Approche d'en bas et interculturalité narrative
Orazio Maria Valastro (sous la direction de)
M@gm@ vol.1 n.2 Avril-Juin 2003
APPROCCIO DAL BASSO, SERVIZI ALLA PERSONA E MEMORIE INTERCULTURALI
Orazio Maria Valastro
valastro@analisiqualitativa.com
Presidente Osservatorio dei Processi
Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com);
Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches
Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur
l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry''
di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi
René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale
e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane
e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico
della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université
de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio
di Sociologia Professionale (Catania).
1.
APPROFONDIRE LE IDENTITÀ E LE CULTURE CON CUI INTERAGISCONO
I SERVIZI E GLI OPERATORI
1.1. Dalla ricerca empirica all'intervento sociale
in una prospettiva di partecipazione sociale
La ricerca qualitativa, nel lungo percorso della sua elaborazione
e della sua storia nelle discipline delle scienze umane e
sociali, ha sviluppato delle significative ridefinizioni epistemologiche
e metodologiche, sostenendo una maggiore attenzione e applicazione
dei metodi e degli approcci qualitativi in settori diversi
da quelli prettamente accademici [1].
L'implementazione delle politiche sociali si confronta con
l'esigenza di dover valutare come integrare vita quotidiana,
processi comunicativi e relazionali, con i processi sociali
di partecipazione alla vita economica, sociale, culturale
e politica delle comunità locali e della società nel suo complesso.
La riscoperta dell'approccio qualitativo in italia negli anni
ottanta, i metodi di ricerca empirica messi in pratica negli
studi sulla povertà, ha rappresentato un periodo di valorizzazione
iniziale e di consolidamento dei metodi di ricerca empirica
nella sociologia contemporanea [2].
L'introduzione e la diffusione di metodologie qualitative
come le storie di vita, l'osservazione partecipante, lo studio
dei documenti, l'analisi ecologica, lo studio delle culture
organizzative, la ricerca azione, è senz'altro collegata ad
un'altro periodo favorevole: la sociologia degli anni cinquanta
e lo sviluppo del mezzogiorno. La connessione tra teoria e
ricerca empirica si era tuttavia sviluppata fuori dall'ambito
accademico nelle prime esperienze degli anni cinquanta degli
studi di comunità [3].
Le ricerche che negli anni cinquanta cercavano di comprendere
la condizione del sud dell'Italia, si sviluppavano in un contesto
influenzato dalle community studies e dalle riflessioni sulle
realtà sociali del mezzogiorno, considerate come dei sistemi
integrati [4].
Le prime ricerche di Danilo Dolci sulla condizione delle città
del sud Italia [5],
coniugavano le metodologie qualitative come strumento d'indagine
sociale promovendo una prospettiva della partecipazione dal
basso, la ricerca azione dal basso [6].
Dolci è stato un esempio significativo delle esperienze promosse
in quegli anni, esperienze che sviluppavano gli approcci qualitativi
per l'interpretazione del contesto sociale e culturale, alla
ricerca di una comprensione del rapporto più complessivo tra
società e ambiente [7].
Le storie di vita come strumento d'indagine e le tecniche
di ascolto, le testimonianze orali, le interviste focalizzate,
le biografie e le autobiografie, stimolavano delle indagini
sociali, partendo dal contesto e dal tessuto sociale. Un lavoro
etnografico per esaminare e comprendere la società siciliana
di quegli anni, dove la componente narrativa fondava non soltanto
l'approccio empirico ma era altresì un contributo fondamentale
al metodo della partecipazione dal basso: valorizzare il vissuto
e le esperienze degli individui per innescare dei processi
orizzontali di partecipazione, sostenendo inoltre l'azione
maieutica promossa da Dolci in una prospettiva educativa e
pedagogica [8].
1.2. Differenziazione e riconoscimento del ruolo attivo
degli attori sociali
Queste esperienze hanno generato una prima sintesi della trasformazione
sociale allora in corso, avviando il confronto sul ruolo delle
popolazioni locali ed una concreta gestione partecipata dal
basso, una partecipazione collegata soprattutto alla realtà
della questione agraria e dello sviluppo del mezzogiorno negli
anni '50 [9].
Congiuntamente al lavoro etnografico ed al metodo dell'ascolto
nell'indagine empirica e qualitativa sulla realtà del mezzogiorno,
si sviluppava il tema della pianificazione sociale e la prospettiva
della partecipazione dal basso.
Le attuali politiche sociali sullo sviluppo locale sottolineano
il loro carattere innovativo e manifestano una moderna sintesi
della promozione e della partecipazione del territorio ai
processi decisionali, una partecipazione dal basso rappresentata
dalla promozione dei processi di determinazione a livello
locale che cerca di coinvolgere le popolazioni, i gruppi sociali,
le istituzioni pubbliche e private. Bisogna comunque rilevare
una sostanziale differenza tra questo modello di democrazia
partecipativa e quello definito di democrazia diretta, dove
si propone un progetto complessivo di cambiamento e rinnovamento
delle strutture politiche, economiche e culturali, realizzato
attraverso l'azione e l'organizzazione dal basso. Una profonda
revisione autogestita dal basso, insieme ad una consapevolezza
degli strumenti, della programmazione e dell'amministrazione
delle risorse del territorio [10].
