Il corpo come soggetto e oggetto di un'ermeneutica dell'educazione
Magali Humeau (a cura di)
M@gm@ vol.2 n.3 Luglio-Settembre 2004
LE STELLE IN TASCA: DEL DESIDERIO DI CORPI VISSUTI E D'IMMAGINARI NELLO SPAZIO RELAZIONALE E DI CURA
Orazio Maria Valastro
valastro@analisiqualitativa.com
Presidente Osservatorio dei Processi
Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com);
Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches
Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur
l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry''
di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi
René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale
e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane
e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico
della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université
de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio
di Sociologia Professionale (Catania).
Le stelle
in tasca
"Si è già fatto buio per strada, la gente cammina ormai con fretta,
velocemente e mi sbatte addosso senza scusarsi come se fossi una
palla di bigliardo, ci sono le stelle su nel cielo sembra quasi
che le posso toccare, ecco ne prendo una e me la metto in tasca,
poi un'altra e di nuovo in tasca, e così via fino a quando ne ho
le tasche piene di queste stelle, quasi che voglia portarle con
me per farne una collezione, o portarle ai miei amici, ai miei familiari,
una stella a ciascuno cui io voglio più bene come segno d'affetto
e d'amore, un mio dono personale per loro, per ricambiare l'amore
che hanno nei miei confronti, una semplice stella a ciascuno di
loro, quasi a dirgli che io vi starò sempre accanto, sempre vicino,
nei momenti belli e nei momenti difficili. Poi con la fantasia mi
sollevo dal suolo e comincio a volare sopra la piazza, sopra le
case, le strade, la gente, a volare nel cielo buio, tra le stelle,
in loro compagnia."
(Le stelle in tasca: racconto immaginario, Antonino Valastro, Catania,
Gennaio 2004)
CORPI INDIVIDUALI, CORPO SOCIALE E SALUTE MENTALE
"Assistiamo forse ad un effettivo ritorno del sensibile nello spazio
sociale e scientifico. Questa sensibilità ci fa scoprire il significato
della libertà che avevamo perduto. Una libertà solidale, personalista
e comunitaria, risvegliante la complessità della nostra vita individuale
e collettiva e il senso etico del nostro destino comune." (Barbier,
2001-2002)
L'appello a mobilitare i paradigmi antropologici e l'agire relazionale
nell'intervento professionale degli operatori sociali, in relazione
all' "altro" in difficoltà (Veronesi, 2001), mette in evidenza l'esigenza
di approcci e metodologie capaci di confrontarsi con la complessità
sociale, sostenendo e promovendo lo sviluppo e la crescita degli
individui e dei gruppi sociali, può pertanto contribuire a prevenire
o contenere la sofferenza psichica e sociale. Il sentimento d'insufficienza
(Hegel, 1963), l'alterità e la negazione della differenza nel concetto
di consapevolezza di sé, è dunque un bisogno manifesto o latente
verificato nella relazione d'aiuto ed è altresì il desiderio sollecitato
nella relazione educativa. Si tratta di sondare e accostarsi alle
esperienze individuali e sociali dell' "altro" e di quest' "altro"
che è in noi stessi.
La nozione d'insufficienza in Lacan (Valastro, 2003), mentre definisce
il ruolo del soggetto nella psicanalisi e l'importanza della sua
relazione con l' "altro", fa emergere un soggetto che si confronta
con delle istanze intermediarie, mettendo in evidenza la relazione
tra registro simbolico, immaginario e reale, nell'analisi dell'elaborazione
effettuata dal soggetto situato tra la realtà della propria esistenza
e la sua capacità d'immaginazione. E' il paradigma del "non-rapporto",
la struttura del linguaggio che genera il corpo (Lacan, 1968-1969,
1991), gli effetti del linguaggio come elemento costitutivo del
processo di socializzazione degli individui, e il corpo che concepisce
l'essere (Lacan, 1975), che ci permettono di considerare gli individui
come disconnessi, nell'accezione di sopprimere una relazione, una
comunicazione. Ne consegue la necessità di nuovi connettori sociali
di fronte alla fragilità dei legami sociali e al rischio di esclusione
sociale nelle nostre società contemporanee, per inscrivere il corpo
degli individui in uno spazio relazionale caratterizzato tuttavia
da nuove connessioni e legami sociali significativi.
