Il corpo come soggetto e oggetto di un'ermeneutica dell'educazione
Magali Humeau (a cura di)
M@gm@ vol.2 n.3 Luglio-Settembre 2004
IL CORPO DELLA STREGA
(Traduzione Lida Dutto)
Georges Bertin
georges.bertin49@yahoo.fr
Dottore in Scienze dell'Educazione; ha conseguito
l'Abilitazione a Dirigere attività di Ricerche in Sociologia;
Direttore Generale dell'I.Fo.R.I.S. (Istituto di Formazione
e di Ricerca in Intervento Sociale, Angers, Francia); Direttore
del CNAM di Angers, Francia (Consorzio Nazionale delle Arti
e dei Mestieri); Dirige ricerche in Scienze dell'Educazione
all'Università degli Studi di Pau - Pays de l'Adour; Insegna
all'Università degli Studi di Angers, nel Maine, all'Università
Cattolica degli Studi dell'Ouest, all'Università Cattolica
degli Studi di Bourgogne, alla Scuola Normale Nazionale Pratica
dei Quadri Territoriali; è membro del GRECo CRI (Gruppo Europeo
di Ricerche Coordinate dei Centri di Ricerca sull'Immaginario)
e della Società Francese di Mitologia, fondatore del GRIOT
(Gruppo di Ricerche sull'Immaginario degli Oggetti simbolici
e delle Trasformazioni sociali) e direttore scientifico dei
quaderni di Ermeneutica Sociale; Direttore Esprit Critique,
rivista francofona internazionale in scienze sociali e sociologia.
"Nous pensons trouver à l'origine de la magie la forme première
de représentations collectives qui sont devenues depuis les fondements
de l'entendement individuel." (Mauss, 1950)
"Apprends, jeune homme, que le jeteur de sorts doit accomplir certains
actes en des lieux consacrés depuis des milliers d'années. Ces lieux
sont ou des cavernes ou des sommets élevés que fréquentent les sorciers
certains jours de sabbat aux environs de minuit, par des nuits sans
lune." (Vimond, 1938)
I Contesto
Il sabba delle streghe, così come lo conosciamo a partire dalle
tradizioni popolari (Bertin, 1992), dai resoconti dei grandi processi
sulla stregoneria del XVI e XVII secolo o, ancora, così come lo
possiamo osservare oggi in alcune società tradizionali dell'Africa
o dell'America del Sud, origina dalla rivendicazione dell'Inconscio
di conservare "gli obiettivi del principio del piacere soggiogato
dalla repressione, ovvero il ritorno del rimosso che costituisce
la storia di sottofondo seppur tabuizzata della civilizzazione."
(Marcuse, 1968, pagina 26-27) E' l'epoca in cui l'erotismo condannato
cadrà nella sfera del profano, ove Dioniso rivive nel diavolo dei
sabba, i quali "votati nelle solitudini notturne al culto clandestino
di quel dio che era esattamente l'opposto di Dio, non poterono che
approfondire i tratti di un rito che partiva dal rovesciamento della
festa". Fenomeno ben conosciuto è quello del ritorno del rimosso,
l'eliminazione del sensibile dalla religione non trovava forse sfogo
nelle feste nere ove i precetti ammessi, cioè quanto istituito dalla
società rurale, erano battuti sulla breccia? La danza in tondo non
formava forse il luogo e la notte il tempo di una festa ove si esacerbavano
i desideri nell'incontro dei corpi in una mitologia proveniente
dal lontano passato?
Manifestazione particolare, il sabba ci appare come il modello perfetto
di trasgressione dei rituali festivi, di questo stato di disequilibrio
che permette di riannodare i fili armonici tra il proprio sé e il
mondo esterno, agendo da schermatura per i partecipanti quando la
musica dei violini, strumenti del diavolo, trasporta irrimediabilmente
l'uomo al di fuori di ogni limite. Non poteva esso forse permettere
quelle relazioni libidinose, libere, durature e socievoli le quali,
secondo le parole di Herbert Marcuse (Marcuse, 1968, pagina 183),
"sono all'origine di un'altra civilizzazione, non repressiva"? Era
così profondamente intriso della nozione di sacrificio a tal punto
che le streghe pagavano con la loro vita questa trasgressione orchestrata
tanto a livello individuale quanto a livello della sovversione sociale.
Il sabba non aveva forse origine, nell'immaginario radicale e sociale,
dai nuovi rapporti basati sul meccanismo del sacrificio e della
violenza che lo accompagna, a fondamento della cultura?
In modo del tutto congruente questo quadro particolare permette
di interrogarsi sulla questione del corpo della strega, una strega
che ci sembra centrale nei racconti di stregoneria tanto come supporto
identificativo quanto come luogo di sapere, sullo statuto stesso
del corpo nelle società considerate dove l'uomo è amalgamato alla
sua comunità e non si sente diverso. Il corpo della strega non sarebbe,
dunque, il luogo del dire sociale?
II Il sabba, luoghi ed attori
Nel Bocage della Normandia, così come altrove, le tradizioni popolari
ci permettono di identificare numerose località dette di "sabba"
o "d'esbats" [1]. Riunioni di streghe o
di iniziati: si trattava verosimilmente di antichi culti di possessione,
in forma estatica, facilmente comparabili nelle loro diverse funzioni
(festive, terapeutiche, sociali, religiose) a quanto si è potuto
osservare in ogni epoca, a tutte le latitudini e in tutte le civiltà,
nel momento in cui l'identità di una o più persone, di un gruppo,
di una comunità locale, si altera a tal punto da rendere necessario
un contatto tra mondo sacro e mondo profano. Questi culti si svolgevano
in luoghi appartati, generalmente su un'altura o nei luoghi più
reconditi di un bosco, situazione che Jules Michelet ha molto ben
tradotto in linguaggio letterario ma evocativo:
"Immaginate, su un'immensa landa, sovente nei pressi di un vecchio
dolmen celtico, al limite di un bosco, una doppia scena
da un lato, la landa ben illuminata, il gran pasto del popolo,
dall'altro lato, verso il bosco, il coro di questa chiesa la cui
cupola è il cielo.
Chiamo coro un tumulo che pare dominare non poco. Tra i due, i fuochi
resinosi dalla fiamma gialla e dei rossi bracieri, un vapore fantastico.
Nel fondo, la strega erigeva il proprio Satana, un grande Satana
di legno, nero e villoso ... personaggio tenebroso che ognuno poteva
vedere in modo diverso; gli uni potevano provare solo terrore, gli
altri erano commossi dalla fierezza malinconica ove pareva assorbito
l'eterno esule."