Nel settore delle politiche sociali la recente ridefinizione
degli approcci indica degli indirizzi concreti e determinanti,
così come è stato proposto dalla Conferenza dei Ministri europei
responsabili degli affari sociali [11]:
la differenziazione ed il riconoscimento del ruolo attivo
degli attori sociali e la rivalutazione della posizione degli
utenti nelle politiche sociali che da passivi fruitori dei
servizi alla persona divengono dei co-produttori e co-gestori
di questi stessi servizi. In questo processo di decentralizzazione
abbiamo dunque un riconoscimento dell'autonomia e della partecipazione
dei cittadini che tende a sostenere le persone per agire come
membri attivi della società.
1.3. Dimensioni intersoggettive, obiettivi condivisi e
nuove politiche sociali di rete
Si sviluppano pertanto delle politiche sociali con interventi
concepiti dal basso, rendendo consapevoli e responsabili i
cittadini e costruendo una rete articolata di azioni per la
promozione del benessere: reti sociali di sostegno alle persone
che favoriscono l'inclusione dei mondi vitali e la loro compartecipazione
alla vita sociale. Il terzo settore è stato un altro esempio
di questa trasformazione e di questa progettualità dal basso.
Le nuove forme di organizzazione e valorizzazione di settori
e risorse normalmente separate dagli ambiti istituzionali,
promuovono una risposta ai reali bisogni degli individui ma
non si deve tuttavia idealizzare l'azione sociale dal basso,
contenuta da limitazioni individuate in una crescente settorialità
e segmentazione dell'intervento dei soggetti del terzo settore
[12].
Il paradigma relazionale insieme al modello relazionale del
welfare plurale [13],
dove gli interventi di rete mirano a potenziare e migliorare
un tessuto sociale fragile, risponde più adeguatamente alle
attuali esigenze dello Stato sociale di rapportare mondi vitali
e istituzioni. La produzione di conoscenze e valutazioni,
sono in questa accezione la conseguenza di una comprensione
relazionale e riflessiva della realtà sociale che connette
soggettività e pianificazione istituzionale. Le politiche
sociali del benessere sono esaminate e valutate come conseguenza
di processi che si sovrappongono e si combinano dal basso
verso l'alto e vice versa, attraverso dinamiche locali e istituzionali
[14].
Diverse quindi sono le dimensioni da considerare a livello
micro e macro sociale che si inquadrano, in modo interattivo,
in proposte specifiche nell'ambito della pianificazione sociale
e delle migrazioni internazionali, senza per altro tralasciare
la rilevante significatività di diverse forme di integrazione
dal basso realizzate in Italia negli ultimi anni [15]:
le esperienze realizzate nell'ambito del volontariato, dell'associaizonismo
multi-etnico e quelle che collegato cooperazione sociale e
sviluppo locale. L'integrazione dell'approccio dal basso nel
paradigma relazionale evidenzia in ogni modo gli aspetti socio
culturali e propriamente umani della vita quotidiana, di conseguenza,
senza volere contenere una tale prospettiva separata della
relazione e del rapporto dialettico con altre dimensioni,
è possibile privilegiare la dimensione intersoggettiva e interessarci
dei mondi vitali, partire dai mondi della vita [16].
Prediligere un approccio dal basso non significa necessariamente
ignorare il sistema sociale, inteso come organizzazione economica
e apparato politico amministrativo, o non considerare la complessità
sociale: la storia orale ci aiuta ad esempio a non procedere
secondo schemi e modelli concepiti a priori e spesso contraddetti,
valutando la relazione tra vicende private e fatti collettivi
[17].
Il ricorso alle fonti orali permette di dare voce alle comunità
ricostruendo attraverso il linguaggio, la memoria e l'immaginazione,
le logiche inter soggettive ed i loro significati rispetto
alla storia del corpo sociale [18].
L'approccio dal basso muove dunque dalla prospettiva degli
individui, dal punto di vista degli immigrati, dal punto di
vista degli stessi operatori sociali e culturali che operano
nel settore dei servizi alla persona e inter agiscono con
realtà multietniche [19].
Esperienze di politiche sociali d'integrazione, caratterizzate
dalla partecipazione ed il coinvolgimento attivo delle comunità
immigrate nelle strutture sociali, hanno favorito il loro
inserimento sociale e linguistico insieme all'integrazione
scolastica delle generazioni successive. In questo senso le
politiche sociali di integrazione partono da un approccio
dal basso, dal tessuto sociale della comunità, dalle relazioni,
per ridurre le distanze tra immigrati e comunità locale in
una prospettiva di comprensione reciproca [20].
1.4. Servizi Sociali e società multietnica: approfondire
le identità e le culture con cui interagiscono i servizi e
gli operatori
Nonostante le nuove prospettive enunciate dalle politiche
socali, le amministrazioni locali agiscono molto spesso seguendo
logiche positiviste e classiche opposizioni tra quantitativo
e qualitativo, prestando dunque più attenzione agli approcci
quantitativi come strumenti e metodologie sufficienti per
interessarsi alle problematiche delle disuguaglianze e dell'esclusione
sociale in funzione delle differenze culturali [21].
