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    M@gm@ vol.1 n.4 Ottobre-Dicembre 2003

    LO SGUARDO CHE NON VEDE: ANTROPOLOGIA DEL VIAGGIO ATTRAVERSO L'INFORMAZIONE TURISTICA IN ITALIA


    Alessandra Lucchinetti

    alelucchinetti@libero.it
    Laureata in Antropologia Culturale all'Università di Genova, attualmente frequenta il Master in Economia ed Etica del Turismo all'Università di Bologna, sede di Rimini. Collabora con associazioni di turismo responsabile ed è stagista presso l'Associazione RAM di San Rocco di Camogli.

    La stampa italiana offre un'enorme quantità di pubblicazioni specialistiche riguardanti l'informazione turistica e tale offerta si diversifica offrendo mete ed itinerari per accontentare tutti i gusti, si trovano informazioni per il viaggio avventuroso, culturale, per single o e no - gastronomico, sino a giungere al mal celato viaggio sessuale.
    Di fronte a tale offerta viene spontaneo domandarsi se il viaggio possa poi tramutarsi in esperienza o rimanga solo una ricerca di riscontro con i dati forniti dalla rivista, dalla guida o dal catalogo del tour operator.
    La stampa turistica è una delle principali fonti da cui il viaggiatore trae le informazioni prima di partire e propone sulle proprie pagine patinate i luoghi, gli itinerari migliori, come raggiungerli, dove alloggiare con tutte le comodità, dove cenare e divertirsi, cosa fotografare, quali oggetti d'artigianato e souvenir acquistare al miglior prezzo, il tutto racchiuso in una cornice di fotografie di luoghi incantevoli, belle donne e piatti succulenti con chef di bianco vestiti a farne da balia.
    Le immagini hanno un ruolo primario nella scelta del viaggio. Chi parte o ha intenzione di partire, oltre ad informarsi del prezzo del viaggio e sui servizi offerti, vuole vedere che cosa vedrà. Sembra un paradosso ma come dice Duccio Canestrini "(...) muovere un turista è facile, muovere una persona è difficile. Occorre vincere le sue insicurezze, presentare il viaggio come un trasferimento nel migliore dei mondi possibili. Prima ancora di iniziare a mettersi in trasferta, il turista organizzato sa cosa vedrà, quanto come e dove starà. Ha già visto i depliant, ha già visto il 'film' (...) Il turismo istituzionalizzato anziché far crescere le persone attraverso l'incontro con le diversità le rassicura nelle loro abitudini e va incontro alle loro aspettative." [1] Il turista spesso torna dai viaggi e non ha visto nulla di nuovo rispetto a quanto già visionato sul materiale fornito dall'agenzia o acquistato in edicola. Vi è la corsa alla guida turistica illustrata meglio, al catalogo con le foto migliori e se chiediamo agli agenti di viaggio quale sia la domanda più frequente rivolta dal cliente, la foto dell'alloggio e della camera sarà la risposta. Il viaggio in questo modo perde totalmente la sua valenza avventurosa, " è solo un singhiozzo in una cultura dove regna il valore della stanzialità" [2], il turista è alla ricerca della certezza e non più della scoperta del luogo, di se stessi, spesso non conosce la realtà che lo ospita, la sua cultura, i suoi usi e costumi, i suoi problemi economici, politici e sociali. È una realtà che il turista schiva, fa finta di non vedere.
    La carta stampata esaudisce quindi il desiderio di curiosità prima ancora di giungere sul luogo. Già ai tempi dei viaggi d'esplorazione si scrivevano diari di bordo, lettere e carteggi, ma era materiale riservato ad un pubblico ristretto. L'invenzione della stampa fece aumentare il numero di copie delle relazioni di viaggio, ma solo nel 1800 si giungerà ad una maggiore tiratura e in pochi decenni i giornalisti sfruttando telefono e poste invieranno notizie, veritiere e non, da tutte le parti del mondo e di tutti i tipi.
    Il mondo in questo modo si aprì e iniziò a farsi conoscere, si giunse in breve ai mensili di viaggio del 1900. Gli autori erano i personaggi più diversi, dai giornalisti agli uomini di scienza agli etnologi che scrivevano monografie su popoli sconosciuti. Tali scritti, talvolta superficiali, diventarono in poco tempo patrimonio diffuso e su di esso la gente comune iniziò a costruire dei castelli in aria. I castelli in aria di un tempo sono gli stessi che si continuano a costruire ai giorni nostri, ma con una importante differenza. Il numero delle immagini in circolazione è aumentato, oggi si conosce tutto, ma solo chi ha scattato la fotografia può capire le sensazioni che scaturiscono dall'essere lì, o forse nemmeno chi l'ha scattata, perché la fotografia quasi mai è mezzo per rievocare esperienze vissute.
    Non vi è più nulla di sconosciuto e la commercializzazione su grande scala dei viaggi All Inclusive ha permesso a milioni di persone di raggiungere a bassi costi tutti i luoghi del pianeta e da contratto ti promettono che ti faranno sentire come a casa tua dall'altra parte del globo.