(Michelet, 1966, page 127)
Sulle Lande del cosiddetto Sabot Doré, nel Domfrontais, il Grand
Léonard soleva venir prendere posto su un'altura che ha conservato
il suo nome: Il Pulpito del Diavolo. Le descrizioni popolari considerano,
nella maggior parte dei racconti, così come ha ben evidenziato Jean-François
Détrée (Detrée, 1975), tre momenti facilmente avvistabili in tali
cerimonie notturne:
- la partenza o volo, momento in cui gli adepti giungevano nel luogo
del sabba per via aerea a delle velocità che superano di gran lunga
l'immaginazione, talvolta sul dorso di un animale, talaltra in virtù
di un unguento magico con cui si spalmavano il corpo;
- la cerimonia stessa, ovvero genere di messa nera, detta "al contrario"
alla presenza di un capro, di un pastore, di una strega, o ancora,
del diavolo stesso. A questa cerimonia poteva seguire l'adorazione
del diavolo o del suo tizzone d'inferno, un enorme capro nero, che
si veniva a baciare sul culo, oppure poteva seguire un sacrificio
animale o, ancora, il sacrificio di un neonato nelle versioni più
feroci. A conclusione di questa fase, erano ammessi i nuovi stregoni
e streghe che colà stabilivano patto col diavolo firmandolo con
il loro sangue. Per quanto riguarda le streghe, queste ricevevano
immediatamente l'omaggio bestiale del Grand Léonard;
- la "Danza in tondo" o "Rondanse", danza di gruppo, attorno al
fuoco, ossia un girotondo sfrenato, che portava alla confusione
dei generi e dei sessi, delle classi sociali e delle gerarchie,
ordinariamente ammesse, e che autorizzava ogni genere di trasgressione,
terminando poi in una sorta di trance generalizzata sovente guidata
dai violini, strumenti del diavolo.
III Il Tempo dei sabba
Il calendario dei sabba è molto ben conosciuto (Glass, 1972): se
i sabba minori avevano luogo durante i solstizi e gli equinozi,
i sabba maggiori erano celebrati in occasione di festività speciali:
Ognissanti, Candelora, la vigilia del Primo Maggio e il Primo Agosto.
Notiamo che vi è in questo un'effettiva considerazione dei grandi
ritmi naturali solari nonché riferimento esplicito al calendario
lunare celtico (Le Roux et Guyonyarch, 1990): Ognissanti (Samain,
festa degli immortali), Candelora (Imbolc, festa della grande dea
o della lattazione delle pecore), il 1° Maggio (Beltaine e Walpurgis,
festa della rinascita e del rinnovamento) e il 1° Agosto (Lugnasad,
grande festa regale, festa dei raccolti ).
Anche la Notte di San Giovanni era considerata particolarmente propizia
al combattimento contro le sorti e gli anziani dell'area dei Bocains
ricordano di aver ancora assistito nel corso della loro infanzia
a dei raduni durante i quali, sui Monti più alti della regione,
venivano ammucchiati fascine e alberi resinosi di ogni specie, sotto
i quali veniva appiccato il fuoco non appena apparivano le prime
stelle in cielo. Di costa in costa, l'aria si espandeva e si sentivano
meravigliosamente i canti da lunga distanza nella brezza calma della
notte. Quando il sole, dopo essere salito sempre più in alto nel
cielo, raggiungeva il suo punto critico apprestandosi a scendere,
nella notte di San Giovanni, i giovani di ambedue i sessi si radunavano
per ballare attorno al fuoco, facendo su di esso dei grandi salti;
coloro che si presentavano in coppia erano sicuri che avrebbero
avuto un bambino entro l'anno. Si aveva anche l'abitudine di andare
in processione intorno ai campi avendo in mano delle torce e di
far girare delle ruote infiammate per rappresentare l'immagine della
ruota solare nella sua corsa. Le danze circolari, o danzate in tondo,
non erano forse un tentativo di riprodurre la corsa del sole imitandola?
Queste proseguivano, poi, sino al mattino.
Quella particolare notte era, altresì, ritenuta consacrata ai sabba
di streghe e stregoni, allorquando questi iniziavano, in luoghi
appartati sulle alture, i loro nuovi adepti. Le donne erano in maggior
numero rispetto agli uomini. Notte stabilita per l'irruzione del
tutto possibile in un'esistenza ordinariamente dedicata ai lavori
più rudi, essa rispecchiava, in modo inverso, l'altro San Giovanni,
la notte invernale del 27 Dicembre, parimenti periodo di festa dedicata
alla luce (Natale) o del sole invitto nell'Antica Roma.
Non si racconta forse che i grandi signori e le grandi dame del
regno, sotto l'Ancien Régime, avrebbero ricercato la compagnia degli
stregoni, arrivando persino a farsi iniziare nelle loro sette e
partecipando a questi "esbats" con le altre classi sociali sotto
gli auspici del Gran Cornuto? Gli stessi terminavano con dei rituali
selvaggi segnati da riti antropofagici, adorazioni demoniache e
bestiali e da orge sessuali, temi frequentemente ricorrenti e di
cui saranno incolpati i partecipanti al sabba durante i processi
tipici del periodo dell'Inquisizione (Ginzburg, 1992, pagina 88-89).
Questi rituali, universalmente estesi, sono stati cristianizzati
dalla Chiesa che veniva a trovarsi impotente nell'abolirli e, perciò,
la scelta del San Giovanni estivo, quale patrono cristiano del battesimo
sotto condizione (è lui il Battista) può ben indicare una parentela
simbolica tra costumi pagani e festa religiosa. San Giovanni Battista,
ancora chiamato "il Precursore", venne decapitato per ordine di
Erode su richiesta di una cortigiana, Salomé, figlia di Erodiade
[2], la concubina di Erode, che aveva chiesto
la sua testa per aver danzato nuda dinnanzi il re.
IV Lo statuto delle danze sabbatiche
"Il faut du jouir et du divin pour se soumettre." (Legendre, 1976)
Le tradizioni popolari, raccolte e documentate da J.J. Von Görres
(Görres, 1992), alla fine del XIX secolo, da J.G. Frazer (Frazer,
1983) e A. Van Gennep (Van Gennep, 1949) descrivono assai precisamente
le danze che avvenivano in queste occasioni. Si tratta di lavori
supportati dai saggi degli eruditi locali del bocage (Normandia)
nel secolo XIX e dalle testimonianze raccolte presso gli anziani:
la Società di Mitologia Francese (Société de Mythologie Française)
prosegue questo lavoro: - innanzitutto, è d'uopo asserire che i
passi di danza erano molto disordinati, l'esatto opposto delle danze
abituali "poiché dovevano esprimere un rapporto falso e disordinato"
(Görres, 1992), e anche la musica che li guidava doveva essere dissonante,
confusa e sgradevole, dando alla danza le sembianze di un charivari;
- gli strumenti utilizzati erano falsi, ossia un bastone normale
o il bastone di un pastore utilizzato a mò di flauto, il cranio
di un cavallo a mo' di chitarra, una mazza battuta contro una quercia
come tamburo. I violini emettevano suoni sovracuti, i tamburini
erano battuti da ciechi, essendo i cori dei demoni composti da voci
rauche e insopportabili;
- i danzatori, nudi o in camicia, danzavano in tondo, voltando la
schiena al maestro di danza, mentre ogni strega aveva vicino a sè
il proprio demone. Si tenevano con le mani appoggiate sulla schiena,
girando verso sinistra (senestrogyre), e facendo i movimenti più
osceni.
