito dell'intelligenza artificiale: "Uno
dei promotori della robotica incarnata è Rodney Brooks, il direttore
del Laboratorio d'intelligenza artificiale del Massachusetts Institute
of Technology (MIT). Una decina d'anni addietro, ha lanciato una
specie di dichiarazione di guerra affermando che riusciremmo a fare
dei robot realmente autonomi soltanto se fossero incarnati in un
contesto materiale, situati in un mondo sensibile, in assenza di
una rappresentazione del mondo. E non si tratterebbe di un mondo
definito da una lista di proprietà, come si fa abitualmente nelle
simulazioni informatiche." [5] Secondo questo
modello bio-cognitivo, la conoscenza è incarnata, indissociabile
dal sistema biologico e dal suo ambiente. Ma la critica che Varela
fa al cognitivismo e al connettivismo è prima di tutto filosofica.
Egli si fonda di conseguenza sull'approccio fenomenologico. Le due
correnti delle scienze della cognizione, a suo avviso, il cognitivismo
e il connettivismo, concordano con il pensiero occidentale il quale
presuppone che il mondo esiste e che la conoscenza ne è un riflesso,
come se il soggetto e il suo mondo fossero due entità ben distinte,
fondamento del positivismo il quale postula che il soggetto conoscente
è separato dall'oggetto della conoscenza al quale egli accede tramite
osservazione oggettiva.
Varela formula la sua critica riferendosi alla fenomenologia di
Heidegger e Merleau-Ponty. La nostra conoscenza del mondo, secondo
quest'ultimo, è un processo continuo d'interpretazione dall'interno
stesso di questo mondo al quale noi non possiamo sfuggire. Il mondo
dal quale noi traiamo il nostro sapere è un mondo che noi abitiamo.
Noi non possiamo pretendere di venirne fuori per osservarlo. Poiché
soggetto noi apparteniamo al mondo e questo mondo, per di più, è
in noi. Il nostro corpo conoscente è incluso in queste cose visibili.
Vede ed è lui stesso visto da ciò che lo circonda. Vede e si vede
vedente. Noi vediamo dal centro delle cose poiché noi siamo una
di queste stesse cose. E' in quest'enigma tra "vedente-visibile"
che Merleau-Ponty studia la pittura (Merleau-Ponty, 1964). La visione
manifesta si sdoppia in una visione "segreta": attraverso questa
ricongiunzione del corpo vedente e visibile, la visione non produce
semplicemente in noi una raffigurazione del mondo. La pittura permette
di accedere a quest'interiorità dell'essere, contiene questa duplicità
del sentire. Mostra ciò che è invisibile: la trama dell'Essere,
la visione interiore del pittore che non è univoca, ma che si riferma
su se stessa, ribaltando interiorità ed esteriorità corporea e identitaria,
il pittore vedente e al tempo stesso visibile al mondo. Varela fa
di questa posizione filosofica un vera problematica di ricerca avente
delle conseguenze sulle applicazioni concrete della ricerca (Varela,
1993). La sua posizione non può ridursi ad un punto di vista filosofico,
ed è questo che è appassionante nel suo approccio. Egli adotta una
posizione filosofica che gli permette di sviluppare un approccio
scientifico.
Il suo punto di vista critico rinvia ad un'epistemologia che pone
da una parte l'inseparabilità del soggetto e del suo oggetto e dall'altra
parte quella del corpo e dello spirito. Vi ritroviamo i legami d'implicazione
sviluppati par René Lourau attraverso il pensiero transduttivo.
Quest'autore riprende da Simondon il concetto di transduzione per
pensare la relazione soggetto/oggetto che non è una coppia stabile
ma metastabile, la metastabilità indica la dinamica all'opera nella
materia, gli organismi e lo spirito, dinamiche aventi l'apparenza
della stabilità (percezione delle cose stabili, permanenti, regolari,
invarianti) ma senza la quale niente sarebbe né accadrebbe. Il soggetto
e l'oggetto sono due poli estremi, dei termini o limiti, tra i quali
un movimento avviene, successione di potenzializzazioni e attualizzazioni,
passaggi da un termine all'altro per localizzazioni e confusioni
di termini. Queste oscillazioni sono l'immagine dell'essere nella
sua individualizzazione preso tra i due termini della localizzazione,
la nascita e la morte, al di là dei quali si delocalizza, prima
e dopo. La transduzione permette di pensare il tempo e gli avvenimenti
ordinari che fanno che noi tentiamo di costituirci senza mai arrivarci
veramente, presi nell'implicazione delle nostre vite. Così, secondo
quest'autore, il pensiero transduttivo, che opera fuori di qualsiasi
piano d'insieme, dovrebbe permettere di passare dalla logica al
biologico, dalla fisica al vivente, dallo psichico al sociale, di
percepirne i processi di sviluppo continuo (Lourau, 1997, pagina
32). Dovrebbe autorizzare a considerare il corpo nei processi cognitivi,
tra spirito e materia.
