Approche d'en bas et interculturalité narrative
Orazio Maria Valastro (sous la direction de)
M@gm@ vol.1 n.2 Avril-Juin 2003
STORIE DI VITA Emigrazione, coppie miste e incontro interculturale
Orazio Maria Valastro
valastro@analisiqualitativa.com
Presidente Osservatorio dei Processi
Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com);
Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches
Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur
l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry''
di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi
René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale
e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane
e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico
della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université
de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio
di Sociologia Professionale (Catania).
1
Traiettorie sociali composite e differenze culturali: i progetti migratori nell'esperienza degli italiani negli
anni sessanta, relazioni coniugali e coppie miste
La proposta di alcuni estratti delle biografie riportate in
questo testo è un invito, e al tempo stesso una sollecitazione,
a considerare come sia importante, in questo particolare contesto
storico e sociale, promuovere una cittadinanza attiva della
memoria, delle memorie interculturali [1],
nel riconoscimento delle comunanze e nell'individuazione di
territori esistenziali condivisi. La storia di vita del Signor
Nino ci consente di individuare, nell'esperienza comune di
molti italiani del sud dell'Italia subito dopo la guerra,
come alcuni progetti migratori si costruirono nel tentativo
di cercare migliori condizioni di vita e di lavoro all'estero
per sé e per gli altri membri della propria famiglia. Soffermarsi
su quete esperienze e memorie significa riflettere sulle comunanze
con altri persorsi simili, di altri migranti e attuali immigrati,
evidenziando delle cosiddette universalità biografiche come
veicolo educativo e confronto interculturale.
Il racconto di una coppia mista, composta da due coniugi di
nazionalità e appartenenze sociali, culturali, religiose ed
etniche differenti, rappresenta una relazione dove si confrontano
delle differenze culturali, individuando delle realtà sempre
più numerose che si pongono oggi come un importante indicatore
delle società interculturali, rivelatrici dei processi di
comunicazione interculturale. Possiamo cogliere in questa
particolare esperienza un percorso comune di crescita consapevole
dove si sviluppa il dialogo, il confronto e l'incontro. E'
da una particolare comunanza nel modo di concepire se stessi
e la vita che le differenze culturali diventano una risorsa
per entrambi e non un problema, una risorsa per crescere e
confrontarsi, quando queste stesse differenze non sono percepite
come dei limiti o dei difetti della relazione ma sono invece
percepite come una fonte di ricchezza reciproca.
2 "Hai capito? Brutta vita ho passato": la storia di vita
del Signor Nino
L'esperienza lavorativa: il valore di una vita, da 'caruso'
delle cave a operaio specializzato
L'incontro con la realtà lavorativa inizia molto presto per
il Signor Nino. Ha una prima esperienza a sei anni. come garzone
e come apprendista calzolaio in seguito. "Già da quando
ero picculo, a sei anni in una sartoria, per scopare tutte
le rimasuglie di stoffa che c'erano per terra. Appòi [dopo],
sette anni, sette anni e qualche cosa, ero a fare il calzolaio
e mi mandavano a comprare il pane per esempio, i compagni
di lavoro, i compagni, i mastri, i mastri calzolai, mi mandavano
a comprare il pane e allora, con la fame che c'era, io prendevo
tutti quei pezzettini che uscivano attorno alla formella del
pane e me li mangiavo io."
In quegli anni i 'carusi' siciliani, bambini e adolescenti,
trovavano lavoro nelle cave della città. "Poi so cresciuto
logicamente, a ... a undici anni, undici anni e qualche cosa,
lavoravo per guadagnare la gallina in una cava di pietra,
a trasportare pietre addosso." Le esperienze di lavoro
si sviluppano parallelamente al percorso scolastico, inizialmente
sono discontinue, fino all'età di undici anni. "E guadagnavo,
là guadagnavo quattro lire, perché quando ero nella cava di
pietra, mi rava [mi dava] mezza lira al giorno mi dava, e
facevo mezza giornata a scuola e mezza giornata nella cava."
Durante il periodo dello sfollamento, a quattordici anni,
il Signor Nino lavora nelle miniere di zolfo. "Avevo compiuto
quattordici anni e allora, siccome ero senza padre e avevo
una sorella più piccula, allora i miei parenti hanno detto,
'tu devi scegliere fra due lavori, o te ne vai a fare il bovaro,
e poi di notte ti devi alzare, devi accudire le bestie e poi
di giorno, e di giorno forse dormi ma sempre devi badare alle
bestie, o se no nella miniera di zolfo'. Allora io ho scelto
la miniera di zolfo, ci ho lavorato per un po' di tempo, (...)."
