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  • L'osservazione partecipante
    Orazio Maria Valastro (a cura di)

    M@gm@ vol.1 n.1 Gennaio-Marzo 2003

    LA SOCIETA' BULIMICA

    (Luisa Stagi, La società bulimica, Milano, Franco Angeli, 2002)


    Massimiliano Di Massa

    maxdimassa@katamail.com
    Sociologo; Laureato presso la facoltà di Scienze Politiche all'Università degli Studi di Genova; Cultore per alcuni anni alla cattedra di Sociologia dell'Educazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Genova; Borsa di studio dell'Istituto Ligure di Ricerche Economiche e Sociali; Ricercatore e Consulente presso Istituti di Ricerca e Formazione pubblici e privati.

    "I disturbi del comportamento alimentare colpiscono soprattutto le giovani donne occidentali". Le correlazioni contenute in questa frase: -perché giovani, perché occidentali e perché, soprattutto, solo alcune donne- rappresentano il punto di partenza del libro; Luisa Stagi muove dal presupposto di situare questi interrogativi in un contesto teorico di matrice socio culturale.

    Nell'era della globalizzazione, infatti, il rapporto con il cibo è sempre meno influenzato dalla natura e sempre più condizionato dalla cultura. Almeno nelle società opulente. Il rapporto è però contraddittorio: l'edonismo dilagante impone di trarre dal cibo il massimo godimento, ma al tempo stesso di evitarne l'impatto negativo sul corpo. Un corpo che si fa sempre più terreno della progettualità individuale e componente emblematica dell'identità personale e sociale. Il controllo sul proprio corpo si esercita tuttavia in corrispondenza all'etero definizione delle mete da perseguire: il cibo come consumo più che come nutrimento ed il corpo come contenuto, piuttosto che contenitore, dell'identità. La contraddizione a livello individuale tra autocontrollo e consumo, tra diete e ricerca di godimento nel cibo, tra corpo come costruzione e come destino, è metafora di una "società dell'incertezza" in cui all'apparente esplosione delle opportunità corrisponde l'incapacità di selezionare mete dotate di senso. In questo contesto si diffondono in modo epidemico i disturbi del comportamento alimentare; la forza di queste contraddizioni scatena infatti, su persone che presentano alcune disposizioni psicosociali, le patologie alimentari. In particolare sono colpite le giovani donne, bersaglio e vittima di altre istanze antinomiche, come l'emancipazione dipendente e il godimento controllato. La dimensione sociale (macro) provoca patologie a livello individuale (micro) solo in presenza di determinate condizioni psicologico-cognitive: per questo la matrice sociale dei disturbi alimentari, oggetto di questo volume, è stata fino ad ora largamente sottovalutata o ignorata.

    Certamente negli ultimi decenni la donna "ideale" è diventata più alta e più magra (nel frattempo, i consumi alimentari si sono arricchiti di grassi); la sensazione di inadeguatezza provocata dalla differenza tra la normale morfologia dei corpi e i modelli proposti dai media, alimentata dalla pubblicità e dai mass media, ha prodotto una serie di effetti perversi. Ricerche su larga scala hanno dimostrato la diffusione di questa ossessione per la magrezza e i suoi eccessi; ciò può far pensare ad una espansione epidemica dei disturbi alimentari in stretta correlazione con la società. Ma queste considerazioni non rispondono alla domanda sul perché soprattutto le giovani donne soffrano di anoressia e bulimia.

    Per questo Stagi partendo dall'analisi di alcuni dei modelli interpretativi, che teorizzano il ruolo dei fattori socioculturali esclusivamente in termini di "pressione a favore della magrezza" o "assoggettamento all'etica della magrezza", arriva a riconsiderare il significato dell'ideale di snellezza sia nell'esperienza dell'anoressica, sia come forma culturale che esprime valori sociali molto più profondi di quelli esclusivamente estetici e che riguardano in particolare il genere e quindi anche a chiedersi perché la magrezza sia divenuta un ideale culturale dominante.

