Analyse qualitative et nouvelles technologies de la communication
Massimiliano Di Massa (sous la direction de)
M@gm@ vol.1 n.3 Juillet-Septembre 2003
LA PROFONDITÀ DEL SUPERFICIALE
Percorsi di analisi qualitativa nel "virtual field"
Massimiliano Di Massa
maxdimassa@katamail.com
Sociologo;
Laureato presso la facoltà di Scienze Politiche all'Università
degli Studi di Genova; Cultore per alcuni anni alla cattedra
di Sociologia dell'Educazione presso la Facoltà di Scienze
della Formazione dell'Università di Genova; Borsa di studio
dell'Istituto Ligure di Ricerche Economiche e Sociali; Ricercatore
e Consulente presso Istituti di Ricerca e Formazione pubblici
e privati.
"Il tentativo
di ordine, la ricerca di costanti
che sta all'origine dello sforzo di riduzione
scientifica e di riduzione politica, la ricerca
di prevedibilità e di organizzazione razionale
degli eventi umani si infrange contro la moltiplicazione
infinita ed ingovernabile dei segnali, delle derive,
delle proiezioni diverse e proliferanti."
(F. Berardi "Bifo", Mutazione e Cyberpunk, Genova, Costa&Nolan,
1993).
In questo numero di m @ g m @, la redazione ha deciso di seguire
un percorso conoscitivo sulle nuove tecnologie, sugli effetti
di queste sulla società e su quali siano i percorsi che le
scienze sociali stanno affrontando per essere allineati
in questo campo di ricerca.
In fondo questo è per noi un percorso di autoriflessione,
costituendo noi stessi una comunità virtuale, che utilizzando
le possibilità di un new media come quello di una rivista
"scientifica" in formato elettronico, ha l'obiettivo di contribuire
alla crescita della conoscenza e dell'intelligenza collettiva
sfruttando, per quelle che sono le nostre possibilità, le
opportunità della tecno-connettività.
Il presupposto è che la rete sta producendo società e che
la continua evoluzione delle tecnologie amplifica, oltre che
la complessità sociale, anche le possibilità di ricerca nell'ambito
delle scienze sociali.
Già da tempo, almeno dal punto di vista teorico, si assiste
ad un crescente dibattito sulla riorganizzazione del pensiero
e del metodo delle scienze sociali in relazione a questi mutamenti,
nel contempo si osserva un fiorire di riflessioni e di esperienze
empiriche intorno all'esigenza di conoscere e studiare la
vita generata, collegata e intorno allo sviluppo delle nuove
tecnologie.
Questo è il senso del nostro contributo collettivo, i colleghi
e gli amici che hanno partecipato alla creazione di questa
rubrica, hanno aderito all'intento di confrontarsi partendo
da livelli di analisi e di presupposti teorici molto differenti.
Vogliamo porre un particolare accento sul carattere
multidisciplinare dell'approccio di m @ g m @, sui diversi
fenomeni che via via accogliamo all'interno della nostra rivista.
Anche in questo caso, troviamo tra i contributori disparati
approcci disciplinari e livelli di analisi e a noi piace questo.
Piace perché siamo consapevoli che la rete ci offre una possibilità
proprio nella direzione dell'integrazione dei linguaggi specialistici
delle diverse discipline. In fondo quello che dobbiamo fare
tutti è uno sforzo di umiltà, tenendo sempre presente che
ogni nostro sforzo - grande o piccolo che sia - nel tentativo
di sistematizzazione deve essere sempre messo in relazione
con l'estrema complessità e frammentazione di un media-sistema-mondo
che trova proprio nella rete la sua forma rappresentativa
più compiuta e di facile accesso.
E' ovvio che il focus del nostro lavoro vuole essere quello
dell'analisi qualitativa e quindi, nello specifico, del contributo
che le metodologie qualitative possono dare alla ricerca nel
settore dei new media e nello specifico della rete.