Lancre, inquisitore del XVII secolo, diceva che in queste danze
"gli zoppi e gli storpi erano i più abili". "La danza in tondo,
il famoso giro in tondo dei sabba, serviva a completare questo primo
grado di inebriamento (…) Giravano schiena contro schiena, le braccia
all'indietro, senza vedersi, ma spesso le schiene venvano a toccarsi.
Nessuno si conosceva bene, nè sapeva chi aveva vicino. La vecchia
allora non era più vecchia, miracolo di Satana ? Era donna ancora,
e desiderabile, confusamente amata (...) la folla unita in questa
vertigine si sentiva un corpo unico" (Michelet, 1966, page 129):
- il maestro di danza, seduto, contemplava le evoluzioni alle quali
si mischiava talvolta, mormorando per tutto il resto del tempo suoni
inarticolati e i canti più grossolani, accompagnando le danze, ritmate
dalle invocazioni "diavolo, diavolo", "salta qui, salta là! sabba,
sabba!";
- la totalità del pubblico vi appariva nella più semplice modalità
quale segno di eguaglianza e di libertà e, poichè il corpo nudo
è ritenuto essere produttore di forza, vi emanava un'energia grazie
alla quale la magia poteva operare. Conservare i vestiti avrebbe
significato, nello spirito degli iniziati, privarsi del magnetismo
terrestre, della corrente "bioenergetica" accresciuta dalla danza
circolare. Il tutto contribuiva a rinforzare la potenza dei partecipanti,
riti che le condotte sessuali ovunque evocate venivano parimenti
a rinforzare. Esse sembravano, d'altronde, decuplicare le energie
dei partecipanti poiché molti danzatori potevano, dopo avervi preso
parte, fare dei salti da gigante raggiungendo persino due luoghi
contemporaneamente, varianti dei viaggi aerei già menzionati (lo
spiccare il volo).
Von Görres distingueva tre generi di danze sabbatiche, che rinviavano
d'altronde a tre forme di stigmatizzazione sociale:
- le danze degli zingari, i quali, con uno statuto marginale nelle
società occidentali ebbero funzione di capri espiatori, con ebrei,
bigotti e lebbrosi, e furono sospettati di cospirazione in modo
quasi costante. Carlo Ginzburg ha mostrato come queste persecuzioni
abbiano partecipato alla formazione degli stereotipi sul sabba (Ginzburg,
1992, pagina 1-87);
- quelle del Labourd, (provincia basca). Si deve questa assegnazione
ad un giudice di streghe del XVII secolo, Pierre de Lancre che da
solo, nel 1609, in 4 mesi, fece bruciare 80 streghe. Egli chiariva
che le donne del paese basco, frustrate a causa dell'assenza dei
loro sposi, marinai e pescatori, passavano il loro tempo recandosi
al sabba, grande festa, grande ballo mascherato con "travestimenti
fortemente trasparenti". Si davano "le danze moresche, vive penose,
amorose, oscene, dove ragazze a ciò istruite parodiavano le cose
le più provocanti …". "Queste danze erano, riporta ancora Michelet,
l'irresistibile attrazione che, presso i Baschi, faceva precipitare
al sabba tutto il genere femminile, donne, ragazze, vedove (queste
in più gran numero)."
E l'autore descrive la sterilità degli amori sabbatici, "l'amore
senza Amore" e le grida che di lì fuoriuscivano "che il frutto venga
offerto al diavolo" soffermandosi, alla fine delle danze, sulle
scene di fecondazione simulata delle streghe, sulla loro fredda
purificazione, sui rapporti incestuosi ai quali esse si sottomettevano
(Michelet, 1966, pagina 174):
- il girotondo composto di salti (quello dei contadini, egli precisa
), che Görres così descrive: "i danzatori sono in linea retta, gli
uni dietro gli altri, l'uomo e la donna voltandosi la schiena, poi
allontanandosi e riavvicinandosi a passo cadenzato per poi urtarsi
brutalmente col fondoschiena." Una variante, indicata da Görres,
ritaglia le inchieste del bocains: "i partners sono disposti in
cerchio in modo tale che ognuno di essi a turno volti il viso verso
l'esterno mentre l'altro verso il centro e danzano così in tondo
tutti insieme, questo modo di voltarsi la schiena ben esprime, secondo
Görres, il disordine che presiede a queste danze." (Görres, 1992,
pagina 580)
Infine, le danze sabbatiche rivelano tracce, per noi molto evidenti,
di stati alterati di coscienza secondo i fatti descritti, verso
la metà del XVII secolo, dal vescovo Marco Blandini in Moldavia:
"dopo essersi scelti uno spazio appropriato, essi iniziano a mormorare,
a far girare il capo, a rovesciare gli occhi, a torcere la bocca,
a fare delle smorfie, a tremare in tutto il corpo; poi cascano a
terra, con le braccia e le gambe divaricate e restano immobili,
simili a morti, per un'ora intera." (Ginzburg, 1992, pagina 188)
Si vede, di lì in poi, come le forme della danza sabbatica siano
emigrate al termine delle persecuzioni verso le danze paesane. Queste
ne trarranno la pessima reputazione che era, di fatto, loro. Ciò
è reso manifesto nell'attitudine del vescovo di Troie, coadiutore
di Marsiglia il quale, nel 1541, proibiva, in quanto contrarie ai
buoni costumi, le danze in cui l'uomo abbraccia la donna, minacciando
di scomunica i musicisti che per tali danze suonavano. Inoltre,
Jean Bodin, nella sua celebre opera "de la demonomania delle streghe"
(Bodin, 1850), dopo aver fustigato le danze in tondo delle streghe,
rammenta che coloro che sono stati incriminati per stregoneria hanno
"danzato con Satana", da loro servito e adorato. Questi stessi stereotipi
facevano ancora vituperare contro i balli paesani un curato di Ars
nel XVIII secolo.
Così, l'anatema lanciato dalla Chiesa contro la danza, ovvero l'espressione
dei corpi, "offre la misura del malinteso che la oppone alla sessualità
e al mondo naturale di cui ella non ha che una percezione errata.
