Il corpo come soggetto e oggetto di un'ermeneutica dell'educazione
Magali Humeau (a cura di)
M@gm@ vol.2 n.3 Luglio-Settembre 2004
EMOZIONE E SOMATIZZAZIONE
(Traduzione Orazio Maria Valastro)
Sabine Parmentelot
sabine.roussel@laposte.net
Dottoranda
in Scienze dell'Educazione, Università di Pau e dei paesi dell'Adour.
Introduzione
I vocaboli sono a priori perfettamente comprensibili, ma quando
si tratta di definirli, alcune precisazioni sono necessarie. Il
ricorso all'etimologia si rende imprescindibile, prima di qualsiasi
altro approfondimento. Emozione deriva dal latino "emovere"; mettere
in movimento, provocare, far nascere [1].
Vi è pertanto il principio di una manifestazione, la reazione non
è senza conseguenze, ed essa si esprime in modi diversi, spesso
molto visibili dall'esterno, mostrandosi alle volte fino all'impercettibile,
anche interiormente. Le emozioni hanno dato luogo a numerose definizioni.
Senza dilungarsi sulle differenti correnti che hanno permesso di
precisare le caratteristiche di un'emozione, noi possiamo riprendere
il "processo complesso" in cui Paul Fraisse distingue:
- "degli affetti o più semplicemente dei sentimenti. Su questa base
si è sviluppata la definizione delle emozioni: paura, collera, ecc.;
- delle manifestazioni espressive del viso, ma anche delle mani,
e infine di tutto il corpo" (Fraisse e Piaget, 1975, pagina 98).
Un'ultima caratteristica introdotta da Ribot, ci sembra infine interessante:
l'emozione è breve, mentre la passione s'inserisce nella continuità
(Ribot, 1939).
Somatizzazione ha per origine "soma" dal greco, il corpo. La somatizzazione
implica un'affezione, dunque un'alterazione della salute più o meno
grave, la cui origine è psichica. Ciò che è percepito con la "psukhê",
o anima in greco, considerato in quanto principio, origine della
vita, si riflette sul corpo. Noi dobbiamo ugualmente definire il
termine affezione, dal latino "adfectio". Facendo riferimento al
Gaffiot [1], "l'affezione (fenomeno affettivo)
è una modificazione dello stato morale o fisico subito, derivando
da una causa o da un'altra". Riguardo alla somatizzazione, l'affezione
è passata "da una modificazione dello stato morale" ad una trasformazione
fisica. L'etimologia mostra l'intima relazione tra lo spirito e
il corpo, ciò che noi ritroviamo a livello delle emozioni. Bisogna
precisare infine che secondo le epoche, le emozioni si sono definite
affezioni o passioni, quest'ultimo termine è adesso riservato alle
emozioni molto forti. Una volta espressi questi primi ragionamenti,
tenteremo di tessere qualche rapporto tra gli avvenimenti che ci
mettono in movimento (che ci muovono e che ci commuovono) e le eventuali
ripercussioni rispetto al corpo. Numerosi sono stati gli autori,
filosofi o psicologi in maggioranza, che si sono interessati alle
emozioni. Non si tratta di citarli tutti, l'impresa potrebbe non
essere esaustiva, ma grazie ad alcuni loro studi, tenteremo di focalizzare
cosa sono le emozioni cominciando dalle loro ripercussioni sul corpo.
Consacreremo la prima parte di quest'articolo alle manifestazioni
corporee dell'emozione. La psicologia sperimentale, insieme alla
neuro-biologia, hanno evidenziato le differenti risposte corporee
più o meno percettibili. Ma al di là di queste manifestazioni puramente
oggettive le cui percentuali e oscillazioni possono essere valutate,
misurate ... E' l'aspetto soggettivo e le loro ripercussioni che
c'interessa. Quali significati possono avere le emozioni per la
persona che le prova? Questi temi saranno l'oggetto della seconda
parte. Ci situiamo in quanto ricercatori che interrogano altri soggetti,
ma è evidente che non possiamo fare astrazione delle nostre passioni.
