Approccio dal basso e interculturalità narrativa
Orazio Maria Valastro (a cura di)
M@gm@ vol.1 n.2 Aprile-Giugno 2003
IMMAGINI D'IMMIGRATI
Massimiliano Di Massa
maxdimassa@katamail.com
Sociologo;
Laureato presso la facoltà di Scienze Politiche all'Università degli
Studi di Genova; Cultore per alcuni anni alla cattedra di Sociologia
dell'Educazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università
di Genova; Borsa di studio dell'Istituto Ligure di Ricerche Economiche
e Sociali; Ricercatore e Consulente presso Istituti di Ricerca e Formazione
pubblici e privati.
Tra
discorso comune e discorso specialistico: i meccanismi di
riproduzione del pregiudizio attraverso un'indagine sui quotidiani
locali
Il presente articolo prende spunto da un lavoro di ricerca
svolto a cavallo tra anni 80 e 90 nell'ambito di un più ampia
indagine dal titolo "Stranieri in Liguria" [1].
L'oggetto del lavoro era di indagare l'area della percezione
sociale e degli atteggiamenti che i residenti autoctoni hanno
nei confronti degli stranieri attraverso una ricognizione
dell'immagine degli stranieri letta sulla stampa genovese.
Gli ultimi anni hanno visto fiorire molte esperienze di analisi
empirica nel campo considerato, quella svolta dalla nostra
èquipe di ricerca era una delle prime di questo tipo nel nostro
paese [2],
ed era tesa a colmare un vuoto di elaborazione su un'area
tematica di difficile comprensione anche rispetto ad altri
paesi europei. In questa analisi si è voluto verificare in
che misura la stampa si configura come fonte e canale di pregiudizio
e, nello stesso tempo, come alcuni stereotipi diffusi nell'opinione
pubblica si riproducano sulla stampa, creando in questo modo
un circolo perverso di "pregiudizio-informazione-pregiudizio".
L'aspetto più preoccupante della circolarità "perversa" del
processo è data dal fatto che, per molto tempo, per molti
cittadini l'unico approccio al problema dell'immigrazione
è costituito per l'appunto dall'informazione attraverso i
media e in questo sottile equilibrio tra produzione di informazione
e produzione di pregiudizio si continuano a costruire immagini
ben delineate degli stranieri immigrati. E' importante sottolineare
come gli "effetti perversi" della produzione di informazione
attraverso i media non siano dovuti esclusivamente ad orientamenti
ideologici intenzionali ne siano imputabili in maniera definita
ed univoca ad orientamenti preconcetti dei singoli giornalisti:
è la "norma-apparato" del giornale a generare inevitabilmente
delle conseguenze di stereotipizzazione e di routinizzazione
del reale, per garantire la standardizzazione dei prodotti
informativi così da assicurare una loro vantaggiosa collocazione
sul mercato dei simboli e dell'immaginario [3].
L'eccezionalità, l'abnormità del reale vince - per le leggi
di mercato - sulla normalità delle diverse dimensioni quotidiane.
Per il noto paradosso dei media, le notizie di cronaca nera
attraggono di più delle notizie di cronaca bianca e questo
tragico paradosso si riscontra pienamente nei risultati della
mia indagine diretta sulla stampa quotidiana genovese.
Pregiudizio e razzismo
A livello generale la genesi del discorso razzista, e non
di meno il ritorno di forme di "movimentazione su temi legati
al razzismo" riporta sempre più l'attenzione al pericolo di
forme di conflitto, che si nasconde dietro il comodo paravento
della questione razziale e più in particolare di quella etnica.
Tra il 1990 e il 1995 sono stati rilevati in Italia molti
movimenti a livello locale che devono la loro genesi ad atteggiamenti
di questo tipo e, ovviamente, questa "marea ideologica" segnata
da intolleranze, mobilitazioni e infine appropriazione da
parte di soggetti politici. Capire quanta parte questo fenomeno
abbia avuto nello spostamento a società italiana verso i partiti
della destra, rappresentanti delle opzioni più dure verso
gli stranieri, se non qualche volta esplicitamente xenofobe,
è altrettanto comprensibile, cosa non è ancora chiaro e quali
potranno essere gli effetti nel lungo periodo che il momento
politico attuale, di evidente rilasciamento nei confronti
del pericolo pregiudiziale. Il fenomeno oggi assume i contorni
di una vera e propria "questione etnica" che deve essere analizzata
e inserita nel più complessivo processo sociale ed economico
della globalizzazione e dei processi di cambiamento legati
al rapporto tra i sistemi sociali e la dimensione spazio-tempo.
Le migrazioni in questo quadro sono un fatto strutturale della
globalizzazione [4].
Ovviamente tale rappresentazione si collega a molteplici e
più radicati modelli di valutazione e di atteggiamento. In
particolare si tende a far convergere i sentimenti di ostilità
su fatti apparentemente obiettivi al fine di trovare più facilmente
giustificazione e consenso che non rispetto ad altre categorie
"ideologiche" di pregiudizio.
Nei comportamenti sociali diffusi, e interrelati allo specifico
del periodo della rilevazione, si notarono due aspetti che
risultano interessanti ai fini della nostra analisi: per la
prima volta l'ascesa del tema immigrazione ai primi posti
della classifica nell' "agenda del discorso comune" e la prevalenza
di modalità di approccio di trattazione del problema che oscillano
tra due i poli estremi del pregiudizio, da un lato, e dell'atteggiamento
pietistico, dall'altro. Dall'atteggiamento pregiudiziale e
il comportamento razzistico, purtroppo la storia ci ha insegnato
quanto sia labile il confine, e le scienze sociali, anche
in Italia, hanno contribuito, soprattutto nell'ultimo decennio
a studiare e definire esattamente questo "fatto sociale totale"
[5].
Secondo l'antropologo Albert Memmi "il razzismo è una deficienza
nella relazione con gli altri" [6]
che può provocare sentimenti e pratiche di paura, ostilità
e aggressione. "Il razzismo - precisa l'autore - non sta nella
constatazione di una differenza ma nella sua utilizzazione
contro qualcuno" e le forme di esclusione e di stigmatizzazione
delle molteplici differenze - ad eccezione di quelle su base
biologica - paiono richiamare il concetto più esteso di eterofobia,
"che significa, in senso lato, fobia dell'altro". E' questa
fobia che si trasforma in rifiuto e porta alla aggressività.