La ricerca empirica qualitativa e l'indagine sul campo non
sono pratiche diffuse e sono senza altro poco sviluppate,
finanche nelle diverse esperienze locali di osservatori su
differenti problematiche sociali dove la raccolta o l'organizzazione
di dati quantitativi forniscono una manifestazione del fare
e dell'agire rispetto a queste stesse problematiche.
I servizi sociali devono essere considerati in modo particolare
come collegati ad una rete di relazioni e di legami sociali,
non si tratta dunque di identificare il servizio sociale come
il tramite di una prestazione ma al contrario di puntualizzare
il flusso di relazioni e di interazioni che caratterizza questi
stessi servizi [22].
Questo aspetto relazionale presente nel confronto con gli
individui, quindi con i processi comunicativi e intersoggettivi,
induce a concepire il servizio sociale come flusso di relazioni
e interazioni generate dai soggetti piuttosto che ridurre
il servizio ad una semplice relazione dove l'utente sollecita
l'operatore professionale.
La differenza sostanziale tra servizi sociali tradizionali
e organizzazione di comunità, risiede proprio in questa opposizione
dei modelli più estremi di riferimento rispetto alla persona
intesa come utente passivo o attivo: nei servizi sociali tradizionali
la persona dipende dal servizio e gli operatori hanno un ruolo
centrale rispetto all'utente che invece assume un ruolo passivo;
nei modelli di organizzazione comunitaria il potere degli
operatori viene meno, le informazioni sono condivise e sono
valorizzate le competenze degli utenti che hanno un ruolo
più autonomo e indipendente in quanto membri attivi e consapevoli
della comunità [23].
L'approccio incentrato sulle soluzioni [24]
designa un ulteriore mutamento del modello d'intervento, della
centralità dell'utente e della definizione stessa del concetto
di cambiamento e di responsabilità: sono le persone che riconoscono
e si prefiggono degli obiettivi validi e raggiungibili, mentre
l'operatore sociale sostiene questo percorso verso degli obiettivi
significativi per gli individui compatibili con le loro reali
capacità.
La dimensione relazionale e il ruolo degli operatori e degli
utenti al di là della stessa erogazione del servizio, il rapporto
tra servizi sociali e immigrati, è senza dubbio fondamentale
e deve essere oltretutto valutata rispetto alla stessa evoluzione
dei servizi alla persona. Conseguentemente agli orientamenti
ed alle politiche sociali attivate in materia di immigrazione,
i servizi sociali si sono caratterizzati inzialmente come
servizi speciali, volti a fronteggiare particolari bisogni
dei migranti, successivamente come servizi dedicati, servizi
rivolti esclusivamente a stranieri, e dopo questa fase intermedia
ci si avvia verso dei servizi per tutti, quindi il riconoscimento
di eguali diritti di cittadinanza tra immigrati e popolazione
locale [25].
Il lavoro sociale si pone in questa fase particolare come
luogo di incontro tra culture differenti, possibile luogo
di confronto e di riduzione delle distanze sociali tra gruppi
sociali diversi [26].
E' quindi ugualmente corretto definire i servizi sociali non
solo come strutture in cui si manifestano flussi di relazioni
ma anche come luoghi di ascolto e della parola, strutture
che cercano di promuovere l'autonomia delle persone e potenziare
le abilità dell'utente [27].
Nuove strategie operative sono quindi necessariamente interpellate
per consentire uno sviluppo maggiore dell'area relazionale,
operatore-utente, e l'area organizzativo-procedurale, apparato
amministrativo e strategie d'intervento [28].
Si conferma in questo senso l'esigenza di una necessaria ed
adeguata preparazione degli operatori per relazionarsi con
dinamiche sociali e culturali, facendo proprie delle competenze
relative alle metodologie qualitative, sostenendo inoltre
delle strutture istituzionali più flessibili da un punto di
vista organizzativo e procedurale che possano favorie proposte
d'intervento sociale nel territorio. Un approccio dal basso
associato al metodo narrativo e autobiografico, dall'osservazione
partecipante, che favorisce la possibilità di confrontarsi
con i processi comunicativi e sviluppa consapevolezza dei
processi simbolici che definiscono le situazioni ed i loro
significati influenzando l'agire degli individui. Aprofondire
le identità e le culture con cui inter agiscono i servizi
e gli operatori integrando un approccio dal basso e ricorrendo
dunque alle metodologie qualitative come strumento di ricerca,
di azione e intervento nei contesti sociali, sostiene il ruolo
el l'agire professionale [29]
costituendo in questo modo delle strutture aperte verso il
cambiamento.
2. STORIE DI VITA E MEMORIE INTERCULTURALI
2.1. Il metodo narrativo per conoscere e operare con le
specificità della condizione dei migranti e la singolarità
dei progetti migratori
L'approccio narrativo come modalità di ricerca e intervento
nei contesti sociali, caratterizza le storie di vita come
documenti di ricerca e strumenti, opportunità e condizioni
di relazioni aperte ad una partecipazione attiva dell'attore
sociale all'analisi ed alla trasformazione di una situazione
sociale [30].
