Approches qualitatives et applications dans l'intervention professionnelle
Lucio Luison (sous la direction de)
M@gm@ vol.2 n.1 Janvier-Mars 2004
INTERVENTO SOCIALE E SVILUPPO LOCALE: INTERVISTA A GEORGES BERTIN
Orazio Maria Valastro
valastro@analisiqualitativa.com
Presidente Osservatorio dei Processi
Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com);
Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches
Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur
l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry''
di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi
René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale
e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane
e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico
della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université
de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio
di Sociologia Professionale (Catania).
INTRODUZIONE
La proposta di quest'intervista, scaturita da una collaborazione
con Georges Bertin sulla problematica relazione tra sviluppo locale
e intervento sociale [1], intende presentare
e sostenere un approccio sociologico capace di situarsi tra teoria
e azione, integrando una prospettiva multi-referenziale. Sono lieto
che Lucio Luison abbia accolto favorevolmente l'inserimento di questo
testo [2], nonostante sia già stato presentato
e diffuso precedentemente [3], permettendoci
pertanto di riconoscere ulteriormente l'impegno profuso liberamente
e con continuità da parte del nostro amico e collaboratore Georges
Bertin [4]. Riprendendo inoltre quest'intervento
in un progetto editoriale che ha dimostrato di svilupparsi al di
là delle stesse aspettative iniziali che lo hanno sostenuto [5],
possiamo proporre ai nostri lettori un'ulteriore lettura critica
degli interventi professionali in contesti sociali e culturali che
privilegiano gli approcci qualitativi, strumenti e procedure indispensabili
per considerare la produzione e l'emergere dell'immaginario sociale
nelle condizioni sociali e nella realizzazione delle pratiche dello
sviluppo locale. L'inscindibilità tra sviluppo locale e immaginario
sociale, sperimentata nelle esperienze concrete di progetti culturali
e studi etno-sociologici sulle comunità locali e lo sviluppo locale
[6], rinvia e si collega all'esperienza
di Albino Sacco-Casamassima [7] che presentiamo
in questa stessa rubrica tematica in relazione alla programmazione
d'interventi concertati per lo sviluppo locale tra collettività
territoriali e istituzioni locali.
Accostandosi alla complessità delle situazioni e delle dimensioni
sociali e culturali, condividendo un'esperienza comune in seno all'Union
internationale Animation et Développement, G. Bertin e A. Sacco-Casamassima
si sono interessati di animazione culturale e educativa, sociale
ed economica, al fine di promuovere e sostenere dei programmi locali
di animazione socioculturale concertati e partecipati, sostenendo
una prospettiva sistemica - antropologica e facilitando da più di
trent'anni lo sviluppo locale attraverso la partecipazione attiva
dei cittadini e dei gruppi sociali all'animazione degli spazi sociali.
In una prospettiva che consideri conoscenze ed esperienze professionali
come momento d'incontro e di confronto con la pratica professionale
di ognuno di noi, ho creduto quindi opportuno stimolare una riflessione
su alcune considerazioni in merito all'intervento sociologico. Credo
sia importante riflettere sul ruolo che la nostra professione e
la nostra professionalità sono in grado di avere nell'ambito della
programmazione sociale, in modo particolare nella relazione tra
questa e la realizzazione di progetti d'intervento, momento fondamentale
per orientare e rendere operative delle politiche sociali a livello
locale.
Questa riflessione parte dal presupposto che l'elaborazione di un
processo di programmazione, in cui generalmente sono impegnati degli
esperti, considerati in grado di esaminare e valutare risorse ed
obiettivi tenendo conto dei bisogni della popolazione e della condizione
dei servizi, renda concreti degli interventi e nello stesso tempo
sia messo in discussione e sottoposto ad una rimodulazione in conformità
a precise verifiche e valutazioni. In questo processo entra in gioco
una variabile determinante, quella relativa alla complessità sociale,
che mette in risalto la nostra formazione sociologica e le nostre
competenze professionali come appropriate a non eludere la complessità
sociale ed a confrontarsi con quest'ultima. Le problematiche sollevate
dell'intervento sociale in questo processo, all'interno dei differenti
modelli della programmazione sociale mutuati dalla conoscenza sociologica
e la loro evoluzione in quanto modelli operativi, deve necessariamente
prendere in considerazione gli attori sociali coinvolti in questo
stesso processo, nell'ambito di quella complessità sociale che ne
determina e al contempo è la risultante del loro agire sociale.