Nell'ipotesi di Albert Memmi tale aggressività è alla radice
di molti "pretesti", sul piano dei modelli valoriali, e di
molti "alibi", sul piano delle condotte operative. Secondo
Colasanti si possono individuare due tipi di teorie sulla
spiegazione del pregiudizio e della discriminazione. Le prime,
definite "materialiste", sostengono che il razzismo "è causato
dalla composizione tra gruppi etnici per risorse scarse ed
è una forma di sfruttamento del capitalismo" [7]
e si sono sviluppate prevalentemente in Europa [8]
Le seconde, definite "culturali", sostengono che alla base
del razzismo e della discriminazione vi è appunto il pregiudizio
di ordine culturale e si sono affermate soprattutto negli
Stati Uniti.
Riprendendo alcuni degli approcci teorici più significativi
dei due filoni, mentre, per Castles e Kosacks [9]
la funzione primaria del pregiudizio è quella di controllare
i lavoratori stranieri e di legittimare lo sfruttamento del
loro lavoro, per Miles e Phizacklea [10]
- che hanno studiato la situazione inglese - i gruppi etnici
nella società capitalistica possono sì identificarsi in frazioni
di classe, ma l'ostilità nei loro confronti è sostenuta da
processi ideologici che sono parzialmente indipendenti dalle
cause e condizioni materiali. Quindi il razzismo, per usare
l'espressione di Miles "to the extent that it is an ideological
phenomenon is culture based" [11].
Per molti aspetti la rappresentazione e la manifestazione
razzista possono identificarsi con il rito così come analizzato
nel secolo Durkheim. "Il rito - affermava Durkheim - agisce
attraverso le forze collettive che mette in gioco come reazione
ad una minaccia appena accaduta o imminente, una disgrazia
che incombe sulla collettività e l'individuo esistenzialmente
(...) In seguito ad un lutto un'impressione di inquietudine
e di angoscia domina il gruppo riunito la comunicazione di
questi sentimenti ha, come sempre, l'effetto di intensificarli.
Affermandosi, essi si esaltano, si accendono e raggiungono
un grado di violenza corrispondente" [12].
Sono molti gli studi che hanno evidenziato la rilevanza del
tema del pregiudizio rispetto a qualsivoglia forma o comportamento
razziale. Nella letteratura americana degli anni quaranta
e cinquanta [13]
"il pregiudizio figura come la "malombra" della mente umana
razionale; un fenomeno, quindi, la cui natura essenzialmente
psicologica prevale sulle dimensioni culturali e storiche.
Sulla scena della conflittualità sociale la cultura del pregiudizio
ha prodotto soprattutto logiche di discriminazione, ponendo
in luce gli attori collettivi piuttosto che gli attori individuali
nelle dinamiche di contrapposizione e di lotta.
Perché una ricerca sul pregiudizio
Nostro scopo era quello di individuare uno schema logico del
processo di riproduzione del pregiudizio nella società, avvalendoci
principalmente dello schema interpretativo utilizzato da Teun
A. van Dijk, nel corso di un ampio progetto di ricerca che,
basandosi su un approccio socio-cognitivo, va ad indagare
essenzialmente i modi in cui il pregiudizio si trasmette all'interno
della società. In primo luogo, a livello macrostrutturale,
l'autore ipotizza che il processo di riproduzione del razzismo
nella società interessi sia i rapporti tra i gruppi sia quelli
tra le classi. Quindi "il discorso e la comunicazione costituiscono
modi di vitale importanza per la riproduzione sociale del
razzismo bianco... sia a livello informale e interpersonale
che a livello istituzionale" [14].
Van Dijk concentra l'attenzione sul tentativo di studiare
"le cognizioni sociali, ovvero le cognizioni dei membri di
un gruppo o sui gruppi che vengono (ri)prodotti nei contesti
e nelle strutture della società" [15].
L'analisi, con i presupposti sopra menzionati, si snoda essenzialmente
su tre livelli fondamentali: la comunicazione interpersonale
("la conversazione"); la comunicazione istituzionale (ovvero
quella del discorso ufficiale che si identifica con i dibattiti
parlamentari e i processi legislativi, le leggi, i regolamenti,
le disposizioni degli uffici pubblici, etc.); la comunicazione
attraverso i media. I mezzi di comunicazione di massa "rivestono
un ruolo particolare nella comunicazione tra questi diversi
gruppi e istituzioni di élite e sono di importanza fondamentale
per la trasmissione di ideologie e pregiudizi etnici o razziali
nella opinione pubblica in generale" nella quale si dà rilevanza
a connotazioni per lo più negative delle minoranze in una
funzione autoconservativa degli equilibri sociali esistenti.
Tali caratteri sono insiti in un più generale gruppo di ideologie
funzionali alla riproduzione del potere e delle condizioni
favorevoli alla salvaguardia degli interessi, dei privilegi
e degli obiettivi del gruppo egemone.
"Questa separazione cognitiva tra "noi" e "loro" - rileva
van Dijk - implica una valutazione in termini di persone "superiori"
e "inferiori". In tal modo si determina la struttura sottesa
al processo che conduce alle tante pratiche istituzionali
e quotidiane di effettiva separazione. I pregiudizi e le loro
basi ideologiche sono assai funzionali e non rappresentano
solo le reazioni "irrazionali" di (alcuni) individui "bigotti"
[16].
Dai risultati complessivi della sua analisi van Dijk ricava
la seguente conclusione: "benché l'ideologia razzista sia
pre-formulata dai diversi gruppi élitari e ampiamente diffusa
dai media e da altre forme di discorso pubblico, tutto questo
non deriva da azione concertata. Accade piuttosto che la versatilità
strategica che assume nelle forme, nei contenuti e nelle funzioni,
favorisca la maggior parte dei gruppi (bianchi) della società,
soprattutto della élite. L'ideologia si può (ri)produrre in
gran parte semplicemente astenendosi dall'agire, ad esempio,
lasciando che si sviluppino pregiudizi e che questi compiano
autonomamente la loro funzione (...). Perciò ogni segmento
del gruppo bianco può dare il proprio specifico e coerente
contributo al quadro complessivo" [17].
Soprattutto, dell'autore olandese, è prezioso il suggerimento
di analizzare i meccanismi di riproduzione dei pregiudizi
nella duplice prospettiva "micro" e "macro" strutturale.