Malgrado l'intuizione cristiana del mondo come corpo di Cristo,
l'universo naturale è stato considerato come separato da Dio se
non addirittura contrapposto a lui non essendo precisamente percepito
come corpo." (Watts, 1958, pagina 209-210) Cio' rende conto di quell'idea
ingenua secondo cui "il movimento non ha vera esistenza", essendo
questa necessariamente statica e stabile, e optando per la messa
al bando del piacere che, come sappiamo, nasce dalla relazione dell'uomo
con il mondo. Remi Hess (Hess, 1989, pagina 65-66) rammenta giustamente
a questo proposito che i giudici ecclesiastici del XVI secolo giudicavano
la volta, danza importata dall'Italia, "responsabile di un'infinità
di omicidi e di aborti", discorso ripreso da Praetorius nel 1688.
Le processioni circolari del bocage (Normandia) già studiate, riprendendo
parte di questi culti, segnano l'ambiguità di queste azioni popolari
colletive ove l'attrazione delle pratiche rimproverate le contrappone
incessantemente a quelle tollerate dalla Chiesa, quando i santi
protettori del bestiame vengono a sostituire il Grande Cornuto.
La scansione delle processioni, l'aspetto incantatorio dei canti,
la stessa partecipazione fisica da esse richieste, questa figura
circolare di cui ci si sforza di riprodurre la forma, rinforzava
la dominante pulsionale di tali gesti collettivi che traggono origine
da una ritmica sessuale, unanimemente sublimata, senonché assunta.
V Il corpo della strega
Innanzitutto, descriviamo le sorti che fan loro subire gli inquisitori
durante i processi di stregoneria. Von Görres rende ben conto dello
statuto che è loro assegnato nella tragicità sabbatica. Gli inquisitori
inviati nel paese basco raccontano, nei loro resoconti, che le ragazze
sono solite tenere il corpo rovesciato all'indietro; alcuni inquisitori
italiani, nella stessa epoca, mostrano che esse davano prova di
forza sovrumana. Marie de la Parque d'Hendaye, di 19 anni, racconta
che fece la scommessa di saltare in due posti rispetto al luogo
dove si teneva il sabba e che così avvenne. Le donne che andavano
al sabba erano tenute a portare un bambino al diavolo e, presentandoglielo,
a lui giuravano fedeltà. Coloro che non glielo portavano erano punite
con la frusta; da qui l'usanza di prenderne in altri villaggi. E'
interessante soffermarsi sul trattamento fisico che subivano le
streghe allorquando differite al giudice.
Nei processi di stregoneria, infatti, come riporta Görres (Görres,
1992, pagina 632), "venivano considerati come prova di colpevolezza
alcuni segni che le streghe avevano sul corpo e che erano stati
loro impressi nel momento del loro ingresso al sabba. Era soprattutto
a sinistra che si trovavano questi segni, nell'occhio sinistro o
sulla guancia, o sulla spalla, il gomito, il fianco, il ginocchio,
il piede (si osserva qui una particolare attenzione al lato sinistro,
in latino sinistro). Pur tuttavia, talvolta, ve n'erano sulla destra,
talaltra venivano impressi sul labbro inferiore, mordendolo, o sul
cuore. Quando si trovavano questi segni, si facevano esaminare con
la sonda da uomini esperti. Se il sangue colava senza che la persona
soggetta all'operazione avvertisse dolore alcuno, era ben presto
possibile determinarne la colpevolezza (...) Questi segni, aggiunge
il testo, ci offrono la controparte su cio' che la Chiesa abbia
constatato più di una volta sul corpo degli stigmatizzati. Questi
segni possono dunque essere realmente prodotti dal demonio, così
come lo sono a seguito di un'operazione divina. Il segno esterno
altro non è, in questo caso, che il velo o l'espressione intima
dell'anima". Aggiungendo che, "nel Labourd, più di tremila persone
presentavano questi segni e tutti affermavano di essere stati al
sabba. Essi indicano allora che nel popolo era presente una predisposizione
visionaria che aveva preso la direzione errata."
Un'altra modalità per accertarsi dell'identità della strega era
quella di sottorporla alla prova dell'acqua fredda (in quanto di
natura calda). Veniva loro legato il pollice della mano destra con
l'alluce del piede sinistro e viceversa; venivano immerse per tre
volte nell'acqua. Se nuotavano, venivano dichiarate colpevoli; se
affondavano, venivano reputate innocenti. A un'anziana donna che,
a Innen, avendo chiesto di essere sottoposta a questa ordalia, si
era messa a nuotare, l'inquisitore chiese perchè fosse così nemica
del proprio corpo, e lei rispose che il demonio l'aveva spinta a
richiedere questa prova promettendole di renderla libera. Sfuggì
al supplizio, dandosi la morte in prigione. In Olanda si pesavano
le streghe e se il loro peso non superava le 13/15 libbre, venivano
ritenute colpevoli, poiché le streghe, per viaggiare attraverso
l'aria, dovevano essere molto leggere. Chissà a quali congetture
potrebbero giungere oggi gli inquisitori nei confronti delle ballerine
dei nostri moderni balletti dell'opera!
Tali verifiche scaturivano dall'idea diffusa presso gli inquisitori
che gli uomini giunti a un certo grado nel bene o nel male, superati
i limiti della natura, entrino nel regno della luce o in quello
delle tenebre. Essi possono essere, così, liberi dalle leggi che
governano il mondo corporeo. Rivelandosi, però, tutte queste prove
insufficienti, si impiegò la questione - e le confessioni a tal
riguardo non mancarono, anzi sono presenti a migliaia - della profanazione
delle ostie, di sacrilegi, di voluttà cosiddette abominevoli, di
blasfemi e di offerte rese ai demoni nel corso dei sabba. Tali confessioni
venivano accompagnate da numerose denunce ricavate a forza a causa
dell'odio, la cattiveria e l'invidia dei giudici ecclesiastici.
Pochi riuscirono a sfuggire ai sospetti, anche una condotta irreprensibile
poteva essere sospettata di dissimulazione e ipocrisia. Inoltre,
gli accusati consegnati al braccio secolare venivano bruciati sulla
pubblica piazza. Ed è a Görres di concludere parlando dei numerosi
processi tedeschi ai tempi della Guerra dei Trent'anni: "la miseria
del tempo, la disperazione del popolo, la desolazione del paese
non furono che il giusto castigo dei disordini dell'epoca. Ma il
popolo, invece di identificare la fonte del male e riconoscersi
colpevole, preferiva spostarlo sulle streghe."
