L'approccio qualitativo e le sue applicazioni nell'intervento professionale
Lucio Luison (a cura di)
M@gm@ vol.2 n.1 Gennaio-Marzo 2004
CONVERSAZIONI AUTOBIOGRAFICHE CON ALBINO SACCO-CASAMASSIMA: cinquant'anni di memorie e narrazioni riguardo alla pianificazione territoriale tra movimento di comunità e sviluppo del mezzogiorno d'Italia
Orazio Maria Valastro
valastro@analisiqualitativa.com
Presidente Osservatorio dei Processi
Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com);
Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches
Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur
l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry''
di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi
René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale
e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane
e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico
della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université
de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio
di Sociologia Professionale (Catania).
INTRODUZIONE
Ho conosciuto Albino Sacco-Casamassima quando mi trovavo a Roma
dopo aver concluso un percorso di formazione e approfondimento dei
metodi qualitativi applicati alla ricerca sociale [1],
le storie di vita in modo particolare. Stimolato da quest'esperienza
ho sollecitato Sacco-Casamassima a narrarmi la sua vita: una biografia
in cui la città di Matera, dove nacque nel 1928 risiedendovi fino
al 1956, assume un ruolo centrale ed un punto di riferimento essenziale
così com'è stata un elemento rappresentativo del dibattito culturale
e storico in Italia sulla Questione Meridionale e sul ruolo delle
scienze sociali nella realtà meridionale [2].
La collaborazione e l'amicizia con Georges Bertin, maturata con
la concretizzazione della rivista elettronica Esprit Critique [3],
mi avevano spinto ad incontrare Sacco-Casamassima a Roma, incuriosito
dall'esperienza che li accomunava nell'ambito dell'intervento professionale
applicato ai contesti sociali e culturali [4].
L'Union Internationale Animation et Développement, un'associazione
non governativa (O.N.G.) fondata da Lucien Trichaud [5],
li aveva accomunati nel tentativo di concepire uno strumento per
sostenere lo sviluppo sociale ed economico, promovendo la cultura
in una prospettiva sistemica e antropologica. L'équipe d'Animation
et Développement, elaborando una metodologia fondata su di una riflessione
critica dei cambiamenti della nostra società, si riprometteva di
sostenere dei progetti culturali ricorrendo ad un approccio essenzialmente
socio-etnologico delle comunità locali. L'analisi dei processi di
sviluppo locale considerava la complessità delle situazioni in tutte
le loro dimensioni, al fine di realizzare dei programmi di sviluppo
culturale implementati attraverso una concertazione partecipata
tra collettività territoriali e istituzioni locali.
La connessione tra animazione e sviluppo sociale, attuata con una
metodologia innovativa di ricerca etnografica sociale per la preparazione
di programmi di sviluppo, si collegava inoltre al processo d'affermazione
dell'animazione sociale concepita come una metodologia qualitativa
per l'analisi di specifici contesti locali. In quest'accezione l'animazione
sociale si è andata affermando come prassi per una consapevole capacità
di gestione delle potenzialità d'ogni individuo, preannunciando
la recentissima funzione che ha acquisito come azione di connessione
del tessuto sociale e delle relazioni sociali di una comunità locale,
favorendo forme partecipate di produzione di conoscenze e di cambiamenti.
L'incontro con Sacco-Casamassima nel suo studio di Roma ha reso
possibile la pubblicazione di queste "conversazioni autobiografiche":
una selezione delle memorie e delle narrazioni riportate nel corso
delle due giornate che mi ha cortesemente dedicato, permettendomi
inoltre di riprodurre parte del nostro incontro dopo aver registrato
su nastro magnetico quasi nove ore del nostro colloquio. Le memorie
e le narrazioni proposte riguardano un periodo di cinquanta anni,
compreso tra i primi anni degli anni '40 e la fine degli anni '80:
le preziose esperienze vissute a Matera tra impegno culturale e
politico con personaggi autorevoli e interessanti, dal Professore
Manlio Rossi Doria allo scrittore Carlo Levi; l'impegno per il risanamento
dei Sassi di Matera e la collaborazione con Adriano Olivetti; i
programmi d'intervento culturale unitamente alla partecipazione
attiva e responsabile delle giovani generazioni; la programmazione
e l'implementazione sociale nel mezzogiorno tra problematiche e
modelli operativi politico - amministrativi nella successione dell'Agenzia
per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno alla Cassa del
Mezzogiorno.
Dei temi interessanti richiamano senz'altro la nostra attenzione
ad un periodo storico in cui si realizzavano dei programmi di sviluppo
e decentramento industriale nel Mezzogiorno d'Italia, sperimentando
la pianificazione sociale insieme all'introduzione delle scienze
sociali nella disciplina urbanistica. Il Movimento di Comunità,
il cui programma era stato favorito da Adriano Olivetti, è naturalmente
presente nelle problematiche manifestate da questi ricordi, insieme
con uno sguardo critico sulle reali capacità di costituire nuove
logiche di cooperazione e programmazione per una crescita delle
autonomie locali, di attuare dei modelli insediativi adeguati ai
bisogni della comunità insieme al tentativo di una ridefinizione
della questione fondiaria negli interventi di pianificazione territoriale.
Invitando alla lettura di queste "conversazioni autobiografiche"
riconosco che andrebbe senz'altro approfondita la lettura che la
biografia di Sacco-Casamassima propone di questo periodo storico,
sia in relazione alla ricerca sociale applicata alla realtà meridionale
negli anni '50, sia in relazione al tentativo di situare l'uomo
e la comunità al centro dell'attenzione e del processo di lettura
del territorio e della progettazione partecipata dell'esistenza.