Il ruolo dell'informazione nei meccanismi di riproduzione
del pregiudizio
Volendo riferirci in maniera più particolare al caso italiano,
bisogna sottolineare innanzitutto l'influenza diretta che
hanno avuto i media sulla "visibilità" del fenomeno nella
nostra società. Laura Balbo, in un suo contributo sul tema
del razzismo, osservava: "abbiamo alle nostre spalle, decenni
vuoti di elaborazione culturale e di esperienze quotidiane
sulle "questioni" di razzismo (...), l'arco di tempo in cui
su queste questioni si è sviluppata una tematizzazione esplicita
e assai breve: si colloca tra la seconda parte del 1988 e
il 1989. E questa tematizzazione ci indica l'elaborazione
di osservazioni al 'discorso pubblico, cioè alle sedi (essenzialmente
i media e gli interventi politici o comunque pubblici, in
tutti i casi trasmessi, ripresi, enfatizzati, distorti dai
mezzi d'informazione) di cui si conoscono posizioni e modalità
comunicative" [18].
Tali riflessioni pongono in rilievo come la tematizzazione
si configuri quale condizione essenziale e propedeutica per
la presa di coscienza di un problema da parte della collettività.
Naturalmente il processo di tematizzazione del problema immigrazione
all'interno dei media deve essere collocato nel contesto complessivo
del processo di costruzione della notizia. Carlo Marletti,
in un suo contributo sul rapporto tra media e razzismo in
Italia, concentrava la propria attenzione sul ruolo che i
media hanno nel determinare l'attenzione verso il tema del
razzismo e nell'accrescerne la visibilità e osserva: "i media
concentrano in maniera molto variabile l'attenzione del pubblico,
su questo o quel problema, indipendentemente dalla sua urgenza
reale e dalle effettive condizioni del suo superamento, in
base ad eventi per lo più accidentali, i media fanno esplodere
l'interesse di una collettività su taluni problemi, drammatizzandoli
per un breve periodo e creando intorno ad essi attese ed inquietudini
di vari gruppi sociali, per poi lasciarli cadere in stato
di latenza, inseguendo altri problemi, e così via, secondo
un ciclo in genere perverso di drammatizzazione e di elusione"
[19].
Il ciclo si articola in genere su tre fasi, non necessariamente
sequenziali. Una, detta di "latenza", coincide con la formazione
del tema stesso; la seconda fase è definita come "fase di
emergenza" e si verifica quando il tema si impone ai media
ed al pubblico in seguito ad eventi di particolare rilievo
o all'insorgere di crisi sociali o politiche. Si può individuare
infine la terza fase, "fase autoreferenziale", nella quale
il tema acquista una relativa indipendenza rispetto alla fase
precedente, anzi la sua trattazione e "coverage" dipendono
invece da dinamiche interne ai media ed agli ambienti giornalistici
- come le routines che si sviluppano nelle redazioni o le
forme più o meno accentuate di concorrenza sul mercato editoriale
- oppure dipende dalle interazioni fra media e politica dall'intervento
di agenzie di vario tipo interessate a campagne stampa e/o
alla tematizzazione di un problema e al suo inserimento prioritario
nell'agenda governativa o legislativa" [20].
Ed è proprio la collocazione di ogni singolo evento o di una
serie di eventi, in una di queste fasi che determina il grado
di risonanza degli stessi.
La metodologia e le tecniche utilizzate
Le ipotesi teoriche sulla costruzione dell'immagine dell'immigrato
attraverso i media, richiamate nelle pagine precedenti, sono
state verificate, nel corso del presente lavoro, attraverso
un'analisi empirica su una vasta campionatura di quotidiani
genovesi anche al fine di individuare la presenza di eventuali
tratti connotativi peculiari che delineino la figura sociale
dell'immigrato nel contesto locale. Più precisamente l'indagine
è stata effettuata prendendo in esame un arco temporale significativo:
l'intero anno 1989. Sono state così prese in esame le annate
dei quotidiani "Il Secolo XIX", "Il Lavoro" e "Il Corriere
Mercantile" per un totale di 987 quotidiani consultati [21].
La rilevazione dei dati è avvenuta utilizzando una scheda,
articolata su varie sezioni, nella quale si è tentato di evidenziare
alcune caratteristiche per ogni articolo, in modo da rendere
possibile un'omogeneizzazione di dati, di per sé gestibili
in modo parziale. Innanzitutto, passaggio necessario è stata
l'estrapolazione di una serie di dati relativi alla collocazione
temporale e spaziale degli articoli. Inoltre, si è tentato
di fare una classificazione secondo il tipo di articolo rintracciato
nel corso della ricerca [22].
Viene effettuata un'altra distinzione degli articoli, ovvero
quella degli argomenti trattati. Per questa classificazione
ci siamo avvalsi modalità di classificazione già fortemente
collaudata. Il lavoro in questione riguarda una indagine condotta
da Teun van Dijk sulla stampa olandese, in due diversi periodi.
La ricerca si snoda in vari livelli di analisi concentrandosi
nell'individuare la copertura di argomenti trattati dalla
stampa circa i problemi etnici individuando in proposito una
tipologia di 16 soggetti di trattazione dei problemi legati
agli stranieri [23].
Un'altra modalità di classificazione degli articoli è quella
tesa ad individuare quali siano gli attori delle minoranze
citate secondo la nazionalità. Nel nostro caso si è costruita
una tipologia che individua direttamente le nazionalità con
maggiori presenze sulla nostra città [24].
Un'altra modalità d'indagine vengono date indicazioni circa
"occhiello", "titolo" e "catenaccio" degli articoli in questione.
Innanzitutto è necessario rimarcare quale funzione fondamentale
vadano a ricoprire i titoli nell'ambito dell'esposizione di
un articolo. Per dirla con lo stesso Teun van Dijk la principale
funzione dei titoli è semantica e cognitiva:"i titoli sintetizzano
ciò che il giornalista considera la più importante o interessante
informazione di un articolo. Ciò significa che i titoli esprimono
il top della macro-struttura semantica, qualunque sia il tema
o argomento trattato nell'articolo" [25]
e questa affermazione è centrale nella nostra ricerca per
comprendere il rapporto più immediato tra giornale e lettore.