    Definendo l'anoressia come una sindrome culturale, l'autrice vuole proprio sottolineare la dimensione epidemica per introdurre l'associazione bellezza femminile - culto del corpo - autocontrollo. L'ipotesi teorica muove dalla considerazione che i disturbi del comportamento alimentare sono una sindrome culturale, una psicopatologia che riguarda essenzialmente le giovani donne occidentali.

    Partendo dalla prospettiva che una psicopatologia esprime le contraddizioni presenti in un contesto socio-culturale dato, l'autrice cerca quindi di comprendere quali siano le motivazioni del disagio che i disturbi alimentari esprimono e che riguardano il genere femminile. Viene quindi inizialmente affrontato il problema dell'identità femminile le caratteristiche ed i processi rilevanti per la sua costruzione, al fine di analizzarne i problemi, le eventuali contraddizioni e gli squilibri in termini di potere, partendo dal concetto di genere.

    Nella società postmoderna, il corpo rappresenta uno degli elementi principali per la costruzione della propria identità [Bauman 1999, Beck 1992, Giddens 1994/97]. Per questo, immediatamente dopo avere trattato delle questioni legate alla costruzione dell'identità al femminile, viene affrontato questo argomento così connesso alla soggettività [Mac Sween 1993/99, Taylor 1989/93].

    Il collegamento tra disturbi alimentari e preoccupazione per il corpo, in realtà, è molto più articolato di quanto può apparire ed è connesso con la percezione del rischio e dell'incertezza: uno degli aspetti che vengono trattati concerne proprio l'utilizzo del corpo come luogo di lotta per l'esercizio del controllo.

    Le "pratiche del sé" rappresentano le risposte individuali agli imperativi esterni sull'autoregolazione e la condotta e la loro adozione nella vita quotidiana [Lupton 1996/99]. Queste pratiche si inscrivono nel corpo, segnandolo e modellandolo in modi culturalmente specifici che, in seguito, possono essere "letti" o interpretati dagli altri [Douglas 1966/75, Bourdieu 1987]. Le abitudini e le preferenze alimentari, infatti, rappresentano le pratiche fondamentali del sé, dirette alla cura di sé attraverso il costante nutrimento del corpo con cibi culturalmente considerati appropriati che, oltre a costituire una fonte di piacere, agiscono simbolicamente come materie prime per costruire/rivelare l'identità di un individuo a se stesso e agli altri.

    Anche se da molte parti ormai è accettato il fatto che le pressioni sociali e culturali possono rendere le donne particolarmente vulnerabili ai disturbi del comportamento alimentare, la domanda che rimane aperta è perché non tutti gli individui esposti a queste pressioni diventino anoressici o bulimici; l'autrice prende in considerazione questo aspetto poiché considera la produzione del disturbo alimentare in un individuo, come dipendente da fattori soggettivi.

    Per sviluppare questa riflessione viene utilizzata un'interpretazione che vede l'anoressia e la bulimia come il risultato di un'interazione complessa di fattori diversi che determinano una predisposizione, precipitano l'evento o lo perpetuano; in tale prospettiva si può ben inserire, quindi, un'interpretazione sociale e socio-culturale dei fattori predisponenti, riuscendo a scindere gli aspetti macro, che riguardano tutti gli individui, dai fattori precipitanti, più soggettivi, che fanno sì che solo alcune persone diventino vittime di queste influenze sociali.

    In conclusione l'autrice giunge ad una riflessione su soggettività, corpo e cibo che partendo dai disturbi alimentari, arriva a considerare anche gli altri atteggiamenti che, pur risultando patologici, appaiono comunque problematici nei confronti di corpo e cibo, poiché sono il risultato di contraddizioni sociali e socio-culturali presenti nel sistema occidentale dell'epoca postmoderna.