CONVERSAZIONI AUTOBIOGRAFICHE CON ALBINO SACCO-CASAMASSIMA
L'IMPEGNO PER IL RISANAMENTO DEI SASSI DI MATERA
" [...] Questo impegno [...] mi ha portato anche a stringere
amicizia con questi professori e con altri fino a formare un gruppo
che cominciava a interessarsi di Matera [...]. "
"Io sono nato a Matera, una città contadina del sud, nel 1928 e
ho vissuto lì fino al 1956. Praticamente, in questa città, io non
ho vissuto soltanto come studente ma diciamo ho operato, nel senso
più largo del termine, ho operato politicamente. Per esempio io
sono stato uno dei giovani, credo forse uno dei primi iscritto al
partito d'azione, avevo quattordici, quindici anni nel 1943, anzi
sedici, nel 1944. Perché Matera è stata liberata il 21 settembre
del 1943 ed è diventata una retrovia dell'armata che era sbarcata
a Salerno, in Italia, che veniva dalla Sicilia, l'armata americana,
l'armata alleata. Matera è diventata una retrovia perché tutte le
truppe di tutte le nazioni, io ho trovato praticamente a Matera
dai sud africani agli indonesiani, dai francesi agli inglesi, iugoslavi,
polacchi, scozzesi. Tutti quanti stavano a Matera ed erano praticamente
a riposo perché andavano a combattere ogni quindici giorni verso
monte Cassino, verso queste zone dove la guerra continuava, lì c'è
stato il fronte fino al 1944 e qualche cosa, quasi fino al maggio
del 1944 insomma.
Il 21 settembre del 1943 Matera ha avuto un fatto straordinario,
è stata la prima città che si è difesa, che si è ribellata ai tedeschi,
prima di Napoli. [...] La cosa più strana è che tra questi personaggi
che si erano rivoltati c'era qualche professore di quelli che appunto
stavano a Matera perché non potevano andare a raggiungere le proprie
sedi, perché c'era diciamo questo fronte. Si capisce che da quel
momento in poi noi aspettavamo gli americani che arrivassero e nel
frattempo gli americani non arrivavano. Sono arrivati solo dopo
qualche giorno e questo gruppo di professori fece la marcia di trionfo
dopo questa diciamo rivoluzione, questa specie di ribellione, e
occupammo una sede al centro che non so se era del fascio, non so
di chi era, una stanza, e lì fondammo questa sezione del partito
d'azione. Io stavo lì con loro e diventai praticamente il consegnatario
di questa storia […].
Noi avevamo fatto una lista che si chiamava il Galletto dove c'era
una lista di personaggi, per me e poi in Italia sono i più conosciuti.
Era una lista in cui ci stava come capolista Guido Dorso, che è
un grande analista, il più grande analista che si ha. Guido Dorso
era di Avellino, poi c'era Carlo Levi, c'era anche Rossi Doria,
il professore Rossi Doria, anche lui antifascista, c'era Guido Macera,
un giornalista romano, insomma c'era un gruppo di persone. C'era
Michele Scivarelli di Bari che è stato il segretario del primo convegno
del partito azionista e che è diventato non so, sottosegretario,
senatore, poi repubblicano, è uno dei personaggi famosi meridionalisti,
ex giudice, lui era stato condannato e arrestato diciamo durante
il fascismo, al suo tempo era antifascista e quindi è stato espulso
dalla magistratura, insomma una persona di una squisitezza e di
una cultura unica. E' stato per un po' mio maestro e allora praticamente
come dire, questo impegno, minoritario in una città come Matera
dove c'erano molti monarchici, molta gente così, mi ha portato anche
a stringere amicizia con questi professori e con altri fino a formare
un gruppo che cominciava a interessarsi di Matera nel senso dei
problemi di Matera. E quale era il problema cui noi pensavamo di
più? Cui io pensavo di più con gli altri? I sassi."
ADRIANO OLIVETTI, IL MOVIMENTO DI COMUNITÀ E L'INTRODUZIONE DELLE
SCIENZE SOCIALI NELLA DISCIPLINA URBANISTICA
" [...] Adriano Olivetti, ne avevo sentito parlare però non avevo
mai visto quest'uomo con gli occhi celesti, minuto, coi capelli
bianchi, riccioluto, con una cravatta bianca, cosa che mi fece impressione,
una specie di angelo. "
"Nel 1948 venne Olivetti a Matera. Olivetti venne a Matera con un
certo ambasciatore americano che praticamente aveva preparato o
stava dando una mano per il piano Marschall, venne a Matera e mi
vollero incontrare. Io sono stato chiamato dalla piazza, stavo nella
piazza, era il mese di luglio, una cosa di questo genere, e andai
in un bar, un bar ad angolo mi ricordo in Via Don Minzioni, dove
questo Olivetti mi disse 'ma lei che cosa fa coi sassi?' 'Che cos'è
questa storia?' Gli raccontai un po' che cosa facevo io con questi
amici, avevamo fatto questo, insomma tutto quello che avevamo fatto
nei sassi e che volevamo preparare ancora per presentare a qualcuno
un piano di revisionamento dei sassi. Mi ricordo, era la prima volta
che avevo visto Adriano Olivetti, ne avevo sentito parlare però
non avevo mai visto quest'uomo con gli occhi celesti, minuto, coi
capelli bianchi, riccioluto, con una cravatta bianca, cosa che mi
fece impressione, una specie di angelo.
Mi disse 'manderemo un aiuto, manderemo qualcuno' e difatti dopo
sei sette mesi arriva questo ingegnere che si chiamava Martoglio.
Questo viene da me, si capisce, e comincia a dire 'dobbiamo fare
questo, dobbiamo fare quell'altro, che dici tu che noi facciamo?'