La finalità di quest'intervista, conseguente a queste riflessioni
iniziali, è quella di prospettare una sociologia che suggerisce
una comprensione ed un'interpretazione delle problematiche connesse
allo sviluppo locale in funzione d'argomentazioni che non dipendono
esclusivamente da elementi quantitativi, relativi esclusivamente
alla dimensione economica. Intendo quindi focalizzare un approccio
che mette in luce gli aspetti qualitativi della complessità sociale,
insiti nelle dinamiche relazionali e sociali degli attori implicati
nel processo d'intervento, nelle loro strategie individuali e di
gruppo, nella struttura e nell'organizzazione delle rappresentazioni
che presiedono alle pratiche sociali in atto, come anche nelle pratiche
sociali complessive che rilevano dei sistemi simbolici in costruzione
e condivisi e che si sviluppano attraverso una conflittualità ed
una trasformazione permanente.
I riferimenti alle attività professionali di Georges Bertin rimandano
essenzialmente all'elaborazione di un percorso di formazione sull'immaginario,
applicato alle situazioni sociali e culturali per analizzare e gestire
la complessità di queste nell'ambito dell'intervento sociale, e
alle sue esperienze sullo sviluppo locale in ambito urbano e rurale
inteso come sviluppo socio culturale, insieme alla ricerca e alla
sperimentazione sociale in questo stesso settore. Le attività sviluppate
da Gorges Bertin in questi ambiti come docente di "Sociologia dello
Sviluppo Locale" all'Università degli Studi di Angers, Francia,
e in qualità di direttore dell'Istituto di Formazione e Ricerca
in Intervento Sociale di Angers, sono dunque valorizzate rilevando
anzitutto la sua stessa esortazione a evitare di reificare la programmazione
sociale, realizzando in caso contrario una morte programmata dell'intervento
sociale.
INTERVISTA A GEORGES BERTIN
- (O.M.V.) "Sulla base delle riflessioni e delle metodologie
sviluppate nell'ambito dell'azione sociale e culturale, con riferimento
alle sue attività professionali, lei, come concepisce oggi il ruolo
e la funzione del sociologo all'interno delle comunità locali? In
modo particolare rispetto alle problematiche concernenti lo sviluppo
locale e l'intervento sociale."
- (G.B.) "La domanda merita che ci si soffermi, forse perché
lei pone giustamente i problemi nei termini e in senso inverso rispetto
a come sono posti abitualmente. In effetti, situato all'interno
delle collettività, come lei stesso lo sottolinea, il sociologo
è percepito prima di tutto nel suo ruolo (e non nel suo statuto
di ricercatore o di missus dominicus). Implicato (dal latino implicare)
in una funzione che lo destinerebbe piuttosto all'explicare, egli
di conseguenza si coinvolge e quest'implicazione è, per lui, il
nuovo appellativo della capacità di comprendere.
Infatti, le situazioni di sviluppo locale sono percepite, da lui
e dagli altri attori locali, come pretesti alla ricerca e all'intervento
sociale sul piano politico, sociale e culturale, e il sociologo
non può fare a meno di quest'attitudine che mira a cogliere i movimenti
interni, i contesti (l'indicalità degli etnometodologi) che li animano,
il tragico quotidiano (citando Michel Maffesoli) dimorante nelle
comunità locali. Perché, quello che scopre il sociologo dello sviluppo
locale, nelle sue ricerche sociologiche, è puntualmente il fatto
di doversi confrontare con delle comunità viventi in società. Egli
è difatti spinto, se non è addirittura il risultato, dalla sua stessa
funzione e le rappresentazioni operanti nelle popolazioni, rappresentanti
istituzionali, attori, ogni altro agente interveniente, e dalle
intimazioni prodotte dagli ambienti sociali e naturali considerati.
