L'osservazione partecipante
Orazio Maria Valastro (a cura di)
M@gm@ vol.1 n.1 Gennaio-Marzo 2003
OSSERVAZIONE, INTERPRETAZIONE
CRITICA E INTERVENTO SOCIALE
Orazio Maria Valastro
valastro@analisiqualitativa.com
Presidente Osservatorio dei Processi
Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com);
Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches
Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur
l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry''
di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi
René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale
e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane
e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico
della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université
de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio
di Sociologia Professionale (Catania).
L'osservazione
partecipante, uno tra i metodi più classici e rappresentativi
dell'antropologia, ci consente di riflettere su di una particolare
condizione d'implicazione: il coinvolgimento con il proprio
campo d'indagine e d'intervento. Una significativa partecipazione,
apparentemente più manifesta in un simile approccio, che rappresenta
indubbiamente un confronto ineludibile con la molteplicità
e la pluralità degli aspetti umani della vita sociale. L'importanza
di quest'implicazione, di questo rapporto immediato e significativo,
la cogliamo sia nelle esperienze di quanti si applicano, ad
esempio, a studiare ed esaminare l'interagire sociale e l'immaginario
che lo struttura, sia nell'attività di quanti intervengono
valutando particolari situazioni di difficoltà e marginalità,
per sostenere percorsi e cambiamenti significativi e partecipati
nei contesti di vita e nelle pratiche professionali delle
persone e delle comunità.
L'osservazione ed i metodi d'osservazione si sono costituiti
attraverso un determinato rigore metodologico per descrivere
dei fenomeni in modo analitico e scientifico, sostituendo
all'osservatore sociale del diciannovesimo secolo l'osservatore
professionista del ventesimo secolo. L'osservazione dell'uomo
è divenuta un'osservazione professionale (citando Gérard Leclerc
in L'observation de l'homme, Paris, Seuil, 1972), ad esempio
con il passaggio dalle attività di carità privata all'implemento
di nuovi servizi e interventi pubblici in un contesto di Welfare
State, facendo subentrare dei nuovi attori sociali, degli
osservatori non più percepiti e contraddistinti da uno statuto
sociale superiore. Il sociologo osservatore partecipante,
così com'è stato configurato nell'osservazione dei gruppi
marginali incoraggiata e approfondita dalla celebre Scuola
di Chicago, ha acquisito successivamente uno statuto neutrale
rispetto alla struttura sociale.
E' diventato ormai possibile riferirsi all'osservazione partecipante
in differenti discipline delle scienze umane e sociali, anche
in ambiti affini alla sociologia applicata, la ricerca azione
ed i servizi sociali, ma è indispensabile non lasciar prevalere
unicamente il ruolo tecnico professionale dell'osservatore.
E' risaputo ad esempio che il lavoro professionale, vissuto
come consuetudine, reprime la capacità e la propensione a
lasciarsi sorprendere, a rilevare e cogliere l'insolito che
si cela nel nostro vivere quotidiano, laddove delle persone
attente, ricettive e consapevoli, se preparate e addestrate
possono diventare, e molti lo sono diventati, degli osservatori
considerevoli.
Questo credo che ci debba fare riflettere sul processo di
costruzione sociale dell'osservatore professionale: egli non
sembra più detenere un potere formale su cui fondare la sua
pratica, i suoi strumenti sono piuttosto le conoscenze acquisite
e quelle prodotte nel corso della sua stesa attività. Le conoscenze
devono tuttavia essere condivise e accessibili, o addirittura
co-prodotte o prodotte dagli attori sociali interessati, anche
a costo di alimentare una tensione che mette in discussione
il ruolo e l'autorità stessa dell'osservatore professionale.
L'esperto ed il cultore che noi siamo o desideriamo diventare
non può fare a meno di essere anche un osservatore, applicandosi
a valutare le passioni che ci sostengono nell'elaborazione
della nostra professionalità e ci muovono verso ambiti specifici
d'intervento o di studio. Non essendo possibile garantire
un'assoluta e oltremodo ricercata neutralità ed estraneità
rispetto al fenomeno osservato, possiamo allora rivalutare
l'interazione con il soggetto o l'oggetto della nostra ricerca
o del nostro intervento, commutando questa condizione d'implicazione
in una partecipazione consapevole, critica e innovatrice (l'approccio
clinico e la sociologia umanista di McClung Lee sono dunque
un altro possibile riferimento, L'uomo polivalente, Torino,
Utet, 1970).
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