VI Un tentativo di interpretazione: la danza dei sabba
"Au fumier que nous appelons l'Histoire, c'est d'abord la Mère qui
surgit." (Legendre, 1976, pagina 9)
Nel tentativo di comprendere meglio il fenomeno sabbatico, cercheremo,
in primo luogo, di identificare le funzioni individuali, gruppale
ed istituzionale della danza sabbatica, evocando in seguito lo statuto
del corpo della strega.
a) L'individuo
L'individuo che si dà al sabba delle streghe sembra profondamente
intriso di uno stato particolare o alterato di coscienza, stato
che si suole comunemente designare col termine trance, ben sapendo
che occorre distinguerne due forme:
- la trance sciamanica è il passaggio obbligato degli adepti desiderosi
di accedere essi stessi allo statuto di sciamano, di stregone, di
iniziato, di colui che contemporaneamente guarisce, profetizza e
possiede i saperi segreti del gruppo, diventa la sua memoria arcaica,
e che viene ad essere invaso, durante la trance, dagli spiriti,
antenati totemici del gruppo;
- la trance di guarigione è attivata dallo stregone e ha lo scopo
di procurare benessere e distacco, di conferire una risposta ad
alcuni problemi di salute fisica o mentale. Più comunemente qui
si cita la depressione nervosa, alcune forme di paralisi, le ulcere,
le malattie dermatiche, ecc. Essa si manifesta con uno stato parossistico
per garantire la purificazione dell'essere (la sua catarsi), assumendo
in sé la lotta arcaica tra Eros e Thanatos. Il suo passaggio obbligato
è la morte iniziatica, "morte individuale, dice Amable Audin (Audin,
1945, capitolo 3), seguita da una rinascita nella nuova collettività
per mezzo di un cambiamento di sostanza." Condizione fondamentale
di qualsiasi rigenerazione spirituale, la morte iniziatica, consacra,
per Mircea Eliade (Eliade, 1976) "la fine dell'uomo naturale, non
culturale, il passaggio ad una nuova modalità di esistenza, quella
di un essere nato per lo spirito, che non vive nell'immediatezza,
parte integrante del processo attraverso il quale si diviene un
altro, plasmato dagli dei e dagli antenati mitici".
Notiamo poi la constatazione spesso operata nei racconti sul sabba
di un aspetto successivo, la colonna vertebrale. Il girotondo delle
streghe è rappresentato, come già abbiamo visto, come una danza
ove tutti gli individui si ritrovano trasportati schiena contro
schiena, come se "la possibilità per il partecipante di emergere
in quanto soggetto, passasse attraverso un contatto col vicino."
(Anzieu, 1990, pagina 29) Allo stesso modo, quando si rende omaggio
al diavolo, o a un suo rappresentante, è proprio sul fondo della
spina dorsale che lo si bacia. Quando il "chaoucha" berbero massaggia
il danzatore, così come ho visto in Cabilia, per liberarlo dalla
trance, è ancora la schiena ad essere interessata. La colonna vertebrale,
così come ci insegna qualsiasi manuale di scienze naturali, ha infatti
tre funzioni:
- statica: in quanto protettrice del midollo spinale ai fini dell'elettricità
cellulare;
- dinamica: essa funge da braccio di sollevamento e di distribuzione
delle forze, nonchè principale fonte per la verticalità;
- energetica: i cordoni stellati, posti su un lato e sull'altro
della colonna, distribuiscono l'energia del sistema nervoso autonomo
simpatico garantendo il controllo e l'adattamento degli organi secondo
un gioco di influssi stimolanti o frenanti. I ricercatori di psicofisiologia
spesso e volentieri la paragonano a una barra diamantata bipolarizzata
da cui dipende per gran parte la tonicità dei muscoli vertebrali.
Gli Yogin ci insegnano che un serpente addormentato si trovi sull'estremità
coccigea della colonna vertebrale. Se lo si sveglia, esso si srotola,
sale progressivamente in spirale lungo l'asse vertebrale stimolando,
in questo passaggio, i centri energetici (chakras).
Queste differenti prospettive vengono confortate da Gilbert Durand
(Durand, 1979, pagina 35) il quale indica che "l'iniziato è un antropocosmo
al quale nulla di cosmico gli è estraneo. La sua coscienza è sistematizzata,
la sua concezione del sapere unitaria. Egli è multiplo, diverso,
(corpo-anima-spirito), intermediario. La pluralità della sua psiche
si unifica e si individua in quanto sperimenta un ordine similare
all'ordine dell'intero cosmo". Un ruolo dunque considerevole quello
di fatto assunto dalle streghe, una sorta di pontefici, di mediatrici.
All'interno di una dimensione antropologica psicanalitica, France
Schott-Billman (Schott-Billmann, 1989, pagina 115-166) rammenta
il riferimento all'animalità a fondamento di queste pratiche in
grado di perpetuare "il dionismo, vale a dire una celebrazione dell'essenza
dell'uomo in quanto dimensione passata". Ella vi intravvede la "rappresentazione
divina dell'uomo che prende in conto la sua alterità, la fessura
attraverso la quale il polo selvaggio della natura, della trasgressione,
della madre e dell'inconscio si tesse con il polo civilizzato della
cultura, della legge, del padre e del conscio, la tela invisibile
del ritmo". E ancora, la trasgressione dei limiti corporei, costruita
con l'esercizio o subita in trance, non conduce forse a degli stati
limite in misura di costruire un grado parentelare di danzatori
e danzatrici con gli dei dell'Olimpo? Facendone dei semi-dei proposti
come modelli? In ciò il rapporto ai demoni dei sabba ne determina
il significato.
b) Gruppo e danze sabbatiche
Ma la danza del sabba non potrebbe ridursi, nei suoi effetti, a
un solo individuo. Come afferma Françoise Gründ, "la trance ha una
funzione terapeutica sociale, essa riconcilia l'uomo con la società",
essa appartiene all'ordine del bio-psichico. Numerosi lavori sull'individuo
all'interno del proprio gruppo sociale (integrazione dell'individuo
nel suo lignaggio, pratica del geno-sociogramma) hanno condotto
gli esperti a ricostituire nei malati di mente dei legami abbandonati,
un'espressione sociale, l'importanza del valore del gruppo in grado
di assicurare sia una funzione ortopedica sia pedagogica (Gründ,
1985, pagina 52). La società moderna, specializzando sempre più
i saperi, isola gli individui da questa protezione conferita dal
gruppo. Michel Lobrot a tal proposito affermava che le terapie emozionali
praticano in qualche misura la trance (Lobrot, 1985) e France Schott-Billmann
definiva il folle inguaribile come "qualcuno che non ha famiglia."