In questo modo egli realizza il progetto di qualunque intervento
sociale, (intervenire vuol dire venire tra), preso com'è giustamente
tra due rappresentazioni o definizioni dello sviluppo, che potremmo
distinguere, comparandole, nella rappresentazione francese e italiana
dello sviluppo.
Versante francese, il nostro razionalismo cartesiano positivista
e piuttosto dominatore, soprattutto nel momento in cui la nostra
rappresentazione dello sviluppo è un'eredità del periodo coloniale,
ci ha appreso a trattare la questione dello sviluppo nell'accezione
di sviluppare, ossia di dispiegare, partendo da un progetto esterno
al territorio e alla situazione. Versante italiano, il termine sviluppo
(avvolgere), fa riferimento all'etimologia della curva, del cerchio,
della spirale. Lo sviluppo avviene quindi attraverso un movimento
certamente ascendente, ma che si concede dei continui riscontri
con il terreno d'intervento, originandosi all'interno delle comunità
locali, con i soggetti attori interessati. Non può fare a meno di
riferirsi al regime notturno di un immaginario sociale percepito
come matrice di sviluppo. Lo sviluppo locale è qui pensato sulla
base della complessità, questa si nutre di meta- e di trans-, e
mira a conciliare tra loro i contrari.
L'intervento sociale è dunque una delle soluzioni dello sviluppo
locale percepito nella sua capacità di mediare le relazioni del
sociologo col suo ambiente di lavoro, l'intervento sociale non trascura
il necessario distacco dalle situazioni incontrate e dall'implicazione
del sociologo, sempre provvisoria, incompleta, e dunque un'analisi
permanente è indispensabile per comprenderne gli effetti in un ambito
che lo perturba e da cui è perturbato."
- (O.M.V.) "Lei ha messo in risalto come il sociologo dello
sviluppo locale cerca di introdurre il sociale nella sua attività
professionale, in quanto deve confrontarsi con delle comunità viventi
in società. Di conseguenza, in che modo deve essere considerato
l'intervento sociologico all'interno delle comunità locali quando
l'immaginario sociale è individuato, e riconosciuto, come matrice
dello sviluppo?"
- (G.B.) "L'intervento sociologico mirato alle comunità locali
mi sembra collocato tra l'ambiguità e l'implicazione (nel senso
metodologico). Ambiguità: perché radicalmente in opposizione ad
un management operazionale degli uomini e dei progetti alimentati
da una prassiologia dello sviluppo. Pertinente con i fini perseguiti
dalle organizzazioni pubbliche e private, questa si articola in
un progetto globale attraverso la negoziazione, l'assunzione di
competenze e la distribuzione di poteri in seno ad una società istituita.
Nell'universo delle comunità, (pongo qui volutamente in opposizione
sociale e comunitario), l'intenzione implicita e inerente all'idea
dello sviluppo locale si propone in misura minore di garantire il
raggiungimento di risultati conformi a dei programmi questi stessi
pre-formati (dal governo, la provincia, l'Europa, le ONG, eccetera),
cercando piuttosto di consolidare l'essere insieme, quello che costituisce
la solida trama della socialità: comportamenti quotidiani, ritualità,
tutto quello che consente di mettere insieme, di agglutinare, le
persone implicate nel processo di sviluppo.
Quest'idea di comunità di vita funziona, giustamente, in base al
paradigma dell'ambiguità, nel considerare non tanto dei modelli
unici ma l'antagonismo delle posizioni in apparenza contraddittorie.
La comunità di vita, la cui attenta valutazione è indispensabile
a qualsiasi azione in profondità nell'ambito dello sviluppo locale,
originandosi quest'ultimo attraverso un approccio endogeno, si riferisce,
in effetti, più all'ordinamento delle organizzazioni che al costume,
- impronta, per Michel Maffesoli, del perdurare societario -, agli
usi sociali della vita quotidiana formanti, poco a poco, l'identità
collettiva.