Allora io presentai i miei amici che insomma li conoscevo, professori
che stavano con me nel partito repubblicano. Allora io mi ero un
po' distaccato, no distaccato, non avevo più una cosa più fattiva,
meno politica, oramai nel 1948 c'era poco da fare politica, lì c'era
la marea democristiana. Mi ricordo che avevo già dei rapporti con
Rocco Scotellaro, già nel 1946, io mi ricordo sempre questa poesia
La Pozzanghera Nera del 18 aprile, era una delle poesie più belle
che siano state fatte in quel periodo per quel tipo di discorso
che era avvenuto.
[...] Da là cominciammo praticamente ad avere contatti con alcuni
amici locali i quali erano interessati, erano quelli più impegnati
e Olivetti era impegnato anche dal punto di vista nazionale, lui
era membro dell'Unrra-Casas [...] che praticamente aveva aiutato
tutta l'Europa non solo l'Italia a diventare, a ritornare alla normalità
o quasi, tanto è vero che c'era l'Unra Tessile, l'Unra quello, l'Unrra
quell'altro, e c'era l'Unrra-Casas. Ci fu questo accordo tra il
governo italiano e gli americani per fare questo comitato amministrativo,
vedi seconda parte Casas, comitato di pronto soccorso ai senza tetto,
perché era un modo per aiutare le persone che dalla Sicilia in poi
avevano avuto le case distrutte sia nelle città ma anche nei piccoli
comuni o in campagna, perché la guerra era avvenuta in tutti, non
c'era stato soltanto un punto. [...]
Quindi in effetti questo Unrra-Casas aveva il compito di costruire
queste case, fare dei veri e propri villaggi per chi non aveva una
casa propria, oppure dare contributi per la costruzione della casa
a chi aveva avuto la casa distrutta [...]. l'Italia è stata costruita
attraverso questo sistema, attraverso il sistema dell'aiuto diretto
con materiale, e io appunto a Matera, il Signor Ingegnere Olivetti,
il quale mi aveva preso a simpatia e mi aveva fatto lavorare, essendo
anche presidente poi dopo dell'Unrra-Casas, praticamente aveva assunto
per me un grande successo, era diventato un personaggio il quale
aveva poi finanziato uno studio dell'Unrra-Casas su Matera e aveva
fatto fare una commissione di studi e questa commissione di studi
era formata da un gruppo di professori, archeologi, eccetera, per
esempio il professore Friedman americano, il quale avendo avuto
una borsa di studio dalla Rochkwell Fondation [...]."
LA RIDEFINIZIONE DELLA QUESTIONE FONDIARIA NEGLI INTERVENTI DI
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE
" [...] Il primo piano regolatore in Italia approvato, fu quello
di Matera [...]come esempio mettemmo la Martella [...]. Ma anche
questo cozzò contro un altro problema, un altro punto di vista,
perché in quel momento si faceva il discorso della riforma agraria
[...]. "
"Fatto questo lavoro è chiaro che abbiamo preparato con architetti,
con Quadroni, con quel materiale, il piano regolatore che voleva
Olivetti, però il Ministero non volle affidarlo a Quaroni e in effetti
lo affidò a Piccinato e Piccinato ha firmato il piano regolatore
[...], ed è stato il primo piano regolatore in Italia approvato,
fu quello di Matera. Noi abbiamo dato il materiale, tutto il materiale,
al ministro, allora sottosegretario Quaroni, il quale presentò la
legge per i sassi di Matera che fu approvata nel 17 maggio del 1952.
Questa legge però prevedeva alcune cose, che cosa prevedeva in effetti?
Almeno più che la legge non era così precisa com'era lo studio,
Matera andava praticamente non tutta evacuata ma una parte. I contadini
e altra gente che avevano la casa proprio in una condizione igienica
impossibile andavano trasferiti. Il resto potevano rimanere nei
sassi ma premesso che cosa? Premesso un sistema di ristrutturazione
o di consolidamento delle case [...]. Quindi fu fatto un enorme
sforzo e sulla base di questo noi preparammo anche i progetti per
i sei villaggi che dovevano essere costruiti e come esempio mettemmo
la Martella che oggi è ancora, si discute, un villaggio che qualcuno
per scherzo ha chiamato, tra l'altro in modo molto criticato per
altri versi, il villaggio di Biancaneve e i Sette Nani [...].
A fare questa roba erano stati chiamati altri [...] era un gruppo
di grossi personaggi, architetti […]. Abbiamo sottoposto ai contadini
che dovevano andare che tipo di casa volevano, in effetti, la casa
che il contadino voleva, era praticamente avere una casa magari
più moderna ma la casa che aveva in campagna, cioè addirittura la
stalla nella casa. Noi non l'abbiamo fatta separata ma l'abbiamo
fatta in una maniera tale per cui il mulo è rimasto dall'altra parte
però con sopra il fienile, in modo che praticamente il contadino
aveva tutta la sua struttura con il giardino, un grande giardino
dove c'era il suo orticello e la sua casa, unifamiliare a due piani,
ecco, tutto quanto quello che gli serviva, non le stalle da una
parte e quelle dall'altra. Ma anche questo cozzò contro un altro
problema, un altro punto di vista, perché in quel momento si faceva
il discorso della riforma agraria e la riforma agraria fatta dai
democristiani [...].
Intanto era una riforma stralcio, non era una riforma agraria nel
senso classico del termine, riforma stralcio significa pezzi di
terra espropriati e se uno va a guardare veramente come sono andate
le cose nel mezzogiorno d'Italia sono state espropriate le meno
favorevoli, le più sfavorite proprio dal punto di vista di tutto
e più marginali se vuoi, sia in montagna, sia in pianura, anche
malariche come la zona di Metaponto, e non solo. Con l'aggravante,
poi qualcuno l'ha visto, che se io prendo un feudatario, un personaggio
che ha duemila ettari di terra e ne esproprio duecento, io per portare
l'acqua a queste duecento abitazioni devo portare l'acqua praticamente
a tutti, anche il proprietario terriero che è stato espropriato
riceve l'acqua, la luce e le strade senza aver fatto niente. Quindi
lo Stato ha pagato praticamente la ristrutturazione di tutto il
mezzogiorno attraverso questa storia di dare, perché se io devo
dare l'acqua a Pinco Pallino è chiaro che deve passare tramite il
terreno da una parte all'altra, quindi immaginati una battaglia
che è stata una battaglia dura contro questa riforma magari anche
stralcio però in effetti era tutta una invenzione della destra agraria
la quale attraverso questo sistema si è praticamente arricchita
perché ha avuto strade, ha avuto acqua, ha avuto luce senza far
niente.