L'approccio narrativo come prospettiva dal basso per entrare
in relazione e avvicinarsi agli attori sociali, per conoscere
i bisogni e le risorse di una comunità, rende possibile la
conoscenza delle specificità individuali e sociali della condizione
dei migranti. Al di là dei modelli e degli stereotipi omologanti
è possibile in questo modo comprendere e conoscere la singolarità
dei progetti migratori, la molteplicità e la variabilità dei
percorsi individuali, le differenze esistenti tra i soggetti
migranti ma anche l'universalità della loro condizione. La
ricerca sociale, la produzione di conoscenze per valorizzare
delle culture plurali, favorisce inoltre l'intervento sociale
e terapeutico: la valenza della narrazione non solo dunque
come metodo di ricerca ma anche come intervento attraverso
il quale si creano cambiamenti, si riconsiderano le radici
e le identità coniugate al passato per trovare degli ancoraggi
e dei sostegni nel presente.
Le storie di vita dei migranti, il racconto della loro esperienza,
situano le biografie in un processo di ricostruzione della
memoria dove, attraverso percorsi di riflessione e declinazione
delle proprie esperienze e del contesto sociale in cui queste
si sono sviluppate, danno origine alla narrazione di un vissuto
individuale e collettivo. Un vissuto rielaborato attraverso
l'opera di selezione della memoria in relazione all'immagine
che l'individuo ha di sé e del suo ruolo, della propria collocazione
e partecipazione al gruppo sociale di appartenenza [31].
I vissuti individuali e collettivi, le traiettorie e le esperienze
sociali, le esistenze di genere, donne e uomini, e intergenerazionali,
minori, giovani e anziani migranti, s'incrociano tra storie
individuali, collettive, familiari e di gruppo. Le biografie
sono delle testimonianze individuali e collettive ed allo
stesso tempo rappresentano e interpretano la complessità sociale,
i processi di costruzione delle identità e quelli del cambiamento
sociale.
Il ricorso ai materiali biografici, sempre più approfondito
e sviluppato nell'osservazione e l'analisi sociale dei processi
comunicativi, risponde inoltre a precise esigenze di conoscenza
e ricostruzione delle molteplici realtà sociali e culturali
che interagiscono con la dimensione istituzionale in funzione
delle problematiche di una larga fascia di utenti [32].
La conoscenza metodologica e l'esperienza pratica delle storie
di vita, sono un prezioso e concreto bagaglio formativo per
avvicinare e avvicinarsi ai protagonisti del sociale, per
conoscere i bisogni e le risorse di una determinata realtà
comunitaria nella sua dimensione temporale e comunicativa.
2.2. L'approfondimento delle soggettività e delle identità
culturali tra formazione, ascolto e pratiche professionali
[33]
Nel concepire i servizi alla persona come flusso di relazioni
si modifica la concezione stessa della formazione professionale
degli operatori sociali e culturali, integrando un approccio
dal basso si deve necessariamente favorire lo sviluppo delle
proprie capacità narrative sostenendo dei percorsi di apprendimento
delle nostre stesse storie sociali. Una preparazione all'ascolto,
ascolto di se stessi e ascolto degli altri, ci rende consapevoli
dei processi relativi all'interazione dialogica. Pervenire
ad un approccio narrativo e biografico, colloqui e interviste
di ogni genere, al loro uso nella ricerca e nell'intervento
nei contesti sociali, ci aiuta a configurare la nostra identità
di ricercatori e operatori sociali e culturali armonizzando
le nostre individualità con le procedure di oggettivazione
delle esperienza soggettive degli individui sociali. Questo
lavoro è possibile con un esercizio all'ascolto, come nella
ricerca azione e nella formazione nell'ambito pedagogico [34].
Le storie di vita con finalità conoscitive e di cambiamento
nel settore dell'educazione [35]
definiscono un approccio dal basso che in una prospettiva
interculturale costituisce inoltre una caratteristica metodologia
dell'ascolto autobiografico, dove le autobiografie tra passato
e presente sono raccontate direttamente dai loro protagonisti
[36].
Un ascolto dell'altro inteso come considerazione delle singolarità
culturali, condizione di vicinanza e comprensione delle narrazioni,
delle configurazioni e delle rappresentazioni del sistema
relazionale familiare e sociale dei migranti. Un ascolto autobiografico
in cui ci si interroga in prima persona, attraverso una riflessione
pedagogica, arricchendosi della pluralità delle appartenenze
delle storie di vita. L'approccio autobiografico è un esercizio
che favorisce una riflessione personale come sperimentazione
di un agire professionale in costruzione, generando uno sguardo
più attento verso l'altro in funzione della nostra stessa
capacità riflessiva d'interpretazione di percorsi e traiettorie
esistenziali complessive.