A livello generale pensiamo che sia abbastanza
banale presupporre che lo studio dell'ambiente generato dagli
scambi informativi della rete sia particolarmente consono
all'utilizzo delle metodologie qualitative: l'utilizzo di
diversi linguaggi e codici, l'alta densità iconografica, la
multimedialità e l'elevato livello di asistematicità nei flussi
informativi sembrano prestarsi all'utilizzo dei mezzi qualitativi
per comprendere il senso soggettivo dell'oggetto della propria
osservazione.
E' evidente che la rete, nella sua natura di non luogo, congiunzione
di una grande quantità di modalità comunicative, di molti
soggetti e di diverse finalità, finisce per essere percepita
e vissuta come luogo "del possibile" dove la freddezza gelida
della tecnologia si confonde con l'intensità delle passioni.
Pensare che tutta la cultura, l'emotività, la conoscenza e
i movimenti empatici che ogni giorno si sviluppano negli ambienti
virtuali sono generati, accolti e veicolati attraverso macchinari,
cavi, connessioni e calcoli matematici fa intuire quanta difficoltà
ci sia nel prendere direzioni precise e "paradigmare" i propri
sforzi conoscitivi.
Per tutte le persone fornite di strumenti
tecnologici dotati di connettività spesso l'esistenza si snoda
su un doppio livello, quello reale e quello virtuale. Il ricercatore
sociale oggi, non può fare conto di questa doppia presenza,
come non può non essere interessato dagli interscambi dei
due piani. Un primo presupposto è che, la divisione disciplinare,
almeno all'avvio delle analisi di settore, aveva spinto ad
analizzare i fenomeni sociali che si sviluppano online e gli
effetti che portano nell'esistenza offline attraverso gli
strumenti propri delle specifiche discipline cercando di adattarle
ad un field improprio.
In altri termini chi studia, per esempio, l'individuo, il
gruppo, la comunità o la società attraverso un media è quindi
in una rappresentazione dei fenomeni sopra citati ed è pensabile
che dal punto di vista metodologico non sia pensabile l'utilizzo
di strumenti in grado di cogliere sia il dispiegarsi dei fenomeni
espressi dalle soggettività che formano l'ambiente delle reti,
sia della performazione stessa che attuata dal media che contribuisce
alla generazione e al dispiegarsi dei fenomeni; insomma quell'eccezionale
processo di convergenza tra aspetti fisici, psicologici, biologici
e tecnologici che la rete sembra avviare.
Una frontiera di ricerca è quella dell'analisi dello "stile
della rete" ovvero dell'insieme di stilemi che i contenitori
d'informazione esprimono: potremmo fare l'esempio delle chat,
(e chiedo scusa a tutti i frequentatori di questo eccezionale
strumento della rete) usando una visione semplificatoria e
riduttiva considerandolo come il sistema di comunicazione
piuttosto "semplice" dove moltitudini si riuniscono, in un
ambiente spoglio ed essenziale e si annusano, si conoscono
e usando codici comunicativi apparentemente semplici ed elementari,
tentando di soddisfare bisogni essenziali: socialità, affettività,
aggressività e molto spesso sessualità.
Ma ecco un esempio
Chat Musica di MTV
ore 11.29 - 11.30 del 25 giugno 2003
Abbiamo frizzato un qualsiasi flusso (pari a meno di
un minuto) di comunicazioni delle milioni che in quel preciso
momento si stavano sviluppando sulla rete in tutto il mondo.
Il "non luogo" è una chat, presubilmente frequentata da un
gruppo giovane ed eterogeneo, connessa a una delle principali
multinazionali del linguaggio giovanile contemporaneo MTV.