Questo è stato il dramma, cinico proprio, il cinismo di questa classe
politica, a me non interessa se erano rossi o erano bianchi ma era
questa la realtà. Eppure ho detto le zone più sfavorite sono state
quelle che sono costate anche di più perché se uno le case me le
mette addirittura a mezza collina io devo lavorare molto di più
per portare la roba e poi gli do cinque o sei ettari di terra a
secondo quanti erano un altro contadino non gli conveniva proprio.
[...] Ma il problema era anche un altro, la teoria Fanfaniana era
quella della casa isolata. Perché? Perché sul piano diciamo politico
il contadino che abitava isolatamente non sarebbe stato più diciamo
oggetto di propaganda per stare contro il governo, non avrebbe avuto
la possibilità di incontrarsi con l'altro compagno mentre il villaggio
era in effetti diciamo magari un poco più piccolo ma aveva lo stesso
difetto del rione dei sassi di Matera dove tutti si guardavano nei
vicinati e si discuteva. L'isolamento per loro doveva essere un
isolamento psicologico tanto è vero che chi studia un poco il problema
del mezzogiorno e vedo quello che è avvenuto, tutte le case che
sono state fatte ad eccezione di qualche piccolo esempio sono tutte
case isolate, i contadini hanno avuto la casa isolata, si sono trovati
lì, poi dopo queste case si sono vendute e se ne sono scappati.
Perché? Perché non andavano se non in alcune parti del metapontino
dove sono venuti i pugliesi, sono venuti gli altri a comprare, il
contadino locale se n'è andato perché non riusciva a vivere con
la terra che stava lì.
[...] In quel periodo, che va dal '53 al '55, io mi sono occupato
appunto della Martella e di completare quel lavoro che avevo iniziato
prima, cioè quello di dare ai contadini il centro sociale, la biblioteca,
eccetera, c'era tutto, di dare una coscienza [...]. E si era riusciti
a fare questo. E invece lì c'era un gruppo di democristiani o pseudo
democristiani che erano venuti apposta a studiare che cosa faceva
questo Unrra-Casas che in effetti fece in modo che il gruppo non
si costituisse perché per loro significava un'altra forma di aggregazione
contraria ai loro principi. Ed erano personaggi di grosse dimensioni,
italiani, filosofi, sociologi, tutti della scuola democristiana
o pseudo democristiana. Io posso fare i nomi, da Baldo Scasellati
a addirittura se vogliamo mettere in mezzo a Baggio Buozzo, e addirittura
Achille Ardigò e se vogliamo mettere altra gente in mezzo, possiamo
dire, ma non so quanti ce ne sono, Aldo Musacchio, tutta gente che
sembravano tutti amici tuoi, engagés, erano aperti, erano addirittura
democristiani comunisti, i famosi comunisti bianchi, bianco rossi
o rosso bianco, e invece erano quelli che erano venuti là per distruggere
perché il riferimento qual'era? Era distruggere questa idea di fare
una comunità, di mettere in pratica ciò che loro avevano scritto,
mettere l'uomo al centro, l'attenzione assoluta verso il suo benessere
e il benessere della sua comunità."
L'INCAPACITÀ DI ATTUARE DEI MODELLI INSEDIATIVI ADEGUATI AI BISOGNI
DELLA COMUNITÀ
" [...] questa autorità costituita che ci ha fatto venire qua
alla Martella e non ci dà gli strumenti per vivere [...] un documentario
che fu trasmesso, si chiamava il Villaggio Moderno, in cui raccontava
la storia di questa rivoluzione contadina [...]. "
"Ma noi non avevamo fatto uno stage per capire queste cose, noi
avevamo questa mentalità, avevamo questo tipo se vuoi di indirizzo
filosofico di creare una comunità vera, di dare all'uomo tutte le
possibilità per auto governarsi servendosi di strumenti che erano
messi a disposizione dallo Stato, dalla legge, conoscere le leggi,
conoscere le proprie esigenze. Io per esempio ho fatto la rivoluzione,
nel senso che alla Martella ho condotto io i contadini della Martella
ad occupare la Prefettura, io e con il prete addirittura e con altri
due assistenti sociali amici miei. Perché i singoli enti e tra l'altro
l'Unrra-Casas dove io ero impiegato, non avevano completato le strutture,
non aveva ancora aperto la posta malgrado ci fosse tutta l'attrezzatura,
gli asili nido, l'asilo nido che stava lì, [...] la scuola non si
apriva, la scuola elementare non si apriva. Allora io ho detto una
sera, 'facciamo una riunione' e siamo partiti da un discorso che
si parlava del brigantaggio nel mezzogiorno, e quindi dal brigantaggio,
dall'assalto alla città, perché i briganti non erano briganti, però
erano personaggi i quali in un certo senso volevano creare un sistema
sociale diverso di vita visto che il governo, tutta una polemica
sulla quale si discuteva e si arrivò a parlare contro l'autorità
costituita, questa autorità costituita che ci ha fatto venire qua
alla Martella e non ci dà gli strumenti per vivere. Perché la scuola
non funziona? La posta non funziona? Perché? Allora noi abbiamo
fatto un comitato e abbiamo deciso di andare a Matera e occupare
la Prefettura. Qual è l'unica forma dello Stato Italiano che si
presenta sul territorio? I Carabinieri.