Rientrato a Catania, a guerra finita, inizia a lavorare come
manovale nell'edilizia, occupazione che manterrà anche in
seguito fino al momento dell'entrata in pensione. "Poi
... son venuto a Catania, dopo guerra finita, son venuto a
Catania. A Catania già avevo compiuti, no ancora non li avevo
compiuti, avevo meno di diciassette anni, meno di diciotto
anni. Ho cercato un posto a lavorare, come garzone, nelle
fabbriche nell'edilizia (...) ."
L'esperienza lavorativa nel settore dell'edilizia è segnata
anche da migrazioni in altre nazioni. Il Signor Nino si trasferisce
in Germania per ben due volte, e poi in Francia, negli anni
sessanta. " (...) ho dovuto emigrare in Germania per lavorare.
Dopo, in Germania, logicamente non c'era il guadagno che si
aspettava in confronto, cetto [certo], se c'era il lavoro
qua a Catania era meglio lavorare a Catania, che non era tanto
il guadagno, quanto quello che soffriva una persona, no? Lontano
da casa. E poi, purtroppo, sono ritornato, ma lavoro a Catania
come sempre non ce n'era. Son dovuto andare, son dovuto andare
in Francia, un'altra volta sono stato sei mesi, la paga non
era soddisfacente e me ne sono andato a casa, me ne sono ritornato
qua a Catania (...)."
La consapevolezza dei rapporti di forza: lo sfruttamento
minorile e la condizione operaia
La consapevolezza della realtà lavorativa, il lavoro minorile
nelle cave e nelle miniere, è presente nelle riflessioni del
Signor Nino sulla sua esperienza di 'carusu' delle cave. "Cci
ràunu a spisa [ci davano la spesa], appòi [dopo], per invogliarci
a fare di più a tutti i bambini ci davano il soprannome di
Orlandino o Astolfo, Rinaldino. Tutti i nomi dei pupi [marionette],
dell'opira i pupi [del teatro delle marionette], picchì [perché]
erano eroi chiddi [quelli], i pupi [le marionette], no? Di
conseguenza, chi era Orlando doveva rendere di più, perché
era eroe, era chiddu i [era quello di] Carlomagno, era u paladinu
[il paladino] più forte nâ [nella] storia, chiddu cchiù scaltro
ca era cchiù furbu [quello più scaltro che era il più furbo]
era, come si dice, Rinaldino. Appòi [dopo], quannu iù ncuminciai
a capiri [quando io cominciai a capire], picchì a prima tuttu
fui [perché prima di tutto fui] Rinaldino io, perché ero più
furbo, circavu [cercavo] di scansare, quando ho capito che
ci sfruttavano, con questo nomu accussì [nome così] ci sfruttavano
di più, picchì iddi accussì [perché loro così] ci invogliavano
a cùrriri [correre], a vìnciri [vincere], a superare a chiddu
[a quello], a superare a quell'altro (...)"
I rapporti di lavoro tra i minori e gli adulti traspaiono
nella narrazione che riprende l'allegoria dell'opera dei pupi.
"Perciò, appòi iù u capì ca cci sfrùttunu [dopo io lo ho
capito che ci sfruttano], iù [io] malgrado ciò ca [che] ero
ragazzo, tutti sti cosi i pinzava ca cci sfrùttunu [tutte
queste cose le pensavo che ci sfruttano], e allora, mano a
mano mi sono buttato da parte, no che non lavoravo, lavoravo,
solo che non correvo e facevo finta di cadere, e di fatti
mi hanno nominato, soprannominato, invece di Rinaldino Astolfu,
Astolfu ca [che] era Astolfo, ca [che] era sempre il cavaliere,
era Astolfu purtroppo quando non ce la faceva con un altro
dice, 'mi è scivolato il cavallo, ho messo il piede in fallo',
tutte le scuse i truvava iddu [le trovava lui], e io ero così,
magari, allora mi hanno soprannominato Astolfu."