(Schott-Billmann, 1985)
Si constata, dunque, l'importanza dei fenomeni di gruppo per facilitare
la crisi sabbatica la cui funzione sociale sarebbe quella di perpetuare
e rinnovare la vita del gruppo. Ne sono testimonianza quei racconti
che si rinnovano incessantemente, nelle tradizioni popolari come
nei verbali dei grandi processi di stregoneria, della mescolanza
dei generi, delle condizioni e dei sessi in seno al sabba, ove tutto
ciò che si trova in alto vacilla e cade, ove si danza al contrario,
al ritmo di musiche dissonanti, ove la danza è il mezzo accertato
di tali incontri di fusione. E, ancora, la disposizione in cerchi
"tende a riprodurre la forma dell'uovo, ricostituendo un guscio
narcisistico di tipo collettivo." (Anzieu, 1968, page 29) Jacques
Ardoino rammenta che "per evitare l'alienazione, l'uomo deve superare
due contraddizioni: con la natura e con i propri simili. Ciò avviene
- prosegue - per mezzo dei suoi atti. L'altro rappresenta per ciascuno
un possibile fattore di mediazione. In un gruppo, ciascuno è tanto
compagno e membro unificante, membro mediato quanto mediatore. Il
Terzo-mediante permette l'unificazione di un essere." (Ardoino,
1973)
I gruppi delle danze sabbatiche frequentemente utilizzano da parte
loro "gli organizzatori del funzionamento gruppale inconscio" (Anzieu,
1968, pagina 29) che si manifestano in tre momenti, così evidenziati
da Didier Anzieu:
- l'illusione gruppale: momento di calore fusionale, di intensa
comunicazione emotiva, di fatto, un meccanismo di difesa che consiste
nel negare le differenze esistenti tra i membri, gli affrontamenti,
cercando di superare, ciascuno, l'angoscia della solitudine, rinunciando
al sé individuale per preservare il sè gruppale. Si tratta dell'indifferenziazione,
senza dubbio all'ordine del giorno in seno alle popolazioni rurali
molto povere, le quali sentivano pesare, con tutto il peso sulle
proprie spalle, l'ordine delle cose;
- l'imago: rappresentazione inconscia di un ideale unificatore comune,
figura astratta, allucinata (qui, il Diavolo, la Strega), investita
al di fuori di un soggetto reale e capace di condurre i membri del
gruppo verso una ricerca sottile di conformità, verso un modello
che porta ogni partecipante a rinunciare ad essere soggetto per
imitare o perseguire una nuova chimera. Tale tratto risulta particolarmente
evidenziato nella descrizione del sabba offerta da Michel Subiela
in un'opera composta partendo dai resoconti dell'ultimo dei grandi
processi contro la stregoneria del Cotentin (Subiela, 1976);
- i fantasmi primitivi: seduzione, scena primitiva, castrazione.
Un'origine fantastica condivisa (ri-nascita?) permette una nuova
differenziazione di ogni membro senza l'avvallo di questa fonte
comune passata ed il suo proprio riconoscimento.
Oggi, la danza popolare contadina non è forse stata sostituita da
quei numerosi gruppi di ballo di cui osserviamo una vera prolieferazione,
dalle danze jazz al primitivo e folk, attraverso le danze da sala,
quali la salsa, il rinnovato tango, la tecno? I nuovi gruppi di
trance, (bioenergia, gestalt, cri primal, "Trance Terpsicore Terapia"
...) non hanno forse ritrovato la terapia degli Africani ? Non assistiamo
forse alla fine di questa prescrizione di austerità sui corpi e
sulle loro maschere che era quella della razionalità capitalista
e produttivista, quando l'uomo cerca di respingere i propri limiti?
Non si danza prima di parlare ed anche di pensare? La teatralizzazione,
il ruolo dei partecipanti non aiutano forse ad amplificare le emozioni,
ad identificarsi con gli altri? Nei gruppi di danza e di espressione,
non riscopriamo forse cio' che era al centro delle psicoterapie
di gruppo agli albori della nostra civilizzazione, nella Grecia
Antica, a Roma, nei sabba delle streghe e che è stato mantenuto
in Africa?
Descrivendo un'esperienza di animazione di balli in sala, Amandine
Dewaele scrive: "ciascuno può avere la sensazione di essersi arricchito
e aperto verso una dimensione nuova e, allo stesso tempo, di aver
ripreso contatto col proprio corpo e con qualcosa, al tempo stesso,
di universale e antichissimo della propria storia personale.". (Dewaele,
1995, pagina 110) In questo gioco dei "corpi vietati", l'implicazione
profonda del regista delle danze, (nuova figura di stregone?), con
i suoi desideri, con le sue inibizioni rimosse, quelle del proprio
pubblico, il contatto che intrattiene con i desideri degli altri,
gli permette di avviare un dialogo a livello inconscio, e ne risulta
di fatto una condizione di mutamento. Non si tratta forse delle
esperienze limite che secondo Maurice Blanchot sono la risposta
che l'uomo incontra dopo aver deciso di porsi totalmente in questione?
(Blanchot, 2001, pagina 302)
c) La danza, figura dell'istituzione nella festa
La storia stessa dell'istituzionalizzazione della trance e del sabba,
le condizioni storico-sociali dell'instaurazione di questi riti,
l'analisi del rimosso che nascondono, ci portano a porci la questione
relativa al sabba in quanto istituzione. Nella misura in cui la
società è sempre "fondata sul conflitto, sulla rimozione del senso,
le istituzioni sono il luogo di questo rimosso." (Lapassade, 1977)
Commemorazione della crisi sacrificale, la festa vivifica e rinnova
l'ordine culturale ripetendo la violenza fondatrice (Girard, 1980),
instaurando nuovamente un'origine percepita come fonte di tutta
vitalità e fecondità. Nel momento in cui l'unità della comunità
era molto stretta, la festa evitava di ricadere nella violenza che
supponeva la continuità della crisi sacrificale e la sua risoluzione.
Nei periodi di austerità appare l'anti-festa, il sabba. In comune
con la festa presenta il fatto di essere il luogo dei riti di espulsione
sacrificale e, per prevenire eventuali minacce di conflitti violenti,
riproduce gli effetti benefici dell'unanimità violenta risparmiando
le terribili tappe che la precedono. Si tratta, dunque, di una violenza
collettiva, fondatrice (Girard, 1980), liberatrice, che restaura
l'ordine collettivo minacciato. Nel sabba, l'ispiratore tragico
(tragos ôdè=il canto del capro) dissolve i valori mitico-rituali
della violenza reciproca.
Questa crisi sacrificale giunge alla cancellazione delle differenze
di cui ne è testimone la forma della danza in tondo, questo cerchio
magico che abolisce le gerarchie, le differenze tra i sessi, tra
il trascendente e l'uomo, fa del suo posseduto un altro Dioniso,
temibile sapere quello che spia gli adepti al di là dei limiti della
trasgressione [3]. Pertanto, questi culti
dionisiaci paiono sempre ad ogni epoca come grandi scossoni politici
e sociali. Sino al XV secolo, il numero dei processi di stregoneria
è raro, aumentando brutalmente verso gli anni 1455-1485 [4],
con un parossismo annotato dagli storici (Muchembled , 1979) tra
il 1560 ed il 1630 (60 000 esecuzioni di cui il 70% è rappresentato
dal genere femminile nell' Europa occidentale). "La caccia alle
streghe permise di cristallizzare sui settatori del demone la nozione
di devianza rispetto alle nuove norme sociali che si volevano imporre."