I Manifestazioni fisiologiche
Il comportamento di alcune persone che avevano subito vari traumi
al cervello, ha intrigato nel passato i ricercatori. Ma prima di
disporre delle attuali tecniche, tra cui le tecniche di imagineria
medica, bisognava spesso attendere il decesso di un individuo per
tentare di comprendere le cause fisiologiche delle sue reazioni.
Queste condizioni hanno reso lo studio di alcuni casi molto lento,
e non hanno favorito lo sviluppo della ricerca. Gli scienziati,
al contrario, hanno realizzato diverse esperienze sugli animali,
con apprendimenti-ricompense (labirinto, dolci quando il percorso
era esatto), poi "punizioni" (con situazioni dolorose a causa di
scariche elettriche), gatti posti alla presenza di cani … per tentare
di comprendere come l'animale reagiva in caso di sovramotivazioni
positive e negative. Hanno ugualmente misurato le reazioni delle
persone, durante e dopo la proiezione di film più o meno violenti,
li hanno sollecitati attraverso delle esperienze impossibili da
realizzare, per osservare i loro comportamenti di fronte a questi
fallimenti ripetuti … Le situazioni erano molteplici come anche
i criteri di valutazione. Queste hanno permesso di mettere in evidenza
numerose reazioni fisiologiche, rispetto a differenti sollecitazioni,
ma obliteravano totalmente la stessa persona. Se gli insegnamenti
rispetto alle reazioni corporee sono stati numerosi, il vissuto,
la cultura, l'educazione di ognuno non erano prese in considerazione.
a) Le reazioni neurovegetative
Le manifestazioni emozionali possono essere molto diverse. Seguiremo
la classificazione adottata da Fraisse prima di evocare le emozioni
propriamente dette. Paul Fraisse cita inizialmente le manifestazioni
neurovegetative. Si distingue abitualmente il sistema nervoso che
obbedisce alla nostra volontà (i nervi motori che dirigono i nostri
muscoli, per esempio) e il sistema neurovegetativo, che dirige le
nostre viscere, indipendentemente dalla nostra volontà. E' da questo
sistema che dipende il colore del viso, la traspirazione, i muscoli
viscerali, le mimiche facciali involontarie, i diversi dolori che
proviamo ... "La lista delle manifestazioni neurovegetative che
possiamo distinguere è lunga per l'una o l'altra emozione: conduttanza
della pelle [2], velocità cardiaca, livello
della tensione sanguigna, vaso costrizioni e vaso dilatazioni, velocità,
oscillazioni e regolarità della respirazione, temperatura della
pelle, sudorazione, diametro pupillare, secrezione salivare, funzionamento
peptico, contrazione o rilassamento degli sfinteri, attività elettrica
cerebrale, analisi chimica e ormonale del sangue, delle urine e
della saliva, metabolismo basico sono più o meno modificati." (Fraisse
e Piaget, 1975, pagina 137-138) Queste manifestazioni sono incontestabili
e si rimarcano nella maggior parte delle emozioni in tutti i soggetti.
Ma, se è provato, che una persona reagisce spesso secondo un medesimo
processo, è ugualmente certo che due individui che provano un'emozione
simile, non reagiranno fisiologicamente nello stesso modo. Non vi
è quindi relazione tra la forza delle manifestazioni e l'intensità
di un'emozione. La questione del significato delle emozioni è stata
quindi posta da molto tempo.
b) Le espressioni del viso e le attitudini corporee
Se è evidente che le emozioni si manifestano sul viso, in modo particolare
a livello degli occhi e della bocca, gli studi su questo tema mettono
in evidenza che queste sono molto difficili da interpretare. Quando
presentiamo delle foto di persone che mostrano sorpresa, paura,
collera ... a dei soggetti affinché li commentino, le risposte sono
molto diverse. Il lessico che ci permette di nominare le emozioni,
è molto vasto, e riconoscere le emozioni manifestate da una persona
presenta delle grandi difficoltà, se queste non si associano ad
un'espressione verbale. "Le espressioni del viso essendo sempre
un poco ambigue, è normale che tutto quello che fornisce degli indizi
supplementari faciliti l'identificazione delle emozioni." (Fraisse
e Piaget, 1975, pagina 157). Bisogna prendere ugualmente in considerazione
i movimenti delle mani e la postura del corpo. In caso di paura,
di sorpresa, le mani fungono spesso da protezione. In quanto al
corpo, gli si accorda spesso poca attenzione, ma è il riflesso del
modo di essere di una persona. La conservazione corporea globale,
il modo di tenersi più o meno dritto o curvato, segno di scoraggiamento,
più o meno flessibile o rigido, riflesso della tensione, fino al
movimento delle gambe e dei piedi che sono anch'essi molto significativi.