    IL VIAGGIO COME NECESSITÀ

    È proprio a questo punto dell'arte dei fatti che scaturisce la necessità di riformulare l'idea del viaggio come esperienza umana che genera necessità, la partenza come bisogno di distacco da una matrice etnica delimitante, un bisogno di individualità e di autonomia.
    Il viaggio del 2000 appare un'esperienza - prodotto. E' mercificato, sembra una catena di montaggio, tutto programmato e non traspare grande spazio e nemmeno molta volontà di riflessione.
    Eric J. Leed [3] propone una struttura basata sugli eventi del viaggio: partire, transitare, arrivare, l'erotismo dell'arrivo. Queste fasi hanno caratteristiche proprie, frutto delle forze capaci di generare gli avvenimenti umani.
    Sorge spontaneo domandarsi se la fretta imposta al viaggio del giorno d'oggi permetta ancora di cogliere queste fasi. I gruppi organizzati che salgono su charter e arrivano in luoghi incantevoli per essere trasportati immediatamente su un pulmino nel villaggio prescelto dove restano fino alla fine del soggiorno, colgono veramente queste fasi? In ogni viaggiatore vi è la consapevolezza dello spostamento, proprio perché se per antonomasia nel 2000 il viaggio, oltre che per lavoro, è un momento obbligato di riposo dell'individuo, si coglie la sensazione di essere lontano pur essendo in un villaggio turistico di gestione italiana. Leed ci aiuta a rispondere al quesito affermando che al giorno d'oggi il viaggio turistico è come la misurazione della cella da parte del detenuto, egli cammina dove già altri prigionieri hanno camminato a lungo e lasciato un visibile solco. Ma allora il viaggio autentico non è più possibile?
    "La struttura contemporanea del turismo globale annulla una fuga consacrata dal tempo da quei limiti che hanno sempre circoscritto l'esistenza umana; un mezzo di liberazione da una morte fissata e prevedibile (...) il viaggio è diventato comune, il turista è la norma, il mondo è un manifesto affisso al muro che si può consumare al prezzo di un biglietto (...) il viaggio non è più un evento eroico che forma l'individuo (...) la solitudine del viaggiatore fu tipica del viaggiatore eroico medievale e, prima ancora, un'espressione del pathos del vagabondare e dell'esilio. Oggi invece le possibilità di solitudine offerte dai viaggi fanno parte della purificazione della terapia del viaggio, sono un mezzo grazie al quale la mente si libera e il rapporto di coinvolgimento con un mondo di oggetti esterni viene messo a fuoco e chiarito" [4].
    Secondo il Presidente dell'AITR [5], Alfredo Somoza [6], al giorno d'oggi non si viaggia pensando al dove, si viaggia pensando al costo ed è per questo motivo che spopolano in internet e nelle agenzie di viaggio le offerte last minute, non importa dove ci si recherà, l'importante è recarsi lontano al minor costo possibile, tutto incluso ovviamente.