Per contrastare i rapporti di forza che operano in questo
stesso contesto lavorativo e nelle condizioni del lavoro minorile,
si forma il comportamento disubbidiente e indocile del 'caruso'
della cava. " (...) perché poi ho bisticciato, perché io
ero un tipo un pochettino ribelle, ho bisticciato col principale,
perché lui mi ha bastonato e io ci ho buttato, nuatri dicemu
un còfinu di petri [noialtri diciamo una cesta di pietre].
Acchianai supra a roccia e cci iittai tutti e appòi mi-nni
scappai [sono salito sopra la roccia e gliele ho buttate tutte
e dopo me ne sono scappato] (...)." A quattordici anni,
quando il Signor Nino inizia a lavorare nelle miniere di zolfo,
s'iscrive al partito comunista manifestando con questa sua
scelta la sua insofferenza e avversione verso la sua stessa
condizione. "Allora io ho scelto la miniera di zolfo, ci
ho lavorato per un po' di tempo, poi sai com'è uno che è giovane,
sente parlare di socialismo, comunismo, eccetera, e mi sono
iscritto al partito. Io avevo delle idee purtroppo un po'
ribelli, e dopo, siccome scarabocchiavo tutte falci e martello,
viva Stalin, viva Togliatti, nelle pareti della miniera, e
allora l'ingegnere mi ha rimproverato e poi mi hanno licenziato."
Questa coscienza individuale della condizione operaia si traduce
in modi di agire insofferenti e intolleranti nei confronti
di quelle condizioni, e di quegli atteggiamenti che ledono
i diritti del lavoratore. "Poi, ho cominciato, le cose
andarono a migliorando, logicamente si, si lavorava, poi ho
fatto, no che ho bisticciato, ci siamo presi a parole col
datore di lavoro perché lui mi voleva dare gli assegni giornalieri,
mentre che da dopo i quindici giorni dovevo, spettavano tutto
il mensile, il mensile di assegni, tutto il mese di assegni.
Poi ha detto, 'se ci vuoi stare ci stai, se non ce ne vuoi
stare te ne vai', e noialtri, io con altri tre compagni, ci
siamo procurato un lavoro migliore e siamo andati a lavorare
e le cose cambiarono, cambiarono in meglio logicamente, e
poi dopo (...)." Prima di prendere la decisione di andare
a lavorare all'estero spinto dalla disoccupazione, il Signor
Nino non rinuncia ad agire seguendo la sua volontà nel difendere
i propri diritti, mettendo in gioco anche il suo posto di
lavoro. " (...) i cosi storti non l'àia nghiùttutu mai
e m'arribbillai e u principali logicamenti mi tinni supra
u nasu [io siccome sono stato sempre uno ribelle e le cose
storte non le ho mai inghiottite e mi ribellai e il principale
logicamente mi ha tenuto sopra il naso], a [alla] prima occasione
mi-nni appagghiri iù [me ne sono dovuto andare io], picchì
appòi [perché dopo], picchì èrunu [perché erano] due ingegneri
ca [che] logicamente si contrastavano però non si potevano
accavaddari [sovrapporre] perché erano tutte e due in una
ditta, percio quannu iù cci ii à ddiri ô ngigneri chiddu ca
mi rrispittava a mia [quando io ci andai a dire all'ingegnere
quello che mi rispettava a me], dici [dice] 'iù cci pozzu
mentiri [io ci posso mettere] qualche buona parola', e iù
cci rissi [e io gli dissi], 'ngigneri [ingegnere], ormai,
s'àia travagghiari cô fucili puntatu arreri i spaddi [se devo
lavorare con il fucile puntato dietro le spalle]', cci rissi
[gli dissi], 'non sacciu travagghiari cchiùi [non so lavorare
più]', e appòi dî ddocu cuminciai a soffriri n'àutra vota
picchì cuminciai i travàgghi [e poi da quel momento ho cominciato
a soffrire un'altra volta perché ho cominciato i lavori] (...)
iù siccomu àia statu unu sempri rribelli e travagghiava magari
a dumìnica e i sordi non cci abbastaunu mai [lavoravo anche
la domenica e i soldi non ci bastavano mai], i me fîgghi èrunu
nichi e n'aveva tri e [i miei figli erano piccoli e ne avevo
tre e] ... e passai [ho passato] un brutto guaio, un bruttu
[brutto] quarto d'ora (...)."