All'interno delle comunicazioni si trovano diversi codici
narrativi: Noam e Liam che simulano le leggendarie liti dei
due fratelli Gallagher del gruppo inglese degli Oasis; Billa
e Lady Vampire che si confrontano su un evento tragico come
un incidente di macchina con note piuttosto drammatiche; un
Hulk che "spacca html" e gioca con le tag di questo linguaggio;
Sibilla che vuol parlare del concerto degli Iron Maiden e
chissa cos'altro. Esaminando questo pugno di bit si intuisce
che il ricercatore che si accosta a tale field si troverebbe
costretto ad avere una serie di competenze piuttosto ampie
(e ricordo che parlo di un flusso di meno di un minuto) e
poi quelle soggettività? Lo shock di Ladyvampire, le passioni
di Sibilla che fine faranno nel nostro lavoro di semplificazione.
La rete spesso mette in qualche modo in difficoltà
i linguaggi specialistici proprio grazie ad un virtù/difetto
della comunicazione mediata, la velocità e la essenzialità,
i rapporti sociali stessi possono avere il massimo (resa possibile
dal mezzo) dell'intensità e nello stesso tempo dell'effimero
e quindi figuriamoci le difficoltà degli strumenti classici
delle scienze sociali nel riuscire a fissare-osservare i molteplici
fenomeni-farfalla generati dalla tecno-connettività.
Guardare la rete vuol dire anche guardare al mondo dell'intelligenza
diffusa, a-gerarchizzata, alle relazioni e alle creazioni
auto generate dalle possibilità della connessione, all'energia
del progetto o dell'agire collettivo, del movimento spesso
intermittente prodotto.
Il sociologo, l'antropologo, il ricercatore in
genere si muove all'interno della rete come un osservatore
partecipante, nel senso che c'è o non c'è, o è dentro agli
"eventi" o non c'è, se usa l'approccio della realtà fattuale
mai e poi mai potrà spiegare l'esperire di quella virtuale
e se osserverà partecipando non potrà che navigare e perdersi
nella deriva. Chi osserva se stesso nel rapporto con i fenomeni
che sta osservando potrà augurarsi solo, ad un certo punto,
di uscire da se stesso e di ritrovarsi soggetto nell'attivazione
di processi, se stesso generatore di informazioni e di senso,
sovvertitore e modificatore di sistemi.
Nello stesso tempo lo studioso ricercherà struttura e codifica,
cercherà percorsi e "sassolini" anche se mai e poi mai la
specializzazione scientifica potrà costruire e definire con
la precisione attesa. Questi sono probabilmente i confini
entro i quali ci dobbiamo muovere e i limiti che dobbiamo
sopportare.
Quando Massimo Canevacci nel suo contributo ci
chiede di "imparare ad ascoltare il fragore sonico emesso
da una moltitudine di soggettività" spiega molto bene quanto
sia improbabile richiedere sintesi quanto piuttosto sia necessario
affinare capacità e sensibilità per avvicinarci alle "dissonanze
delle polifonie possibili".
Ed eccoci qui ancora una volta a chiederci quale metodo o
meglio quali metodi, e ancora se gli impianti teorici e gli
outils empirici siano in grado di avviare percorso metodologici
a riguardo. Il dibattito è fitto e vivace, il mondo accademico
e della ricerca sembra comprendere che la sfida è già lanciata
e che il modello della riproduzione della cultura determinato
dalla "tecnoconnettività" si diffonde nella società nel suo
complesso, esercitando forzature e rivoluzionando tempi, linguaggi
e modalità di approccio alla società intera.
Nei contributi troviamo in fondo due estremi quello del vagare
e invaghirsi, per citare il titolo di uno dei contributi
del nostro numero (quello di Daniela Ranieri) e quello del
tentativo di definire sempre più il campo, ed attivare processi
di sistematizzazione delle filiere d'indagine e nel nostro
lavoro collettivo diamo spazio in tutti e due le direzioni.
Nel tentativo di solcare un aiuto alla lettura abbiamo suddiviso
gli interventi della nostra rubrica tematica in tre filoni,
che pur non essendo esclusivi, delineano i tre campi si approfondimento.
Il primo percorso è quello relativo alle riflessioni sul metodo
e l'approccio da adottare nella ricerca sul web: Massimo Canevacci,
Flaviano De Luca, Marco Razzi e Isabella Baroni.