Attraverso un percorso individuale contraddistinto da metodologie
assimilate congiuntamente ad aspetti emotivi, affettivi e
soggettivi, presenti nei percorsi formativi e nelle esperienze
personali, arriviamo a valutare la nostra esperienza sociale
cogliendo l'altro in quanto esperienza di vita. Le storie
di vita, verificate come processi cognitivi, sono apprese
come delle realizzazioni di elaborazioni e costruzioni delle
rappresentazioni del vissuto individuale e sociale in funzione
dei significati attribuiti al nostro stesso vissuto ed alla
nostra esperienza sociale. Questo percorso formativo e formatore
traduce la nozione di coscienza sociale, una coscienza che
bisogna conseguire non come luogo di categorie valoriali e
interpretative ma al contrario come esperienza lucida della
propria personale traiettoria sociale, delle posizioni e delle
prese di posizione in contesti sociali e relazionali specifici,
o ancora come disposizione a considerare gli altri in quanto
espressioni di esperienze sociali e non come oggetti sociali
trascurando di coniugare in questo modo pratiche sociali e
individualità.
Questo movimento ci colloca in un'interazione con l'altro
attraverso una metodologia dell'ascolto che ci aiuta a cogliere
una correlazione tra individui e società, non determinata
a priori, svelandoci un individuo nella sua capacità riflessiva
di interiorizzare e filtrare il sociale proponendo delle rappresentazioni
originali della sua esperienza sociale. Questa soggettività
si coglie principalmente nella temporalità. Una temporalità
configurata come dimensione essenziale del sociale può introdurre
il movimento dinamico della realtà sociale in quanto costruzione
mentale, percezione sensibile e mediazione simbolica, come
flusso evolutivo analizzabile nella sua stessa temporalità
e nell'insieme dei significati espressi. La costruzione dell'identità
si realizza così in funzione della concezione di se stessi
nella circolarità temporale della vita quotidiana in quanto
segmento comprensibile, considerato attraverso un principio
di coerenza. L'identità come processo non è un dato immutabile,
realizza un processo multidimensionale dove si elabora la
propria autonomia personale rispetto ai gruppi sociali di
appartenenza o di identificazione, affermando e rafforzando
la propria identità insieme a quel sentimento di originalità
che la caratterizza come processo di individuazione.
2.3. La produzione di un discorso biografico tra percorsi
di formazione continua e promozione del benessere [37]
Il riconoscimento della funzione terapeutica, intesa come
promozione del benessere individuale non in una accezione
di analisi e diagnosi medica, è inconcepibile senza considerare
i limiti che operano allo stesso livello della nostra storia
sociale. Il valore terapeutico dell'autobiografia ha dei limiti
che impongono la necessità di garantire alcune condizioni:
il ricordarsi non deve essere un atto di dolore ma deve sviluppare
un appagamento del ricordo e nel desiderare di ricordarsi
si alimenta il potere terapeutico del distacco mentale ed
emotivo. Bisogna inoltre considerare come nella situazione
di interazione e relazione comunicativa nel raccontare il
nostro passato, ritroviamo un sollievo che ci aiuta ad affermare
la nostra identità: sono le potenzialità comunicative delle
relazioni umane.
Ricomporre differenti dimensioni della nostra esperienza attraverso
l'introspezione, adatta nel formulare un quadro interno di
immagini, di storie e avvenimenti colte non come semplici
coinvolgimenti di esperienze vissute o di evocazioni superficiali
di persone e di fatti, significa trasformare queste stesse
esperienze attraverso la costruzione individuale e personale
di una trama esistenziale che ci dispone a pensare noi stessi
e concepirci insieme agli altri. La possibilità di richiamare
alla memoria organizzando le conessioni delle esperienze della
nostra storia colte nella ricchezza del nostro vissuto individuale
e sociale, ripercorrendo nello stesso tempo i ricordi attraverso
un approfondimento delle loro tracce, attesta le nostre capacità
di evocare e allo stesso tempo la possibilità di produrre
una costruzione originale e inedita che si allontana dalle
implicazioni emozionali e dagli avvenimenti rapportarsi alle
esperienze con un altro punto di vista.
La produzione di un discorso autobiografico è un luogo d'incontro
di identità differenti, una opportunità per osservare, descrivere
e interpretare storie biografiche singolari e specifiche che
interagiscono tra loro e allo stesso tempo ci aiutano a definirci.
Sperimentando dunque una storia sociale in movimento, la traiettoria
sociale della nostra esperienza in continui divenire e collegata
ad altre esperienze, si sviluppa un lavoro autobiografico
come un bilancio essenziale delle nostre vite e della nostra
condizione esistenziale. L'autobiografia nell'approccio educativo
sostiene gli individui nell'acquisire una coscienza considerevole
di se stessi con una concentrazione su di se ed una attenzione
particolare della nostra persona per sviluppare dei percorsi
di autonomia. Quando sollecitiamo delle storie di vita e restituiamo
ai loro stessi artefici delle biografie ancore in via di sviluppo,
facilitiamo un movimento di introspezione sull'esperienza
vissuta. Sperimentare la ricostruzione di un periodo della
loro vita gli consente di raggiungere una certa coscienza
del loro stesso percorso.