    ETICA ED INFORMAZIONE TURISTICA

    L'ICEI [7] nel 1997 ha condotto un'indagine sulla stampa turistica specializzata [8] e ha portato a galla il problema dell'etica nell'informazione turistica. Il numero di riviste specializzate in turismo in Italia è elevato ed è in continua crescita se si contano anche quotidiani, settimanali e mensili che inseriscono rubriche dedicate al viaggio, oltre ad inserti e guide. La promozione turistica quindi si svolge attraverso le molte testate presenti sul mercato e soprattutto attraverso i cataloghi di viaggio dei tour operator, spesso unica lettura dell'utente - turista prima della partenza.
    Il dibattito sull'etica dell'informazione turistica si inserisce all'interno dell'azione del turismo responsabile. Tra i principi esposti nella Carta d'Identità per Viaggi Sostenibili [9], ve ne sono alcuni importanti che non vengono troppo spesso presi in considerazione dagli operatori del settore turistico.
    La stampa turistica, tranne alcune eccezioni, non fornisce sufficienti informazioni realistiche legate alla situazione socio culturale del paese, all'impatto del turismo sull'ambiente e all'economia.
    Inoltre non vengono forniti sufficienti spunti affinché l'utente possa conoscere meglio il paese ed entrare in contatto con le realtà locali.
    Le tabelle dei prezzi riportate nei cataloghi e nelle riviste non indicano la trasparenza del prezzo dell'offerta e quanto effettivamente rimanga in percentuale in loco.
    Si è ancora lontani dal raggiungimento di tali obiettivi, ma al riguardo da anni operano all'interno del terzo settore realtà associative che, promuovendo il turismo responsabile, cercano di fornire informazioni complete su quanto il turismo possa essere dannoso se inserito in contesti non adeguatamente predisposti a tale impatto.
    A tale proposito si rende necessario un inciso riguardo all'utilizzo, troppo spesso improprio, delle immagini. Si cerca di dare l'idea di esotico, tribale, rilassante, divertente, in base alla località e il tour operator cerca di ricreare questa situazione in loco per soddisfare le aspettative create nel turista.
    "Troppo spesso i Tour Operator trattano i popoli tribali come oggetti esotici di cui godere come di una parte dello scenario. Ci si aspetta che eseguano musiche e danze tradizionali per i turisti. Avulsi dal loro originario contesto cerimoniale, tali aspetti della cultura tribale perdono di significato e vengono banalizzati" [10].
    La funzione delle immagini è spesso quella di illustrare o sottolineare aspetti descritti nel testo o di lanciare messaggi che consolidino l'atmosfera che si vuole ricercare rendendo il soggetto uno stereotipo. L'immagine ha anche funzione subliminale quando suggerisce cose che il pudore, o la legge, vietano di esplicitare per iscritto. È il caso del ricorrente uso delle fotografie di ragazze locali in costume o seminude, sempre sorridenti e disponibili, per illustrare cataloghi delle destinazioni classiche del turismo sessuale [11].
    Secondo l'Icei vi sono ben dirette campagne di promozione di alcuni paesi che sfruttano i viaggi educational ovvero viaggi promossi da operatori turistici o enti del turismo volti a far conoscere al giornalista una o più località.
    Durante un convegno del GIST [12], nel 1997,è stato affrontato il problema relativo ai viaggi educational proposti dai tour operator ai giornalisti.
    Duccio Canestrini racconta una personale esperienza di educational sfociata involontariamente nella promozione di una località considerata ancora esclusa dai circuiti del turismo internazionale di massa: "Qualche anno fa una bella rivista geografica mi inviò in Madagascar, per documentare alcuni aspetti della vita quotidiana dei Vezo. I Vezo sono pescatori che vivono in piccoli villaggi sulla costa occidentale dell'isola. L'irta foresta alle loro spalle, dove svettano poderosi baobab, fa sì che alcune località siano raggiungibili soltanto via mare, zigzagando avventurosamente tra le barriere coralline con le piroghe a bilanciere (...) Feci il cosiddetto 'servizio', cioè descrissi la loro vita quotidiana. Un paio di mesi dopo arrivò una lettera in redazione. Era di un francese, di dubbia fama, che in Madagascar amministrava da severo colono bianco il suo impero turistico: gestiva alloggi, organizzava escursioni e ingaggiava occasionalmente i pescatori come marinai. La sua lettera era piena di lodi, ma di quelle che non fanno piacere, perché le notizie non erano buone: "Vista la bellezza e la fattibilità dell'itinerario che ha percorso, ho pensato di inserire i villaggi vezo tra le proposte di viaggio per i miei clienti". Nonostante le mie migliori intenzioni, avevo dunque fatto da pioniere per la turistizzazione del territorio dei Vezo da parte di un imprenditore senza scrupoli." [13]
    Il caso sopra esposto rientra nelle forme del piacere della conoscenza, ma erroneamente presa come spunto per ulteriori turisticizzazioni di luoghi non ancora intaccati dal fenomeno turistico.
    Il raggiungimento di un'etica giornalistica vera e propria è ancora lontano, ma non mancano campagne informative adeguatamente promosse da testate come Nigrizia o Volontari per lo Sviluppo, riviste legate al settore della cooperazione internazionale, del commercio equo e solidale e di carattere religioso e missionario.