Massimo Canevacci ci conduce magistralmente in una interessante riflessione sulle trasformazioni delle esigenze metodologiche nel rapportarsi con la rete "Iniziare ad elaborare pluri-metodologie etnografiche sul web e attraverso il web" e portando avanti le, oramai, consolidate impostazioni teoriche post-dualistiche dell'Avatar auspica criteri che siano in grado di cogliere la non linearità dell'ambiente ipertestuale, "la ricerca sul web sperimenta un morphing linguistico-iconico attraverso il quale si esprimono le trame multisequenziali della rappresentazione." E quindi "il metodo si adegua (si morphizza) al suo oggetto. Dal mix al morphing questo è il percorso indicato da Massimo ed è chiaro, evidente e ben spiegato, non può essere che quello della ricerca antropologica sulla comunicazione per arrivare a definire quel multiindividuo performer attivo della comunicazione randomizzata.
Flavio De Giovanni, nel suo strutturato intervento, riprende i presupposti teorici e metodologici visti in precedenza nel tentativo di attuare una "etnografia critica del digitale" a propensione olistica, a-dialettica nei confronti del reale verso una "forma liberata della percezione (…) una trasfigurazione nello scarto della dialettica verso l'alterità della superficie percettiva nell'esperienza dissonante". Flavio ci chiede e si chiede di ricercare, nel suo appello ad una etnografia critica del digitale, riprendendo la lezione di Benjamin, approcci "liberati". Liberati dalle ossessioni della riproduzione e della simulazione referenziali al reale alla ricerca di un "soggetto" altro. In questo senso "l'etnografia diventa critica, cioè attiva nella ricerca della non-identità trasfigurata delle istanze dei linguaggi del digitale", rinunciando alla dialettica - limitativa e riduttiva del rapporto col reale - ma esperienze liquide che scivolano sulla superficie alterata di questi dualismi dialettici. Connettività piuttosto che localizzazione, costellazioni di senso piuttosto che tassonomie.
Diverso approccio è quello adottato da Marco Razzi che invece inquadra la ricerca documentaria in rete all'interno dei processi più classici delle fasi della ricerca sociale e si concentra soprattutto sul problema dell'attendibilità delle fonti internettiche. Il contributo s'interroga sul rapporto tra ricercatori e le outils attualmente disponibili per effettuare le ricerche in internet, a partire dai sistemi di indicizzazione prescelti, sulla qualità delle informazioni presenti sui siti. Il valore aggiunto del contributo di Marco deriva senz'altro dalla messa in sistema dei risultati di una serie di tesine date ai suoi studenti del corso di Teoria dell'Informazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Genova. Le tesine praticamente simulano un allineamento allo schema tradizionale delle fasi della ricerca con adeguamenti funzionali al tipo di indagine svolta. L'autore, attraverso il lavoro svolto, verifica le difficoltà di adeguamento degli approcci, diciamo così, tradizionali all'ambiente virtuale ma nello stesso tempo ci mostra interessanti sistemi di verifica dell'attendibilità delle informazioni.
Chiudiamo la prima sezione della rubrica con l'intervento
di Isabella Baroni che ci illustra gli sviluppi di
un esempio di applicazione operativa delle scienze sociali
applicate all'interno del web system. Isabella lavora e sviluppa
sistemi di interfacciamento tra macchina e utente tesa a migliorare
l'usability. Il suo contributo ci sembra oltremodo interessante
proprio nell'ambito della possibilità di comprendere un esempio
di ricerca fatta all'interno della rete per lo sviluppo della
stessa, con riferimenti nell'ambito della psicologia cognitivo-semiotica.