3 Sperimentare una crescita comune al di là delle differenze
culturali
La ricerca personale di una consapevolezza maggiore di se
stessi, attraverso varie tecniche di meditazione e trasformazione
personale, l'esperienza di vita nella comune creata dal maestro
indiano Osho Rajneesh, è il tema fondamentale attorno al quale
si sviluppa la narrazione di A. e S. Quest'esperienza è stata
per entrambi un'importante opportunità per cercare di comprendersi
attraverso la meditazione, una possibilità concreta di sperimentare
un impegno reciproco, un percorso consapevole per crescere
insieme, confrontarsi, esprimersi. Il sentimento dell'amore
nasce anch'esso dalla possibilità di poterlo sperimentare
nella relazione con l'altro, e questa stessa relazione si
situa in continuità con la ricerca che ognuno di loro ha intrapreso.
3.1 Continuità tra esperienze di meditazione e progetti
di coppia
"Io non ho mai pensato che io dovevo andare, che in futuro
io andavo in Europa. Non sapevo proprio che io dovevo andare
in Italia quando sono entrato nella comune."
A: "Io non ho mai pensato che io dovevo andare,
che in futuro io andavo in Europa, non era mai successa questa
cosa perché non ho mai pensato, mai avuto l'idea che io dovevo
andare in qualche parte quando io studiavo, quando io ero
all'Università. Alla fine quando io sono andato in una comune
internazionale, là ci sono persone di tutto il mondo, là io
ho incontrato persone di diversi paesi, io ho conosciuto tedeschi,
giapponesi, americani, perché era un posto dove incontravi
persone da tutto il mondo. Era una comune di meditazione,
terapia di gruppo, e io prima lavoravo in una industria in
India, dopo l'Università, e dopo io sono andato là e ho lasciato
tutte le mie cose per cercare me stesso, per ricercarmi. Là
io ho incontrato un sacco di persone e là io ho visto persone
dell'altra parte del mondo, e là sono rimasto otto anni, una
esperienza molto forte. Ho conosciuto mia moglie là [...]"
3.2 La ricerca di se stessi: comunanze e interdipendenze
"Era un obiettivo per tutti cercare se stessi, un posto per
sperimentare."
"Sicuramente anche per me era qualcosa di meraviglioso."
A: "Io sono andato là perché avevo letto
dei libri del mio maestro Osho, perché mi diceva cose diverse
dalla religione, perché la religione, quando nasce un maestro,
Budda, Gesù, poi crea una religione ma in effetti non è così.
Ognuno fa la sua esperienza diversa, quindi la religione non
è secondo me una idea, è una cosa da sperimentare."
S: "Sicuramente anche per me era qualcosa
di meraviglioso. Dalla prima volta che avevo visto questa
comune ero rimasta colpita, al di là del messaggio di Osho
che era una cosa che ho compreso dopo, l'impatto iniziale
che mi ha attirato era questa specie di piccolo mondo dove
c'era questa gente che veniva da tutte le parti. Poteva essere
in India come poteva essere da qualsiasi altra parte del mondo
perché era un concentrato, un'isola dove c'erano persone che
venivano da chiaramente tutto il mondo, con esperienze diverse
in un clima sicuramente di apertura e di disponibilità verso
l'altro che è difficile trovare nel mondo di tutti i giorni.
Quindi questo è il primo impatto, quello che mi ha attirato,
che mi ha coinvolto molto e sicuramente c'era la possibilità
di fare esperienze, di conoscere delle storie particolari,
di incontrare delle persone, proprio soprattutto perché le
persone erano protese verso l'altro, erano molto disponibili.
Poi è subentrato anche tutto il discorso che più o meno diciamo
il lato religioso, quello che era il discorso di Osho, quello
che lui faceva sperimentare nelle tecniche di comunicazione
che sono diventate poi una parte importante che ci univa,
che ci permetteva anche di condividere molte cose. Bellissimo,
sicuramente bellissima come esperienza, bellissima in qual
periodo della mia vita."
"Quando io sperimento diventa una cosa mia, non c'è bisogno
di credere."
"La comune, era per me una possibilità nuova di poter partire
da me, non partire dall'idea di qualcun altro ma di poter
sperimentare su me stessa e di poter vivere me stessa."
A: "E' diventato importante per me, per tutti
noi era importante. Quando uno fa meditazione uno si sente
diverso, quando io ho fatto prima volta meditazione io mi
sentivo diverso perché normalmente non c'è possibilità. [...]
. Una esperienza nuova, completamente nuova. Poi, piano piano,
uno scopre diverse cose, scopre anche cose di se stesso perché
là uno può avere più possibilità di capire cose sue, come
funziona la vita. Questa esperienza vale anche per la vita
normale."