2.4. Narrazione e percorsi d'inclusione nella temporalità:
memorie individuali, familiari e intergenerazionali
Il ruolo delle storie di vita, i vissuti ed i progetti migratori,
i bisogni e le risorse di determinate realtà comunitarie,
ha una valenza considerevole rispetto alle problematiche relative
ai diritti di cittadinanza e all'integrazione nelle comunità
locali. Le storie di vita consentono un'analisi della struttura
e delle funzioni di una società e nel processo dell'intervista
verifichiamo come si intrecciano la storia e la biografia,
le esperienze pubbliche e private. Questo ci consente di focalizzare
gli individui con un approccio dal basso, un metodo analitico
narrativo per considerare le loro relazioni ed i loro modelli
culturali attraverso le loro storie di vita e l'osservazione
diretta con domande aperte e griglie tematiche personalizzate
di lettura e interpretazione della loro esperienza [38].
La narrazione delle storie di vita, le narrazioni dei gruppi
familiari, possono in definitiva confermarsi come strumenti
per attivare dei processi di inclusione nella temporalità
della vita quotidiana e sociale, restituendo legittimità all'identità
delle famiglie immigrate. Rendere legittimità alla memoria
dei migranti significa riconoscere la memoria come supporto
positivo per radicarsi nella nuova realtà e nel nuovo contesto
di vita [39].
Le storie di vita documentano le esperienze e le risorse dei
percorsi individuali e familiari, riconoscendo elementi che
sono fondamentali per la realizzazione del futuro di queste
medesime famiglie. La ricerca di una identità coniugata al
presente testimonia l'esigenza di riconsiderare le radici
di un'identità coniugata al passato che deve trovare degli
ancoraggi e dei sostegni nel presente. In questo modo, attraverso
un buon rapporto con il proprio passato individuale o con
quello del gruppo di appartenenza, si possono stabilire dei
processi di crescita per facilitare la realizzazione e l'autostima
degli individui.
Lo sradicamento dei migranti dal loro contesto, la separazione
da molteplici legami sociali e culturali, inducono le persone
in una condizione di fragilità nella quale la memoria e la
storia degli individui non hanno più lo stesso valore e questo
comporta delle situazioni traumatizzanti. Il rimanere estraneo
ed estraniato da un contesto sociale e culturale alimenta
dei comportamenti inidonei ad una reale e concreta integrazione
sociale. Diversi ricercatori osservano che l'utilizzo delle
narrazioni di vita siano non solo un valido metodo di ricerca
ma ne sottolineano la sua valenza per suscitare dei cambiamenti
[40].
La conduzione di gruppi di migranti come modello di lavoro
e al tempo stesso modalità di ricerca, di prevenzione e intervento
terapeutico [41],
favorisce l'incontro e la narrazione dell'esperienza dell'immigrazione
degli individui, sostenendo le necessarie esigenze legate
ad una fase di adattamento e di inserimento in nuovi e differenti
contesti sociali e culturali. La narrazione fa emergere le
differenze e le similitudini tra i differenti percorsi e le
traiettorie sociali e allo stesso tempo facilita, attraverso
il ruolo attivo e partecipe dell'operatore sociale e culturale,
nuovi processi di identificazione e di configurazione delle
relazioni che consentono di veicolare informazioni adeguate
alle esigenze degli individui e di valorizzare le risorse
collettive.
2.5. Un archivio della memoria interculturale: il riconoscimento
delle comunanze e l'individuazione di territori esistenziali
condivisi
Valorizzare le memorie dei migranti risponde ad una precisa
esigenza di riconoscimento, nella storia collettiva e nello
spazio politico nazionale, della memoria interculturale di
intere collettività [42].
L'accettazione ed il riconoscimento delle memorie dei migranti
in un contesto nazionale come quello francese, ad esempio,
ha messo in evidenza come le diversità etniche, religiose
e culturali, abbiano generato un trattamento differenziato
della memoria sociale sottoposta alle logiche sociali, politiche
e ideologiche, che hanno contrapposto anche in modo dialettico
il riconoscimento o la negazione della memoria dei migranti.
Queste condizioni implicano l'esigenza del riconoscimento
della memoria dei migranti traducendosi in uno stimolo per
lo sviluppo di nuove politiche sociali e culturali e di nuovi
interventi focalizzati su questo stesso riconoscimento che
interessa direttamente anche gli operatori sociali e culturali
delle amministrazioni pubbliche e del terzo settore.
Alcune analisi sull'identità dei migranti, la memoria e l'esperienza
dei migranti italiani all'estero [43],
dimostrano come la scoperta e al tempo stesso la conoscenza
del senso dell'esperienza delle narrazioni dei migranti ha
una valenza pedagogica poiché avvicina il lettore a questa
stessa esperienza. In questo senso il rapporto con l'altro,
con lo straniero, è concepito come possibilità di riconoscere
se stessi nell'esperienza del migrante [44].
La modernità ci pone di fronte ad una simile esperienza quando
ci permette di considerare la nostra identità personale come
un qualcosa sempre in costruzione, un progetto che si modifica
nel tempo, un percorso che possiamo confrontare e paragonare
ai percorsi identitari dei migranti. La scoperta di queste
comunanze nei percorsi identitari [45],
l'universalità biografica presente nelle differenze culturali
e nelle diverse traiettorie sociali, diventa un veicolo educativo
attraverso il quale valorizzare la memoria e in generale e
gli aspetti simbolici delle relazioni. Il riconoscimento delle
comunanze e l'individuazione di territori esistenziali condivisi,
l'individuazione di uno spazio sociale, storico e politico,
comune e molteplice, facilita la comunicazione tra identità
e culture plurali.