Implicazione: la posizione del sociologo o ricercatore professionista
(nel senso etimologico di circare, ruotare attorno a ...), non può
che fare riferimento ad una metodologia dell'implicazione. Come
lo evidenzia giustamente Jacques Ardoino (Education et Politique,
1977), il sociologo, analista sociale, non può essere neutro. I
soggetti oggetti con i quali si trova ad essere confrontato nella
sua pratica, sono ugualmente implicati nelle situazioni incontrate
e dovrà impegnarsi nel rendere manifeste le posizioni e le appartenenze
degli uni e degli altri, di indagare sulle condizioni della loro
indicalità, cioè a dire le condizioni, le determinazioni che gravano
su ogni situazione particolare incontrata. Nell'ambito dello sviluppo
locale, i significati che emergono dall'immaginario sociale come
magma (citando Cornélius Castoriadis), traggono il loro senso dal
loro contesto e non da una qualunque imposizione dogmatica o tecnocratica.
La nozione d'implicazione è a questo punto problematica e deve essere
postulata come tale, supposta dal fatto stesso della sua ambivalenza
poiché essa ha attinenza a comportamenti simbolici. Questa duplicità
dell'implicazione, può ricercarsi a differenti livelli della realtà:
quello della libido del ricercatore stesso, determinato dalle relazioni
psico-affettive che intrattiene col suo terreno d'intervento, e
noi sappiamo che non ci è mai indifferente; quello dell'istituzione
perché lo sviluppo locale è anche una rete simbolica, socialmente
sancita, e che lo diventa maggiormente e nella misura in cui il
suo intervento crea dei rapporti di forza, non fosse altro per il
fatto dell'attenzione che noi diamo alle situazioni incontrate;
quello dei miti o degli archetipi sottostanti, sintetizzando nella
noosfera le radici dei comportamenti collettivi, in un movimento
di ricorrente/attualizzazione.
Se vuole evitare la trappola della reificazione, il sociologo empirico,
assegnato facilmente al posto d'esperto (quello che osserva dall'esterno)
dai suoi contemporanei, deve conquistare questa lucidità che lo
guida a negoziare i propri contro transfert, in un movimento di
separazione/implicazione che può avere origine solo nella prassi
dei gruppi sociali, nella ricerca azione partecipata. Questo suppone
un impegno d'educazione e d'animazione. Come lo evidenzia ancora
Jacques Ardoino, "l'educazione dei popoli è fondamentale per una
tale impresa che cerca di disoccultare e non potrebbe essere né
spontaneista né provvidenziale, ma il frutto di un'auto-organizzazione
implicante un impegno d'interpretazione", come citato in precedenza.
In questo senso, la critica della vita quotidiana, facendo emergere
le contraddizioni dagli abissi dei gruppi sociali interessati, è
uno strumento di una sociologia d'intervento nella misura in cui,
al contrario delle pretese egemoniche della tecnocrazia politico
amministrativa, ha per oggetto di ristabilire la differenza nel
cuore delle comunità locali, mettendo in luce le procedure attraverso
le quali gli attori interpretano la vita sociale."
- (O.M.V.) "E' molto interessante, riguardo all'azione del
sociologo dello sviluppo locale, l'articolazione del suo ragionamento
sulle conoscenze sociologiche che ci aiutano ad analizzare e gestire
le situazioni sociali e culturali. Praticare una sociologia d'intervento
caratterizza quindi un atteggiamento ben definito del sociologo,
orientato verso l'osservazione e l'interpretazione critica della
vita quotidiana. Quest'attitudine, sottoposta all'imperativo di
riconoscere e rilevare la contingenza del proprio terreno d'intervento,
di scoprire e distinguere i saperi e le pratiche dei gruppi sociali
interessati, che cosa comporta e attraverso quali strumenti si mette
in pratica?"