L'unica cosa che funzionava era la caserma dei Carabinieri, allora
fu informata che l'indomani mattina noi avremmo fatto la marcia
su Matera. Loro pensavano che la marcia su Matera la facessimo a
piedi, quindi si misero lungo la strada nella parte più alta per
fermarci, invece noi pensammo ai pullman e partimmo dandoci un orario
alle dieci e mezza in piazza davanti alla Prefettura. Quando arrivammo,
tutti i pullman arrivarono, allora sfondammo il portone della Prefettura
e fummo ricevuti dal Prefetto e gli chiedemmo queste cose, io rischiando
di essere cacciato, uno che si mette contro il suo Ente, però lo
avevo fatto perché era giusto, poi ne avrei pianto le conseguenze,
chi se ne frega. Però il risultato quale fu? Il Prefetto dinanzi
a questa rivolta, questa occupazione della Prefettura, chiamò tutti
questi, finalmente non so com'è successo il miracolo, dopo un giorno
le scuole si aprirono, l'asilo nido si aprì, si aprì tutto, tanto
è vero che allora vennero gli americani, una compagnia americana
che allora lavorava con la RAI TV, un certo Scelba Cenco che era
il regista il quale fece un documentario che fu trasmesso, si chiamava
il Villaggio Moderno, in cui raccontava la storia di questa rivoluzione
contadina, quella rivolta contro la Prefettura e io sono stato l'attore,
io e gli altri abbiamo fatto l'attore ed è uscito questo documentario
che durava 40 minuti. Il regime assolse tutti, addirittura fece
propaganda che veniva fuori questa cosa in televisione, sul radio
corriere con le nostre fotografie, e il giorno in cui si faceva
questa cosa, Luca Di Schiena era il giornalista che fece l'articolo
appunto su questa rivista settimanale della Radio Televisione in
cui diceva che si faceva questa trasmissione.
Non successe niente ma successe invece una cosa molto importante,
successe che i signori democristiani che stavano legati al Ministro
Colombo, sottosegretario allora, decisero di fare andar via Sacco,
perché Sacco non poteva più stare a Matera, primo perché conosceva
il piano regolatore di Matera, io non lo davo a nessuno, ero depositario
con l'Unrra-Casas. L'Unrra-Casas aveva fatto il piano, il comune
lo aveva approvato, però gli speculatori di Matera che volevano?
Volevano sapere subito dove si andava a costruire perché volevano
comprare e chi poteva darglielo? Sacco. Sacco non voleva darglielo
e allora non c'era altro che cacciare via Sacco, promuoverlo e cacciarlo,
e io in 24 ore ho avuto un telegramma, sono stato trasferito a Cassino,
un'altra zona distrutta dalla guerra, sempre con l'Unrra-Casas,
come capo ufficio, dirigente di un ufficio più grande, tutto il
cassinate, tutto il frosinate, pur di mandarmi via. E il signor
Ministro Colombo, lui che fu rimandato anche da mio fratello che
fece un articolo sul Mondo di Pannunzio, mi fece mandare via e in
24 ore ho lasciato casa mia e sono andato. Potevo fare due strade,
o andare via, dimettermi o andare via. Mandato via quindi ho dovuto
consegnare tutto il materiale ai signori del genio civile che poi
ne fecero l'uso che volevano, perché quando si sono approvvigionati
di questo materiale è chiaro che questo materiale è servito molto."
PROGRAMMI D'INTERVENTO PER LA PARTECIPAZIONE E LA RESPONSABILIZZAZIONE
DELLE GIOVANI GENERAZIONI
" [...] lì cominciai la mia seconda avventura [...] noi davamo
valore alla conoscenza dei problemi e alla soluzione dei problemi
della città attraverso i gruppi dei giovani [...] con questa novità
che era quella di capire la vita, cioè leggere il territorio. "
"E lì cominciai la mia seconda avventura, molto più promettente,
perché a Matera nel frattempo, negli anni '50, mentre io facevo
quel discorso sui Sassi di Matera, sono arrivati i francesi. Monsieur
Lucien Trichaud con il suo gruppo, il quale venne a vedere come
si faceva a Matera ,come si era fatto alla Martella, e allora cominciarono
a scrivere nella loro rivista 'Pas à Pas' che cosa era successo
a Matera, i contadini e i sassi. Fu in quel momento che noi cominciammo
un lavoro con loro. Io ho cominciato personalmente, poi diventò
una cosa istituzionale, l'Unrra-Casas e la Maison des Jeunes et
de la Culture, perché noi come Unrra-Casas avevamo i centri sociali,
noi avevamo costruito non solo la chiesa ma anche il centro sociale
dove c'era la biblioteca, c'era addirittura la macchina da scrivere,
c'era la sala di lettura con il ciclostile perché dovevamo fare
il giornale, c'era un centro in cui c'era attività di formazione
e svago.
Allora i francesi che avevano questi centri di jeunesse, si riunivano
per fare attività sportive con i ragazzi, e quando si resero conto
del nostro modo di fare, anche noi facevamo lo sport però facevamo
anche cultura, cominciò la collaborazione con i francesi, con questa
federazione che allora era la più grande in Francia, che aveva mi
pare 480 o 500 centri di jeunesse in tutta la Francia a livello
nazionale, con una autonomia finanziaria molto sviluppata nei singoli
comuni, in cui ci fu appunto uno scambio completo non solo di novità,
di cosa facevamo, di studi, di ricerche, cosa facevamo noi con i
nostri giovani, ma addirittura uno scambio culturale, i giovani
francesi venivano da noi per vedere cosa facevamo, quindi ci fu
già negli anni '52 '53 questa collaborazione con la Francia che
fu operata da Albino Sacco e Lucien Trichaud.