L'identità plurale si definisce anche tramite la narrazione
di sé, la narrazione di ciò che ognuno presenta e rivolge
agli altri, e attraverso il confronto fra narrazioni e individui
si rende possibile una comprensione migliore dell'altro, aiutando
inoltre a definire in questa reciprocità il senso della relazione
all'altro. La psicologia culturale narrativa [46]
ci aiuta a comprendere come possiamo considerare noi stessi
in modo diverso, analizzare i nostri molteplici sé, proprio
per poter poi scoprire i molteplici sé degli altri e avanzare
verso una nuova consapevolezza culturale. Le memorie dei migranti
sono a loro volta uno strumento per promuovere azioni educative
e realizzare migliori possibilità di vita individuali e sociali,
rispondendo quindi alle nuove esigenze educative di una società
complessa e multiculturale [47].
Un archivio della memoria interculturale, la raccolta delle
storie di vita dei migranti, potrebbe assolvere un compito
educativo attraverso l'incontro con storie, narrazioni e culture
plurali: un progetto che consenta di fare interagire culture
diverse per scoprire possibili complementarità, valorizzare
le differenze, riconoscere la diversità attraverso le comunanze.
Un progetto interculturale ha delle finalità educative, non
si caratterizza dunque come una descrizione sociale e approfondita
di situazioni multiculturali, la convivenza di persone immigrate
socializzate in diversi contesti culturali, ma produce degli
interventi pedagogici e concreti per coniugare diversità e
comunanze [48].
Realizzare un archivio della memoria interculturale come strumento
di osservazione, di analisi, di ricerca e intervento nei contesti
sociali, significa promuove altresì, in una prospettiva che
assume anche valenza pedagogica e non solo di ricerca-azione,
l'accoglienza, l'accettazione, la valorizzazione, il confronto
costruttivo ed il rispetto delle molteplici identità culturali
insieme alle loro diversità e differenze. La memoria è un
possibile collegamento tra mondi sociali differenti dove l'intervento
interculturale si caratterizza come opportunità di assistenza
e cooperazione per il cambiamento e la reciproca conoscenza
[49].
Gli archivi della memoria dell'immigrazione come strumento
di lavoro con specifiche comunità [50]
favoriscono il confronto tra tradizioni differenti, permettono
un approfondimento della memoria di esperienze e conoscenze
di cui si è inconsapevoli custodi e depositari, trasformando
l'incontro con altre culture in occasione di confronto [51].
La memoria come veicolo d'inclusione degli altri promuove
innanzi tutto una cultura fondata sui valori dell'incontro
e del confronto, promovendo il riconoscimento delle comunanze
e dell'agire interculturale [52].
La raccolta delle storie di vita permette di sostenere un
approccio dal basso, sollecitare la produzione di una memoria
che si oppone spesso all'indeterminatezza della storia ufficiale,
radicando la memoria dei migranti nel territorio, riconoscendone
e accettandone la sua pluralità e le sue contraddizioni [53].
Il riconoscimento della memoria e la valorizzazione dell'identità
dei migranti sostengono il confronto ed il dialogo tra identità
plurali e intersoggettive all'interno di percorsi per l'integrazione
delle politiche culturali, educative e sociali, che promuovono
una strategia interculturale di intervento di rete [54].
NOTE E BIBLIOGRAFIA
[1] La
ricerca qualitativa nelle scienze sociali, a cura di Paolo
Benini e Roberta Naclerio del Forum delle matrici culturali
della diagnosi ; Gruppo di ricerca e formazione dell'Università
degli Studi di Bergamo, presso il Corso di Laurea in Scienze
dell'Educazione, diretto da Pietro Barbetta.
[2] Walter
Nanni, Lo sviluppo dei metodi di ricerca empirica negli studi
sulla povertà, in Il nuovo volto della povertà: analisi di
trend a Modena e provincia, giugno 1998, Osservatorio sulle
povertà, Quaderno 7, Rapporto 1997, Caritas di Modena e Carpi.
[3] Franco
Ferrarotti, Osservazioni preliminari sul ritorno della sociologia
in Italia nel secondo dopoguerra, in Per una storia della
sociologia in Italia: gli anni '50 e il Mezzogiorno (a cura
di Francesco Costantini), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane,
1993.
[4] Amendola
Giandomenico, Lo sviluppo della sociologia tra le altre discipline,
in Per una storia della sociologia in Italia: gli anni '50
e il Mezzogiorno (a cura di Costantini Gianfrancesco), Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane, 1993.
[5] Inchiesta
a Palermo, Torino, Einaudi, 1956; Presto (e bene) perché si
muore, Torino, De Silva 1954; Banditi a Partinico, Bari, Laterza,
1955; Chi gioca solo, Torino, Einaudi, 1966.
[6] Carlo
Doglio, sua è la definizione della partecipazione dal basso
come ricerca azione dal basso, vedi ad esempio gli argomenti
sviluppati in Programmazione economico-burocratica o pianificazione
organica? ( a cura di Antonino Porrello), Bologna, Cooperativa
libraria universitaria editrice, 1975.