L'immaginario del corpo sociale ha la necessità di rappresentarsi
queste connessioni: concepire la comunità vivente e comprenderne
le pratiche all'interno di questo spazio relazionale; considerare
la temporalità nella quale si colloca la comunità, perdurando e
modificandosi nel frattempo nello spazio culturale transgenerazionale
che la caratterizza. La salute poggia sulla concezione della trasmissione
del legame transgenerazionale "poiché il corpo sociale non è soltanto
sincronico (la comunità nel momento in cui esiste), ma diacronico
(la comunità come deve perpetuarsi per costituire un fatto di civilizzazione)"
(Vollaire, 2003). La salute mentale non può dunque tralasciare l'asse
temporale, situando la sofferenza psichica dei corpi nel rapporto
dialettico tra le dimensioni nelle quali sono radicate le radici
culturali della diagnosi e del sapere medico del corpo sociale (Barbetta,
2002). Questo approccio può affrancarci dal discorso e dal sapere
medico, caratterizzando lo stato di salute e del comportamento sociale
giacché realtà percepita in funzione del corpo biologico e sociale
dell'individuo, cercando d'interpretarne le origini poiché costruzione
di categorie sociali della conoscenza, sottoposte ai processi storici
e sociali che caratterizzano i confini instabili del normale e del
patologico.
Gli approcci classici della sofferenza psichica in psichiatria e
psicologia hanno posto a confronto il campo della psicopatologia
con le ipotesi "continuiste" e "discontinuiste", situando i comportamenti
degli individui sia in un continuum sia in un'opposizione tra il
concetto di normalità e quello di patologico. La diversità degli
orientamenti all'interno della clinica ha compiuto una trasmutazione
dell'apparato concettuale: l'interpenetrazione del normale e del
patologico (Ajuriaguerra e Marcelli, 1982) definisce i criteri istituiti
che danno forma ai concetti di normalità e patologico, aprendosi
contemporaneamente ad una clinica attenta al legame sociale e allo
spazio relazionale in quanto spazio di salute e di cura. Bisogna
pertanto interrogarsi sulla costruzione del sapere medico e delle
caratteristiche dell'intervento psicodiagnostico, esaminando le
radici culturali della diagnosi medica alle prese con questa opposizione
tra normale e patologico in quanto categorie liturgiche del sapere,
creatrici di nuovi miti globali e immagini morali, relative all'agire
umano, condizionanti le forme identitarie e le identificazioni degli
individui.
La ricerca critica interpretativa in psicologia clinica, con approcci
e metodologie qualitative (ricerca azione, etnografia, approccio
narrativo, analisi del discorso, storie di vita, osservazione partecipante),
ha permesso di analizzare la diagnosi medica e di esaminare le categorie
cliniche relative a quelle patologie che possiedono una dimensione
antropologica nella costruzione del discorso della medicina rispetto
alla malattia e alla cura (Barbetta, Benini, Naclerio, 2003). E'
altresì necessario reperire gli elementi che determinano il trattamento
della sofferenza psichica e della terapia dei corpi individuali
negli spazi situati all'interno delle reti comunitarie: la transizione
da una psichiatria istituzionale ad una psichiatria territoriale,
il passaggio dalla segregazione sociale e l'internamento nelle istituzioni
totali all'apertura e all'inserzione dei servizi sanitari nel territorio,
con la presa in carico globale della salute mentale attraverso la
comunità locale (Valastro, 2001). Siamo ancora intenti ad assistere
allo sviluppo di nuove configurazioni degli interventi nel campo
della salute mentale: nella presa in carico delle problematiche
che riguardano la salute mentale, nel quadro delle società contemporanee
che dispiegano un processo di rinnovazione delle politiche sociale
e dell'educazione alla salute, avanza la cooperazione di diversi
attori in una prospettiva comunitaria d'interventi di rete.
La trasformazione e la realizzazione di strutture e servizi, il
passaggio dalla segregazione alla terapia e all'inserimento sociale,
sono state sostenute e sviluppate all'interno di una rete integrata
e diffusa sul territorio (Eurispes, 1994). Nuovi principi hanno
condotto alla trasformazione istituzionale e perfino alla sostituzione
degli ospedali psichiatrici tradizionali, in vista di una completa
riorganizzazione dei servizi ripartiti sul territorio (Dell'Acqua,
Marsili, Zanus, 1998). L'elaborazione di politiche sociali attuali
sulla salute mentale, diventa in maggior misura un approccio sfociante
nell'intervento di rete (Brodeur, Rousseau, 1984), introducendo
così la complessità sociale con la presa in carico delle problematiche
individuali, sostenendone contemporaneamente un intervento a livello
collettivo: la sperimentazione d'interventi comunitari negli anni
ottanta nel Québec, favoriscono adesso l'allargamento attuale della
relazione d'aiuto in salute mentale per dare nuovo vigore alle reti
di solidarietà e di sostegno a livello comunitario e istituzionale.