L'ultimo approccio che noi suggeriamo, infine, per considerare il
corpo nelle ricerche delle scienze dell'educazione è quella dell'antropologia
dell'immaginario. David Le Breton presenta il corpo sia come finzione
inafferrabile sia come termine già carico di significato e d'immaginario
sociale: "il corpo è innanzi tutto una struttura simbolica." (Le
Breton, 1992, pagina 33) La posizione del ricercatore non è un partito
preso per o contro il corpo (corpo biologico, corpo sociale ...)
ma la ricerca d'immaginari di cui è il luogo centrale. Il corpo
possiede una pertinenza euristica. Non è un oggetto in sé sebbene
l'esistenza sia innanzi tutto corporea. David Le Breton mette l'accento
su questo paradosso proprio al corpo: è fondamentale, "sembra evidente
ma niente finalmente è più inafferrabile." (Le Breton, 1992, pagina
29) Ritroviamo nei lavori di Gilbert Durand questo posto privilegiato
del corpo nell'immaginario. Ma prima dobbiamo ricordare che l'immaginario
è secondo questo stesso autore instauratore della vita psichica
nel suo insieme, partecipa dunque della conoscenza e del sapere,
siano formali o meno, esoterici o essoterici. Secondo Durand, l'origine
del significato deve essere ricercata nelle dominanti vitali. (Durand,
1960, pagina 415) E più precisamente, egli parte dall'ipotesi seguente:
tre dominanti riflesse costituiscono le matrici sensorimotorie nelle
quali le rappresentazioni s'integrano. Queste dominanti sono fuoriuscite
dalla riflessologia:
- dominante di posizione: innalzamento, verticalità;
- dominante di nutrimento: digestiva, suggere, labiale;
- dominante copulativa: sessuale o ciclica, sotto il segno del ritmo.
Queste sono costitutive di schemi, specie di simboli motori, degli
scheletri dinamici dell'immaginazione. Durand sottolinea che il
corpo intero grazie alla sua motricità partecipa alla formazione
dell'immaginario. (Durand, 1960, pagina 50) Le immagini producono
pertanto significato quando sono in collegamento con questi schemi
originari. Un'ipotesi analoga è stata enunciata da Mark Johnson
[6] e ripresa da Varela il quale afferma
che gli esseri umani "possiedono delle strutture cognitive molto
generali, definite schemi d'immagini cinestetiche: ad esempio, lo
schema del recipiente, lo schema della parte e del tutto, e lo schema
della sorgente, della via e della finalità. Questi schemi hanno
origine dall'esperienza corporea (...) e possono essere proiettati
metaforicamente in modo tale da strutturare una vasta sequenza di
ambiti cognitivi." (Varela, 1993, pagina 241) Osserviamo di conseguenza
che il significato attribuito ad un simbolo dell'immaginario non
ha niente di arbitrario, è intimamente legato a dei riflessi corporei.
Durand propone un altro luogo tra il livello sensorimotorio e il
livello della rappresentazione, luogo che deriva dal precedente.
Egli postula che la rappresentazione propria all'immaginario conserva
questa in distinzione del significante e del significato propria
allo schema motorio e che Piaget ha individuato. E questo ci conduce
a ciò che Piaget definisce giustamente le operazioni infralogiche,
costitutive dello spazio e del tempo, che non possono disfarsi totalmente
dell'immagine, a metà strada tra il pensiero intuitivo e il pensiero
irrazionale.
A partire da questi tre approcci teorici (il modello bio-cognitivo,
l'approccio fenomenologico e l'antropologia dell'immaginario) la
questione del corpo può essere integrata a quella della conoscenza
per concepire quest'ultima come incarnata e instaurata dall'immaginario.
Questa questione, al contrario, non può essere totalmente risolta.
Il corpo, in effetti, è parte di quelle "cose" che il ricercatore
non può cogliere. Com'è possibile e pensabile, allora, parlare del
corpo, quest'evidenza che si evita? Come "considerare" quest'oggetto
di conoscenza che è anche soggetto conoscente? Il corpo, per sua
natura singolare, interroga immediatamente il posto del suo osservatore.
Pensare il corpo è dunque pensare la parte nascosta, l'inafferrabile,
è assumere la parte inaccessibile che ci abita, affermazione altrettanto
più sconvolgente giacché il corpo è precisamente quello che noi
vediamo di noi stessi. Il corpo è ancora più di questo, è un sistema
biologico e cognitivo, sempre mobile, che cresce e invecchia, ma
anche simbolico, egli ci lega in permanenza a quell'inaccessibile
che è la nostra stessa morte. E' dunque ugualmente religioso nella
misura in cui mette in rapporto il nostro mondo profano e l'altro
mondo al quale noi non possiamo pretendere accedere.