S: "[...] la comune, era per me una possibilità
nuova di poter partire da me, non partire dall'idea di qualcun
altro ma di poter sperimentare su me stessa e di poter vivere
me stessa, di poter partire da me era in quel momento la cosa
più importante per me, cioè capirmi per potermi aprire verso
il resto del mondo. La meditazione in sé è proprio un entrare
dentro se stessi per vivere, per sentire il proprio modo di
essere e per renderlo consapevole. Era appunto un processo
di consapevolezza, di se stessi, che capovolgeva completamente
quello che era la mia religiosità, quello che mi avevano insegnato
fino ad allora. Per me è stata una rivelazione in tutti i
campi della mia vita perché mi sono resa conto che l'unica
verità che potevo trovare e che poteva convincermi la dovevo
trovare con le mie mani, con la mia attenzione. A quel punto
non c'erano più confini, nessun tipo di distinzione tra me
e gli altri se non il fatto del mio potermi esprimere per
come ero, e per me è stato importante perché mi ha aiutato
molto ad accettarmi, ad accettare i miei limiti, ad accettare
quello che ero, le mie emozioni, a non doverle più giudicare
continuamente come giuste o sbagliate, come cattive o buone.
Poter crescere quindi lavorando su me stessa, attraverso la
meditazione e tutta una serie di tecniche di potermi migliorare,
di poter crescere in questa consapevolezza e rendendomi conto
che il mio cambiamento poteva avvenire soltanto acquisendo
consapevolezza di quello che ero. E quindi è cambiato il mio
modo di vedere, di giudicare il mondo. [...] Sono arrivata
a sentire che molti dei cambiamenti che si possono creare
nella società devono partire da radici più solide, non bastano
le idee per poter cambiare il mondo ma è necessario un movimento
di consapevolezza molto più profondo."
"Sperimentare che cosa è amare e infatti nella comune è
diverso, là c'era più possibilità di sperimentare non di credere."
"Stiamo lavorando su un percorso di consapevolezza che è la
nostra vita. Per quanto riguarda la nostra vita di coppia
significa cercare di rendere consapevole il nostro modo di
stare insieme, di confrontarci, di esprimerci."
A: "La meditazione è molto orientata verso
la persona perché è una ricerca dell'individuo. Secondo me
è l'unico modo per cambiare anche la società, le altre persone,
perché uno prima di cambiare gli altri sono io che devo cambiare.
La meditazione inizia da me e poi io faccio cambiare l'altro,
io cambio anche con l'altro, quindi è qualcosa di completamente
diverso. [...] Certo perché dipende tutto, quando io sono
più tranquillo nello stesso tempo anche la persona che sta
di fronte a me può cambiare, perché dipende tutto da me. Come
nel mondo materiale noi vediamo, uno vede bene o male, sempre
viene da noi, dalla nostra persona, quindi se io vedo in modo
buono cambia tutto, perché è sempre la nostra direzione, noi
non possiamo dire forse questo mondo brutto, perché sempre
viene da noi, da come uno pensa. [...] La religione dà la
possibilità di credere, uno prega, ma non c'è molta possibilità
di cercare se stesso perché tutta la responsabilità finisce.
Quando io nasco la mia religione mi dice tu devi credere in
questo Dio, tu preghi, quindi la mia responsabilità finisce.
Io sono nato in questa religione, questo è il mio Dio, e quindi
finisce, non c'è responsabilità quando uno dice devi amare
gli altri, se io inizio a credere la possibilità di un altro
amore perché io sto credendo e poi non c'è bisogno di sperimentare
perché io sto credendo. La mia ricerca non c'è più, io quello
che devo fare è questo che mi sta dicendo la mia religione,
di amare l'altro. Quindi non nasce dallo sperimentare che
cosa è amare e infatti nella comune è diverso, là c'era più
possibilità di sperimentare non di credere. [...] Per crescere
uno deve avere anche, e nello stesso tempo fisicamente e mentalmente,
qualcosa in comune, e questa cosa é importante. Una persona
dopo diverse relazioni inizia a capire, direttamente è difficile
quando uno entra in diverse situazioni. Quando uno sta con
qualcuno, prima è attratto fisicamente e poi, piano piano,
mentalmente [...]."