Una persona può, in effetti, fare attenzione e controllare la propria
mimica facciale, ma il controllo interesserà raramente l'insieme
delle parti del corpo, tanto queste ultime sono spesso nascoste.
Questi diversi elementi permettono di comprendere perché delle immagini
statiche sono difficilmente interpretabili: "la discriminazione
delle reazioni espressive è molto superiore quando queste sono presentate
in modo dinamico" (Fraisse e Piaget, 1975, pagina 158). In un film,
anche breve, le espressioni corporee sono molto più facili da interpretare
che su di una foto.
II Significato delle emozioni
Le divergenze tra gli psicologi sono numerose. Queste riposano soprattutto
sul fatto che la definizione dell'emozione resta vaga. Tutti gli
autori concordano sulle sue manifestazioni, come anche sul fatto
che nessuna manifestazione, né alcuna combinazione delle sue manifestazioni
caratterizzano l'una o l'altra delle emozioni. Il cuore accelera
a causa di una gioia intensa, come per la paura o la collera. "Le
stesse reazioni viscerali diffuse e banali si producono in tutte
le emozioni, e inoltre, queste reazioni appaiono in stati organici
che non s'integrano in reazioni emotive" (Fraisse e Piaget, 1975,
pagina 101). Certe malattie provocano delle modificazioni fisiologiche,
identiche a quelle causate dalle emozioni, come un'accelerazione
del ritmo cardiaco, una traspirazione eccessiva, dei disturbi digestivi
... Fraisse aggiunge: "considerando unicamente degli indizi di attivazione,
noi non troveremo mai l'emozione propriamente detta la quale non
si definisce che in relazione ad una situazione" (Fraisse e Piaget,
1975, pagina 138). Gli autori, invece, non concordano sul significato
o il valore delle emozioni.
L'emozione è estremamente difficile da definire. Un certo consenso
esiste ciononostante su alcune caratteristiche: l'emozione è improvvisa,
forte, non è di lunga durata rispetto al sentimento che è più debole
e più durevole [3]. Questa è legata pur
tuttavia al sentimento. Alla base delle emozioni, secondo Fraisse,
si trovano i sentimenti. E' sui sentimenti provati che s'innestano
le emozioni, vale a dire le manifestazioni emozionali. L'etimologia,
anche in questo caso, ci chiarisce e conferma, se ce ne sarebbe
ancora bisogno, la doppia appartenenza al corpo e all'intelligenza
dell'esperienza personale. Il termine sentimento deriva, come il
verbo sentire, dal latino "sentio", "percepire attraverso i sensi",
ma ugualmente "percepire attraverso l'intelligenza" [1].
Il nostro sistema nervoso sensitivo funziona in base a questi due
registri. Noi possiamo scrivere, per semplificare, che gli organi
di senso dispongono tutti di recettori sensoriali che comunicano
le loro impressioni al cervello. Quest'ultimo decodifica e ci rende
coscienti dello stimolo avvertito. Sarebbe difficile trovare una
relazione ancora più solida tra il corpo e lo spirito. Ma questa
comprensione del corpo attraverso lo spirito non è immediata. L'individuo
può provare molteplici sensazioni, gli accade spesso di non focalizzare
la causa che determina l'emozione in una pluralità di fattori. A
seconda delle teorie, delle epoche, le interpretazioni di semplici
avvenimenti della vita quotidiana sono molto diverse. Possiamo attribuire
molti significati alle emozioni. Ci siamo riferiti, più concretamente,
alla presenza o all'assenza di previsioni per distinguere molti
tipi di emozioni.
a) Le emozioni imprevedibili
Ci sembra necessario distinguere una certa progressione nelle emozioni.