    LETTURE E SCHEMI SOCIALI

    Il turista prima di partire per un viaggio, come già accennato, utilizza diversi strumenti per conoscere la località in cui si recherà in vacanza. Le riviste, i cataloghi e le guide, agiscono da intermediari indiretti con la località.
    Inconsapevolmente gli abitanti dei luoghi di tutti il mondo vengono resi degli stereotipi, inseriti in schemi concettuali legati ad habitat, cultura e religione; avremo così i Dogon mistici, la Thailandia paese del sorriso ecc.
    Tali aggettivazioni sono una delle principali mosse strategiche del marketing turistico. Si è reso molto proficuo presentare un paese o una popolazione, sempre in un determinato modo, per accentuare l'idea di sicurezza e di stabilità del mondo, un continuum nei tempi, una stabilità contro corrente con la galoppante globalizzazione dei nostri tempi.
    L'atteggiamento adottato dai media e dalla stampa riflette la generale necessità dell'Occidente di ritorno al passato. La 'nostalgia del presente' [14] di cui parla Friedric Jameson, si manifesta tornando al passato per mezzo della riedizione, fare qualche cosa che già è stato fatto. Nel nostro caso la nostalgia non si rivela tanto sul territorio che ci appartiene, ma si riversa sull'altrove, su paesi e popolazioni con ricco patrimonio storico, ma economicamente fuori dal circuito del mercato globale. "Oggi siamo consapevoli che ogni volta che siamo tentati di parlare di villaggio globale dobbiamo ricordarci che i media creano comunità 'senza il senso del luogo", sostiene Appadurai [15] e prosegue, parlando della situazione orientale "ma anche se sta sorgendo un sistema culturale globale, questo viene imbottito di ironia e resistenza, a volte mascherato da passività e da appetito insaziabile nel mondo asiatico per cose occidentali".
    Sia i paesi del nord che del sud del mondo risentono di tale inquadramento.
    L'antropologia del turismo individua nell'evento turistico un momento di derealizzazione dei soggetti implicati. Si crea un rapporto oppositivo fra rappresentazione fittizia e autenticità, subordinato ad un concetto essenzialistico di cultura, rispetto a cui l'impatto produce effetti di irreparabile degenerazione e commercializzazione oppure configurazioni oppositive di salvaguardia e conservazione [16].
    La promozione turistica fatta in questo modo ha una forte ricaduta sociale ed etica sul luogo. Le immagini e gli stereotipi di un luogo e della popolazione per gli studi di Antropologia di Turismo diventano schemi delimitanti e racchiudono significati culturali [17].
    Spesso le immagini stereotipate portano ad un ripensamento della popolazione stessa, ci si adagia sulla struttura che è stata conferita dall'immagine. Significativo a tale proposito il caso dei Dogon in Mali. Con l'arrivo dell' etnologo francese Griaule negli anni Trenta del Novecento e per gli studi condotti, si sono ritrovati reinseriti nella loro stessa tradizione.
    Griaule studiò a fondo tale popolazione e la rese nota in "Dio d'acqua". Da questo momento in poi i Dogon diventarono il popolo dello stupore, i mistici con una complessa cosmogonia. La pubblicistica di viaggio, riviste, cataloghi e guide sfrutta ancora oggi ampiamente quest'immagine.
    Marco Aime in Diario Dogon [18] nella sezione 'Cataloghi turistici e racconti di viaggio' traccia un profilo del percorso culturale che seguono i visitatori in Mali. Vi è un cammino di avvicinamento composto dalle letture del settore, a volte anche lo stesso Dio d'Acqua. Chi sceglie di recarsi in Mali ha già un buon bagaglio culturale, conosce abbastanza bene la situazione del paese, ma spesso può restare deluso da scene che non soddisfano le nascoste aspettative di trovare l'autentico.
    Gli aggettivi più ricorrenti sono legati al mistero e alla magia, alla regione, disabitata, isolata, impervia, quindi automaticamente intatta.
    L'isolamento, prosegue Aime, è però relativo, è necessario definire la loro lontananza rispetto ad un centro. Ma questa è la prospettiva del turista che vuole che i Dogon siano isolati, quando nella realtà hanno contatti commerciali con le regioni vicine e le possibilità di spostamento vengono offerte dalla lunga pista asfaltata nel deserto. Quasi mai compaiono oggetti che riportano la mente all'occidente, dagli utensili all'abbigliamento. L'immagine fornita è fasulla, perché è normale incontrare i giovani con gli occhiali da sole Ray Ban o le donne con i secchi di plastica perché molto più trasportabili rispetto a quelli di zinco.