- (G.B.) "Essa comporta due aspetti: conoscere e riconoscere
le categorie e la particolarità del proprio terreno di ricerca e
d'azione, d'intervento. Lei suggerisce nella prima parte della domanda
la mia risposta (ricerca azione): per quello che mi riguarda, io
mi riferisco a due strumenti, uno propriamente euristico, la postura
etnometodologica, e l'altro paradossalmente eterogeneo, l'intervento
sociologico, e più operativo. Il primo, l'etnometodologia, postula
che gli individui nelle attività banali della vita quotidiana, agiscono
e sono guidati dai contesti dove sono inseriti. Difatti, ogni significato
sociale è sempre locale, non generalizzabile al di fuori di situazioni
stabilite, e la sociologia del particolare, è innanzi tutto, una
sociologia del quotidiano. Il ricercatore avrà a cuore di determinare,
nelle situazioni circoscritte alle quali si trova confrontato e
nei discorsi espressi dagli attori locali, le condizioni della loro
formulazione, legandole alle condizioni d'esistenza delle popolazioni
interessate. Per ogni membro della società, in effetti, il significato
del suo linguaggio quotidiano rinvia ad un sapere comune socialmente
distribuito, dotato di significato per il ricercatore che dovrà
adattare la sua postura alle situazioni incontrate.
L'etnometodologia postula egualmente che i fenomeni quotidiani si
modificano nel momento in cui sono presi in esamine attraverso le
griglie della descrizione scientifica (nell'accezione positivista),
il ricercatore non si trova nella giusta distanza rispetto ai suoi
oggetti-soggetti di ricerca ma partecipa della loro reificazione.
Nell'ambito dello sviluppo locale, questa logica ci conduce paradossalmente
ad optare pedagogicamente, dopo le risoluzioni necessarie, a far
proprio, consapevolmente, l'intervento sociale ma in tutta lucidità.
Da qui il postulato di ricerca azione istituzionale, l'istituzione
essendo la base inconscia dei comportamenti sociali, che sviluppa
una nuova scientificità diffondendo in modo mediatico dei termini
antinomici, ossia: contribuire alla trasformazione sociale, allo
sviluppo; a partire da questo punto, partecipare alla produzione
di conoscenze operative tenendo conto della relatività delle situazioni
e della temporalità delle comunità locali, del vissuto sociale.
L'intervento istituzionale, al cuore della Ricerca Azione, passa
attraverso la negoziazione, l'arbitraggio, la conciliazione, la
perturbazione delle parti in presenza.
Partendo dall'osservazione dell'attualità dei gruppi sociali nella
ricerca azione e delle fonti d'informazione offerte dal terreno
d'intervento, la Ricerca Azione, il cui obiettivo è ben orientato
sullo sviluppo, è proiettata verso: l'analisi situazionale dei contesti;
la consapevolezza degli stessi gruppi, e non soltanto del ricercatore,
delle conoscenze sulle istituzioni che operano e il funzionamento
delle loro organizzazioni; la valutazione degli effetti delle azioni
realizzate. La Ricerca Azione ritrova in tutto ciò le premesse contenute
nella postura etnometodologica, contribuendo a chiarire, per gli
individui ed i gruppi interessati, i metodi che essi stessi utilizzano
per dare un significato alla loro azione e nello stesso tempo realizzare
le azioni di ogni giorno: comunicare, prendere decisioni, ragionare
nel cuore della turbolenza del vissuto sociale, nello choc dei valori.
Si tratta qui di una sociologia in atto, tendente verso il cambiamento
sociale attraverso un movimento che diventa parte integrante della
ricerca."
- (O.M.V.) "Adottando un tale approccio riguardo all'interpretazione
e alla comprensione della complessità sociale, come diventano efficaci,
agendo su un piano strettamente sociale, quello delle pratiche degli
agenti sociali, gli strumenti dell'intervento sociologico?"