Alcuni risultati
Rispetto alla trattazione del tema prescelto in relazione
dell'evoluzione nel tempo - si delineava una copertura relativamente
bassa nei primi mesi dell'anno, con un'impennata nei mesi
estivi ed una successiva stabilizzazione ad un livello relativamente
più alto negli ultimi mesi dell'anno. Questo trend può essere
interpretato alla luce di un approccio che ha considerato
il problema degli immigrati e dell'immigrazione prevalentemente
come un fenomeno di "emergenza" in relazione al ciclo della
"tematizzazione" appunto. Nel nostro caso, ad esempio, abbiamo
registrato che si è evidenziata una punta di copertura elevata
nel mese di febbraio da parte della stampa genovese. Quest'impennata
si è creata a seguito del verificarsi di particolari avvenimenti,
annotati dalla cronaca cittadina: un omicidio di un'anziana
donna a Sestri Ponente, da parte di un cittadino del Marocco
residente nella nostra città, e la progressiva ascesa agli
onori della cronaca di un caseggiato del centro storico occupato
da inquilini abusivi, in prevalenza immigrati extracomunitari.
Una notazione di rilievo è legata al fatto che le modalità
della crescita d'attenzione sui problemi dell'immigrazione
hanno assunto strumentalmente i due distinti episodi e, per
ben due testate, questi sono stati occasione per l'avvio di
due differenti inchieste. "Il Secolo XIX", a seguito dei fatti
di Via Mascherona, avviò un'inchiesta dal titolo "Centro Storico:
tra ghetto e speculazione" che, a partire dalla presa di considerazione
di uno stato di disagio generale degli abitanti del Centro
Storico, ha poi ben presto tralasciato il tema "immigrati"
per tratteggiare una panoramica degli innumerevoli mali del
centro genovese. Invece "Il Lavoro" promosse una sua inchiesta,
proprio a partire dall'evento delittuoso di Sestri Ponente,
svolta in modo tale da non favorire molto l'approccio a questo
delicato problema da parte di un pubblico che incominciava
a richiedere informazioni più puntuali. Nel frattempo, tuttavia,
il tema sale fra le priorità dell'agenda degli eventi "notiziabili".
Ci sembra indicativo, fra i diversi articoli analizzati, richiamare
il titolo a piena pagina, comparso su "Il Lavoro" del 4 febbraio
1989, che recitava: "Preso: è un marocchino". Il tono era
subito mitigato con un articolo di commento sottostante, dal
titolo: "Cittadini come noi". Viene così posta in luce immediatamente
la contraddizione - propria dei media - tra fini etici d'informazione
e obiettivi economici di vendita; quindi tra l'uso sensazionale
dell'evento con titolo principale, dotato di maggiore potenziale
di ridondanza, e la necessità di mitigare il messaggio con
articoli di contorno di invito alla comprensione e alla tolleranza.
In ogni caso il ritorno alla stabilità della copertura quotidiana
degli articoli sugli stranieri conferma il quadro ciclico
delineato da Marletti nella "fase autoreferenziale". La trattazione
del tema, dal febbraio al luglio 1989, si attesta su valori
che possiamo definire medi per subire, da luglio a settembre,
un'ulteriore impennata. Si entra nuovamente nella "fase dell'emergenza":
un insieme di eventi si susseguono e trovano sempre maggiore
spazio sulle testate genovesi.
Tutto ciò sembra coincidere con un allargamento "spontaneo"
degli spazi dei giornali nel periodo estivo, dovuto alla caduta
dei molti impegni relativi all'agenda setting. Quest'apertura
di spazi, indotta dal rallentamento della scadenza dell'agenda
giornalistica, coincide in qualche maniera, ad una copertura
nettamente maggiore dei fatti relativi alle condizioni e alla
vita degli immigrati nella nostra città. L'apice dell'interesse
dei media viene raggiunto nella prima decade d'agosto, con
una di quelle notizie considerabili 'notizie-bomba'." E dalla
casbah un sussurro: lebbra", questo un titolo apparso su uno
dei nostri quotidiani. Il sussurro si è ben presto amplificato
in misura esponenziale, fino a diventare l'oggetto privilegiato
di discussione nell'agosto sonnecchiante e festivo della città.
Il caso, naturalmente, è stato affrontato con l'avvio di una
sorta d'inchiesta sulle condizioni degli immigrati, con una
trattazione relativamente approfondita e completa dei problemi
legati all'immigrazione nell'ambiente urbano. Ma quell' "ouverture",
ancora una volta proprio per i caratteri di estrema notiziabilità,
è stata quella che ha permeato il "clima" del discorso nel
suo complesso. E' interessante tuttavia osservare come questo
modo di affrontare, in maniera forse un po' brutale, il problema
ha provocato effetti anche a livello politico. L' "invisibilità"
degli immigrati diventa sempre meno tale e la scoperta accentua
la prospettiva di "emergenza" nell'approccio al problema.
Il "caso lebbra", è stato frutto di uno scoop ad opera di
un quotidiano, "Il Secolo XIX", ma proprio l'aumento della
"fame" di notizie su questi problemi ha prodotto una maggiore
copertura complessiva, facendo nascere inchieste parallele,
con una vera e propria costruzione di "casi".
Ha inizio una sorta di competizione fra i quotidiani nella
costruzione di notizie sugli immigrati: se "Il Secolo XIX"
fa lo scoop sulla lebbra, "Il Lavoro" cerca di attirare l'attenzione
dell'opinione pubblica attraverso fatti di cronaca nera. Risse
e accoltellamenti tra stranieri, in particolare nord-africani,
trovano in questo periodo uno spazio notevole sulla stampa.
In particolare, un evento delittuoso avvenuto nel Centro Storico
(in vico Cinque Lampade) diventa un punto d'appoggio per la
trattazione a livello più generale di tutto il problema dell'immigrazione.
In questo contesto ambientale locale si viene a inserire un
nuovo tragico episodio, a livello nazionale, che farà compiere
un ulteriore salto di qualità alla tematizzazione dei problemi
da noi presi in esame. Il 24 agosto 1989 a Villa Literno,
un profugo politico sud-africano viene ucciso nel capannone
agricolo dove dormiva insieme ad altri compagni, nel corso
di una rapina effettuata da una banda di ragazzi, già conosciuta
per precedenti analoghi. L' "emergenza" così diventa nazionale.