In questo contesto, il ruolo dei dipartimenti di salute mentale
che hanno soppiantato gli antichi ospedali psichiatrici, sollecita
una nuova capacità di programmazione ed elaborazione degli interventi
sociali.
La costruzione di nuovi modelli di salute restituisce l'insieme
delle conoscenze cliniche in una prospettiva che colloca il soggetto
nella sua storicità, definita dalle sue dimensioni relazionali e
socioculturali (Billard, 1989). Una complessità multi fattoriale,
irriducibile alla semplice fisiologia e biologia umana, che integra
i collegamenti strutturali alla dimensione individuale e relazionale,
l'intersoggettività essendo così considerata nell'analisi del rapporto
dell'organismo con il suo ambiente. La concezione del sistema immunitario
in quanto integratore somatico, è il caso di varie patologie croniche,
s'inscrive in un corpo relazionale e autonomo, radicato nella storia
e nella memoria neurologica, immunologia e psichica di ogni individuo.
I rapporti che intrattengono le discipline, dalla biologia alle
scienze umane, attraverso l'interdisciplinarità (Dumas, 1999), testimoniano
questa transizione dalla singolarità del vivente all'universale
tramite i "concetti nomadi" (Stengers, 1987).
Le istituzioni in quanto creazioni immaginarie individuano nella
loro genesi sociale, siano esse istituenti o istituite, l'autonomia
di ogni società (Castoriadis, 1975), e questo ci permette di accostare
la nozione di salute mentale con la dimensione dell'istituente,
un rifare il mondo che non è unicamente fondato in ciò che preesiste
ma si apre al registro esistenziale e immaginario del sociale (Valastro,
2004). La psichiatria, avendo costruito delle istituzioni fondate
sulla separazione della malattia mentale dal corpo e dall'esistenza
dei pazienti, separando così gli individui dal corpo sociale, ci
orienta ad immaginare e inventare un'altra istituzione (Rotelli,
1988) con questo processo alternativo all'istituzionalizzazione,
uno spazio sociale per la promozione della salute mentale e del
legame sociale. Un tale conflitto non concerne unicamente uno scontro
tra modelli, quello psichico e quello relativo alla salute mentale,
ma è anche un'assunzione di responsabilità verso il corpo sociale
per rimettere in discussione il presente e le istituzioni esistenti,
siano queste propriamente politiche o che portino sulla concezione
del mondo (Buin, 1999).
L'introduzione della dimensione comunitaria è inoltre un rimettere
in discussione il presente e le sue istituzioni, sviluppando degli
approcci attuali in grado sia di accomunare la società attorno ad
un ideale, la salute, sia di generare una reale comunione, una rete
sociale che si riconosca e si identifichi ad un sentimento comune
dell'esistenza. Ripensare la clinica in una dimensione di accoglienza,
d'inclusione e prevenzione della salute mentale, avvia un processo
che conduce a considerare un nuovo rapporto con il mondo e gli altri.
L'evoluzione del modello di salute mentale, una transizione che
trasforma lo spazio classico della cura (Piel, Roelandt, 2002),
rileva altresì dell'istituente quando si tratta di dispiegare una
nuova organizzazione sociale destinata a temperare le imperfezioni
e le derive del nostro sistema sociale, a prevenire, limitare e
attenuare i suoi effetti sulle condizioni di vita dei cittadini.
Dall'immaginario della separazione della malattia nel corpo degli
individui, la negazione nel corpo sociale delle sofferenze psichiche,
perveniamo a considerare il mito della rete sociale che cura: l'emergere
di reti sociali come necessità attuale di concepire la società in
quanto spazio di salute e di cura, rete definita come relazione
sociale di legami oggettivi ma anche di modalità implicanti dei
punti di riferimento simbolici, intenzionali, affettivi ed etici
(donati e Folgheraiter, 1991), una proposta pratica per riformulare
il sistema di lavoro sociale a livello delle comunità locali. La
psichiatria, percepita come modalità, strumento e giustificazione
dell'esclusione, è stata rimessa in discussione in quanto apparato
teorico dell'esclusione sociale: l'internamento dei corpi nelle
istituzioni sociali, l'esclusione come controllo sociale. La non
intelligibilità del comportamento del malato psichico all'origine
dell'esclusione sociale, la quotidianità del processo di comprensione
della malattia come causa dell'esclusione sociale, hanno reso ancora
più complicata la transizione verso la liberazione dei corpi, la
transizione dall'internamento al territorio.
