L'osservazione partecipante
Orazio Maria Valastro (a cura di)
M@gm@ vol.1 n.1 Gennaio-Marzo 2003
CONDIZIONI D'OSSERVAZIONE DI PRATICHE
PROFESSIONALI DIFFICILMENTE RILEVABILI: IL LAVORO DI STRADA
(traduzione Orazio Maria Valastro)
Yves Couturier
Yves.couturier@Usherbrooke.ca
Insegna
presso il dipartimento di servizio sociale dell'Università di Sherbrooke,
Québec, Canada.
INTRODUZIONE
L'intervento sociale deve ormai considerare come l'offerta
dei servizi pubblici, per alcune popolazioni particolarmente
emarginate, anche se valutati come prioritari rispetto agli
apparati, difficilmente raggiunge i suoi destinatari (White,
1992). In questo contesto si sono sviluppate delle pratiche
di vicinanza, tra cui le attività del lavoro di strada. Lavorare
su strada è senza ombra di dubbio una condizione di lavoro
che ha delle precise esigenze e che, conseguentemente, produce
delle specifiche strategie d'attuazione.
Cercare di comprendere più adeguatamente ciò che si mette
in pratica non è semplice. La difficoltà inerente la pratica
professionale in generale (Boutet et Gardin, 2001) diventa
in questo caso molto complessa proprio per la natura stessa
del lavoro di strada: lavoro nell'ombra, lavoro ai margini,
attività informale che si situa innanzi tutto in una tradizione
orale e pragmatica del lavoro (ATTRUEQ, 1997). Queste particolari
condizioni inducono spontaneamente il ricercatore desideroso
di conoscere più adeguatamente queste pratiche verso dei metodi
di raccolta dati più vicini alle attività reali.
E' così che l'osservazione in situ s'impone come un metodo
tra i più pertinenti. Ma come osservare ciò che in sostanza
si situa a margine delle zone di visibilità? Come avvicinare
ciò che, in effetti, si sottrae allo sguardo? Come cogliere
quello che, in pratica, è effimero, imprevedibile, mutevole?
Questo contributo presenterà alcune considerazioni metodologiche
su di un'esperienza sul campo realizzata insieme a quattro
collettivi sul lavoro di strada in Québec (Canada).
CONTESTO DELLA RICERCA
Le organizzazioni delle comunità interessate al lavoro di
strada sono state in qualche modo riconosciute, dal Governo
del Québec, alla fine degli anni novanta. Questo riconoscimento
facilita il loro sviluppo e le impegna a rendere esplicita,
o addirittura ad uniformare, la loro attività. E' in questo
contesto che è stata realizzata una ricerca azione che ha
interessato quattro collettivi impegnati nel lavoro di strada
(Hurtubise et al., 1999a, 1999b). Seguendo una prospettiva
educativa si cercava di specificare le diverse logiche d'attività
presenti in ambiti differenti delucidandone la loro articolazione.
I soggetti dell'osservazione non furono pertanto i giovani
in strada ma le pratiche professionali degli operatori di
strada. Chiarire le logiche pratiche degli operatori di strada
consentiva, in modo riflessivo, il confronto intra e inter
collettivo sulle interpretazioni prodotte dai ricercatori.
I quattro collettivi che hanno partecipato alla ricerca si
differenziavano rispetto alla composizione socio-demografica
dei loro utenti: uno di questi svolgeva la propria attività
su di un vasto territorio rurale, un altro in una periferia
di Montréal e gli altri in alcune delle province regionali.
E' stata complessivamente osservata l'attività di una dozzina
di operatori di strada. Gli osservatori hanno realizzato le
loro osservazioni in stretta corrispondenza con gli orari
ed i percorsi di lavoro degli operatori di strada.
ALCUNI REQUISITI PER UNA BUONA RIUSCITA DELL'OSSERVAZIONE
Un presupposto fondamentale dell'osservazione è la modalità
d'inserimento dell'osservatore nelle attività dell'operatore
di strada. E' necessario, a tal fine, che l'osservatore si
affianchi all'osservato e che quest'ultimo abbia una precisa
consapevolezza di ciò che il ricercatore tenta di comprendere.
L'osservatore deve presentare in questa stessa prospettiva
l'attività di ricerca, oltre all'adesione dell'insieme del
collettivo di lavoro, ed in modo particolare lo schema metodologico.
E' stato dunque necessario presentare il principio e gli elementi
peculiari della griglia d'osservazione.
Era necessario in sostanza far conoscere in modo chiaro l'attività
dell'osservatore, soprattutto perché questa si realizza in
maniera implicita. Ma un intervento non esplicito può essere
facilmente percepito come una minaccia. Che cosa esamina dunque
l'osservatore? Che cosa mette in evidenza? Sottolineiamo che
è stato importante riferire, senza entrare nei dettagli della
griglia in questione, comunicare per iscritto e ribadire,
che in nessun momento l'osservazione mirava ad una qualsiasi
forma di valutazione delle attività, e che non aveva alcuna
velleità di formalizzazione riduttrice che poteva servire
ad altri per una simile valutazione.