Noi praticamente abbiamo trasformato il centro francese da Centres
de Jeunesse che dipendevano dalla Jeunesse e Sport, facevano delle
attività sportive, diventò invece un centro di cultura nel senso
classico del termine che io poi trasformai ancora meglio in centro
di servizi culturali facendo ancora di più di quanto faceva prima
perché a parte la biblioteca, a parte i ciclostili, a parte queste
cose, avevamo anche un piccolo comitato di giovani che era la miniatura
del consiglio comunale, quindi facevamo in modo che il centro diritti
sociali e culturali, così veniva chiamato, ci fosse una giunta,
una mini giunta che si occupasse di tutti i problemi del territorio,
fatta da giovani, in contrapposizione semmai dialettica con il Comune.
Per cui sono avvenute delle cose straordinarie perché da quel momento
in poi il centro servizi sociali e culturali diventava antagonista
del comune e il comune, anche di sinistra, non accettava questo
discorso perché le critiche erano molte, perché la città non funzionava,
perché noi pensavamo che non erano preparati e noi preparavamo i
giovani a essere gli amministratori contro quelli che erano amministratori
per caso, eletti dai partiti, nessuno dei quali aveva una propria
competenza. Invece i nostri erano preparati, li preparavamo per
questo motivo e molti sono diventati consiglieri comunali, molti
anche consiglieri provinciali, molti sono andati a finire alle regioni.
Noi pensavamo chi fa l'amministratore deve sapere che significa
amministrare la città, uno può anche essere un barbiere ma se un
barbiere non ha nemmeno il senso di che cosa significa un bilancio
deve essere sempre costretto a subire le conseguenze di qualcosa,
oppure le direttive di qualcuno che ne sa.
Quindi noi davamo valore alla conoscenza dei problemi e alla soluzione
dei problemi della città attraverso i gruppi dei giovani, i quali
potevano fare tutti i mestieri, però tutti con questa novità che
era quella di capire la vita, cioè leggere il territorio. Devi essere
consapevole che dalla conoscenza del territorio si può arrivare
al controllo e quindi diciamo non dico cancellazione di quelle che
noi chiamiamo magagne e sotterfugi per rubare, per fare sottogoverno,
per avere piaceri, eccetera, ma un modo per evitare che arrivasse
la degenerazione completa. Perché noi sapevamo che significava questo,
lo avevamo visto tutti i giorni perché c'era anche allora la corruzione,
a livello minore ma c'era. In tutto il territorio, non solo nel
sud ma anche al nord, io ho avuto addirittura centri sociali anche
a Trento, in Val d'Aosta, anche a Milano, anche lì c'era, magari
di meno ma anche lì c'era la stessa cosa, perché amministrando una
comunità piccola o grande c'è sempre qualcuno che cerca di approfittarne
ma se non metti in condizione la gente si sapere perché, come e
quando, come non conosci una legge nemmeno al nord la conoscono.
Noi, si vuol dare l'idea di che cosa veramente è l'ignoranza dell'amministratore,
addirittura leggi emanate che erano a favore dei comuni non erano
mai applicate perché non le conoscevano, non le leggevano nemmeno,
non le sapevano neanche interpretare, leggi a favore dei comuni
che potevano avere anche contributi, niente, non le leggevano nemmeno.
Questo non è successo soltanto dove stavo io ma in tutta l'Italia,
centinaia, migliaia di leggi fatte a favore dei comuni, delle comunità
locali, che non sono state mai applicate per ignoranza. Sembra incredibile
ma è vero e noi abbiamo dovuto dare, dove stavamo noi, dove eravamo
presenti, far vedere ad un sindaco guarda che tu puoi chiedere queste
cose perché la legge te la dà la possibilità. Aprivamo gli occhi
a questa gente e quindi siamo diventati un pericolo, poi dopo, per
tutti, di destra o di sinistra, perché noi a questo punto eravamo
un contro potere che poteva dare solo fastidio e quindi il potere
costituito di qualsiasi dimensione fosse è diventato nemico dei
centri culturali che dipendevano da noi, ma dipendevano anche dall'Ises,
dipendevano anche da altre associazioni, perché il Ministero con
la Cassa del Mezzogiorno ha dato parecchi di questi soldi a tutti
quanti."
PROGRAMMAZIONE E IMPLEMENTAZIONE SOCIALE NEL MEZZOGIORNO TRA
PROBLEMATICHE E MODELLI OPERATIVI POLITICO / AMMINISTRATIVI
" [...] La programmazione è stata soltanto una cosa fittizia
[...] il mezzo italiano è stato quello di fare più studi per gli
Enti pubblici e per altri Enti, però senza per questo passare alla
realizzazione. "
"In Italia è successo questo, la programmazione è stata soltanto
una cosa fittizia, fatta apposta per prendere in giro la gente o
quasi, mentre la programmazione doveva avere come seguito anche
il discorso della spesa e quindi del controllo della spesa. Per
esempio, attualmente c'è il discorso del bilancio, programmazione
e tesoro insieme, un super Ministero come ce ne stanno da altre
parti, se dovrebbe riuscire perché è unico a fare tutte e tre le
cose insieme, non basta programmare la spesa, bisogna pure farla
ma farla in quel momento in cui la programmazione dice spendi mille
lire per l'istruzione però in questa maniera significa controllo
della spesa. La programmazione per la sanità, la programmazione
per l'istruzione, per le grandi opere pubbliche, deve avere un seguito
e deve avere un'unitarietà diciamo d'intervento, non può essere
suddivisa e quindi parcellizzata perché altrimenti non se ne esce
fuori.