    Secondo l'autrice per comprendere un fenomeno occorre anche "porsi in ascolto", immergersi nella realtà sociale in modo "empatico" e "non confermativo"; se la teoria deve fornire modelli utili all'interpretazione dei fenomeni sociali e attivare la riflessione sulle ipotesi e le relazioni che spiegano e interpretano i fenomeni stessi, essa è uno "strumento necessario sulla via della conoscenza", non la conoscenza [Elau 1961, cit. in Marradi 1980: 109].

    La parte empirica della ricerca è basata su di un impianto metodologico pluralistico e aperto alla cooperazione tra vari strumenti di ricerca; per questo, analisi di dati secondari, interviste semistrutturate a testimoni qualificati e interviste non direttive a soggetti in cura presso un centro di riabilitazione alimentare sono stati utilizzati in modo congiunto e, a volte, integrato. Anche il criterio di organizzazione del testo non presuppone la separazione tra parte teorica e parte empirica, poiché l'area empirica è connessa e complementare con l'area teorica; piuttosto l'ordine degli argomenti segue la logica di "risposta agli interrogativi" che si sono concatenati in questo percorso, e teoria e ricerca empirica sono utilizzati in modo strumentale rispetto a questa logica di comprensione.

    Il libro risente in certi tratti dell'essere derivato da una tesi di dottorato per cui gli apprezzabili tentativi di connettere i fattori sociologici con gli aspetti culturali delle diverse forme espressive (film, canzoni e quant'altro) e con le esperienze di quotidianità si vanno a scontrare con il rigore della contestualizzazione teorica, e, per questo, il pensiero dell'autrice risulta perciò a volte troppo mediato dall'utilizzo di note e citazioni.


    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

    Bauman Z., (1999) La società dell'incertezza, Bologna, Il Mulino.
    Beck U., (1992) Risk Society: Towards a New Modernity, London, Sage.
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    SCHEDA BIBLIOGRAFICA

    [ La società bulimica / Luisa Stagi - Milano; Franco Angeli, 2002 ]




    INDICE

    Introduzione.
    Una sindrome culturale (Lo scenario di un'epidemia sociale; Disturbo etnico, psicopatologia e sindrome culturale: diversi termini, un solo concetto).
    L'identità e il genere (Il genere; Tra etica delle responsabilità collettive ed etica delle libertà individuali; Il policentrismo dell'identità femminile; Il controllo e il potere; La costruzione sociale delle disuguaglianze; Il genere tra dimensioni biologiche e sociali).
    Il corpo, metafora postmoderna (Il corpo ai tempi della globalizzazione; Il rapporto tra il corpo e la società; Il corpo tra natura e cultura; Foucault: corpo, potere e sapere; Il corpo come testo della femminilità; Il ruolo dei media; Dal corpo snello al corpo anoressico).
    I significati del cibo (I diversi approcci nell'analisi del cibo; Cibo e soggettività; Il cibo come consumo; Il cibo come distinzione; Il cibo e la famiglia; L'astensione dal cibo).
    I disturbi del comportamento alimentare (Definizione dei DCA (disturbi del comportamento alimentare); L'anoressia nervosa; La bulimia nervosa; Il Binge Eating Disorder o Disturbo da Alimentazione incontrollata; Alcune teorie sui disturbi alimentari; La situazione in Italia e in Liguria).
    Elementi per una teoria sociologica dei disturbi del comportamento alimentare (Un'interpretazione sociologico-femminista; L'approccio multifattoriale; Riflessioni conclusive: la società bulimica).
    Allegato. Schede riassuntive dei criteri diagnostici.
    Postfazione.


    PROFILO DELL'AUTRICE

    Luisa Stagi (lustag@tin.it): Dottoressa di ricerca in Sociologia e Metodologia della ricerca sociale, è docente a contratto per la cattedra di sociologia della Facoltà di Scienze della Formazione. Da anni lavora nella ricerca sociale e valutativa, occupandosi in particolare metodologia della ricerca e di problematiche giovanili, ambito nel quale ha pubblicato diversi articoli.


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    M@gm@ ISSN 1721-9809
    Indexed in DOAJ since 2002

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