La padronanza delle potenziali conseguenze cliniche della
presenza dell'osservatore era a priori cruciale per incitare
gli operatori di strada all'osservazione. Bisognava dunque
garantire agli operatori che l'arrivo del ricercatore non
contribuiva all'elaborazione di uno spazio o di una forma
di visibilità (Foucault, 1963 : 199) tendente a delucidare
la marginalità. In nessun momento l'operatore di strada doveva
apparire ai giovani in strada il vettore attraverso il quale
si dispiegava una verifica sociale degli spazi al margine.
Questo sarebbe stato ben inteso deleterio per la pratica stessa
del lavoro di strada [1]. Il contratto
d'osservazione prevedeva dunque l'allontanamento dell'osservatore
di fronte alla semplice richiesta dell'operatore. Ciò fu in
effetti raro ma sicuramente a beneficio di nuove relazioni
cliniche.
Il successo (o l'insuccesso) dell'osservazione fu senza dubbio
determinato dalla percezione che i giovani in strada avevano
della presenza dell'osservatore. In un lavoro ai margini,
lo sconosciuto è presto associato ad una figura istituzionale,
poliziotti ed altri operatori sociali. Bisognava dunque, appena
possibile, che l'operatore di strada presentasse in sua presenza
l'osservatore ai giovani, poiché a maggior ragione alcuna
affiliazione clinica era possibile con questi ultimi fino
a quando l'intruso non era banalizzato. Rispetto alle possibili
situazioni non bisogna destare dei dubbi sulla sua funzione,
pena una forte reazione del nostro stesso campo d'indagine.
Un osservatore fu ad esempio sospettato da parte di un commerciante
di essere un molestatore sessuale poiché, contrariamente a
tutti gli altri clienti, non giocava con i video giochi.
Tre principi hanno guidato, in modo schematico, la presentazione
dell'osservatore. La presentazione deve essere rapida, è il
primo di questi principi, soprattutto nelle situazioni in
cui l'affiliazione clinica è anticipata, o in luoghi che non
permettono all'osservatore di passare inosservato (ad esempio
sotto un ponte). L'operatore di strada deve presentare l'oggetto
dell'osservazione nel modo più chiaro e sistematico possibile,
il secondo principio: "Non si interessa di voi, è me che studia,
che spia, che analizza, sono io il topo di laboratorio non
voi". Infine, l'ultimo principio, richiedeva costantemente
di banalizzare e rendere invisibile la presenza dell'osservatore,
che diventasse parte della scenografia.
Il compito di rendersi invisibile da parte dell'osservatore
fece in modo che, ben inteso, alcuna nota di osservazione
fu redatta durante il lavoro di strada, in modo tale da divenire
rapidamente un elemento del contesto, che i giovani dimenticavano
o utilizzavano liberamente. I giovani potevano per esempio
interpellarlo in questo modo: "Diglielo che Pietro è un eccellente
operatore di strada". Gli scherzi erano numerosi, frequenti
i tentativi d'impegnare l'osservatore in discussioni e, spesso
in maniera incredibile, i segnali ad entrare in relazione
clinica relativamente forti. Questo evidenzia come il tentativo
di rendere banale l'osservatore non è un manovra di occultazione
ma piuttosto una maniera di inserirsi in comunità che non
sono quelle dell'osservatore. L'osservatore, una volta inseritosi,
potrà partecipare alle reti di sociabilità, senza per questo
abbandonare la sua posizione nella comunità né la sua postura
d'osservazione. E' precisamente la correttezza della sua partecipazione
alla comunità che gli procura un'autorizzazione collettiva
all'osservazione.
Le sollecitazioni dei giovani dirette verso l'osservatore
furono sviate fino a quando fu possibile, rispettando tuttavia
delle minime regole di cortesia. Per evitare infatti di essere
chiamati a giocare un ruolo nel corso degli avvenimenti, l'osservatore
doveva esprimere, attraverso il suo corpo, la sua postura
e la sua posizione, un ritiro dalla modalità clinica di azione
senza, ben inteso, esprimere dell'indifferenza. Poteva restare
ad esempio su di una panchina pubblica o osservare lo spostamento
degli operatori di strada, avvicinarsi quando questi lo invitavano
e posizionarsi al di fuori dello spazio clinico, in contatto
visivo sia con l'operatore di strada sia con i giovani.
La postura dell'osservatore implica dunque una certa attenzione
riguardo alla necessità di ritirarsi. E' inoltre importante
saper osservare, senza vedere e percepire tutto. In un contesto
in cui si sviluppano delle attività molte volte illegali (transazioni
di droghe, prostituzione, ecc.) l'osservatore deve poter anticipare
il suo ritiro prima che si manifesti il disagio nell'osservato.
Un semplice sottrarsi allo sguardo è spesso sufficiente. La
questione è infatti come l'osservatore esprima visibilmente
l'attenzione sul lavoro dell'operatore di strada. Oltre al
fatto che egli deve ricordarsi che non è un attore in situazione
clinica, deve soprattutto avere una certa diffidenza nei confronti
della curiosità, un certo fascino della marginalità, le cose
dell'ombra, tanto celebrate nella cultura. Questo è altrettanto
importante quando l'operatore di strada entra in contatto
con degli informatori (proprietari di bar, commercianti, ecc.)
che non sono dei giovani della strada.