    CONCLUSIONI

    Le pagine precedenti ci hanno guidato alla scoperta della stampa turistica e delle sue lacune, mostrando il turismo convenzionale dei grandi numeri e dei viaggi All Inclusive e si è solamente accennato al turismo responsabile.
    I tour operator agiscono all'interno di un settore economico in continua ascesa, propongono viaggi - vacanza in tutti i luoghi del mondo, compresi quelli nel Sud del mondo, seppure in numero minore.
    Le associazioni di turismo responsabile invece operano soprattutto nei paesi del Sud del mondo e hanno come obiettivo primario, oltre ai viaggi in tali località, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica rispetto al degrado che il turismo di massa può arrecare, se condotto in modo improprio.
    Il turismo responsabile non è quindi solo viaggi. E' un movimento iniziato nella seconda metà del secolo scorso a livello mondiale, e propone un ripensamento delle cattive abitudini di viaggio promuovendo un nuovo modo di viaggiare. Viaggiare in modo consapevole, rispettoso e senza fretta, implica conoscere il proprio impatto a livello culturale, sociale ed economico.
    La pubblicistica dei due tipi di turismo è diversa per questo motivo. Se le riviste specializzate e i cataloghi non sono eticamente corretti, il turismo responsabile cerca di ovviare a questa mancanza promuovendo meeting ed incontri [19] per raccontare le realtà scomode che vengono troppo spesso nascoste dai 'venditori d'emozioni'.
    Il turismo convenzionale offrendo tutto ciò che il turista desidera, gli permette di tornare bambino, avviene una sorta di deresponsabilizzazione, legittimata dall'essere in vacanza.
    Il turista - viaggiatore responsabile intraprende un percorso, di conoscenza prima del viaggio con gli incontri preparatori, e d'esperienza durante il viaggio. Il turismo responsabile utilizza canali diversi per promuoversi. Le riviste specializzate promuovono in generale il turismo convenzionale, sebbene non manchino alcuni casi di promozione del turismo responsabile, per lo più inserito in ambito ecologista, in viaggi e circuiti avventurosi o impegnati. Spesso quindi chi si rivolge alle associazioni di turismo responsabile, o conosce bene il tipo d'atteggiamento da adottare per partecipare a tali viaggi, o rinuncia, come spesso succede, perché non soddisfa le aspettative.
    Tutti e due propongono viaggi, con la differenza che, chi decide di viaggiare con un'associazione di turismo responsabile o da solo, ma osservando i principi della Carta d'Identità per Viaggi Sostenibili, sia in Italia che all'estero, è cosciente che la sua sarà una pietra in più per la costruzione di una coscienza collettiva volta al miglioramento del turismo, qualche cosa di concreto che cerca di diventare realtà.
    Tutti i viaggiatori possono diventare responsabili, si auspica anche coloro che legittimamente continueranno a recarsi nei villaggi con servizi All Inclusive. L'etica dell'informazione turistica rappresenta un passo importante nel processo verso la consapevolezza dell'utente - turista.
    Se le riviste di viaggio e i cataloghi iniziassero ad abbandonare la logica commerciale e descrivessero realmente la situazione presente nei luoghi oggetto del turismo, l'utente riceverebbe un'informazione più completa e veritiera e sentirebbe sulle proprie spalle un peso che si potrebbe tramutare in maggiore consapevolezza e umiltà.