Situiamo al vertice la "vera" emozione, forte, improvvisa, imprevedibile,
per la quale la consapevolezza può prodursi solo successivamente.
L'individuo, in questo caso, può solo sorprendersi e non può mai
anticipare e prepararsi. Al contrario, posteriormente, spesso riflettendo
a quanto è accaduto e più frequentemente ancora parlando ad altri
di ciò che ha vissuto, quando cerca di formalizzare e verbalizzare,
egli prende realmente coscienza di ciò che ha provato. La personalità
del soggetto, a seconda dell'evento, può reagire più o meno bene.
Possiamo parlare di adattamento, in quest'ultimo caso, più o meno
soddisfacente. Questa nozione di adattamento è al centro della maggior
parte dei dibattiti.
Fraisse chiarisce che per Darwin, Cannon ..., "l'emozione è un processo
di adattamento grazie al coinvolgimento energetico che produce rispetto
alle esigenze dell'ambiente" (Fraisse e Piaget, 1975, pagina 112).
Darwin, in effetti, considerava l'emozione come un adattamento all'evento
subito dall'individuo, conseguenza di una lunga evoluzione o presenza
di abitudini ancestrali. La collera sarebbe, per esempio, l'elemento
distintivo dell'aggressività necessaria alla difesa. L'organismo
reagisce alla situazione generando la paura attraverso un'accelerazione
della circolazione sanguigna, permettendo di irrorare in modo migliore
i vasi sanguigni, approvvigionare dunque più adeguatamente i muscoli
in ossigeno e in glucosio, alimenti specifici per la fatica. La
reazione sembra del tutto adeguata alla situazione iniziale, l'adattamento
è esemplare. Ma questa spiegazione sembra adesso semplicistica,
le risposte ormonali di un soggetto prendono più di una decina di
secondi, queste non possono spiegare l'immediatezza delle emozioni.
Altre reazioni fisiologiche sarebbero all'origine della risposta
dell'organismo.
b) Le emozioni ricorrenti
Si ripresentano regolarmente nelle stesse condizioni. Sono le emozioni
così come li definisce Fraisse. Decifrano un sentimento, delle manifestazioni
neurovegetative, delle espressioni facciali e corporee, ma non sono
imprevedibili, al contrario. Sono delle emozioni, per esempio delle
paure, provate in circostanze identiche. Se la persona può agire,
controllando la propria respirazione, sforzandosi di camminare con
calma per non lasciarsi soggiogare, le sue emozioni saranno più
tollerabili, e potranno alle volte anche attenuarsi. Fraisse afferma
invece chiaramente: "se si ripete uno stimolo che produce abitualmente
delle reazioni emotive e se la situazione è tale che non vi sia
adattamento tale da sopprimere la fonte dell'emozione, vediamo svilupparsi
degli stati ansiosi, nevrotici" (Fraisse e Piaget, 1975, pagina
131).
L'allievo che ha una sana fiducia in se stesso - conosce le proprie
capacità, si è allenato mentalmente a rispondere alle domande ...
- può provare un leggero stress nell'affrontare una prova, ma non
si demoralizza. Le manifestazioni di stress, le mani sudate, malori
vari, non lo perturbano enormemente né lo mettono in difficoltà
di fronte alla prova. E' una situazione che ha già incontrato, e
sa che questa si ripeterà. Ma il candidato, in altri casi, può avere
una crisi di panico. Afferma in quel caso di avere dei vuoti di
memoria, non arriva più a ritrovare le proprie conoscenze. E' ciò
che Fraisse interpreta come un livello di motivazione molto importante
per le sue attuali facoltà. In una prospettiva meno positivista,
l'allievo non ha più fiducia nelle sue capacità, in quanto ha vissuto
antecedentemente numerosi fallimenti, si è tirato indietro. Ha ridotto
dunque le sue aspettative, la sua motivazione è minore, non vi è
più nulla di rilevante, non ha investito nella situazione proposta.
c) Le emozioni "ricordo"
Sono frequenti quando si evocano degli eventi tristi. Il ricordo
di un amico adesso scomparso ci fa ancora piangere. E' l'interpretazione
intellettualistica. Per i suoi adepti, in effetti, l'emozione risulta
da un'opposizione tra le aspirazioni di una persona, i rimpianti
del passato e la realtà (Fraisse e Piaget, 1975, pagina 98). Il
ricordo di eventi causanti delle rappresentazioni che entrano in
conflitto non ci autorizza a qualificare questo ricordo come inatteso.