L'evento, per caratteristiche determinate da fattori nuovi,
lo status di profugo politico della vittima, le caratteristiche
del luogo dove si verifica l'evento, un ambiente segnato da
forti tensioni razziali anche a livello istituzionale locale
[26]
diventa un caso nazionale e innescò un processo in cui i problemi
dell'immigrazione, delle relazioni razziali, del pericolo
di episodi di razzismo. Ci sembra quindi utile richiamare
ancora alcune osservazioni sul concetto di emergenza. Marco
Lombardi [27],
in un suo articolo sulla gestione dell'informazione nelle
emergenze di massa, definisce l'emergenza come quel fenomeno
che, all'interno di un sistema sociale, si configura "come
un insieme di domande in crescita parossistica; tale curva
di incremento repentino si appiattisce nel ritornare ai processi
della normalità, in funzione della risposta adattiva prodotta
e la risposta adattiva avviene, in parte, anche dai media.
Il rapporto tra messaggio dei media e normalizzazione è bilaterale,
finendo per assumere i caratteri della "catastrofe informativa".
Per "catastrofe informativa" si può intendere l' "evento che
abbia in sé le caratteristiche dell'emergenza (crisi del sistema,
possibilità di intervento strategico sui processi del mutamento,
ipersensibilità informazionale, indeterminazione cognitiva,
etc.) e che trovi nei media non solo gli strumenti divulgatori,
ma soprattutto gli input determinanti ampiamente la percezione
e la definizione dell'evento stesso" [28].
Tornando alla nostra analisi, ci sembra che tali dinamiche
di emergenza si siano verificate anche nel processo di produzione
delle notizie da parte dei quotidiani genovesi sui problemi
degli immigrati. Anche sull'onda dei fatti di Villa Literno,
la nostra indagine sulla stampa locale metteva in rilievo
come, proprio tra l'agosto e il settembre 1989, si arrivi
al culmine della cosiddetta "catastrofe informativa". Marletti,
rispetto a queste problematiche, afferma: "E' il coverage
dei media che fa compiere un salto, nel bene e nel male, dalla
percezione individuale segmentata alla percezione generalizzata
e collettiva del fenomeno, aprendo la strada alla circolazione
allargata di stereotipi e favorendo il formarsi di tipizzazioni
e categorie interpretative di esso" [29].
Questa interpretazione trovò un pieno riscontro nei dati empirici
della nostra verifica: anche presso la stampa genovese l'
"effetto coverage" ha prodotto un aumento complessivo della
quantità e dello spettro delle notizie prodotte nonché un'escalation
dei gradi di intensità nella trattazione drammatizzata del
fenomeno.
L'ultimo arco temporale considerato (ottobre-dicembre 1989)
degli articoli presi in esame si può identificare - seguendo
lo schema di Marletti - con una nuova fase autoreferenziale,
nel senso già ricordato, con una stabilizzazione generale
su livelli, in ogni caso, più elevati di quelli relativi ai
primi mesi dell'anno. Sulla base degli elementi informativi
sin qui delineati risulta che la stampa quotidiana genovese
si caratterizzò per una duplice valenza nella trattazione
dei problemi degli stranieri: da una parte, essa ha avuto
- senza dubbio - una funzione fondamentale nel favorire il
processo di visibilità degli immigrati, dall'altra va osservato
che le modalità con cui si è attuata questa campagna hanno
lasciato larghi spazi di interpretazione ambigua rispetto
ai problemi esistenti. Nelle premesse del nostro lavoro uno
degli scopi che ci eravamo proposti era proprio quello di
esaminare in quale modo la stampa contribuiva alla costruzione
dell'immagine dell'immigrato e quale era la sua incidenza
nel "meccanismo di riproduzione del pregiudizio": in sede
di analisi dei dati empirici possiamo tentare di estrapolare
al riguardo alcuni dati significativi. Un primo dato di un
certo rilievo deriva dalla trattazione dei diversi argomenti
per ciascuna nazionalità. Proprio dalla correlazione delle
due variabili si deducono le linee generali di tendenza delle
modalità di "coverage" da parte dei quotidiani considerati
rispetto a ciascuna nazionalità: l'elemento che maggiormente
ci colpisce è senz'altro dato dall'altissima incidenza della
voce "crimini'"per tutte le singole nazionalità prese in esame,
e quindi sul totale complessivo [30].
Il dato complessivo che emerge, comunque, è quello di un interesse
generalizzato e prevalente nei confronti delle minoranze legato
inequivocabilmente ai codici di codifica degli atti di devianza
e di violenza.
Volendo comparare questi dati con i risultati di un'analoga
inchiesta svolta sulla stampa olandese nel 1981 si nota una
rispondenza dei nostri risultati con le conclusioni di quel
lavoro. In particolare si verifica che "l'attenzione per i
gruppi etnici da parte dei media è limitata, e non meno che
alle minoranze sono spesso associati concetti quali violenza,
illegalità, crimini, strane abitudini culturali e devianze
di ogni altro tipo" [31].
Proprio il ciclo della tematizzazione del fenomeno immigrazione,
fin qui illustrato, conferma questa tendenza. Osservando la
ripartizione degli argomenti trattati nei diversi mesi dell'anno
1989 e osserviamo meglio il dato relativo alle percentuali
di articoli relativi ad eventi criminosi: possiamo rilevare
che l'incidenza di questa componente - sull'incremento complessivo
di articoli che si è venuto a verificare nei due mesi di maggiore
copertura sul tema dell'immigrazione (agosto e settembre)
- rimane pressoché costante. All'aumento della sensibilità
informazionale da parte dei cittadini - a seguito dei fatti
di Villa Literno - non fa riscontro una crescita di produzione
informativa sui diversi aspetti del problema immigrazione.
La stampa sembra mantenere inalterati gli standard qualitativi
di costruzione delle notizie, riproducendo le abituali scansioni
e proporzioni fra articoli su eventi di criminalità e articoli
su altri eventi. In pratica la "pausa" dei mesi estivi e il
tragico omicidio di Villa Literno concorsero soltanto ad aumentare
lo spazio fisico di attenzione dei media alla questione dell'immigrazione
ma le logiche informative non vengono modificate e così, paradossalmente,
il maggiore spazio disponibile offre maggiori possibilità
di veicolazione di un'immagine negativa dell'immigrato. Quindi
la tematizzazione così come si è venuta a delineare, ed in
forza della mancanza in generale di una cultura "informata"
su questi temi, si presta a produrre non indifferenti distorsioni.