- (G.B.) "L'esercizio dell'intervento sociologico in Europa
occidentale è contrassegnato da un'enorme diversità delle pratiche
e degli statuti professionali. Le formazioni che vi sono associate
ne sono il riflesso più evidente. L'intervento sociologico, come
pratica e come luogo d'interrogazione, mi sembra corrispondere ad
un'intenzione di comprensione e di descrizione di una prassi sulla
quale s'inseriscono delle pratiche. Nella misura in cui l'intervento
sociologico tenta e favorisce l'incontro di progetti individuali
e istituzionali, questo resta, effettivamente, continuamente lacerato
tra due piani: quello di una filosofia dell'assistenza, integrativa
nelle sue ambizioni, regolatrice, tendente a migliorare la comunicazione,
in questo caso, soltanto la descrizione delle azioni realizzate
basta a renderne conto; e quello di una filosofia della rottura,
fondando il suo approccio sull'analisi sociale, il coscienzialismo,
lo sviluppo comunitario. Agendo direttamente sulla vita quotidiana,
questa mira alla liberazione dell'immaginario sociale (o fondante).
E' una filosofia dell'intervento.
Sul terreno dell'intervento, le interazioni vissute dagli attori
sono invece situate all'interno di ambiti paradossali che sembrano
segnati da reali complementarità, non fosse altro che per le cooperazioni
che tendono a incrociare le modalità d'intervento. Tra le realtà
statutarie legate alle missioni del sociologo (che derivano dagli
incarichi) e le rappresentazioni sociali che vi sono associate insieme
alle interazioni vissute dagli attori (politici, rappresentanti
istituzionali, associazioni, lavoratori sociali, funzionari, insegnanti,
universitari), al di là delle realtà oggettivamente vissute (costrizioni
sociali, culturali, naturali e urbanistiche, sistemi di comunicazione,
tecnologie partecipate ...) alle quali sono più o meno asserviti i
comportamenti riferiti alle prassiologie esistenti (sistema mezzi-fini
coordinato per migliorare la qualità della vita, la compensazione
sociale ...), l'intervento sociologico si fonda nei sistemi simbolici
che tentano di conciliare l'inconciliabile, di mettere insieme con
un impegno che ha una postura paradossale, le intimazioni dei soggetti
agenti in quest'ambito e gli imperativi scaturiti dai settori interessati.
O meglio, questa costituisce, essa stessa, un insieme di comportamenti
simbolici che interroga il sociale. L'immaginario sociale, culturale,
psicologico, in azione, agisce, in effetti, riversandosi sulle rappresentazioni
dei sociologi, quelle dei loro interlocutori e del pubblico interessato."
- (O.M.V.) "A che livello operativo bisogna posizionare alcuni
approcci metodologici dell'azione sociale? Penso, ad esempio, all'approccio
multi-referenziale di Jacques Ardoino e quello trasversale e dell'ascolto
mito poietico di René Barbier. E come sviluppare questi strumenti
sociologici nella pratica professionale del sociologo?"
- (G.B.) "Su un piano teorico, l'intervento sociologico funziona
come una trasversalità, poiché ogni riflessione sul proprio oggetto,
lo sviluppo locale "si esercita su diversi ambiti: il vissuto, il
detto (ed il non detto), l'istituzione ed i suoi apparati, le istanze
determinanti come la politica, l'ideologia, l'individuo ed i gruppi
ai quali appartiene, ecc." [8] Per il sociologo,
mostrare queste capacità culturali significa sapersi orientare,
e di fronte a delle condizioni di lavoro estremamente differenti,
saperle unire tra loro, comprendere come loro si contraddicono,
si articolano (Levy Leblond) [9]. Da qui
la postura multi-referenziale che postula Ardoino [10],
che ai sistemi esplicativi esclusivi devono sostituirsi delle metodologie
comprensive. Per lui, l'implicazione è realmente il nuovo nome della
comprensione. L'opposizione tra l'interpretazione (ex-plicare, fare
uscire da ...) e l'implicazione (im-plicare, amalgamare), si posiziona
all'interno stesso dell'ambito studiato, proprio accanto agli stessi
attori.