Negli esempi citati da Fraisse, ci si riferisce ai ricordi dell'individuo
che non sono conformi con ciò che sperava di vivere. Queste emozioni
sono totalmente prevedibili. La persona, per farvi fronte, può tentare
di allontanare dal suo spirito ciò che lo fa soffrire. Persisterà
quasi certamente un sentimento di tristezza che si mostrerà nella
cura del corpo, la voce, ma può evitare le manifestazioni fisiologiche
come le lacrime. Può inoltre consacrarsi a delle attività che offriranno
un rimedio rispetto a ciò che l'opprime. Possiamo dire che le manifestazioni
provate sono segni di adattamento o di difficoltà? Piangere, per
alcuni, consola. La persona, dopo un certo tempo, non prova più
il bisogno di piangere, come se avesse esteriorizzato ciò che vi
era di più doloroso. Resta il ricordo, comunque più tollerabile.
d) L'emozione, indice di adattamento o di "disadattamento"
Nei vari tipi di emozioni che noi abbiamo enumerato, può esservi
adattamento o disadattamento. E' una distinzione che ritroviamo
spesso nei testi. Pradines definiva l'emozione come una deregolamentazione
rispetto ai sentimenti, i quali sono propri della regolamentazione
(Pradines, 1943). Fraisse non oppone i sentimenti alle emozioni,
ma precisa: "come la maggior parte degli altri psicologi … Abbiamo
supposto che l'emozione corrisponderebbe a questo calo di livello
dell'adattamento che si manifesta quanto la motivazione è troppo
intensa rispetto alle possibilità attuali del soggetto" (Fraisse
e Piaget, 1975, pagina 112). Accade che l'intensità dell'evento
sia tale che l'organismo non reagisca più in modo adeguato. Tanto
che l'emozione è assimilata ad una reazione di adattamento dell'organismo
rispetto ad un evento esterno, ed è considerata positiva. Invece,
quando questa mette l'organismo in difficoltà per reagire, è considerata
negativa. Parlare dell'emozione in questi termini ci sembra riduttivo.
Sartre ha tutto un altro linguaggio (Sartre, 1995). Riprendendo
un esempio citato da Janet, cita l'attitudine adottata da una paziente
durante una consultazione. Le questioni poste da Janet sono troppo
difficili per lei. La giovane donna sceglie di piangere per sfuggire
allo scambio. Sartre non scrive in alcun momento che il comportamento
sia adottato consapevolmente, come incontestabili argomentazioni
il cui fine è quello di intenerire e che non mettono in evidenza
reali emozioni. Ma sembra che si tratti di un perfetto adattamento
del corpo ad una prova che ci è inspiegabile. Questa attitudine
sembra negativa rispetto ad un codice di "buona condotta" che ci
impone un certo ritegno quando siamo in pubblico. Ma è del tutto
appropriata per proteggere una persona che si senta minacciata.
Questa costituisce, per alcuni, una condotta inadeguata, rispetto
ad un comportamento che sarebbe valutato come appropriato. Ma notiamo
prima di tutto che permette all'individuo di proteggersi quando
non arriva a far fronte alla situazione. Ciò che noi interpretiamo
come un eccesso, un'affezione, non può essere considerato come una
reazione di difesa, d'omeostasi dell'organismo? Utilizza allora
tutte le proprie risorse per sottrarci al pericolo, per ristabilire
un certo equilibrio. Possiamo anche parlare di fuga, di rinuncia
della persona di fronte all'importanza del compito richiesto. Ma
il termine di fuga in questo esempio mette in evidenza l'intenzionalità,
ma non è sempre così.