(Muchembled , 1979, pagina 171) Di fatto, l'epoca conosce mutazioni
socio-economiche e demografiche di ampiezza significativa: demografia
con oscillazioni a dente di sega, accresciuta pressione fiscale,
dominazione di un'élite contadina, accresciuta importanza della
famiglia coniugale, perdita di riferimenti connessi alla scoperta
di altri mondi. Il corpo della donna nei processi di stregoneria,
con la ritualizzazione violenta di cui essa è oggetto, costituisce
il luogo simbolico ove vengono a convergere le pulsioni insoddisfatte,
gli sconvolgimenti sociali, il malessere generalizzato che in ciò
trova le proprie proiezioni istituzionali.
Nel XVI secolo, mentre la Chiesa della Controriforma - appoggiata
dallo Stato assoluto - lancia le proprie milizie contro il paganesimo,
emerge il sabba, figura ciclica in senso proprio (con la danza in
tondo) ed in senso figurato di rovesciamento della vita realmente
vissuta, allorquando le feste dei Folli, il Teatro in tondo e i
festeggiamenti popolari non sono più tollerati da una società divenuta
repressiva e produttivista. L'ideale dell'epoca è fondato sulla
misura, la temperanza e la moderazione. Si organizza, allora, un
vasto movimento di repressione sessuale, mentre le stesure dei rapporti
sui processi insistono sui contenuti sessuali delle danze: "le streghe
andavano al sabba ciascuna con i loro innamorati diabolici che venivano
definiti 'verds gallands'. Tutti danzavano allora al suono dei violini,
schiena contro schiena prima dell'orgia finale." [5]
Questo spiega il fatto che tali pratiche sotterranee, prodotte dal
rimosso sociale, siano state represse su una base fantasmatica stigmatizzante:
accanimento sui corpi soprattutto femminili, capro espiatorio della
classe contadina. Streghe e stregoni sono dunque identificati con
coloro che si rifiutano di affondare nel mondo elaborato dalla Controriforma
e dalla legislazione del re. Muchembled addita, a tal proposito,
gli editti promulgati a partire dal 1580: divieto di frequentazione
delle taverne, condanna di canzoni, di giochi indecenti, limitazione
nel numero di commensali nei pranzi nuziali, divieto alle danze
contadine, pena pesanti ammende. Il sabba è, dunque, e lo sarà per
circa due secoli, contemporaneo alle rivolte contadine. Sarà Colbert,
nel 1782, a vietare in Francia la condanna al rogo per stregoneria.
Per Muchembled, le persecuzioni delle streghe cessano quando la
Chiesa giunge ad identificare nuovi nemici, i filosofi, il sabba
può quindi esteriorizzarsi in festa popolare. La danza esplode sulla
piazza pubblica, essa incontrerà altri detrattori, scrittori fisiocrati
e clero illuminato.
Se religione popolare e religione istituita si opporranno, dialetticamente,
nel XVIII secolo, allorquando la classe urbana e la classe contadina
giungono ad affrontarsi - ovvero quando le stesse strutture di pensiero
della società globale tendono ad evolvere -, diventa vieppiù evidente
che una siffatta relazione antagonista non potrà che dare origine
a pratiche popolari, anzichè a modelli culturali di tipo consensuale.
Di lì in poi, si avrà la tendenza a lasciar più frequentemente socchiusa
la porta dietro la quale si aggirano caos, eccesso, disordine, risse,
catarsi, ovvero ciò che la società ingentilita mal tollera, mentre
la religione cattolica porrà ostensibilmente in scena rituali sempre
più stereotipati, estrapolati da ogni riferimento col reale e dunque
svuotati di ogni aspetto simbolico, esaltando una sorta di unanimità
di facciata. Da ciò, gli uni verranno corrotti dagli altri, cosa
che ci appare molto significativa per l'alterazione dei modelli.
Analizzando l'evoluzione delle feste contadine francesi, lo storico
Yves Marie Berçé assegna, nel XVIII secolo, alla festa contadina,
la funzione di dimostrazione dell'unanimità sociale e culturale;
la campagna francese conosce allora una nuova agiatezza sotto il
regno di Luigi XV e di Luigi XVI. Il ricordo dei tempi di insicurezza
e di fame, la fede cristiana e la vita autarchica delle comunità
contadine conducono a questa affermazione di solidarietà e di unanimità
attraverso la festa, prova di solidarietà appunto. Tuttavia, il
nostro storico (Bercé, 1973) discerne, sin dalla fine del XVII secolo,
le prime scissioni della comunità tradizionale in consegunza di
due fattori:
- "dato che la religione si stava interiorizzando, le élites religiose
imposero la loro pratica,
- la diffusione dell'istruzione e della morale secolarizzata si
amplificherà nell'epoca dei Lumi; di conseguenza, le élites abbandoneranno
la loro partecipazione nella maggior parte dei festeggiamenti".
La festa locale impiega circa tre secoli a disgregarsi, a dispetto
di tutti i tentativi dei poteri istituzionalizzati. Qui, scrittori
fisiocrati e prelati riformatori più non vedono che "tempo perso
nel folklore e, nei riti di fecondità, grossolane schiocchezze (...)
La festa ha perso ogni sua caratteristica rituale e mal si presenta,
nel senso che ritorna alle sue origini violente, invece di contenere
la violenza, abbozzando così un nuovo ciclo di vendetta." (Girard,
1980, pagina 188) L'analisi multireferenziale ci illumina sulle
origini, sull'utilità sociale e umana e sulle condizioni di sviluppo
del sabba. Come per la festa di cui costituisce un caso singolare,
essa pone correttamente in evidenza che qualsiasi approccio in relazione
a questi problemi non può tralasciare la questione del piacere nonchè
la relazione dell'individuo stesso rispetto al gruppo-in-festa.
Modello dell'anti-festa, esso è persistito per molti secoli, in
quanto coscienza istituzionale di un indebolimento energetico che
ha vissuto la festa locale.