L'esempio della Gesca. Quando è stata chiusa la Gesca, perché i
sindacati hanno detto di chiudere la Gesca che era l'Ente che fabbricava
le case per i lavoratori? Perché i sindacati si erano accorti che
loro facevano la programmazione però l'esecuzione era affidata ad
un Ente di gestione che era completamente diverso dai sindacati
e come tale lui spendeva come voleva. La programmazione non serviva
a niente. Erano enti inutili perché faceva comodo a loro prendere
in mano questa situazione che significava poi adepti, significava
clientele da servire, iscritti, gonfiare gli iscritti, rosse, bianche,
celeste, azzurre, erano tutte cooperative che vivevano con questa
tecnica di avere i soldi dallo Stato e di fare le case, quindi era
un modo come un altro di sottrarre ad un gruppo politico una parte
considerevole del bilancio dello Stato.
Quindi tutte le volte che la programmazione è stata fatta, il sogno
della programmazione, ma noi siamo partiti, guarda che quando il
centro sinistra cominciò, una delle prime cose fu la programmazione
la quale era una specie di sogno altro che utopia. E tutti quanti
pensavano finalmente c'era scritto tutto, come si doveva spendere,
come si doveva fare, questi non hanno fatto niente, Giolitti se
n'è scappato dopo qualche mese perché non c'era più niente da fare,
perché ognuno dei Ministeri che aveva il suo budget non aveva nessuna
intenzione di portare avanti la programmazione. Programmare la vita
di qualcuno, questo è proprio personale, sei tu che ti programmi
la vita, chiaro che la devi confrontare con l'esterno, però il primo
discorso da fare è che tu devi controllare e amministrarti quello
che hai deciso di fare. Hai capito quale è il discorso? Allora,
questo dalla piccola scuola fino ad arrivare alle grandi cose, qualunque
piccolo esercizio, qualunque attività che si fa della vita umana
è che chi programma deve avere anche la possibilità di spendere
perché in questa maniera riesce a fare e realizzare quello che ha
programmato.
Io avevo fatto un'inchiesta in cui avevo scoperto che la Cassa per
il Mezzogiorno aveva speso cinque mila miliardi nella sua esistenza
di studi, cinquemila miliardi distrutti, allora io chiedo vediamo
questi studi, essendo io il responsabile chiedo alla Direzione Generale,
[...] per capire dove stavano questi studi e non ne abbiamo trovato
quasi nessuno, solo carte, cioè solo foglietti o paginette. Questi
studi servivano invece per dare qualche cosa a qualcuno perché questo
poi non lo facesse e gli studi non esistevano proprio. Non esistevano.
Abbiamo speso cinque mila miliardi in studi inesistenti perché tecnicamente,
se ci sono, tu fai due libri di studi e sai che ci sono degli studi
su questo e quest'altro, invece no, era un modo come un altro perché
si dessero dei soldi a qualcuno, qualche studioso. Non c'erano neanche
gli studi, ce ne sono stati altri di studi ma sono rimasti lì, cioè,
perché non c'è la mentalità di fare un discorso serio e quello che
è lo studio intanto tu lo hai chiesto perché da quello studio tu
devi ricavare il materiale o le idee per realizzare quello che ti
sei prefisso di realizzare. Lo studio è una conoscenza del problema
più chiaro e sulla base di questo devi prendere la decisione di
come fare ad evitare se esiste un problema, ad evitare che questo
problema resti irrisolto. [...] Quindi noi abbiamo una situazione
di questo tipo nel sud. Questo che significa? Significa appunto
che il mezzo italiano è stato quello di fare più studi per gli Enti
pubblici e per altri Enti, però senza per questo passare alla realizzazione."
" [...] Facevamo programmazione, ricerca e attività, e finanziamenti
[...] l'esperienza personale che ho io nei cinquant'anni d'attività
che ho avuto è praticamente [...]che in effetti noi non abbiamo
mai avuto, mai avuto, o avuto in piccolissima parte, una classe
politica la quale facesse il bene pubblico [...]. "
"Io dalla Cassa sono andato via nel 1974, quando la Cassa non aveva
più la funzione che aveva prima perché lo Stato appunto aveva già
fatto quella operazione di facciata, non dava più alla Cassa quei
soldi, però io che stavo nella programmazione e negli studi, nelle
ricerche, io ho potuto vedere esattamente il contrario, cioè quando
all'imprenditore non è convenuto più investire nel sud perché c'erano
più controlli, perché c'era più attenzione, allora ha cominciato
a dire che la Cassa del Mezzogiorno non andava bene ma perché c'era
anche un altro fatto. C'era anche l'appoggio indiretto della struttura
meridionale a livello regionale, dopo il settanta abbiamo le regioni,
le quali si sono date uno statuto ancora più rigido dello Stato,
non è diciamo uno statuto democratico al punto tale per cui la legge
deve andare avanti, più burocratiche di quanto era lo Stato le regioni
erano divenute e si è creato una classe politica e amministrativa
nel Mezzogiorno che ha partecipato a lucrare con quelle del nord
gli stanziamenti del sud. Quando si sono accorti che non avevano
più soldi hanno cominciato a criticare la cassa che non andava ma
non era vero, era il contrario, era che non potevano rubare più
in quella maniera lì, come rubavano prima, come lucravano prima.
Noi facevamo tutto, facevamo programmazione, ricerca e attività,
e finanziamenti, e quello è che ha dato fastidio agli altri. Non
so se mi sono spiegato. Perché era tutto insieme, non solo ma noi
lo facevamo d'accordo con la Regione, però la Regione non lo sopportavano
questo perché li volevano loro i quattrini per poter fare loro poi
gli affari. Fino agli anni settanta noi siamo andati bene perché
non c'erano le Regioni, sembra strano, noi pensavamo che con le
Regioni, addirittura, dovevamo andare avanti, dovevamo avere meno
handicap, quindi la Regione più vicina, noi avevamo fatto tutti
uffici regionali prima ancor che le Regioni nascessero, perché in
questa maniera si potesse colloquiare meglio e ragionare meglio,
invece le Regioni sono diventate un handicap fortissimo perché era
un modo di sviluppare un altro tipo ancora peggiore, mi sono spiegato,
diciamo di taglieggiamento o direi di latrocinio proprio o di sperpero
del denaro pubblico attraverso le lobby clientelari e quindi è chiaro
che se tu devi fare questa opera è chiaro che la Regione che voleva
fare lei, voleva prendere i soldi, però i soldi non per fare soltanto
per lucrare semmai.