Attraverso questa posizione critica rispetto alla separazione realizzata
nel XIV e XVII secolo tra corpo e spirito, tra uomo e cosmo, è un
duplice ritorno che noi speriamo mettere in prospettiva nella rubrica
tematica di m@gm@:
- ritorno ad un pensiero incarnato, ignorato dalla prima cibernetica,
questa scienza dello spirito sempre dominante nei modelli pedagogici
in auge, che limita la cognizione al cervello e al trattamento dell'informazione.
Questo ritorno allo spirito incarnato è realizzato oggi, in parte,
dalla corrente bio-cognitiva.
- Ritorno ad un corpo capace di conoscere, corpo spirituale e trascendente,
"luogo" dell'immaginario simbolico. Questo corpo è concepito come
inseparabile dal suo mondo immanente e trascendente, è un corpo
cosmico come il corpo della strega [7].
Il concetto di conoscenza, centrale nelle scienze dell'educazione,
può così intendersi. Il soggetto in formazione deve essere considerato
sia come un soggetto incarnato, capace in ogni modo di conoscere
poiché è un essere vivente, un sistema biologico, sia come parte
integrante del mondo che apprende, dunque apprendendo lui stesso
secondo una "strana curvatura" (Hofstadter, 1979) - come la strega
descritta da Gödel - che svela l'incompletezza propria ad ogni sistema
cognitivo concepito come incarnato. Noi siamo dunque lontani dalla
pedagogia per obiettivi fuoriuscita dalle tesi behavioriste e dalla
prima cibernetica, e sempre in auge nelle pratiche formative, dove
il sistema cognitivo resta limitato ad un sistema controllabile
dal formatore.
Recenti ingegnerie della formazione valutano delle aperture simili
a quelle che noi proponiamo e si fondano sulla seconda cibernetica
che concepisce il processo della cognizione come autonomo, cioè
a dire, capace di determinarsi da se stesso. Basti pensare, in particolare,
ai lavori di Georges Lerbet che scrive: "apprendere mi sembra come
terminarsi nell'indeterminazione." (Lerbet, 1988, pagina 129) Insiste
sull'importanza di considerare, nei contesti di apprendimento, il
"significato interiore" (Lerbet, 1981), e noi aggiungiamo, sapere
incarnato indissociabile da un immaginario sottostante. E questo
movimento si realizza attraverso degli "approcci di comparazione
(dove ciascuno è investito nel fulcro dell'altro senza esservi ridotto),
[che] partecipano all'elaborazione della condivisione dei saperi
(rotture del linguaggio), rinforzando complementariamente le continuità
significative autonome (conoscenza intima)." (Lerbet, 1995, pagina
141)
NOTE
1] Professore-ricercatore all'Università
di Pau-Pays de l'Adour.
2] Sito web del Greco-Cri:
www.univ-perp.fr/cgi-bin/scripts-asp/cloup.asp?urltarget=/lsh/rch-lsh.htm
3] Dottoranti, post-dottorandi, professori-ricercatori.
4] Si tratta di una continuità corporea:
per Piaget, il sistema biologico precede il sistema cognitivo.
Cf. Piaget, 1937.
5] Intervista a Varela a cura di Hervé
Kempf, 1988.
6] Ricercatore in neuroscienze, sullo
sviluppo cognitivo dell'infanzia. Citato da Varela, 1993,
pagina 241.
7] Cf. nell'articolo di Georges Bertin:
"Il corpo della strega":
www.analisiqualitativa.com/magma/0203/article_02.htm
BIBLIOGRAFIA
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Durand Gilbert (1960), Les structures anthropologiques de l'imaginaire,
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Hofstadter Douglas (1979), Gödel, Escher, Bach: Les Brins d'une
Guirlande Eternelle, tr. Fr., Paris, InterEditions/Masson, 1985,
883 p.
Kempf Hervé, "Entretien avec Francisco Varela", in La Recherche,
n.308, Avril 1998, p.109-112,
consulté sur Internet: www.overdream.com/html/varela.htm
Le Breton David (1992), La sociologie du corps, Paris, PUF, Que
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Lerbet Georges, L'insolite développement, éditions Universitaires
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Legroux Jacques, De l'information à la connaissance, Paris, UNMFREO,
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Lourau René, Implication transduction, Paris, Anthropos, 1997, 198
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Merleau-Ponty Maurice (1945), Phénoménologie de la perception, Paris,
Edition Gallimard, 1998, 531 p.
Merleau-Ponty Maurice (1964), L'œil et l'esprit, Paris, Edition
Gallimard, 1985, 92 p.
Piaget Jean (1937), La construction du réel chez l'enfant, Paris,
Delachaux et Nieslé, 1996, 342 p.
Varela Francisco J. (1988), Invitation aux sciences cognitives,
tr. Fr., Paris, Seuil, 1996, 126 p.
Varela Francisco J., Thomson Evan, Rosch Eleanor, L'inscription
corporelle de l'esprit, Paris, Seuil, 1993.
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