Per questo, bisogna prendere in considerazione due tipi di condizionamenti
operanti sull'intervento sociologico: i filtri linguistici e culturali
prodotti dagli attori, quelli del loro ambiente di lavoro, quelli
dei rappresentanti istituzionali e dei loro collaboratori, quelli
delle popolazioni, da qui l'importanza di un lavoro di traduzione,
di decodificazione, d'ermeneutica, nel cuore stesso dei processi
di lavoro del terreno d'intervento; e il fatto che l'intervento
sociologico sia anche un oggetto culturale, sottoposto alla temporalità,
all'elaborazione, lo rende sinuoso ed è questo che determina delle
difficoltà nel tentare di cogliere questa temporalità attraverso
degli avvenimenti segnati dalla regolarità, da interventi complessi
e multiformi. L'intervento sociologico partecipa al simbolismo esprimendo
un certo numero di realtà socio culturali nel loro legame con la
sfera del linguaggio. La ricerca azione, prendendo in prestito alcuni
elementi di riflessione dalla corrente della prassiologia che sovrasta
in senso dialettico, suscita un lavoro di questo tipo costituendone
un modello logico. Questo modello, bisogna considerarlo nel contesto
ben definito descritto dagli autori che lo hanno teorizzato ed elaborato
(René Barbier). Lontano dall'idea di separazione, di norma, di controllo,
si tratta di una riflessione che si forma partendo da pratiche reali,
attraverso un ascolto sensibile, mito poetico, scrive Barbier.
L'intervento sociologico è in questo modo una sociologia clinica
quando tende a svelare, a rivelare l'inconscio sociale e culturale
delle comunità osservate e vissute, e consente di accedere a un
insieme di figure sociali immaginarie. Possiamo individuare tre
momenti: arcaico, nei comportamenti verso la gloria di un tempo
mitico, di una società consensuale consacrata al lavoro e al culto
della Terra-Madre-Natura. Penso ai dispositivi che invitano alla
regressione nelle comunità di tipo "Patriarcali" ricostituenti quasi
magicamente l'ordine della tribù primitiva, sottomessa alla potenza
del padre dell'orda. Economico, quando le norme del mercato si ergono
sovrane nella società, scopo ultimo degli individui che la compongono,
ed è il tempo del consumo omogeneizzante e deificante; suscettibile
di alterazione, quando ci si affronta e spesso si affermano differenti
tipologie di rappresentazioni sociali e culturali che sovente non
possono fare a meno le une delle altre, ma tengono in considerazione
delle determinazioni eterogenee tra loro.
Qui, l'intervento sociologico, tenta l'impossibile sintesi tra gli
imperativi della sfera tecnocratica e quelli delle aspirazioni delle
popolazioni locali, tra controllo e valutazione. I riferimenti non
potrebbero ridursi ad una visione psico-sociale, economica, sociale
o puramente culturale. L'intervento sociologico è composto di tutto
questo, è multi-referenziale, antropologico, nello spirito dei lavori
avviati da due correnti scientifiche differenti e complementari,
l'antropologia simbolica (aspetti sincronici) e l'analisi istituzionale
(aspetti diacronici). Sono delle correnti teoriche legate agli approcci
dell'immaginario (mythocritique, mythodologie, analisi culturale,
etnometodologia, pedagogia e terapie istituzionali ...) che tentano
di lavorare sulle componenti di questi comportamenti simbolici che
costituiscono il quotidiano esercizio dell'intervento sociologico
e s'indirizzano verso un riconoscimento costruito di questa complessità
tra: i miti fondatori e la storia delle comunità, la loro evoluzione
e i loro invarianti (morfologia e dinamiche) nel contesto culturale
che è il loro dei modelli preesistenti, con l'analisi comparativa
dei mestieri, degli usi culturali ..., è tutto l'universo dei riferimenti
impliciti, degli usi sociali dello sviluppo locale nelle loro relazioni
con l'istituito globale, economico, politico, sociologico ... (le
organizzazioni dello sviluppo locale partecipano all'istituzione
immaginaria della società) per esempio, inventariando i luoghi d'attività
delle professioni interessate e le modalità di realizzazione pratica
degli attori, dei comportamenti immaginari legati ai contesti psicologici
e socio psicologici degli intervenenti, alle loro interazioni, ai
loro investimenti personali e professionali.