Questo gioco dell'approccio e del ritiro dell'osservatore
fa in modo che in numerose circostanze non sia possibile accedere
alle parole pronunciate dagli operatori di strada. Bisogna
quindi accordare un valore al contesto, alla gestualità e,
soprattutto, disporre degli spazi di riflessività con l'operatore
di strada. Durante il percorso tra differenti luoghi, nel
momento in cui compila le sue statistiche, durante una pausa,
l'osservatore invita l'operatore di strada ad esplicitare
il suo agire. Quest'ultimo apprezza del resto questo lavoro
di esplicitazione, a maggior ragione giacché è difficile esprimersi
sulla propria attività in quanto si fonda come una pratica
nell'ombra.
Il senso dell'approccio consiste ugualmente nell'accettazione
dei codici culturali e sociali in vigore sulla strada. Con
accettazione noi non vogliamo dire che bisogna prendere a
modello questi codici. Bisogna in effetti interessarsene in
una prospettiva ermeneutica che consenta di dare un significato
all'universo nel quale l'osservatore accede, al di là della
presenza o dell'assenza di un discorso intelligibile sulla
pratica o la situazione clinica. Musica punk, manifestazioni
sotto i ponti, esplosioni di gioia su di un terreno ridotto
indicano dei rapporti con il mondo altrettanto ricchi di significato
come il discorso.
E' in questo che la consapevole postura presentata precedentemente,
consapevole chiaramente rispetto al piano clinico, si costituisce
in conseguenza come una sorta di osservazione partecipante.
Se non si tratta di oltrepassare l'invalicabile barriera delle
condizioni e delle traiettorie di vita, l'osservazione può
tentare, fino a dove è possibile, di mettersi in pratica all'interno
stesso della comunità e delle sue reti di significati condivisi.
L'osservazione del trash punk (una danza che in fin dei conti
sembra violenta) è molto di più che una semplice decodificazione
esterna di un codice culturale o la rilevazione di una convenzione
pratica. E' la finestra attraverso la quale l'osservatore
può vedere, e di fatto percepire, la comunità. L'apparente
crudezza della danza lascia allora apparire una rara forma
di solidarietà, quella delle traiettorie di vita, della comunità
di significato.
CONCLUSIONE
Alcune delle condizioni metodologiche per l'osservazione delle
professioni presentate precedentemente, sono senza dubbio
banali per un antropologo od un sociologo. L'osservazione,
partecipante o meno, potrebbe essere inoltre indubbiamente
migliorata con qualche ingegnoso ritrovato metodologico. Ma
è innanzitutto fondamentale che l'analisi del fare sia coniugata
ad una analisi degli universi semantici della pratica. Questo
radicarsi dell'osservazione del fare e delle sue classificazioni,
non è il prodotto di un'emerneutica indulgente né tanto meno
quello di un elaboratore meccanico di dati, deriva da un metodo
di oggettivazione delle attività e dei loro contesti attraverso
una sensibile apertura verso la semantica del lavoro. Ed è
qui che la distanza, padroneggiata tanto nella prossimità
come nel distacco, è condizione di una partecipazione delucidata
che non dissimula, innocentemente, la distanza reale tra l'osservatore
e l'osservato.
NOTE
[1] Una precisazione è necessaria.
Il lavoro di strada, in tutte le sue configurazioni possibili,
si costituisce in un'azione la cui finalità sociale delinea
più o meno fedelmente i contorni della normalità e dell'anormalità.
Ma la dialettica della normalizzazione/affiliazione nella
marginalità ha un equilibrio talmente fragile che gli operatori
di strada fanno prova di una grande prudenza quando si tratta
di realizzare un'azione che potrebbe minare questo stesso
equilibrio.
BIBLIOGRAFIA
ATTRUEQ (1997). Le travail de rue : de l'oral à l'écrit, 87p.
Boutet Josianne et Bernard Gardin, (2001) "Une linguistique
du travail", dans Borzeix, Anni et Béatrice Fraenkel (Coord.)
Langage et travail: Communication, cognition, action, Paris,
CNRS, 89-111pp.
Foucault Michel, (1963) Naissance de la clinique, Paris, PUF,
214p.
Hurtubise Roch, Laaroussi Michèle, Dubuc Stéphane et Yves
Couturier, (1999a) Une expérience de formation-milieu avec
des travailleurs de rue en région, Université de Sherbrooke,
2 tomes, 200p.
Hurtubise Roch, Laaroussi Michèle, Dubuc Stéphane et Yves
Couturier, (1999b) "Une formation milieu par l'analyse des
pratiques professionnelles: le cas du travail de rue" dans
Legault Georges (dir.), L'intervention: analyses et enjeux
méthodologiques, éd. GGC, Sherbrooke, 73-115pp.
White Deena, (1992) "La santé et les services sociaux: réformes
et remises en questions" dans Daigle Gérard (dir.) Le Québec
en jeu: Comprendre les grands défis, Montréal, PUM, 225-247pp.
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