III Emozioni e retro-azioni
Abbiamo fino ad ora considerato le emozioni da un punto di vista
lineare. Alcuni eventi provocano dei sentimenti e delle manifestazioni
fisiologiche. E' esatto, ma insufficiente. Sappiamo adesso che il
corpo umano e in particolare il cervello, sono l'oggetto di numerose
retroazioni. E' il campo della neurobiologia, molto complessa. Fraisse
afferma ugualmente, riguardo alle emozioni, che il soggetto può
agire sulle proprie reazioni neurovegetative. Quando prende coscienza
dell'accelerazione del battito cardiaco, può sforzarsi di respirare
con calma. E' ciò che preconizzava William James quando raccomandava
di contare fino a dieci a qualcuno che sentiva la collera manifestarsi
in se stesso. James pensava di agire direttamente sull'emozione
(James, 1909). Le nostre reazioni, secondo lui, precedono i nostri
sentimenti: se noi modifichiamo le reazioni, le emozioni muteranno
inevitabilmente. E' stato molto criticato in seguito. Se la spiegazione
che ne dava è contestabile, il processo è invece molto interessante.
Consapevoli di una paura che avrebbe tendenza a farci fuggire, possiamo
sforzarci di restare sereni, adottare l'attitudine più tranquilla
possibile, al fine di non lasciarci sommergere dall'emozione e conservare
la nostra calma. Invasi da un certo scoraggiamento possiamo sforzarci,
al contrario, di restare energici e attivare i nostri movimenti,
le nostre decisioni. Facciamo quindi intervenire la corteccia cerebrale,
la volontà, al fine di non essere più subordinati al sistema neurovegetativo.
Ma come abbiamo spiegato in precedenza, questo suppone di essere
consapevoli delle nostre emozioni. Una persona, in alcuni casi,
sa che ha la tendenza a perdere il proprio controllo. Considera
allora di metter in atto dei metodi, sperimentati o intuitivi, per
non cedere al panico. Se l'emozione, al contrario, è realmente improvvisa,
imprevedibile, queste anticipazioni non sembrano possibili.
Conclusione
Le manifestazioni fisiologiche, espressioni facciali e corporee,
sono segni delle nostre inquietudini, è incontestabile. Appaiono
piuttosto imbarazzanti. Tentiamo molto spesso di nasconderle. Provocano
vari disagi, spesso sono anche dolorose. E' comprensibile il non
apprezzare le differenti sofferenze che rivelano i nostri sentimenti.
Ma queste manifestazioni non costituiscono in alcun modo la griglia
d'interpretazione del nostro sentire. Quale legame unisce invece
ciò che noi proviamo interiormente e ciò che è percepito dall'esterno?
Le emozioni ci permettono di adattarci o sono la prova di una "condotta
inadeguata", di un'assenza di adattamento? E' necessario adattarsi
ad ogni cosa? Non adattarsi all'intollerabile, alla sofferenza,
sembra del tutto sano e normale. Abbiamo tendenza a desiderare unicamente
le "buone" emozioni. Quelle che ci fanno piacere, che non ci mettono
in difficoltà. E' spesso il contrario che avviene. Siamo sospinti,
destabilizzati, dalle incognite della vita. Ci sembra importante
insistere sugli aspetti positivi dell'emozione. Si tratta di un'attivazione,
riferendoci ulteriormente agli studi di Fraisse. E' innanzi tutto
un'attivazione, una motivazione ad agire o reagire. Alcuni vissuti
non sono ugualmente stimolanti? Non c'è alcun dubbio. Boris Cyrulnik
lo conferma chiaramente quando scrive: "Possiamo stabilire una sorta
di scala dei traumi, (…) in modo generale (…). Ma la scala non afferma
che lo stress peggiore, è l'assenza di stress, in quanto l'assenza
di vita prima della morte provoca un sentimento intenso di vuoto
prima del nulla" (Cyrulnik, 2002, pagina 35-36). Bisogna confessare,
infine, che il funzionamento del corpo, come quello dello spirito
sia di una tale complessità, utilizza innumerevoli impulsi nervosi,
retroazioni, che nessuna cosa può spiegarsi semplicemente, e che
bisogna assolutamente rinunciare. Noi non comprendiamo tutto, non
controlliamo tutto, anche se ogni passo nella conoscenza è un progresso.
Ammettere che l'emozione sia proprio la manifestazione della vita,
non è il passo più importante? Provare un'emozione, significa essere
dotati di sensibilità, essere vivi.
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