Il mutamento di prospettiva che le danze sabbatiche implicavano
era senza dubbio di natura sovversiva poichè andava a minare, alla
sua stessa radice, i fondamenti di una società teocratica cercandovi
di sostituire, in fondo, un'immagine rovesciata e, essa pure, tendente
al transcendente. Poichè i sabba si servivano delle tendenze contraddittorie
presenti in seno ad ogni società, coniugandole, trasmutandole in
forze rigeneratrici, ci paiono aver mantenuto pienamente un loro
ruolo all'interno dei sistemi culturali ad essi contemporanei, partecipando,
pertanto, all'auto-organizzazione permanente delle società stesse,
alla loro "immaginaria istituzione." (Castoriadis, 1975) Per giungere
a ciò, hanno dovuto assumere la doppia eredità, presente in dosi
mai quantificabili, dei componenti dell'Immaginario individuale
e sociale e del progetto politico che su di esse pesava.
d) Il corpo della strega e l' immaginario
Il corpo della strega è una finzione molto reale, ammessa ed accettata
dalla società del tempo. In seno alle società tradizionali, il corpo
non è oggetto di una scissione corpo/spirito, corpo/soggetto essendo
l'uomo, qui, inserito nella propria comunità ed in un cosmo ove
non si avverte come differente. Perciò, il corpo della strega va
a simboleggiare il rapporto della società verso la stessa (per esempio,
il passaggio nei rituali di riconoscimento della strega dal mondo
dell'acqua a quello dell'aria, la sublimazione finale proveniente
dalla scomparsa di questo corpo in fumo su un rogo). Il sapere di
cui le persone dispongono è, qui, efficace in quanto luogo di proiezione/identificazione,
luogo di catarsi sociale ove si esprime la violenza del gruppo incapace
di rispondere a due mondi ugualmente pregnanti, quello dell'acqua,
della matrice primordiale, di Madre Natura, e quello dell'aria,
legato all'elevazione spirituale, alla Cultura. Allo stesso modo,
il luogo della Festa passa dal sottobosco e dalle grotte dei sabba,
luogo di caos, di confusione dei generi, alla piazza pubblica delle
esecuzioni, dove si ricostituisce l'ordine sociale. La strega, capro
espiatorio, è curiosamente luogo di coincidenza di questi due mondi,
essa esprime le contraddizioni del gruppo che essa supera nella
sua stessa persona. Essa diviene portatrice centrale di significati.
Con la Modernità (l'editto di Colbert ne segna in qualche modo l'inizio),
l'uomo è separato da sè stesso, dagli altri, dalla natura, tanto
la borghesia terrà il corpo a distanza. La fine dei processi di
stregoneria segna allo stesso tempo il decadimento della sua esistenza
mentre vengono ad affermarsi le filosofie meccaniciste e l'uomo
moderno viene spodestato di ogni sapere sul proprio corpo. La stregoneria
non è più cosa sociale ma relegata a specialisti protetti dai loro
discorsi. Lo statuto del corpo asservito al sentimento individualista
dominante non sarà più considerato se non isolatamente. La strega
può sparire dalla scena pubblica, non avendo più funzione sociale.
Essa diverrà una faccenda domestica, privata, pur avendo ancora
effetti sociali, e la sua considerazione ridotta, secondo Favret
Saada, alla triangolazione persona stregata/ supposto stregone/persona
che toglie il male. Per la sociologia la stregoneria è un fatto
sociale totale: l'osservatore ideale del contesto sociale, un'amalgama
di significati sociali. Essa rendeva conto delle dimensioni collettive,
non interessando più che traiettorie individuali nell'epoca moderna
e sarà di competenza dello psichiatra che darà il cambio al giudice.
Allo stesso tempo presente e dimenticata, scomparsa dalla coscienza
sociale, la strega pare dissolversi nella vita corrente.
Conclusione
Come già evidenziato a proposito di altre pratiche, il sabba, attività
ludica profana, religiosa, conferiva a ciascuno la possibilità di
giocare efficacemente con la dinamica di un mondo da cui emergeva
una figura archetipica, la strega, principale attore di questa danza
in tondo. Questi riti, in quanto condannati, partecipavano dell'idea
del mana, ossia "l'invisibile, il meraviglioso, lo spirituale, e
in definitiva lo spirito all'interno del quale risiede ogni possibilità
ed ogni vita." (Mauss, 1950, pagina 105) Nel loro rapporto col sacro,
essi insegnano, a colui che lo sa cogliere, che "la religione contiene
in essa, sin dalle origini, seppur allo stato confuso, tutti gli
elementi che, dissociandosi, determinandosi, combinandosi tra di
essi in mille modi, hanno dato origine alle differenti manifestazioni
della vita collettiva."(Durkheim, 1889)
Il sabba era, dunque, uno dei luoghi ove si cristallizzavano le
figure del proibito, questo per il suo carattere sacro, per la violenza
istituzionale che presiedeva alla formazione dei rapporti sociali,
e conferiva anche, per le caratteristiche di protesta che rivela,
un'immagine sempre esaltante della capacità delle società a resistere.
"L'influenza del proibito, scriveva Georges Bataille, nel mondo
cristiano fu assoluta. La trasgressione avrebbe dunque rivelato
ciò che il cristianesimo celava: che il sacro ed il profano si confondono,
che l'accesso al sacro ha luogo dalla violenza di un'infrazione."
(Bataille, 1938, pagina 139-140) Il problema della nostra epoca
ove rifioriscono le streghe nelle più svariate forme è, forse, quello
di riallacciarsi con la dimensione gruppale dei nostri svaghi, nelle
loro differenti forme e, contemporaneamente, con perdita di energia,
a quanto presiedeva ai sabba e alla loro risoluzione sacrificale.
In contro-corrente ai modelli meccanici che assegnano dei limiti
precisi e funzionali ai corpi asserviti ad un ideale di controllo,
il corpo sabbatico con la sua enfasi sulle posizioni limite (ciò
che si rimproverava d'altronde alle streghe), era veramente corpo
mistico, così come veniva definito da Jean Marie Brohm (Brohm, 1991,
pagina 91): "mediatore simbolico tra la corporeità, singola di un
individuo ed il corpo sociale, doppio del corpo biologico, allo
stesso tempo sua trasfigurazione, sua sublimazione e sua negazione."
NOTE
1] Secondo alcuni autori della scuola
inglese (M. Murray, J. Glass) gli esbats si distinguono dal
sabbat nello stesso modo in cui le feste popolari si caratterizzano
rispetto a quelle sacre.
2] La quale, come riportato da innumerevoli
tradizioni popolari europee, presiede ai sabbat. Le donne
confessano, nei processi dell'inquisizione, di essersi arrese
"al gioco di Diana che voi chiamate Erodiade". Cf. Ginzburg
C. Le sabbat des sorcières (pagina 101), il quale pensa che
questa attribuzione dei poteri da parte della dea notturna
dei sabbat ad Erodiade provenga da una errata lettura di "Héra-Diana"
(pagina 117).
3] Rileviamo che, per gli antropologi
inglesi, (Justine Glass, Margaret Murray, la danza sabbatica
non è diabolica, questa è il luogo dei simbolismi di una religione
pagana, quella della Dea Madre, manifestata nel Covent, di
cui la Witchcraft è la chiesa e le streghe le pretesse. La
soppressione delle differenze è sottolineata dalla nudità
rituale e le forme che ritroviamo nel sabbat. Il satanismo
supposto delle riunioni sabbatiche non è per queste che una
costruzione inquisitoriale.
4] Institoris e Sprenger pubblicano
il Marteau des sorcières , manuale sulla persecuzione delle
streghe nel 1486.
5] Confessione di Marie Cornu (14 2
1611), a Fenain (Nord), Muchembled, 1979.
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