    NOTE

    [1] D. Canestrini, Andare a quel paese:Vademecum del turista responsabile, Milano, Feltrinelli Traveller, 2001, pag.23.
    [2] M. Bianchi, L'arte del viaggio: ragioni e poesia di un turismo sostenibile, Milano, MC Editrice, 1998, pag. 14.
    [3] E.J.Leed, La mente del viaggiatore: dall'Odissea al turismo globale, Bologna, Il Mulino,1992.
    [4] Ibidem, pag 348-355.
    [5] AITR: Associazione Italiana Turismo Responsabile.
    Nata a Milano nel 1997 da alcune cellule del Forum italiano sul turismo responsabile, ha l'importante compito di diffondere e realizzare i principi contenuti nella Carta d'identità per viaggi sostenibili. L'associazione si rivolge fondamentalmente a sei gruppi target: industria turistica, stampa e media, scuole (istituti professionali e mondo accademico), enti pubblici (ad esempio assessorati al turismo) e privati (ad esempio società di consulenza), gruppi ed associazioni del non profit e della solidarietà che si affacciano sulla scena del turismo, gli utenti. Il proposito di AITR è una graduale applicazione dei principi contenuti nella Carta. L'offerta di riflessione sul turismo internazionale, la ricerca sul fenomeno, campagne di sensibilizzazione e d'informazione, sono alcuni progetti dell'AITR, oltre alla formazione per operatori del turismo affinché conducano il proprio lavoro in modo etico. Non organizza viaggi, ma funge da snodo per segnalare coloro che in Italia operano secondo la propria filosofia, dai viaggi alla formazione all'editoria. Nel 2002, AITR, ha creato la Carta "Bel Paese Buon Turismo" una Carta d'Identità per viaggi responsabili anche in Italia e inEuropa, sullo stesso stampo di quella per viaggi sostenibili. La Carta è stata presentata il 30 Novembre 2002 a Roma in Occasione del Forum Nazionale dell'Associazione. Oggi AITR è formata da 49 Associazioni che si occupano a vario titolo di turismo e no profit. Per un maggiore approfondimento si veda R. Garrone, Turismo responsabile, nuovi paradigmi per viaggiare in terzo mondo,Genova, Ed. RAM, 1996. Richiedibile all'Associazione RAM,Turismo Responsabile,Via Mortola, 15, San Rocco di Camogli (GE), tel-fax.0185-773061, https://www.associazioneram.it.
    [6] Intervento al convegno, Il viaggiatore globale, Trento, 2001. Gli atti sono reperibili presso MLAL, Movimento Laici America Latina, Viale Palladio, 16 - 37138 Verona, https://www.mlal.org.
    [7] ICEI, Istituto Cooperazione Economica Internazionale.
    [8] A. L. Somoza, T. Mallo, J. C. Fuentes e al., Il turismo nei paesi del sud del mondo visto attraverso la stampa specializzata italiana e spagnola, Milano, ICEI, 1997.
    [9] Carta D'identità per viaggi sostenibili: La Carta intende fornire indicazioni sia all'utente che all'operatore attraverso tre fasi temporali del viaggio; il prima, il durante e il dopo.
    La premessa alla carta rende noto che, per favorire il rispetto delle diversità culturali e adattarsi ai modi ed abitudini diversi dai propri, è necessario sviluppare maggiore attenzione all'iterazione che avviene tra i turisti, gli operatori e le comunità locali ospitanti. Durante il viaggio gli utenti devono essere coscienti di essere i fruitori di un viaggio - prodotto e quindi di essere consumatori. Si deve cercare di rendere l'impatto socioculturale e ambientale minimo e infine permettere alle comunità locali ospitanti di decidere sul turismo nel proprio territorio e se possibile cercare di stabilire proficui rapporti continuativi di collaborazione.
    [10] F. Casella,"Turismo e popoli tribali", in M. Bianchi, L'arte del viaggio: ragioni e poesia di un turismo sostenibile, Milano, MC Editrice, 1998.
    [11] A. Somoza , L'informazione turistica: breve analisi dei cataloghi di viaggio, in M. Bianchi, L'arte del viaggio: Ragioni e poesia di un turismo sostenibile, cit. pag.54.
    [12] GIST, Gruppo Italiano Stampa Turistica. Il convegno in questione 'Deontologia della comunicazione turistica: rapporti tra giornalisti ed operatori del turismo' si è tenuto a Milano il 12 settembre 1996. Gli atti sono reperibili presso la sede del GIST a Milano, tel. 02-7750218.
    [13] D. Canestrini, Andare a quel paese: vademecum del turista responsabile, cit. pag.57-58.
    [14] Citato in A. Appadurai, Modernità in polvere, Roma, Meltemi, 2001, pag.48.
    [15] Ibidem, pag. 47.
    [16] A. Simonicca, Antropologia del turismo, Roma, Carocci, 2001, pag 126.
    [17] Ibidem, pag.122 -. 133.
    [18] M. Aime, Diario Dogon, Torino, Bollati Boringhieri, 2000.
    [19] Alcuni esempi: 'Zig Zag: Happening sul turismo consapevole', Trento 30.11 - 7.12.2002, e 'Turismo è sviluppo?' Convegno internazionale, Torino, 31.05.2002.


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