D'altra parte le pratiche giornalistiche, proprio per le caratteristiche
di rigidità e di routinizzazione messe in luce nella prima
parte di questo lavoro, portano ad affrontare anche queste
problematiche in modo funzionale alle esigenze organizzative
del giornale. Per esempio, la ripartizione per tipo degli
articoli trattati, evidenzia una presenza pari al 28,71% degli
articoli i di tipo "trafiletto". In questo tipo di articolo
il processo di decontestualizzazione e semplificazione della
realtà si esplica al massimo livello; infatti in poche righe
si concentrano eventi di cui non si può considerare appieno
la portata e che comunque vengono illustrati secondo una logica
di stereotipizzazione funzionale alle esigenze dello spazio
redazionale. In questo senso possiamo leggere un altro dato
parimenti significativo, ovvero la percentuale degli articoli
privi di firma; questi rappresentano il 56,9% degli articoli
considerati e tale dato deve essere interpretato alla luce
delle diverse dinamiche redazionali delle differenti testate.
Circa i processi di ricontestualizzazione degli eventi nel
corpo delle testate giornalistiche emerge una maggiore concentrazione
di articoli nelle pagine dedicate alla cronaca (italiana,
ligure, cittadina); va quindi sottolineata, per esempio, l'esigua
presenza di articoli nelle pagine della cultura (pari al 2,22%).
Spunti di un certo interesse sono per esempio quelli relativi
alla distribuzione degli argomenti nella prima pagina. In
questo ambito - del quale abbiamo già sottolineato l'importanza
in veste di "vetrina" dei contenuti del giornale - notiamo
ancora una volta la preminenza della voce "crimini" con una
quota del 45,28% seguita, al secondo posto, dalla voce "discriminazioni"
(11,32%) e, al terzo, dalla voce "politiche" (7,55%). Questi
dati ci confermano ancora una volta la tendenza alla copertura
soprattutto con eventi di carattere deviante rispetto ai diversi
altri tipi di evento. A questo punto possiamo effettuare uno
spostamento del livello di analisi e centrare la nostra attenzione
sull'approccio di tipo semantico. Nel corso dell'indagine
sui giornali uno dei dati presi in esame è stato quello relativo
alla verifica delle attribuzioni di nome, delle connotazioni
nominali assegnate ai soggetti stranieri nel periodo considerato.
riunendo le varie voci in famiglie semantiche, in maniera
di conferire maggiore significatività agli elementi acquisiti
[32].
Conclusioni
Come abbiamo già più volte ricordato, l'oggetto di analisi
di questo lavoro può assumere una concreta valenza solo dopo
essersi legato ad una più ampia analisi, sia a livello macro
che a livello micro strutturale, tesa ad individuare, complessivamente,
il formarsi e il propagarsi del pregiudizio. In maniera schematica
i punti significativi che sono emersi nel corso dell'indagine
sono:
- che l'attenzione dei media sul fenomeno immigrazione, sulla
base dell'osservazione del periodo in questione, ha denotato
un carattere di trattazione proprio di un fenomeno di "emergenza";
- che d'altra parte, tale "emergenza", ha condotto all'improvviso
aumento della domanda informazionale su questi temi;
- la cui risposta informativa ha inevitabilmente incontrato
delle difficoltà di articolazione, dovute in parte alla ancora
insufficiente e incompleto processo di "tematizzazione" di
un fenomeno così nuovo e in continuo movimento di trasformazione
ed, in parte, all'esplicarsi delle normali distorsioni che
le routine e le pratiche giornalistiche imprimono alla rappresentazione
della realtà;
- in questa cornice di "catastrofe informativa", si comprendono
quali siano le possibilità di atteggiamenti contradditori
da parte della stampa sul tema in questione.
Un punto significativo, in calce a quanto appena detto, si
può ritrovare, nella contraddittorietà rilevata nel corso
della nostra analisi, tra l'atteggiamento generalmente benevolo
con cui si sono trattati questi temi e il dato emerso, per
esempio, circa la distribuzione degli argomenti considerati
nel complesso degli articoli con l'incidenza degli eventi
criminosi o comunque caratterizzati dal modello della devianza.
Questo dato trova conferma nelle linee di tendenza delle ricerche
sorte in questa prospettiva nel nord Europa e negli Stati
Uniti. Si devono, comunque, tenere distinte le matrici: il
problema razziale nei Paesi in questione è principalmente
un problema di equilibrio sociale con uno spostamento, ormai
strutturale, del conflitto, dalla lotta di classe alla "lotta
di razza" per il mantenimento dei privilegi e dello status
acquisito dalla maggioranza bianca e nel disperato tentativo,
da parte delle minoranze, di sconvolgere questi equilibri.
In questa prospettiva si comprende la lettura effettuata da
van Dijk del sistema dei media a cui affida il ruolo di istituzione
tesa a fornire consenso e quindi a mantenere gli equilibri
sociali esistenti.
NOTE
[1] M.
Di Massa, La percezione sociale degli immigrati in Liguria:
immagini e pregiudizi attraverso i media, in G. Canepa, M.T.
Torti (a cura di), Stranieri in Liguria, Marietti, Genova,
1992.
[2] Si
possono citare:
Quintano B., Gli stranieri visti attraverso la stampa quotidiana,
in ECAP-CGIL-ENIM (a cura di) L'immigrazione straniera nel
Lazio, Regione Lazio, Roma, 1980;
De Marchi V., Ercolessi M.C., Terzo mondo e quarto potere,
Eri-Vqpt, 1991;
Grossi G., La rappresentazione giornalistica della società
multietnica, in Cabria Ajmar L. e Calloni M., (a cura di)
L'altra metà della luna, Marietti, Genova, 1993;
Marco Scardigli, (a cura di), Vivono fra noi. Materiali di
lavoro per l'analisi della stampa quotidiana italiana sull'immigrazione
extraeuropea, Progetto Med Campus, Università di Pavia, 1994;
Marletti C, Extracomunitari. Dall'immaginario collettivo al
vissuto quotidiano del razzismo, Eri-Vpqt, Torino 1991;
Belluati M., Grossi G., Viglongo E., Mass media e società
multietnica, Anabasi, Milano, 1995;
Mansoubi M., Noi, Stranieri in Italia. Immigrazione e Mass
Media, Maria Pacini Fazzi, Lucca 1990;
Cotesta V, Noi e loro. Immigrazione e nuovi conflitti metropolitani,
Rubattino,Messina, 1995;
Maneri, Marcello. Stampa quotidiana e senso comune nella costruzione
sociale dell'immigrato. Tesi di Dottorato in Sociologia e
Ricerca sociale presso l'Università degli Studi di Trento,
Facoltà di Sociologia, A.A. 1994/95;
Cotesta V., Comunicazione e immigrazione in Italia, in Delle
Donne M. (a cura di) Relazioni etniche, stereotipi e pregiudizi,
EdUP, Roma, 1998;
Maneri M., Lo statuto dell'"extracomunitario" nella stampa
quotidiana, in Delle Donne M. (a cura di) Relazioni etniche,
stereotipi e pregiudizi. Op.Cit;
A Mazzara B.M., Stampa e immigrazione: due casi a confronto,
in Delle Donne M. (a cura di) Relazioni etniche, stereotipi
e pregiudizi, Op.Cit;
Gian Paolo Castagnoli, Immigrazione, devianza e mass media:
il caso de "Il Resto del Carlino", Università di Bologna,
Facoltà di Giurisprudenza,Tesi di laurea in sociologia criminale,
a.a. 1995-1996, Rel. Dario Melossi;
Alberto D'Elia, Devianza, immigrazione e mass media: il caso
del Salento, Università di Bologna, Facoltà di Giurisprudenza,
a.a.1995-1996. Rel. Dario Melossi;
Censis, l'immagine degli immigrati e delle minoranze etniche
nei media, Roma, 2002 (Scaricabile al sito www.immagineimmigratitalia.it;
TUNING INTO DIVERSITY, Immigrati e minoranze etniche nei media,
rapporto di ricerca, aprile 2002, consultabile on line al
sito www.multicultural.net.