S: "Io credo, almeno per come la sento, che
è un percorso di crescita continuo e che è cambiato con gli
anni, sono passati dodici undici anni da quando ho iniziato
questo tipo di esperienza. Sicuramente ha cambiato il mio
modo di sentire, perché sono cresciuta, perché ho capito,
perché credo, perché ho sperimentato che le cose si evolvono,
sono continuamente in crescita, e Osho non ha mai dato dei
dogmi in cui credere, lui ha continuamente rimandato la responsabilità
sulla tua ricerca personale. Quindi continua, continua in
maniera diversa, continua per me con un grande senso di gratitudine
per una persona che non è l'unica al mondo a dire queste cose,
però lui ne ha parlato in modo che a me mi ha coinvolto. Poi,
continuando a studiare queste cose, a leggere libri, ho trovato
tantissime altre persone che comunicavano la stessa cosa con
questo tipo di esperienza e meditazione, però per me rimane
un punto fermo, la persona che mi ha aiutata in questo percorso
e che mi ha fatto capire molte cose. Nella mia vita ci sono
dei punti di riferimento importanti, cui faccio riferimento
rispetto a dei momenti di svolta, di crescita della mia vita,
come lo è stato mio padre in alcuni momenti, un prete che
ho conosciuto quando avevo quindici anni. [...] Continua perché,
nel senso che per me e per lui, perché ne parliamo insomma
con questa nostra esperienza di vita insieme, il modo in cui
stiamo crescendo questo figlio eccetera, è parte di questa
crescita, non c'è niente che sia separato. Non è che esiste
la religione, o la religiosità, e poi tutto il resto del mondo,
stiamo lavorando su un percorso di consapevolezza che è la
nostra vita. Per quanto riguarda la nostra vita di coppia
significa cercare di rendere consapevole il nostro modo di
stare insieme, di confrontarci, di esprimerci, quello che
sentiamo nel bene e nel male, quando ci sono delle difficoltà
se ci sono, di comunicare. [...] Penso che sia un punto fondamentale,
la nostra storia è cominciata perché comunque avevamo dei
punti in comune su cui iniziare una storia."
3.3 La differenza culturale: fonte di ricchezza e generatrice
di processi di mediazione
"Tutti e due ci incontriamo molto su questo modo di vedere
la vita, sé stessi, cioè sul fondamento. Penso che le basi
dell'esistenza entrambi le condividiamo. Penso che le incognite
di riuscita sono identiche rispetto a quelle di qualsiasi
altra coppia o di storia d'amore vissuta onestamente."
S: "[...] noi ci siamo incontrati come persone,
non come appartenenti a qualcosa, per cui tutto il resto,
la cultura eccetera, sono semplicemente cose esterne che ci
servono per accrescere le nostre conoscenze, per confrontarci,
ma non come cose sostanziali. [...] Poi ce ne hanno fatto
accorgere gli altri, probabilmente, di questa differenza.
[...] Gli altri, cioè nel momento in cui il nostro amore è
continuato gli altri hanno cominciato a dire, ma vi rendete
conto che comunque siete due persone diverse? Hanno cominciato
a far notare questa differenza. [...] Onestamente, io personalmente
con il mio rapporto con A., non ho mai avuto pensieri sulla
differenza culturale o sul fatto che la nostra differenza
culturale possa in qualche modo influire negativamente sul
nostro rapporto anzi al contrario per me è stata sempre e
comunque una fonte di ricchezza. Perché per me è stato comunque
scoprire delle cose nuove, delle cose diverse, avere un punto
di vista diverso. Perché per quanti punti in comune ci sono,
ci sono delle differenze culturali, ci sono delle cose diverse,
di modo di pensare, che poi a noi ci servono per confrontarci,
non le ho mai viste come limiti, come difetti della nostra
relazione. E adesso non posso che confermare questa cosa nel
senso che continua ad essere così. Poi, chiaramente, siamo
fortunati, non penso che saremmo riusciti a stare insieme
così a lungo per il fatto che lui sta bene in Italia, ama
l'Italia, e io vado con piacere in India. Per me, indipendentemente
da lui, era comunque la mia seconda casa che amo, ho avuto
delle esperienze molto belle, che mi piace rivedere, ritornare
il più presto possibile."
NOTE
[1] In
riferimento all'articolo "Approccio dal basso, servizi
alla persona e memorie interculturali"; analisi e riflessioni
proposte in questo stesso numero della rivista m @ g m @.
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