Isabella evidenzia come il concetto di trasparenza richiama
alla capacità di comprendere in "profondità" la superficie
degli ambienti virtuali, non capire come funziona una cosa
ma capire nel modo migliore come si usa. Dal punto di vista
più strettamente metodologico la sua indicazione è molto chiara
e offre molte suggestioni dal punto di vista dell'approccio
qualitativo. "Non è possibile individuare una soluzione unica
per tutti, l'ambiente è troppo complesso e differenziato per
usare concetti quali quello di utente medio. (…) I limiti
attuali della progettazione non è solo tecnologica, quanto
metodologica e concettuale."
La seconda sezione della rubrica è dedicata ad esperienze
empiriche avviate sulla realtà del web dove troviamo gli
interventi di Alessandra Guigoni, Luca Simeone, Daniela Ranieri
e Luisa Stagi.
Una ricerca antropologica, o meglio un'agenda per ricerche future, è il contributo della nostra Alessandra Guigoni. Gli oggetti compresi nell'agenda sono le comunità virtuali, la pratica sociale del Bookcrossing (la pratica di scambio di libri tra affiliati - ma non solo - alla comunità dei bookcrosser), la relazione di tale pratica col dono ed infine gli utilizzi strategici degli spazi reali e virtuali." L'agenda è ricca e affascinante si tratta di tracciare un percorso di ricerca etnografica della vita di una comunità tra off e online che integra mirabilmente elementi pre e post moderni della società, rimarcando la debolezza delle comunità sorte dal dispiegarsi della comunicazione mediata dal computer, nel momento in cui non trovano di "riappropriazione di spazi, oggetti e relazioni sociali del mondo offline". E' proprio l'integrazione tra vita online e mundus uno dei principali interessi del lavoro di Alessandra aprendo non poche questioni teoriche all'interno di un campo di ricerca empirica. "Possiamo pensare alla comunità virtuale dei bookcrosser come ad un tentativo di ricostruire o recuperare forme di socialità primaria, attraverso lo scambio di doni, un modo "classico" di costruire network comunitari".
Altro approccio empirico è quello di Luca Simeone che ci espone l'utilizzo di pratiche innovative di interaction design come strumento di ricerca antropologica. Ci porta l'esempio del Crossing Project di Ranjit Makkuni, un interaction design indiano che crea prototipi di media digitali che coniugano tecnologia e riscoperta delle tradizioni culturali locali. L'intervento assume particolare interesse in quanto si incentra sul tema della creazione di interfacce digitali sempre meno etnocentriche e più in chiave glocal "in simbiosi con le esigenze di specifici gruppi etnici". Il percorso di lavoro di Makkuni è l'occasione per verificare le modalità per cui "il processo di design è lo strumento e l'occasione per intessere trame dialogiche tra configurazioni culturali etnograficamente distanti". Con interessanti sviluppi sul versante delle ricerche qualitative partendo dal presupposto che "Il dialogo continuo che si intesse tra designer e utenti durante tutte le fasi dell'emergent design costituisce la trama e il canovaccio dell'incontro etnografico tra mondi culturali radicalmente diversi".
L'esperienza che ci descrive Daniela Ranieri è quella del vagare e invaghirsi nelle derive magmatiche del web e dell'esperienza della passione e della seduzione nella dimensione della mancanza di possesso. Daniela riesce a rendere molto bene la propria "esperienza della visione" attraverso un percorso condotto nelle forme estreme del lusso e dell'estetica rintracciabili sul web (il sito della casa Dior), un'analisi sulla seduzione della seduzione "Tu sei Re Mida che non può mangiare, né bere, né respirare che oro". Daniela riguardo al metodo afferma "credo che intraprendere un'etnografia in grado di superare l'impianto univoco dell'osservazione, che contemporaneamente sappia confrontarsi con forme di scrittura 'altre' mantenendo uno sguardo critico sulla propria e generando incroci tra gli ambiti diversi della comunicazione, della letteratura, del desiderio e della cultura visuale e tecnologica, sia l'unico motivo per cui valga la pena continuare la nostra ricerca. La seguente immersione vaga verso questo senso ...".