[7] Luciano
Gallino, vedi la sua recensione di Inchiesta a Palermo (di
Danilo Dolci), in Comunità, n.49, 1957; sottolineava l'importanza
dell'interpretazione sociologica della società attraverso
l'approccio biografico, pur evidenziando i limiti della validità
del lavoro di Dolci come aveva successivamente fatto notare
lui stesso insieme a Franco Ferrarotti (Luciano Gallino in
Questioni di sociologia, Milano, Edizioni di Comunità, 1962
e Franco Ferrarotti in Sociologia e realtà sociale, Roma 1958).
[8] Le
pagine web dedicate a Danilo Dolci, il sito ufficiale dell'Associazione
per lo sviluppo creativo Danilo Dolci https://www.geocities.com/Athens/Agora/2055/
, e il sito su Danilo Dolci a cura di Gaetano Giuseppe Perlongo
https://danilo1970.interfree.it/index.html , presentano degli
interessanti interventi e docementi su queste questioni.
[9] Aldo
Capitini, L'opera di Danilo Dolci, Il Nuovo Corriere del 29/03/56.
[10]
Natale Musarra, La partecipazione dal basso: a proposito di
porto Alegre e dintorni, Sicilia Libertaria, aprile 2002.
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[13]
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(a cura di Bruno Bertelli), Milano, Franco Angeli, 1995.
[14]
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Sociali del Comune di Bologna, 17 novembre 2001.
[15]
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sociale, in La pianificazione sociale: teoria, metodi e campi
d'applicazione (a cura di Bruno Bertelli), Milano, Franco
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[17]
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[18]
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Terni 1830-1985, Torino, Einaudi, 1985.
[19]
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di Roma; un approccio qualitativo riferito a diverse comunità
(Albania, Bangladesh, Etiopia, Filippine, Iran, Marocco, Perù,
Polonia, Romania, Somalia).
[20]
Thomas Kessler delegato alla politica cantonale dell'integrazione
e l'esperienza della città di Basilea in Svizzera.
[21]
Ilaria Possenti, Quali culture senza diritti?, Guerre&Pace
- inserto immigrazione n.89/90 aprile 2002; un articolo che
riproduce l'intervento di I. Possenti al convegno su Identità
multiple e diritti di cittadinanza organizzato a Massa il
10 novembre 2001, dall'Associazione Tanti Ponti in collaborazione
con il Comune di Montignoso, la Provincia di Massa e il progetto
regionale Porto Franco.
[22]
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[23]
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[25]
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di servizio sociale, Fondazione Zancan, 1998.
[28]
Mara Tognetti Bordogna, op. cit. 2002.
[29]
Giancarlo Trentini, Oltre l'intervista, Torino, ISEDI, 2000;
due volumi, il primo dedicato al colloquio nei contesti sociali
ed il secondo al colloquio nelle organizzazioni, dove l'intervista
ed il colloquio sono presentati come strumenti per conoscere
ed intervenire su problematiche soggettive e intersoggettive.
[30]
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[32]
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[34]
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si ascoltano, Animazione Sociale, agosto-settembre, 1996.
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della recensione del testo di Duccio Demetrio "Raccontarsi:
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[48]
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.
[50]
Saverio Tutino, Dal progetto per sè al progetto per tutti,
in Adultità, n.7, Progetti di vita, marzo, 1998.
[51]
Il laboratorio La nostra tradizione: la mia e la tua a confronto,
valorizzazione delle tradizioni popolari e confronto con le
culture provenienti da altri paesi, il progetto i percorsi
dell'integrazione sociale, lavoro di rete mediazione interculturale
e sviluppo di comunità a cura dell'Assessorato agli interventi
sociali del Comune di Schio.
[52]
Loredana Gambuzzi, Introduzione al laboratorio autobiografico:
le storie di vita, materiali di studio a cura di L. Gambuzzi
per il Corso di Perfezionamento in Promozione Sociale e Prevenzione
del Disagio, "Migrazioni e Famiglie: politiche e intervento
per l'inclusione sociale", presso la Facoltà di Sociologia,
Istituto di Sociologia, del'Università degli Studi di Urbino,
a.a. 2001-2002.
[53]
Istituto Ernesto De Martino (presentazione a cura di), Atti
del Campus 2000, Memorie e identità in una società plurale:
metodi e strategie per una ricerca dialogica, seminario residenziale
svoltosi presso la Fattoria di San Pancrazio, Bucine Valdarno
(AR), 24-29 luglio 2000.
[54]
Lanfranco Binni (a cura di), Porto Franco Toscana: terra dei
popoli e delle culture, studi e materiali, i documenti del
progetto 1998-2001, Regione Toscana, Giunta Regionale, Dipartimento
delle politiche formative e dei beni culturali, 6 - i documenti
del progetto, 1998-2001, www.cultura.toscana.it . Il Progetto
Porto Franco: una rete di Centri Interculturali concepiti
come luogo di confronto attivo e luoghi di nodi di rete informativa
in collaborazione con la Regione, le Province, le Comunità
Montane, i Comuni della Toscana, le istituzioni culturali
e l'associazionismo.
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