L'incontro con l' "altro" (Pelsser, 1984), una riabilitazione storica
dei corpi sempre intenta a definirsi e costruirsi, rischia in ogni
momento di sperimentare le derive di un tempo, reiterando i modelli
normativi istituiti dal corpo sociale nell'integrazione delle sofferenze
psichiche. Il ritorno del sensibile, all'interno del corpo sociale
e scientifico, attenua questi rischi accompagnandosi ad una tensione
del desiderio nella riabilitazione e nella (ri)costruzione di se
stessi. La sollecitazione a desiderare, in quanto impulso di cogliere
il proprio destino, è problematica rispetto allo stesso progetto
terapeutico, così come lo è l'introduzione della dimensione qualitativa
del vissuto (Reynaud, 1989) e della reciprocità esistenziale, contraddittoria
e problematica degli individui. Una nuova prospettiva sostiene una
politica di salute mentale che deriva dall'integrazione del modello
biologico, clinico e sociale della psiche, incoraggiando dei programmi
innovatori, orientati allo sviluppo della comunità e all'inclusione
sociale piuttosto che le logiche non recenti d'esclusione sempre
latenti: il piano sanitario nazionale e il progetto-obiettivo per
la tutela della salute mentale in Italia ne sono un esempio [1].
In questa nuova restaurazione dell'umanità (Auriol, 1979), integrante
gli individui all'interno di uno spazio relazionale anziché emarginarli,
ritroviamo addirittura un "ritorno in forza del destino, cui siamo
assoggettati" che "è correlativo di quello della comunità" (Maffesoli,
1992): lo sforzo di desiderare e impossessarsi delle stelle, la
capacità di prendere in mano il nostro destino, è radicato inoltre
nello spazio sociale e relazionale della rete comunitaria.
Il processo di deistituzionalizzazione del trattamento della sofferenza
psichica ritrova la complessità sociale, la vita individuale e collettiva,
creando e sviluppando delle reti sociali di negoziazione articolate
e flessibili, avendo come finalità la partecipazione attiva e la
cittadinanza reale dei soggetti più fragili della comunità. La rete
sociale che cura, uno spazio relazionale di salute e di cura, si
compie come modello di organizzazione sociale, riferendosi a delle
forme di relazioni differenti e specifiche, sperimentando la burocratizzazione
di queste esperienze, una rete definita in questo senso "communautique"
(Parazelli, 1994), ma concependosi ugualmente in quanto concezione
comunitaria di nuove forme di legami sociali e di appartenenze.
I progetti d'integrazione e socializzazione non possono proporre
l'applicazione di nuove tecniche per lottare contro la degenerazione
del legame sociale e contro l'esclusione sociale, senza considerare
i corpi vissuti con le loro pulsioni, emozioni e immaginari, che
generano il significato generante la disposizione verso il mondo
e se stessi e i significati immaginari sociali del corpo, anch'esso
non meno sociale, e della rete formale e informale di presa in carico
degli individui.
Rispetto ad un corpo sociale che ha respinto e dissimulato storicamente
la sofferenza psichica (Foucault, 1972) è necessario riconsiderare
i corpi individuali, un tempo esclusi, senza circoscrivere per questo
lo spazio relazionale, uno spazio pensato sia come spazio di cura
sia come spazio di salute mentale, alle pratiche d'inclusione sociale
che sviluppano dei progetti per l' "altro" ma indifferenti ai progetti
esistenziali degli individui. Non si tratta di colmare delle insufficienze,
di dare risposte a delle esigenze, quanto di rendere agli individui
la capacità di desiderare, di sperare con uno slancio autentico
di raggiungere le stelle per riprendere in mano il loro destino,
di situarsi in una possibilità, un'opportunità di ascolto di quello
che essi desiderano fare e di farlo (Lyotard, 1977). Il mito delle
nuove tecnologie (Mottana, 2000), il controllo delle zone d'indeterminatezza
nella relazione educativa grazie al potenziamento preponderante
della tecnica, produce paradossalmente uno scarto, un'incapacità
di cogliere l' "alterità" senza poter raggiungere la sensibilità
dei corpi vissuti. L'ascolto sensibile di se stesso, dell'altro
e del mondo (Barbier, 1977), la ricerca di percorsi esistenziali
comuni e la comparazione di differenze ontologiche, perviene a riavvicinare
ciò che è "altro" al di fuori di noi e in noi stessi.
NOTE
1] Piano Sanitario Nazionale 1998-2000,
D.P.R. 23/07/98, suppl. n.201, G.U. n.288, 10/12/90. Progetto
Obiettivo "Tutela Salute Mentale", 1998-2000, D.P.R. 10/11/99,
G.U. 22/11/99.
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