[3] Sulla
prospettiva di analisi dei mezzi di comunicazione di massa
sulla base dello studio del processo di costruzione della
notizia, cfr.:
F. Barbano, Nuove tecnologie: sociologia e informazione quotidiana,
Milano, F. Angeli, 1982;
G. Cesareo, Fa notizia. Fonti, processi, tecnologie e soggetti
della macchina informazione, Roma, Editori Riuniti;
G. Cesareo, La forma apparato nel sistema delle comunicazioni
di massa, in M. Livolsi (a cura di), Le comunicazioni di massa:
problemi e prospettive, 1981;
S. Cohen-J. Young, The manufacturer of news, London, Constable,
1973;
A. De Lillo-M. Livolsi, La lettura della stampa quotidiana
per una diversa prospettiva metodologica delle ricerche sui
media, in Problemi dell'informazione, 1979, n. 4. pp. 599-624;
P. Golding-P.Eliott, Making the news, New York, Longman, 1979.
S. Lepri, Le macchine dell'informazione, Milano, Etas Libri,
1982;
M. Livolsi (a cura di), La fabbrica delle notizie, Milano,
F. Angeli, 1984;
M. Livolsi-F. Rositi, La ricerca sull'industria culturale,
Roma, Nuova Italia Scientifica;
C. Mongardini, La costruzione dell'avvenimento. Poteri e limiti
dell'informazione, Roma, La Goliardica, 1983;
M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Milano, Bompiani,
1985.
[4] Sull'analisi
del rapporto tra questione etnica e fenomeni della globalizzazione
citiamo senz'altro l'ottimo lavoro di Cotesta V.,Sociologia
dei conflitti etnici, Editori Laterza, Roma-Bari, 2001.
[5] Sul
tema citiamo tra gli altri:
Alietti A., Padovan D. Sociologia del Razzismo, Carocci, Roma,
2000;
Balbo L., Manconi M.I razzismi possibili, Feltrinelli, Milano,
1990;
Balbo L., Manconi M.I razzismi reali, Feltrinelli, Milano,
1992;
Balbo L., Manconi M.I razzismi: un vocabolario Feltrinelli,
Milano, 1993;
Balibar E. Wallerstein I. Razza, nazione classe, le identità
ambigue, Edizioni Associate, Roma 1990;
Colasanti G., Il pregiudizio, Franco Angeli, 1994;
Delle Donne M., Relazioni etniche, stereotipi e pregiudizi,
EdUP, Roma, 1998;
Dal Lago, A., (curatore). Lo straniero e il nemico. Materiali
per l'etnografia contemporanea. Genova, Costa & Nolan, 1998;
Ferrarotti F., Oltre il razzismo, Verso la società multirazziale
e multiculturale, Armando, Roma, 1989;
Mazzara B.M., Stereotipi e pregiudizi, Bologna, Il Mulino,
1997;
Taguieff P. La forza del pregiudizio, Il Mulino, Bologna,
1994;
Zanotti A., L'invenzione sociologica del pregiudizio, F. Angeli,
Milano,1991.
[6] A.
Memmi, Il razzismo. Paura dell'altro e diritti della differenza,
Genova, Costa & Nolan, 1989, p. 23.
[7] G.
Colasanti, Immigrazione e pregiudizio in Europa: uno schema
interpretativo, in G. Cocchi (a cura di), op.cit., p. 347.
[8] Su
questo filone di teorie meritano di essere richiamati i seguenti
lavori:
E. Bonacich, A theory of ethnic antagonism, in "American Sociological
Review", n. 37, 1972;
S. Cummings, White ethnics, racial pregjudice and labor market
segmentation, in "American Journal of Sociology", 1980.
[9] Cfr.
S. Castles & G. Kosack, Immigrant Workers and Class Structure
in Western Europe, London, Oxford Univesity Press, 1984.
[10]
Cfr. R. Miles e Phizacklea, A White Man's Country. Racism
in British Politics, London, Pluto Press, 1984.
[11]
R. Miles, Racism and Migrant Labor, London, Routledge, 1982.
[12]
E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, Milano,
Comunità, 1971.
[13]
In proposito merita di essere richiamato il classico lavoro
di G.W. Allport, The Nature of Prejudice", Cambridge, Addison-Wesley,
1954.
[14]
Teun A. van Dijk, La riproduzione del pregiudizio, in "Diritto
e democrazia", novembre-dicembre 1989, p. 127.
[15]
Ibidem, p. 128. Questo tipo di analisi tende a includere più
questioni riguardanti "le microstrutture del razzismo nella
società" e richiede una cornice ampia e interdisciplinare
tale da permettere che "si integrino i risultati della ricerca
dell'analisi del linguaggio, degli studi sulla comunicazione,
della psicologia sociale e cognitiva e della micro sociologia,
allo scopo di definire i necessari strumenti teorici usati
nell'analisi dei dati linguistici come pure di costruire quantomeno
la metà del ponte che bisogna gettare verso le teorie sociologiche,
politiche e storiche delle microstrutture societarie del razzismo".
[16]
Ibidem, p. 137.