Luisa Stagi, a cui la redazione di m @ g
m @ fa i suoi più appassionati complimenti per la recente
nomina a ricercatore, incentra il suo contributo sulla trasposizione
in forma elettronica di uno dei più classici metodi di ricerca
qualitativa delle scienze sociali quello del focus group.
Nel contributo, oltre che condurre una attenta ed esaustiva
analisi della storia e delle tipologie di questa innovativa
metodologia di ricerca, si tenta di comprendere se l'uso di
internet per condurre focus group può essere una possibile
via di applicazione nella ricerca sociale. Anticipiamo qui
alcuni dei limiti individuati da Luisa nella sua analisi.
"Il frame che si crea nel focus group in compresenza
fisica, è un fattore non solo importante ma determinante nell'interazione
tra i partecipanti; il linguaggio non verbale è difficilmente
riproducibile attraverso l'utilizzo delle cosiddette "emoticon"."
La rubrica chiude, infine con due interventi dedicati alla
formazione a distanza considerandolo quale campo di
approfondimento e applicativo di particolare interesse, troviamo
in questa sezione il contributo di Barbara Fiorentini
e l'intervista con Christian Bois realizzata da Orazio
Maria Valastro.
Barbara Fiorentini condivide nel suo intervento un'attenta e approfondita disamina della formazione a distanza (FAD) in Italia. Barbara intende la FAD come "tutti gli ambienti educativi in cui i momenti dell'insegnamento e dell'apprendimento sono spazialmente e/o temporalmente separati ed in cui il processo formativo prevede servizi di supporto all'apprendimento". Nel contributo, oltre a delineare le linee evolutive della Formazione a Distanza nel nostro paese (con indicazioni su evoluzione storica - dai corsi per corrispondenza alle più recenti strutture di videoconferenza satellitare - piattaforme tecnologiche usate, figure professionali previste e le ultime frontiere dell' e-learning in Italia e all'estero) viene fornita un'aggiornata e attenta webliografia ragionata e ricca di informazioni sulle progettate e realizzate proposte formative online delle Università italiane. Il lavoro di Barbara è una vera e propria miniera di informazioni per accedere al mondo della formazione a distanza.
Il numero si chiude con un intervista del nostro
direttore Orazio Maria Valastro a Christian Bois,
su un esperienza di ricerca azione sull'apprendimento collaborativo
in linea. L'intervista verte sull'esperienza di studio del
ricercatore francese sulle dinamiche di una comunità di ricerca
e di pratiche di apprendimento collaborativo online. Grazie
allo strumento dell'intervista riusciamo a cogliere molti
degli aspetti di approfondimento dei vantaggi e degli svantaggi
dell'applicazione di forme di apprendimento di questo tipo
e analizzando in modo particolare il contributo e il ruolo
di chi apprende nella crescita complessiva del progetto formativo.
Quindi la comunità di apprendimento come organizzazione orizzontale
e democratica di "ricercatori" che verte sull'abilità di mettere
in rete "le capacità metaforiche del gruppo" di trovare delle
soluzioni in comune, mettendo in risalto anche il ruolo del
facilitatore dell'attività.
Questo è tutto quello che troverete all'interno di questo
numero di m @ g m @, poco o troppo che sia è quello che siamo
riusciti a fare sul tema. Dimenticavo, troverete anche una
bibliografia tematica che ci sentiamo di consigliare
a chi si approccia al tema, dove non troverete il riferimento
al libro dal quale ho tratto l'unica citazione che ho utilizzato
all'inizio dell'editoriale e del quale consigliamo la lettura.
Un libro che a 10 anni dalla sua pubblicazione rimane, a mio
parere tra le interpretazioni più lucide e avanzate sul tema.
(F. Berardi "Bifo", Mutazione e Cyberpunk, Genova, Costa&Nolan,
1993).
Infine (e stavolta davvero) troverete la recensione di un
volume "Net sociology. Interazioni tra scienze sociali
e Internet" che troviamo molto vicino agli obiettivi del
nostro lavoro.
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