Questo giustifica, bisogna convenirne, il fatto di impossessarsi
di strumenti adatti che una sociologia razionalista ed empirica,
non sarebbe capace di costruire. Fenomeno globale, lo sviluppo locale
interessa l'insieme dell'organizzazione sociale e culturale politica
e Marcel Mauss c'insegnava recentemente che, "uno dei principali
vantaggi di una conoscenza completa e concreta delle società e delle
tipologie di società, è che questa consente di prevedere infine
quello che può essere una sociologia applicata o politica". Citava
abitualmente Durkheim affermando che la sociologia non varrebbe
"un'ora di pena se non avrebbe alcun'utilità pratica". E' quello
cui, da quasi un quarto di secolo, ci adoperiamo."
NOTE
1] "Développement local et intervention
sociale", sous la direction de Georges Bertin, Paris, L'Harmattan
(Educations et Sociétés), 2003.
Scheda bibliografica:
www.analisiqualitativa.com/portale/biblio/0021.htm
2] "L'approccio qualitativo e le sue
applicazioni nell'intervento professionale", rubrica tematica
a cura di Lucio Luison, m @ g m @, rivista elettronica di
scienze umane e sociali, gennaio - marzo 2004:
www.analisiqualitativa.com/magma/0201/index.htm
3] "Intervento sociologico e sviluppo
locale: intervista a Georges Bertin", a cura di Orazio Maria
Valastro, Societing, rivista elettronica di sociologia, novembre
2001:
members.xoom.virgilio.it/_XOOM/societing/
La versione originale in lingua francese è stata pubblicata in "L'intervention
sociologique", sous la direction de Orazio Maria Valastro, Esprit
Critique, revue internationale francophone de sociologie et de sciences
sociales, numéro thématique, printemps 2002:
www.espritcritique.org/0404/index.html
4] I contributi di Georges Bertin pubblicati
su m @ g m @, rivista elettronica di scienze umane e sociali,
e l'esprit critique, revue internationale francophone de sociologie
et de sciences sociales, sono accessibili in formato full
text dagli archivi delle riviste elettroniche:
www.analisiqualitativa.com/magma/archivio.htm
www.espritcritique.fr/
5] "Un anno dopo: interpretazione critica
e cambiamento partecipato della vita quotidiana", a cura di
Orazio Maria Valastro, m @ g m @, rivista elettronica di scienze
umane e sociali, ottobre - dicembre 2003:
www.analisiqualitativa.com/magma/0104/editoriale.htm
6] L'intervento di Gorges Bertin "Mythe,
politique et formation, l'exemple du développement local"
al Congresso dell'AFIRSE (Imaginaire du politique et développement
local, Association Francophone Internationale de Recherche
Scientifique en Education, Colloque International, 10-12 septembre
1998, Lisbonne), considerava in parte gli esiti delle esperienze
realizzate tra il 1977 e il 1992 con l'Università Rurale della
Normandie-Maine-Perche e l'Union internationale Animation
et Développement, fondata insieme a Lucien Trichaud, Bertrand
Duruflé e Albino Sacco-Casamassima (G. Bertin ne è stato il
Segretario Generale insieme ad Albino Sacco-Casamassima che
ne era il Vice Presidente Internazionale):
membres.lycos.fr/imaginouest/newpage3.html
7] "Conversazioni autobiografiche con
Albino Sacco-Casamassima", a cura di Orazio Maria Valastro,
m @ g m @, rivista elettronica di scienze umane e sociali,
gennaio - marzo 2004:
www.analisiqualitativa.com/magma/0201/articolo_07.htm
8] Thomas Louis-Vincent in Avant-propos
à Brohm Jean-Marie, Sociologie Politique du Sport, Nancy,
Presses Universitaires, de Nancy, 1992, p.16.
9] Levy-Leblond J.M. in Culture Technique
et Formation, Pratiques de Formation-Analyses, U. Paris VIII.
10] Ardoino Jacques, Education et
Politique, Paris, Gauthier Villars, 1977.
newsletter subscription
www.analisiqualitativa.com