[17]
Ibidem, p. 148.
[18]
Laura Balbo, Oltre l'antirazzismo facile, in "Democrazia e
diritto", novembre-dicembre 1989, pp. 11-22.
[19]
C. Marletti, Mass media e razzismo in Italia, in "Democrazia
e diritto", novembre-dicembre 1989, pp. 107-125, p. 114.
[20]
Ibidem, p. 116.
[21]
Nell'insieme sono stati esaminati e classificati 1.111 articoli
riguardanti direttamente od indirettamente problemi relativi
agli immigrati. Nella rilevazione sono state anche incluse
73 lettere di cittadini ai giornali ritenute particolarmente
emblematiche di taluni archetipi di pregiudizio, ma non immediatamente
utilizzabili nell'ambito della metodologia di analisi dei
materiali giornalistici prescelta per questo lavoro.e sviluppata
in un successivo contributo.
[22]
Questo è stato fatto avvalendoci di due grandi categorie,
ovvero, di articoli veri e propri e di articoli che si presentano
sotto la forma di "trafiletti", "tamburini", pensando essenzialmente
all'individuazione e all'utilizzo delle notizie fornite dalle
agenzie di stampa. E proprio per questo tipo di articolo che
si ha - principalmente per ragioni di spazio - una più accentuata
decontestualizzazione dell'evento, per la quale si attua un
approccio in linea di massima più superficiale.
[23]
1 generale, 2 immigrazione,3 problemi del lavoro, 4 problemi
della casa, 5 problemi della salute, 6 problemi dell'educazione,
7 ricerche, 8 cultura, 9 politiche, 10 affari sociali, 11
crimini, 12 religione, 13 economia, 14 relazioni razziali,
15 discriminazioni, 16 altri.
[24]
- In generale- Senegalese- Marocchina- Tunisina- Algerina-
Cilena- Altre nazionalità africane- Altre nazionalità sudamericane-
Non specificato.
[25]
Ibidem, p. 2. E' doveroso sottolineare questa affermazione
che, pur trovandoci d'accordo con le tendenze individuate
dall'autore, tuttavia ci sembra utile indicare che, in linea
con quello che è stato il nostro approccio nella parte teorica,
difficilmente i titoli sono un prodotto del giornalista, bensì
molte volte si manifestano quale caratteristica simbolica
peculiare della filosofia di un giornale inteso nella forma
apparato. Senza considerare l'uso sensazionalistico che certe
testate ne fanno.perlomeno indirizzare, il lettore su uno
schema mentale di particolare indirizzo e ciò, a prescindere
dalla lettura effettiva del giornale.
[26]
Villa Literno fu coinvolta in una vera e propria divisione
politica che vedeva contrapposti governo e opposizione del
Comune. Da una parte il Sindaco, disposto ad attuare iniziative
dirette e a favorire l'accoglienza delle migliaia di lavoratori
extracomunitari confluenti nel comune per le raccolte agricole
stagionali. Dall'altra l'opposizione che, in maniera decisa,
e utilizzando pratiche proprie della politica "militante"
- quali raccolte di firme, banchetti, appelli alla popolazione,
etc. - si schiera contro la decisione del sindaco di istituire
un centro di accoglienza per la manodopera straniera. Risultato
di tutto ciò l'aumento progressivo delle tensioni razziali
con le conseguenze che tutti conosciamo.di atti di intolleranza
e di discriminazione assumono la dignità di emergenza di massa.
[27]
Cfr. Marco Lombardi, Gestione dell'informazione nelle emergenze
di massa. Note intorno al "caso" Chernobil, in "Studi di Sociologia",
n. 2, 1988, pp. 216-217.
[28]
Ibidem, p. 226.
[29]
C. Marletti, Mass media e razzismo in Italia, cit. p. 109.
[30]
Più in dettaglio osserviamo che, per alcune nazionalità, gli
articoli rilevati trattavano in maniera quasi esclusiva di
eventi di cronaca nera. Volendo fornire un esempio, ben il
97,2% degli articoli esaminati riguardanti i cittadini del
Cile erano legati questo argomento; così anche per quel che
riguarda la comunità più numerosa della nostra città, ovvero
quella marocchina, gli eventi criminosi coinvolgono l'81,3%
dei casi considerati. Tale valore percentuale sale al 90,4%
dei casi per i tunisini e al 92,2% per gli algerini mentre
percentuali più basse si rilevano per la comunità senegalese
e le altre nazionalità.
[31]
T. van Dijk, News Analysis, case studies of international
and national news in the press, London, Lawrence Erlbaum,
1988, p. 209, traduzione a cura di chi scrive.
[32]
La prima area semantica individuata è quella relativa al concetto
di immigrazione. Abbiamo qui riunito le voci: immigrato, immigrato
di colore, immigrato terzomondiale, immigrato extracomunitario;
è risultato per questo accorpamento una copertura pari al
10,98% del totale delle attribuzioni. Una seconda area è stata
correlata al concetto di razza, riunendo le voci: immigrato
di colore, individuo di colore, straniero di colore, negro,
nero, colored. In questo caso la quota raggiunta è pari al
9,63% dei casi considerati. La terza area è connessa al campo
dei temi del lavoro, a questo scopo si sono aggregati i termini
lavoratore di colore, lavoratore, lavoratore straniero, attività,
attività più nazionalità, lavoratore extraco-munitario. La
percentuale per questa area semantica ha evidenziato una quota
pari al 14,45. Ancora possiamo prendere in considerazione
un'area semantica vertente sul concetto di straniero: straniero,
straniero di colore, lavoratore straniero, cittadino straniero.
Questa dimensione viene considerata nel 9,54% dei casi esaminati.
Un ultimo accorpamento è stato effettuato in base al criterio
di aggregazione delle voci che si riconducono ai caratteri
di provenienza geografica. Le voci accorpate sono: nazionalità,
attività più nazionalità, africano, nordafricano. Questa è
l'area semantica di maggiore incidenza, la percentuale relativa
infatti è pari al 45,28%.Tra le altre denominazioni ci sembra
utile sottolineare l'attribuzione 'vu cumprà: questa viene
riportata nel 5,24% dei casi esaminati. E' interessante evidenziare
che, verificando l'utilizzo di questo neologismo nei titoli
degli articoli, si è rilevato un uso abbastanza diffuso, pari
ad una presenza nel 13,4% degli articoli.
newsletter subscription
www.analisiqualitativa.com