[...] Bisogna intendersi su quali sono state le cose che non sono
state prese in considerazione. Io, ripeto, l'esperienza personale
che ho io nei cinquant'anni d'attività che ho avuto è praticamente,
e questo è stato un accumulo di conoscenze, è che in effetti noi
non abbiamo mai avuto, mai avuto, o avuto in piccolissima parte,
una classe politica la quale facesse il bene pubblico, nel senso
classico del termine, per la società. E' stato sempre un fatto particolare
di qualcuno, il quale concepiva il potere per il potere e basta
per mantenerlo, e per mantenerlo usava tutte le armi necessarie
perché il consenso delle persone fosse concentrato verso quella
situazione che era un consenso clientelare, non era un consenso
dovuto alla conoscenza e quindi all'approfondimento e non solo e
all'apprezzamento della popolazione verso l'azione di governo fatta
da qualcuno. Perché? Perché alla base c'era una volontà di non far
conoscere queste cose a queste persone. [...]
Non c'è stata in Italia una scuola di Democrazia vera, c'è stata
una scuola di clientelismo, allora tutti i partiti, poi non è tutti
i partiti, hanno fatto questo discorso perché purtroppo chi si metteva
a fare qualche piccola cosa veniva ostacolato. […] Allora chi non
ha clientela non può avere, non può esercitare potere, ma la clientela
si ha soltanto se questa clientela è la meno capace di giudicare,
oppure se sa che può giudicare, ma dato che guadagna lei perché
è interessata se quelli rimangono, è chiaro che non esercita nessun
potere. Ci sono dei gruppi di pressione e anche questi gruppi di
pressione riescono qualche volta ad ottenere qualche cosa, però
diciamolo francamente, questi gruppi di pressione poi diventano
delle lobby pure loro, perché anche loro hanno un potere, un piccolo
potere che esercitano. [...]"
NOTE
1] "Teoria e Analisi Qualitativa nella
Ricerca Sociale", Corso di Perfezionamento diretto dal Professore
Franco Ferrarotti, Scuole di Specializzazione e Corsi di Perfezionamento,
1999-2000, Dipartimento di Sociologia, Università degli Studi
di Roma La Sapienza, Roma, Italia.
2] Leonardo Sacco, "Matera contemporanea:
cultura e società", Matera, Basilicata Editrice (Politica
Scienze Arti & Mestieri), 1982.
3] Esprit critique, rivista internazionale
francofona di sociologia e di scienze sociali: uno spazio
internazionale di comunicazione aperto a tutti i ricercatori
ed esperti in scienze sociali, si tratta di una pubblicazione
scientifica specializzata nel settore della sociologia e delle
scienze sociali che presenta degli articoli originali in lingua
francese, fondata il 1° novembre 1999, è diffusa gratuitamente
su Internet sotto forma di rivista elettronica;
www.espritcritique.org/
4] Orazio Maria Valastro, "Intervento
sociale e sviluppo locale: intervista a Georges Bertin", m
@ g m @, rivista elettronica di scienze umane e sociali, gennaio
- marzo 2004:
www.analisiqualitativa.com/magma/0201/articolo_06.htm
5] Partecipavano al Comitato Direttivo
dell' "Union Internationale Animation et Développement" (O.N.G.),
la cui sede era a Parigi, Albino Sacco-Casamassima e Georges
Bertin insieme a Lucien Trichaud, il fondatore dell'associazione,
Bertrand Duruflé e Jean Lesuisse.
Lucien Trichaud (Presidente): fondatore delle Maisons des
Jeunes et de la Culture; consulente all'UNESCO; fondatore di FONJEP;
inventore di un metodo di ricerca di etnografia sociale per la preparazione
di programmi di sviluppo; Chevalier della Légion d'honneur; Commandeur
nell'Ordre national du Mérite; Chevalier de l'Ordre du Cèdre du
Liban.
Bertrand Duruflé (Vice Presidente Nazionale): allievo dell'Ecole
Française d'Outre Mer; Amministratore civile; Consulente presso
i Ministeri per la Coopération, Jeunesse e Sports; Direttore del
Cabinet du Président de l'Assemblée Nationale; Segretario Generale
della fondazione Toxicomanie-Prévention-Jeunesse; Chevalier de la
Légion d'honneur.
Albino Sacco-Casamassima (Vice Presidente Internazionale):
Dottore in Scienze Umane è stato allievo di J. Piaget e Cl. Levi-Strauss;
Direttore Generale dell'Ufficio Studi Programmazione e Ricerche
della Cassa per il Mezzogiorno fino al 1974; impegnato in progetti
di sviluppo locale nell'Italia del Sud nel contesto degli interventi
promossi dall'Unrra-Casas (United Nations Relief and Rehabilitation
Administration / Comitato Amministrativo Soccorso ai Senzatetto)
e dall'ISES (Istituto Sviluppo Edilizia Sociale); ha partecipato
a numerosi colloqui internazionali sullo sviluppo dei paesi e delle
regioni del mediterraneo.
Jean Lesuisse (Tesoriere): Vice Presidente dell'URJCAD (Union
Régionale Culturelle Animation et Développement d'Ile-de-France);
diplomato all'Institut des Sciences Politiques; Commandeur nell'Ordre
des Palmes Académiques.
Georges Bertin (Segretario Generale): Direttore dell'Office
Départemental de la Culture Orne-Animation; membro del Comité Economique
et Social de Basse-Normandie; Presidente del Cercle d'Etudes Normand
d'antropologia; Chevalier nell'Ordre National du Mérite.
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